Aria di magia - 24 Dicembre
(24 Dicembre, Anno 1940)
Ciao Andrew,
ti ho pensato oggi – e non so perché te lo dico, non lo so davvero. Dovresti essere l'ultima persona al mondo a cui dire una cosa del genere, eppure eccomi qui.
E' che tu sei così: rendi tutto più semplice e contagi, con la tua semplicità e tranquillità, anche chi ti sta intorno. Quindi te lo dico, non so perché, ma lo faccio.
Poco prima di scriverti mi sei venuto in mente e non te ne sei più andato.
In realtà, forse un po' ci sei sempre nella mia testa, a parlare, a ridere, a muoverti e a passarti la mano nei capelli. Un po', è vero, lo ammetto, ti penso sempre e tu proprio non ne vuoi sapere di andartene.
Ti piace stare nella mia testa, sembra quasi che ti diverti.
Ti ho pensato oggi, Andrew: ho pensato a cosa stessi facendo e se anche tu mi stessi pensando, anche solo un po'.
Tu mi hai pensata, Andrew?
C'è magia nell'aria. Una magia quasi elettrica, a stento percepibile, ma c'è.
No, non parlo della normale e comune magia, di quella di cui si parla nei libri o che mostrano negli spettacoli. Quella di cui parlo è diversa, è magica a modo suo: lo è nelle canzoni che si sentono per le strade, nelle mamme che, di nascosto e ben attente a non farsi scoprire, finiscono di impacchettare gli ultimi regali, nei bambini che al riparo dal freddo ascoltano la storia di Babbo Natale e della magica notte di Natale (Parlo di quella magia che, anche se solo per una notte, ti fa credere in questo simpatico e arzillo vecchietto che, in poche ore, riesce a portare i regali in tutte le case del mondo. Che sia un mago anche lui?).
C'è magia anche nelle nostre lettere, Andrew: una magia che sa di trepidante attesa e accesa curiosità. E sorrisi nascosti.
Vedi, questa magia, come ho detto, è diversa: non è reale, non la puoi toccare, non la puoi sentire, non la puoi vedere, ma c'è. E' nell'aria così come dentro di te.
C'è magia nell'aria, Andrew, la magia di Natale, così la chiamava mio padre.
Quando ero piccola mi faceva sedere sulle sue ginocchia e mi raccontava di questo particolare avvenimento che si realizza solo nelle notti più speciali, come questa: i negozi chiudono prima, i papà tornano presto dal lavoro e trovano le mamme indaffarate in cucina, con indosso il classico grembiule con le renne e le note delle tipiche canzoni natalizie che si diffondono per casa, in sottofondo le risate e i giochi dei bambini.
Diceva anche che, in questo giorno così speciale, diventiamo tutti più buoni. Si può, infatti, facilmente vedere il papà togliersi la giacca per dare una mano alla mamma; si può vedere lo sguardo carico d'affetto che i due si scambiano prima di finire di preparare la cena, che in due si finisce nella metà del tempo, e correre nella stanza affianco per unirsi ai giochi dei figli.
Mio padre diceva anche che, nella notte del ventiquattro Dicembre, non ci sono guerre, non ci sono grida o litigi. Oggi, non ci sono i conti da far quadrare per fine mese o un documento di lavoro da dover assolutamente portare a termine. C'è solo la magia di Natale in quello che lui chiamava il giorno.
C'è magia nell'aria, Andrew, eppure io questo Natale lo sento un po' più lontano.
E' quasi come se potessi viverlo solo attraverso una teca di vetro, come se fosse lì, a pochi passi da me, puntuale come sempre, ma lontano.
Lui è lì, ma a me sembra di vederlo dall'alto, come se stessi guardando una di quelle palline con la neve dentro che cade, una casetta al centro e la slitta di Babbo Natale sopra.
Lui c'è, ma forse sono io quest'anno a non esserci. Forse non sono arrivata in tempo, ho aspettato troppo, ho perso tempo a parlare, a pensare, sicura che lui sarebbe stato lì.
Lui c'è, Andrew, ma io ho fatto chiudere le porte e sono rimasta fuori.
Forse ho troppi pensieri e troppo poco di quella magia in me, per poter sentire il Natale.
A volte, sai, penso che è tutto un gioco quello che stiamo facendo.
Giochiamo a fare i soldati, a combattere una guerra che sfugge dalle nostre mani troppo inesperte e a vivere una vita troppo grande per noi.
E' tutto un gioco, Andrew, ma non siamo noi a mandarlo avanti. E io vorrei tanto avere delle risposte, delle rassicurazioni, delle certezze che tutto andrà bene e tutto si risolverà.
Mi sento tanto una bambina quando dico queste cose. Una bambina che non sa affrontare nulla senza che qualcuno le dica cosa fare, come farlo e che è la cosa giusta.
Come sempre, Andrew, penso troppo. Penso troppo e non so come fare a smettere, sento che se per caso smettessi anche solo per un secondo perderei tutto, e allora sì che non riuscirei più a dare una risposta a tutte le mie domande o un senso a tutte queste cose.
Tu come fai?
Come fai ad essere sempre così sorridente, così a posto con te stesso?
Sei sempre così sicuro di te, sembra che niente possa scalfirti, che niente possa rovinare la tua giornata. La tua perfetta giornata.
Come ci riesci, Andrew, a non perderti mai d'animo, ad essere sempre pronto a combattere senza perdere mai la speranza?
Insegnami come fare, Andrew. Insegnami, per favore.
Chissà se, almeno questa notte, il signor Tompson ha rivisto la sua Tracy.
Chissà se l'ha potuta ascoltare, toccare, baciare. Si saranno incontrati? Le avrà detto quanto la ama e quanto la sua vita, senza di lei, non vale la pena di essere vissuta?
Penso proprio che lei sia il suo Natale.
In fondo, ogni persona ha bisogno del suo Natale personale e, a sua volta, lo è di qualcuno.
C'è solo chi è più fortunato e la trova subito, quella persona lì, e chi invece ci mette un po' più di tempo. Ma alla fine ne vale la pena, ne vale sempre la pena, anche se si dovesse aspettare più di quanto si è disposti a fare.
Si è speciali, Andrew, se si riesce a essere quella magia che qualcuno aspetta, di cui ha bisogno.
Sii la mia, Andrew. Sii il mio natale.
Buon Natale
Sophie
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