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38: dove Kim picchia duro

Tre bambini.

Tre graziose creature di circa dieci anni, due maschi e una femmina, tutte vestite con raffinati abitini dei primi del Novecento. Erano entrati in silenzio, da bimbetti educati si erano sistemati uno di fianco all'altro paralleli alle porte, come un minuscolo plotone d'esecuzione. Kim non li avrebbe trovati così spaventosi, se solo le loro faccette smunte non fossero state così inespressive, così come i loro occhi cavi. Era come guardare in faccia tre piccole bambole semoventi. False e bugiarde, nei loro movimenti rilassati e pacifici.

"Perché sono qui?" udì mormorare Camila, che aveva a malapena mosso le labbra.

Kim non aveva una risposta. Come tutti, aveva creduto che i bambini si fossero ritirati dopo la cattura di On. Avevano pensato che si fossero interessati alle persone ancora coscienti solo per quel motivo, per recuperare una ragazzina che sapevano appartenere per diritto al loro gruppo. Non ne avevano più avvistato uno dal momento in cui la giovane thailandese era stata trascinata via e alcuni degli adulti intrappolati. Kim capì che forse avevano appena fatto un errore madornale sottovalutando così la questione.

Trasalì leggermente quando un fruscio alle sue spalle indicò l'avvicinarsi degli altri presenti. Sergio comparve al fianco della ragazza spagnola e le loro mani si intrecciarono in modo discreto. Kim avrebbe voluto fare lo stesso, ma Jozefien non era lì. Chissà dov'era, per di più.

"Cosa vogliono?" sussurrò roca Siva, da qualche parte a un passo di distanza da lei.

"Forse vogliono fare un annuncio" propose Natalia.

Tutti attesero per quasi un minuto che le tre creaturine aprissero bocca, ma ciò non accadde: il trio si limitò a rimanere silente e immobile, gli occhi neri a fissare indistintamente chiunque entrasse nella loro visuale.

Alla fine fu Isidro a spezzare quel momento di impasse.

"Perché siete venuti qui?" domandò, mantenendo mirabilmente un tono di voce tranquillo e controllato. Le tre testoline, due more e una rossa, si piegarono nella sua direzione. Sembrarono considerare attentamente la domanda, poi il maschietto che era entrato per primo nel salone aprì la sua piccola bocca dalle labbra rinsecchite ed emise lo stesso breve latrato che Deirdre aveva utilizzato per richiamare i sonnambuli omicidi.

Immediatamente tutti si misero in allarme, prima fra tutti Kim, che ricordava con eccessiva dovizia di particolari quello che era successo con Byrd. Si guardarono attorno con i corpi frementi e i pugni pronti a chiudersi, mentre Rex sfoderava silenziosamente il coltello che Delia gli aveva lasciato in custodia e Bruno si slacciava dai fianchi la fune che ormai si portava sempre appresso.

Il collo di Kim si contrasse dolorosamente a causa della tensione quando il portone si riaprì, ma lei quasi si dimenticò di quella sofferenza martellante quando si rese conto con stupore che la sonnambula richiamata non era altro che una ragazza di circa vent'anni. Aveva la pelle ambrata e foltissimi capelli, ricci e neri, tenuti indietro da una fascia verde, glitterata come il corto vestitino che indossava e i tacchi su cui traballava. Camila al suo fianco emise un respiro rumoroso e a Kim non servì una spiegazione scritta per capire che quella era la tanto millantata migliore amica scomparsa, Veronica.

Il bambino voltò il viso verso di lei, posando gli occhi sul suo volto e la ragazza aprì la bocca, come una marionetta a cui vengano tirati i fili.

"Vi chiediamo di arrendervi, prima che sia troppo tardi" mormorò con voce incolore, in un inglese privo di accento. "L'isola dei vapori sta per essere raggiunta. Lì troverete solo e soltanto la morte. Per l'ultima volta, vi chiediamo di accettare le caramelle".

Ognuno di loro rimase immobile, congelato dalla proposta. Forse qualcuno avrebbe pensato di accettare, se solo non avessero avuto speranza. Ma la questione non era più così semplice: bisognava attendere. Era questo che si erano detti, quando i volontari erano partiti per i ponti inferiori. Attendere e non mollare.

"No" disse Rex, facendosi avanti. "Nessuno di noi accetterà".

Il bambino che aveva utilizzato Veronica smise di guardarla e voltò il suo viso incartapecorito verso il cuoco filippino. Sembrò squadrarlo con indifferenza e poi il suo sguardo studiò i volti degli altri. Kim fu certa che non vi avesse letto nulla di diverso da quanto avesse trovato su quello di Rex, perché la sua espressione si contorse per un secondo nell'irritazione.

"Noi abbiamo tentato di aiutarvi" disse minacciosa Veronica.

"Aiutandoci a morire? No, grazie" rispose ancora una volta Rex, vagamente sarcastico.

Era la loro risposta definitiva e tutti lo sapevano. Senza che vi fosse alcun tipo di comunicazione tra loro, i tre bambini emisero un basso rantolo rabbioso e Kim, come i suoi compagni, fece un paio di passi indietro quando la porta del salone si aprì nuovamente. Buona notizia: non era un demone. Cattiva notizia: il richiamo triplicato doveva avere un effetto più potente, perché nel locale sciamarono a passo marziale quasi una decina di sonnambuli e questa volta non erano piccole ragazze spagnole, ma uomini robusti. Kim riconobbe tra loro l'italiano che il primo giorno di lavoro l'aveva presa in giro: era vestito galante, ma aveva la camicia fuori dai pantaloni come un lenzuolo mal piegato. Nella sua sciocca faccia imbambolata ardevano minuscoli fuochi fatui color smeraldo.

"Non c'è altra scelta" mormorò con voce spaventosamente bassa Veronica.

Rex sfoderò il coltello davanti a sé, mentre Bruno tendeva un capo della corda a Anaïs. Kim cercò con gli occhi qualcosa da utilizzare per difendersi, ma non c'era niente nelle vicinanze, neanche un posacenere. Decise all'improvviso che i suoi piccoli pugni avrebbero potuto diventare armi se solo l'avesse voluto.

E lo voleva. Dannatamente. Doveva uscire vive da lì, doveva resistere fino a che Jozefien non fosse tornata.

Il bambino elegante rivolse loro un ultimo sguardo, dopodiché guardò il primo e il più robusto tra gli uomini. Aprì la bocca, emise un urlo secco come uno sparo e...

E il sonnambulo mosse un passo avanti, traballando. Poi un altro. Si piegò in ginocchio, rimase per un attimo a contemplare l'infinito dinnanzi a sé, poi cadde di schianto a terra, fratturandosi naso e denti, mentre attorno alla sua fronte si allargava una piccola pozza di sangue.

Kim si voltò di scatto, i battiti del cuore nelle tempie, e capì che lo sparo non era stato un semplice rumore nella sua testa: Delia era in piedi davanti alle porte dell'entrata opposta del salone, nella mano sinistra una piccola Beretta puntata verso i sonnambuli. Al suo fianco e dietro di lei c'erano tutti gli altri. Jo le sorrise quando incrociò i suoi occhi, mentre il signor Fischer caricava la sua Colt e faceva un passo avanti, con la fretta di chi non vuole perdere tempo.

"Fuori dal cazzo" ringhiò, mirando dritto in fronte al bambino moro, che come tutta risposta urlò, mettendo in agitazione i suoi sonnambuli. Prima che Kim capisse cosa stesse succedendo, tre di quelli si slanciarono verso di loro, le braccia tese, le dita come artigli. L'italiano, che era tra loro, la puntò e le si gettò addosso, afferrandola per il bavero della polo e strattonandola verso di sé, cercando di sollevarla. Lei gridò e gli tirò uno schiaffo, poi un altro più forte. Quando tentò di colpirlo ancora, lui la spinse per terra e Kim cadde dolorosamente sulla schiena, ma tanta era l'adrenalina nelle sue vene che si slanciò contro le sue gambe, facendogli perdere l'equilibrio.

Udì un nuovo sparo e con la coda dell'occhio vide cadere uno degli altri aggressori che aveva tentato di prendere Camila per i capelli, mentre il terzo veniva colpito da un fendente ad opera di Rex. L'italiano tentò di afferrarle il collo, ma Kim chiuse la mano in un pugno e lo colpì allo zigomo, provando dolore ma, allo stesso tempo, una feroce euforia. Non era il momento adatto, ma ricordò come se fosse successo il giorno prima il modo in cui l'aveva trattata. Alla disperazione si mischiò la rabbia e la forza fluì in lei.

Si tirò in piedi dopo avergli calpestato una mano. Per un poco sarebbe rimasto lì, neutralizzato. Attorno a lei era in corso una piccola guerra: tutti i sonnambuli dei bambini erano partiti all'attacco. Due di loro giacevano morti al suolo, colpiti da una pallottola, ma Delia e Flynt esitavano a sparare ancora per non rischiare di colpire gli altri. Kim raggiunse zoppicando Rex e l'aiutò a tirarsi in piedi dopo che il suo aggressore gli era caduto addosso, il coltello piantato nella gola. L'uomo aveva gli occhi sbarrati ed era sotto shock, il viso graffiato dalle unghie del morto, ma Kim riuscì ad aiutarlo.

"Andiamo. Andiamo!" esclamò, cercando di trascinarlo in ritirata, verso il resto del gruppo. Altri sonnambuli erano stati chiamati e giungevano dalle porte spalancate alle spalle dei bambini: combatterli sarebbe stato inutile.

"Cristo!" esclamò il signor Fischer, sparando all'ennesimo sonnambulo. "Li usano come scudo!".

Voleva sparare a uno dei tre piccoli zombie, ma era impossibile: un plotone di quattro uomini si era sistemato davanti a loro.

"Forza, Kim!" gridò Jo, che scalpitava al fianco di Delia. La donna l'aveva fermata con una mano quando aveva tentato di lasciare le retrovie. Kim era ormai a pochi passi di distanza dal gruppo dietro il quale si erano riuniti tutti e con poca fatica spinse Rex contro Esteban, che l'attendeva a braccia aperte.

"Camila! Camila, vieni qui!" urlò Natalia, a due passi da lei. La ragazza si voltò e vide che Camila, evitato con un balzo un placcaggio da parte di un nerboruto sonnambulo, stava correndo verso la sua amica Veronica. Kim comprese subito quello che voleva fare.

Non ci pensò oltre: si voltò e abbandonò l'ormai sicura posizione difesa, tornando sul campo di battaglia. Anche lei riuscì a evitare che un paio di uomini riuscisse ad afferrarla, un terzo fu abbattuto da un colpo di pistola. Ringraziò mentalmente entrambi i cecchini e si slanciò verso Camila, che aveva raggiunto la sonnambula.

"Andiamo!" esclamò, afferrandola per un braccio.

"Non me ne vado senza di lei!" rispose la ragazza spagnola, mentre Veronica, imbambolata ed inutile, stava in precario equilibrio sui tacchi. Camila la afferrò e Kim fu pronta a correre con lei, nonostante il dolore alla gamba, quando uno dei bambini emise il suo richiamo e Veronica si rianimò, portando le braccia rigide al collo della sua migliore amica.

"No!" latrò Kim, quando le due rotolarono a terra. Si gettò addosso a Veronica, cercando di liberare l'altra ragazza, ma la giovane aveva dita fredde e forti come acciaio. Kim alzò gli occhi e notò che i sonnambuli le stavano circondando. Presa dalla disperazione, afferrò i lunghi ricci di Veronica e le strattonò la testa. Il movimento e la spinta la destabilizzarono e la frazione di secondo fu sufficiente a Camila per sfuggire dalle sue unghie. Kim spinse via la sonnambula, ma altre sei mani si allungarono nella loro direzione, pronte a farle a pezzi.

Uno sparo. Un altro. Un altro ancora. In rapida successione, i tre aggressori, tra cui l'italiano, caddero al suolo con i polmoni bucati. Delia si stava avvicinando a grandi passi, la pistola ancora fumante, a fianco di Jozefien. Gli altri erano scomparsi oltre le porte del salone e solo il signor Fischer teneva sotto tiro i rimanenti sonnambuli, che apparivano più lenti, confusi. Si aggiravano silenziosi, come se avessero perso la bussola. I bambini non erano più in vista.

"Sono scappati" spiegò Delia, mentre Jozefien correva da loro. Kim le gettò le braccia al collo in quello che era un aiuto ad alzarsi, ma per lei rappresentava un segreto abbraccio. Il braccio di Jo attorno ai suoi fianchi le diede la consapevolezza di avercela fatta, di aver fatto qualcosa di straordinariamente coraggioso.

"Forza" disse, tendendo una mano a Camila.

"Non posso lasciarla" rispose la ragazza, le guance rigate di lacrime, tenendo ancora l'amica per un lembo di vestito.

"È un'arma in mano ai bambini" disse Delia. "Dobbiamo lasciarla qui".

"Ma...".

"La uccideremo se te la porti dietro".

"Non si sposterà da qui" la rassicurò Jo. "La recupereremo quando finirà ogni cosa".

"Prima di trovarla bisogna salvarla, no?" bisbigliò Kim, guardandola di sottecchi. Camila contraccambiò il suo sguardo e si arrese. Lasciò andare Veronica e si strinse al fianco di Kim. Kim scoprì all'improvviso di non odiarla per davvero.

"Andiamo" ringhiò Delia, facendo cenni infastiditi e frettolosi con la mano libera. "Quell'isola non si farà saltare in aria da sola". 

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