11: nel quale c'è una festa e i presuntuosi vengono puniti
I successivi due giorni non furono facili per Kim, ma trascorsero sicuramente meglio della serata a tu per tu con il frullato nel deposito, perché era un sollievo poter contare su Jozefien. Sunday Byrd continuò a essere inclemente con lei, facendo richieste assurde e pretendendo che la ragazza lavorasse fino a sera tarda, ma non poteva impedire - dal momento che non lo sapeva – che Jo, considerata troppo stupida, la aiutasse. In due risultava tutto più leggero, in alcuni casi addirittura divertente. Jo era un pozzo infinito di aneddoti, scemenze e commenti poco consoni. All'inizio Kim si sentì in colpa a richiedere il suo aiuto, ma quando si trovarono a lavare per l'ennesima volta dagli avanzi ben cotti dal sole di gelati, yogurt, frutta schiacciata e pipì di bambino il ponte Dodici, fu sinceramente felice della sua compagnia. Se lo disse mentre si asciugava una lacrima causata da un accesso di risa, a loro volta causate dalla considerazione personale di Jo su una pozza incredibilmente grande di urina di pargoletto che, a detta sua, doveva possedere un idrante nelle mutande.
"Oh. Finito" disse con un sospiro, dopo aver sciacquato per l'ultima volta le assi del ponte. "Ora ha un aspetto decente".
"Rodrigo e Bruno mi devono come minimo venti euro" ribatté Jozefien. "Abbiamo fatto il loro lavoro".
"Ma per fortuna abbiamo finito".
"E lo sai cosa significa, vero?".
Le due si guardarono e si sorrisero. Nonostante all'inizio Kim non fosse molto convinta dell'idea di una festa, con il passare dei giorni si era resa conto di aver bisogno di qualcosa che spezzasse il regime del suo lavoro. Fu quindi con gioia che seguì Jo fino al ponte Nove, dove presero la scorciatoia del buffet. Mentre lo attraversavano, Kim notò i pochi presenti che, silenziosi come fantasmi, si aggiravano indecisi per i diversi banconi, probabilmente contesi tra il desiderio di gustare l'ennesima leccornia o ascoltare la voce della coscienza riguardo la dieta, e aggrottò la fronte quando un bagliore verde catturò la sua attenzione. Con sorpresa, ma anche con un brivido di disagio, si rese conto che le piccole caramelle color smeraldo si erano diffuse ovunque: graziosi vasetti di cristallo erano sistemati su ogni tavolo come centrotavola e anche sui banconi erano disposte piccole ciotole piene di quelle bellissime sferette. Kim lanciò uno sguardo a Jo, ma la ragazza non diede segno di averli visti, così fece finta di nulla.
Tuttavia il cuore di Kim ebbe un nuovo sussulto una volta arrivate in cabina.
"Cos'è questa cosa?" domandò Jozefien, alzando una graziosa caramella verde avvolta in una cartina trasparente arricciata ai lati. Kim, impegnata a cercare un vestito adatto alla serata, si voltò e si prese un colpo. Jo attese una risposta che non arrivò, prima di agitarla di nuovo vicino al viso dell'amica.
"Hey, Kim?".
"Non lo so. Penso sia una caramella. Ho visto vasi di quelle cose per tutta la nave".
"Davvero? Non ci ho fatto caso".
"Quindi non è un oggetto di arredamento della Emerald?".
"Non che io sappia. Ma io non sono affidabile su queste cose". Jo alzò la caramella per guardarla controluce, affascinata dalle sfumature intense della perfetta sfera. "Però è proprio bella. Mi dispiacerebbe mangiarla".
"Dove l'hai trovata?" domandò Kim, a disagio.
"Sul mio cuscino".
Kim scostò Jo, aprì le tendine del proprio letto e non fu affatto contenta di trovare la gemella di quella che Jo teneva tra indice e pollice. Si sedette e afferrò la sua, posandola al centro del palmo destro. Cos'era quello, uno scherzo? E chi diavolo era entrato nella loro cabina per lasciare quel pensierino?
Nella mente di Kim, con sua grande rabbia, spuntò a mo' di pop-up il viso di Byrd. Byrd aveva un'intera scatola piena di caramelle verdi, che fosse un suo tranello? Scocciata, la stritolò nella mano, si alzò e si diresse in bagno. Jo la seguì con le sopracciglia sottili aggrottate.
"Che fai?" le domandò, mentre la ragazza scartava la caramella sopra il water. La sfera cadde con un plic nel gabinetto e subito dopo Kim tirò lo sciacquone.
"Non avevo intenzione di mangiarla".
"Io la tengo" decise Jo. "È troppo bella per essere mangiata".
***
Per la serata del crew il bar dell'equipaggio era divenuto un disco–bar vero e proprio: luci stroboscopiche danzavano sulle pareti prive di oblò e tutte le poltroncine più alcune sedie erano state spostate in uno degli angoli del salone, attorno a un megaschermo presso cui un piccolo gruppo di persone stava bisticciando. Dopo attenta analisi dei relativamente pochi vestiti nell'armadio, Kim aveva optato per un abito definito impietosamente da educanda da parte di Jo, che a sua volta aveva stupito l'altra infilandosi in una jumpsuit nera relegata in chissà quale cassetto, che improvvisamente la rendeva molto più seria di quanto in realtà fosse. Kim non pensava che lei, con il suo vestitino azzurro accollato e la frangetta sugli occhi, potesse competere con i chilometri di gambe e il bel viso bianco di Jozefien. Ma andava bene così: come si era già detta, non era di certo su quella nave per cercare l'amore.
"Ooooh, guarda chi si rivede!". Kerli saltellò da loro in camicia a quadri e macchina fotografica al collo. Fece un sorriso tutto denti. "Siete quasi in ritardo. Fortuna che ho chiesto a Sid di aggiungere il vietnamita. A proposito, Kim, è un problema se dopo ti registro?".
"Mi registri?" domandò la ragazza, confusa dalle troppe informazioni. Prima di tutto: a cosa serviva il vietnamita?
"Ah, Jo non ti ha spiegato come funziona la festa?".
Kim si voltò verso Jozefien, guardandola accusatoria. "Cosa ti sei dimenticata di dirmi?".
"Un piccolo particolare" nicchiò lei, guardando male a sua volta Kerli. "Grazie, eh".
"Beh, quando avevi intenzione di dirglielo?".
"Una volta seduta, così non avrebbe potuto scappare?".
"Cosa sta succedendo?!" chiese Kim, spazientita.
"È un karaoke" Kerli sganciò la bomba senza che Jo avesse il tempo di fermarla e puntualmente Kim sbiancò.
"Un karaoke? Ma io non so cantare".
"Nessuno lo sa fare, tranquilla".
"Sarà divertente" tagliò corto Jozefien, prendendola per mano e trascinandola con sé verso le poltroncine. "Dai, ti presento Sid".
Kim ebbe la fugace visione di un giovanotto bianco, magari cantante, pronto a organizzare serate tra stonati per farsi quattro risate, e non capì immediatamente che invece Sid era il signore filippino ultrasessantenne che venne loro incontro quando Jo lo chiamò. Dimostrava la sua età solo a causa delle rughe e della spruzzata di grigio sui suoi capelli corti, perché il sorriso sibillino con cui accolse le due ragazze non aveva nulla di anziano.
"Isidro, ho finalmente il piacere di presentarti la mia nuova amica, Kim. Kim, Isidro Rabago, il migliore tra gli steward di cabina dell'intera compagnia" li presentò Jozefien, con un sorriso.
"Ah, finalmente anche io posso conoscere la signorina Kim" disse allegramente lui, stringendo la mano di Kim con vivacità. "Siva mi ha parlato di te. Sono contento che tu abbia deciso di partecipare a una delle mie serate".
"Sid è il miglior organizzatore di crew party del mondo" si intromise Kerli, che le aveva seguite. Kim dovette ammettere a sé stessa che nonostante l'aria bonaria, da nonno, quello che il signor Rabago aveva dipinto in faccia era proprio un sorrisetto da ragazzino delinquente. Forse non si era sbagliata così tanto, quando aveva ipotizzato un tizio pronto a divertirsi delle steccate canore altrui.
"Molto piacere" disse comunque, molto divertita. "Mi hanno già detto che è stata aggiunta la mia lingua".
"Sicuro. Abbiamo lingue per tutti i gusti. Un vero e proprio arsenale. Ora, vogliate scusarmi ma ho qualche problema a far capire a quel tecnico quello che deve fare. Con permesso".
Isidro tornò al suo lavoro e Jo subito si rivolse a Kim: "Allora? Non male, no?".
"Di sicuro potevi dirmelo del karaoke".
"Pensavo ti piacessero le sorprese".
"E invece no".
"Cosa prendi da bere? Dai che Kerli già scalpita perché da brava nordica vuole una flebo di birra".
Kim rinunciò al proposito di tenere il muso a Jozefien e seguì le ragazze al bar. Per la prima volta da quasi due settimane prese un alcolico – con un certo disagio, dal momento che nel suo Paese non era onorevole che una donna bevesse – e si sedette con Kerli e Jo su alcune poltrone. Stava per finire il primo sorso e comunicare alle due che la sua scelta era stata ottima, quando udì una voce stranamente famigliare. Una voce caratterizzata da un accento spagnolo. Si voltò di scatto con il cuore nelle tempie e per poco non versò il drink sulle ginocchia quando incrociò, per caso, gli occhi di un certo bellissimo mulatto caraibico, in compagnia delle altre ballerine.
"Esteban?" domandò timidamente.
"Secchiona?" gli fece eco l'altro, passando dallo stupore alla gioia. "Finalmente! Pensavo fossi tipo finita a fare la guida per turisti sulla nave!".
Kim sorrise e salutò educatamente anche le altre ragazze, chiedendosi se Esteban l'avesse chiamata così perché non si ricordava il suo nome. Comunque fu una riflessione di breve durata perché, mentre il ballerino le veniva incontro, Jo si voltò e calamitò il suo sguardo. Kim seppe di essersi giocata le sue attenzioni in quel preciso istante.
"Wo, e tu chi sei? Da quando permettono ai passeggeri di scendere tra noi comuni mortali?" chiese sorridendo, non degnando più di uno sguardo l'altra ragazza. Jo alzò lentamente un sopracciglio e poi scoppiò a ridere, facendo tremare la sicurezza del sorriso di Esteban.
"Hai bevuto già troppo, Caribe? Guarda che faccio parte dell'equipaggio da più tempo di te".
Lui fece per ribattere ma Isidro richiamò l'attenzione di tutta la sala, che nel mentre era andata riempiendosi, comprendendo molte delle persone conosciute nel corso della settimana.
"Siamo pronti! Chi inizia?".
Kim fu pronta a nascondersi dietro il suo bicchiere, ma non ce ne fu alcun bisogno, perché si fecero avanti numerosi e agguerriti cantanti in erba pronti a sfidarsi, soprattutto sudamericani e filippini. Iniziarono tutti con canzoni spagnole e Kim dovette ammettere quasi subito che in realtà erano abbastanza bravi. Nel giro di due canzoni iniziò addirittura a divertirsi, a seguire il ritmo e ad oscillare. Lo stesso facevano gli altri: doveva essere alquanto contagioso. Jo era entusiasta e si univa a tutti i cori, mentre Kerli dondolava a mo' di pendolo. Tra un Limbo di Daddy Yankee e un Mas Macarena di Gente de Zona, Esteban aveva abbandonato la sua compagnia per avvicinarsi al loro gruppo. Quando un collega di Rex terminò la sua versione di Bailando, beccandosi non pochi applausi, fu proprio il suo turno. Si alzò, facendo un occhiolino a tutte e tre le ragazze e andò a recuperare il microfono. Si elevò un coro di assenso quando dalla lista di Sid scelse un'altra canzone di Gente de Zona, La Gozadera. Doveva essere un classico.
"Mh. Ha una bella voce" commentò Kerli, mentre Esteban cantava e chiedeva alla gente di battere le mani a tempo. "Ma è cubano. Ho già duecento registrazioni di parlata cubana. Che noia. Parlano tutti la stessa lingua in questo posto".
"Ma cosa vuol dire che registri le voci?" indagò Kim, a cui quella storia non era parsa molto chiara. Kerli le fece un sorrisetto e disse: "Esattamente quello che ho detto. Ho fatto lingue, ricordi? Sono un'appassionata. Voglio scendere da questa nave con tutti gli esempi possibili di lingue del mondo".
"Uno strano hobby" commentò la ragazza.
"Non tanto più strano dello yoga".
"È bravo ma se la tira un po' troppo" commentò nel frattempo Jo, svogliatamente, per poi unirsi al ritornello con un'energia senza precedenti, soprattutto al verso: Si tú eres Latino, saca tu bandera.
"Ma..." fece Kim, ma fu interrotta quasi subito dalla conclusione della canzone. Esteban non abbandonò il microfono; guardò Jo e disse: "Dai, visetto bianco. Vediamo che lingua parli tu".
Si elevò un coro di: "Ooooh!" per l'impudenza del ragazzo, che fece sorridere ben più di una persona, compresa Jozefien, che accettò la sfida, si alzò e gli strappò il microfono di mano. Esteban andò a sedersi al suo posto, di fianco a Kim e sogghignò.
"Scommetto che parli inglese. O francese".
"È olandese" chiarì subito Kerli.
"Ah, ancora meglio. In effetti era troppo bianca per essere altro. Ariana".
Kim spostò lo sguardo su Jo e notò il suo sorriso. Forse Esteban era un po' troppo sicuro di sé stesso. Fece un cenno a Sid che, nascondendo a malapena il suo divertimento, selezionò una canzone da una lista mista. Le parole che comparvero sullo schermo non erano olandesi. Non erano nemmeno inglesi o tedesche o francesi. Nemmeno spagnole. Jo aveva una bella voce, ma Kim era più impegnata a capire che lingua fosse e a lanciare sguardi alla faccia di Esteban, la cui espressione virò presto dalla sorpresa allo sconcerto.
"Oh, cazzo. Papiamento?" chiese, ormai alla fine.
"È la sua prima lingua" commentò ancora Kerli, palesemente soddisfatta. "Non è ariana, eh, sfigato?".
Esteban le lanciò un'occhiataccia, ma saltò per aria quando Jo, terminata la canzone dello sconosciuto cantante creolo, gli sparò in mano il microfono.
"Vengo da Aruba, bello. Sono più Caribe di te. E ora alza il culo".
Esteban ubbidì e tornò meccanicamente dalle sue colleghe, che lo derisero un altro po', visto che tutte conoscevano abbastanza Jozefien da sapere questo piccolo particolare. Kim le picchiettò immediatamente sul braccio e sussurrò: "Come Aruba? Mi hai detto che eri olandese".
"Tecnicamente lo sono. E poi ho detto che parlo olandese".
"Perché?".
"Beh, è l'altra lingua ufficiale della mia isola".
"Ti sei persa la faccia epica di quella vipera cubana" disse Kerli, dando il cinque all'amica. Kim cercò di nascondere la doppia delusione appena avuta, ma subito dopo fu distratta dalla voce di Isidro che la richiamava all'ordine.
"Forza, signorina" disse con un sorriso, facendole cenni rapidi e indicando lo schermo ancora blu. "Tocca a te".
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