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45. Natale qui non si festeggia

L'aroma tostato del caffè aveva generato reazioni tanto diverse quanto inattese. Dragana aveva scoperto che non tutti erano amanti di ciò che per lei era un rituale mattutino, fatto di gesti meccanici e sapori inconfondibili che le riportavano alla mente tutte le colazioni condivise con i genitori. Dopo aver fatto ripulire una delle caffettiere dai fiori che la adornavano, aveva mostrato a Sokrat il vero utilizzo di quell'oggetto e il ragazzo aveva continuato a osservare i suoi movimenti con poca convinzione, come se non fosse del tutto sicuro del vantaggio di aver rinunciato al suo vaso di alluminio per dare vita a un gorgogliante liquido nero. L'unico ad aver apprezzato il risultato era stato Àkos, già a conoscenza del caffè italiano grazie i suoi viaggi all'esterno, mentre Melissa si era rifiutata anche solo di accettare la tazza offerta dalla cugina. I ragazzi erano presto stati raggiunti da Nastia e, con sorpresa di tutti, Kassiano, che aveva messo da parte i suoi timori per scendere le scale del Vizuină de Medvedev.

Dragana, da sempre abituata a dare importanza a ogni dettaglio visivo, non avrebbe mai immaginato di essere tanto legata a un aroma che, in quel momento, aveva iniziato ad assumere una nuova connotazione. Il caffè non era più una nota di fondo del risveglio condiviso con suo padre e sua madre sulle sponde dell'Adige, ma era diventato il colore pungente che avvolgeva un nuovo tipo di famiglia, quella composta da legami non di sangue, ma di valori.

«Forse quella bevanda ci ha un po' intontiti tutti» proferì Nastia con una risata nervosa, pur avendo solo assaggiato un sorso di caffè. «Perché credo di non aver capito bene... Stiamo optando per il suicidio di massa?»

Melissa assottigliò lo sguardo incredula. «Mi pare che la situazione sia già stata egregiamente illustrata.»

«Solo perché sei stata tu a riferire che un Notturno può essere controllato da un Incubo, non vuol dire che sia per forza un'affermazione sensata» replicò Nastia. «Quello che proponete a me pare proprio un intento suicida.»

«Non voglio morire» borbottò Kassiano, che dopo aver tentennato per un paio di sorsi aveva optato per aggiungere più zucchero del necessario alla sua tazza di caffè.

«Nessuno morirà» intervenne Dragana. «La coalizione tra Sokrat e Àkos è solo una garanzia.»

«Perché temi di essere in pericolo di vita...» precisò Nastia, agguantando con angoscia una caramella e facendola scivolare tra le labbra.

«Lo è» confermò Àkos. «Per questo abbiamo bisogno di avere il coltello dalla parte del manico.» L'Incubo estrasse da uno degli scatoloni pieni di cianfrusaglie un coltello e lo porse a Kassiano tenendolo per la punta, come a voler sottolineare la propria affermazione. Il manico era decorato con intarsi in pietra di luna, materiale legato ai Servi della Notte, e la luce animava sulla superficie bianca lievi striature cangianti, che sembravano quasi danzare seguendo il movimento leggero dato dal polso di Àkos. Kassiano osservò di sottecchi l'Incubo e poi, per togliersi dalla vista l'arma, afferrò il manico, coprendo col palmo la pietra e soffocando così tutta la sua magia.

«Se la morte è ciò che accomuna gli Ezusfat dissidenti e gli animali innocenti, tra di noi ci sono due anime in pericolo» precisò Melissa, lanciando una tacita occhiata a Sokrat. La ragazza era consapevole che non era una responsabilità da poco mettere a rischio la propria vita per proteggere quella di una Mietitrice, quando avrebbero dovuto essere loro a garantire la sicurezza dei Maledetti. Le carte in tavola, però, si erano rimescolate da tempo.

«Farci sbranare da un burattin-orso non mi sembra la soluzione» decretò comunque Nastia, sputando la caramella.

«Grazie per la fiducia» risposero all'unisono Sokrat e Àkos, prima di lanciarsi uno sguardo stizzito per aver rubato l'uno le parole dell'altro.

«Non voglio essere sbranato» bofonchiò con voce tremante Kassiano, prontamente ignorato dagli amici.

«Io mi fido» li interruppe Dragana. «Per questo mi offro come esca.»

«Credo che il tuo rumeno sia ancora un po' arrugginito, forse non ti sei espressa bene...» constatò Nastia.

«Non abbiamo passato le scorse notti a collaborare perché poi tu ti mettessi apertamente a rischio» aggiunse Àkos, consapevole che l'Anima di Dragana non era mai stata così luminosa. Oltre alla costante tristezza, la ragazza era sempre stata animata da una salda testardaggine e l'Incubo sapeva che nulla avrebbe potuto contro la sua presa di posizione, a meno che non fosse intervenuto direttamente con i suoi poteri. Quella eventualità, però, non ritrava più tra i suoi piani, anche se averla come risorsa per impedire a Dragana di farsi del male era una garanzia a cui non avrebbe rinunciato. Àkos aveva carezzato con disinvoltura le menti anche degli altri presenti e aveva notato, non senza sorpresa, che l'Anima di Dragana non era l'unica a sfavillare più del consueto.

«È la strategia più semplice per capire chi mi vuole ostacolare» proferì Dragana.

«La tua soluzione è scatenare direttamente un animale feroce contro il nemico? Forse la storia inizia a piacermi» replicò Nastia.

«No, niente violenza» la interruppe Dragana, ricordando all'istante le parole della nonna alla vista dell'Arcano della Forza. Non si sarebbe fatta guidare dall'orgoglio per agire in modo sconsiderato, non avrebbe usato la stessa, infida arma dei suoi nemici.

«Non lascerò che tu ti immoli per puro spirito di protagonismo» intervenì Melissa.

«Sarò protetta e al sicuro, terremo conto di ogni variabile» Dragana non era intenzionata a cambiare idea. «So che posso contare su di voi, su tutti voi.»

«Aspettiamo dopo la Caduta, ora saranno tutti troppo occupati per notare i tuoi tentativi di egocentrismo» le concesse infine Melissa, alzando gli occhi al cielo per dare vita a un'espressione esasperata. «Mi assicurerò di inviare personalmente una lettera agli Aranyfist per ricevere un invito da parte loro, dopotutto da screanzata quale sei non ti sei mai presentata per fare ufficialmente loro le condoglianze dopo la morte della loro capostipite.»

«La Caduta?» domandò Dragana con tono sospettoso, accogliendo tacitamente la proposta di Melissa. Anche se non aveva idea di che lutto stesse parlando la cugina, avevano in ogni caso bisogno di una scusa plausibile per presentarsi da loro.

«Non è la tua caduta di stile, văr, se è questo che ti preoccupa» replicò serafica Melissa, ricevendo un'occhiata perplessa da parte della cugina.

«È l'evento più entusiasmante insieme ai nostri riti di passaggio!» esclamò Nastia.

«E detto da te...» commentò Dragana, per poi rivolgere un'occhiata di supplica ad Àkos. L'ultima celebrazione condivisa da Nastia con tale fervore non aveva dato risultati graditi e Dragana ricordava bene la crisi respiratoria che l'Incubo l'aveva aiutata a superare.

«Non c'è pericolo, è un modo per ricordare il giorno in cui i nostri antenati si sono recati presso i Custodi dell'Essenza e hanno dato avvio alle maledizioni» le spiegò Àkos.

«Certo, tutto chiaro» rispose sarcastica Dragana, che ancora faticava a entrare nell'ottica che, in quel luogo, tutte le leggende erano più vere di quanto potesse concepire.

«Qualcuno non ha dormito bene?» domandò Nastia, lanciando uno sguardo sospettoso ai quattro amici che avevano passato la notte nello scantinato del Vizuină de Medvedev. «Io, comunque, continuo a optare per usare Sokrat come arma del terrore.»

«Non sono un oggetto» si intromise il ragazzo.

«Lo so, ma hai del potenziale e questa mi pare un'ottima idea per uscirne illesi» dedusse Nastia, ricevendo un silenzioso supporto da parte di Kassiano, che sembrava trovare conforto nelle idee trovate dall'Intoccata.

«Niente violenza» ribadì Dragana. «Se pensate che sia meglio rimandare a dopo la Caduta, allora va bene.»

«Tasteremo il terreno per capire se gli Aranyfist siano coinvolti o meno, non senza le dovute precauzioni» confermò Àkos, lanciando uno sguardo di intesa a Sokrat. Il Notturno, dal canto suo, gli rispose con un rapido cenno del capo.

«Questo affiatamento inedito mi sta soffocando. Andiamo, văr, se bunică si accorge che il mio letto è intatto potrebbe decidere di sottopormi a un interrogatorio poco piacevole» la esortò Melissa, a disagio di fronte al clima di fratellanza che si stava creando tra persone che aveva sempre creduto troppo estranee per avere anche solo un interesse in comune. Non era abituata a uscire dai propri schemi, anche se l'arrivo di Dragana aveva messo a dura prova le sue rigidità e l'aveva costretta a riscoprire chi aveva sempre considerato diverso. Continuava a considerare inferiori i Maledetti che le toglievano l'aria in quello scantinato e non avrebbe saputo spiegare alla nonna che aveva passato di sua volontà la notte con un Notturno legato a pochi metri da lei.

«Sokrat, tua mamma ha ancora un po' di tessuto rosso? Ho solo qualche giorno prima della Caduta e devo ancora finire di cucire la mia tunica» chiese Nastia. Sokrat le consigliò di salire al piano di sopra per controllare i rifornimenti e Kassiano, spaventato dallo sguardo di Melissa, decise di aggregarsi a loro.

«Quando ci sarà l'evento?» chiese Dragana, racimolando le proprie cose per prepararsi a uscire nel clima invernale. Sul bancone, risistemato al centro della stanza, notò i walkie talkie che Sokrat aveva riaggiustato e le sfuggì un sorriso di tenerezza nel constatare quanto il ragazzo fosse in grado di sistemare ogni difetto, che si trattasse di oggetti o persone.

«Tra sei giorni, il 31 dicembre. Te la senti di resistere fino ad allora?» le chiese Àkos.

Dragana annuì soprappensiero, rendendosi conto solo in quel momento di che giorno fosse.

«Oggi è il 25 dicembre» sussurrò.

Melissa sollevò le sopracciglia, rivolgendole uno sguardo scettico. «Quindi?»

In tutta risposta, Dragana alzò le spalle. Melissa non avrebbe mai potuto capire la nostalgia che l'aveva avvolta, né tantomeno il senso di tristezza emerso nel constatare che si era lasciata scivolare addosso tutti quei mesi, dimenticandosi di uno dei giorni più importanti per lei e i suoi genitori. I mercatini in Piazza delle Erbe, le luci fuori dall'Arena, il pane dolce comprato a qualche bancarella e le cene profumate che cucinava ogni sera con suo padre durante le vacanze di Natale... tutte quelle memorie erano passate in secondo piano e a stento riusciva a ricordare l'odore degli addobbi impolverati che ogni anno sua mamma liberava dalla cantina e le passeggiate fatte con lei sul Lungadige a braccetto, con la paura di scivolare a ogni passo sul lastricato ghiacciato. La sua vita era cambiata e non voleva biasimarsi per non essersi ricordata di una data tanto importante, ma come era finita a perdere il senso del tempo?

«Niente» rispose a Melissa con un'alzata di spalle.

«Natale qui non si festeggia il 25 dicembre» le spiegò Àkos, allungando una mano sulla sua schiena per darle un minimo senso di conforto. Aveva visto l'Anima di Dragana incupirsi tanto quanto i primi giorni, ma aveva tenuto a bada la sua mente per evitare di carpire pensieri personali.

«Lo sospettavo, siete figli della tradizione ortodossa» constatò lei, cercando di scacciare la nostalgia.

«Ti va di vederci al Capul Taiat, nel pomeriggio?» le chiese, nella speranza che stare un po' lontana da Melissa e sua nonna potesse alleggerire la sua giornata.

Dragana serrò le labbra. L'invito di Àkos la tentava, ma voleva passare del tempo da sola, magari provando a scrivere una lettera da recapitare alla psicologa e all'assistente sociale. Non le sentiva da settimane e poteva provare a riagganciare i rapporti con l'Italia a partire da loro. Aveva dedicato fin troppo del suo tempo alla sua nuova vita, quello le sembrava il momento ideale per donare un po' della sua attenzione al passato.

«Un'altra volta» declinò quindi.

«Va bene. Prima che andiate, però, mi preme riferirvi un'informazione» le avvertì.

Dragana guardò Melissa, che era rimasta in attesa sulle scale osservandoli da lontano. La cugina era stata richiamata dal loro silenzio e lo sguardo serio di Àkos non potè che aggravare le sue sensazioni.

«Spero che non rovini la sua festa occidentale» suggerì con tono scocciato Melissa.

«Non è mia intenzione. Anzi, forse la posso migliorare.»

La Mietitrice si avvicinò di nuovo a loro e non poteva immaginare che quanto aveva da riferire Àkos avrebbe cambiato le carte in tavola. Forse avere un Incubo come alleato, almeno nel giorno di Natale, non era una disgrazia, quanto un dono.

***

Le cugine rientrarono nella tenuta Ezusfat passando dal cimitero di famiglia. Quando Dragana si era diretta all'ingresso principale, allungando una mano per aprire il cancello decorato da fiori di metallo, Melissa l'aveva trascinata per la manica sul retro della casa. Avevano perimetro l'intera inferriata, addentrandosi tra la neve fresca e i rami ricoperti di ghiaccio fino ad arrivare in un punto abbastanza nascosto dalla vegetazione ormai dormiente.

«Troveranno le nostre tracce nella neve» le fece notare Dragana, mentre la cugina le indicava un punto esatto della recinzione.

Dragana si avvicinò e notò l'assenza di uno dei moduli che costituivano l'intera inferriata e la distanza così creata tra le singole sbarre ricoperte di rampicanti neri lasciava giusto lo spazio per far scivolare un corpo all'interno della proprietà.

«Sănder non si allarmerà per qualche passo nella neve, bunică non esce mai con questo freddo ed è stato zio Mac a indicarmi questo segreto» la tranquillizzò, superandola per infilarsi nel passaggio con un unico, elegante movimento.

Dragana la imitò non senza difficoltà, ritrovandosi con i capelli e il cappotto incastrati tra le anse ricurve delle decorazioni floreali.

«Perché mai zio Mac avrebbe dovuto dirti come svignartela?» chiese a Melissa.

La cugina le girò le spalle, non intenzionata ad aspettarla ulteriormente, ma con grande sorpresa di Dragana le concesse comunque una risposta.

«Non era per far uscire me.»

Dragana riuscì a districare i capelli, che le ricaddero arruffati sulle guance, e portò all'interno della staccionata anche la gamba che era rimasta all'esterno.

«Continuo a non capire» commentò Dragana a mezzo tono.

«Meglio per te, probabilmente non sei mai stata innamorata» le rispose flemmatica la cugina.

«Nemmeno tu» replicò a tono Dragana, ricordando la conversazione che avevano avuto proprio lì, tra le tombe di famiglia. Melissa non aveva mai ricevuto vero amore e questo l'aveva resa capace solo di dare odio.

La ragazza si fermò, lanciò a Dragana uno sguardo altezzoso e le dedicò un sorriso sprezzante. «Ci sono persone che non sanno amare e altre che non vorrebbero, ma non possono  farne a meno. La differenza è labile, in entrambi i casi si soffre. Evita i sentimenti se vuoi vivere felice.»

«Tu però non mi pari felice» constatò Dragana, incrociando le braccia sul petto sia per respingere il freddo, che per proteggersi dall'inevitabile cattiveria che Melissa le avrebbe riversato addosso dopo quella frase.

«Perché io non sapevo amare e poi non ho potuto farne a meno. Quel tipo di sofferenza ti rimane incastrata sulla pelle e non serve a niente scarnificarsi fino alle ossa per eliminarla» le rivelò la cugina, guardandola in volto senza mostrare alcun segno di cedimento.

«C'entrano gli Incubi, in tutto questo?»

«C'entra solo la debolezza» ammise Melissa. «Adesso basta, văr, o faccio prima a eleggerti come mio nuovo diario segreto. Abbiamo già passato fin troppo tempo insieme, ho bisogno di depurarmi dalla tua presenza.»

«Melissa...» la richiamò Dragana. «Se c'è qualcosa che devi dirmi su Àkos, ora sono pronta ad ascoltarti.»

«No. Àkos non è più un problema tuo. Ma diffida da chiunque non fosse con noi oggi, devi sopravvivere ancora per sei lunghi giorni» la supplicò. Poi, prima di varcare la porta d'entrata, si voltò un'ultima volta verso di lei. «Consideralo il mio regalo di Natale a lungo termine, per quando ti innamorerai» le disse, indicando l'apertura che si erano ormai lasciate alle spalle. «O per quando vorrai allontanarti un po' da qui.»

«Grazie» si limitò a rispondere, riferendosi al fatto che si fosse aperta e sapendo quanto quella conversazione fosse stata difficile per la cugina.

«Non sprecare i tuoi ringraziamenti. Non farti vedere da me fino alla cena.»

Melissa era tornata a essere fredda come la neve che stava congelando le loro guance, ma a differenza di qualche tempo prima la sua mancanza di sentimenti sembrava essere dettata da una pace interiore ritrovata, più che da una rabbia repressa. Forse parlare con Dragana era davvero servito a qualcosa e la sua imperturbabilità di fronte ad argomenti scomodi non era che un invidiabile tratto caratteriale.


NdM. Nemmeno a farlo apposta, siamo nello stesso periodo in cui si svolge la storia. Avete chiesto qualcosa di speciale, per Natale?

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