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41. Credete a questa storia?

Quel pomeriggio, durante l'ora di arte, Dragana non sarebbe stata da sola. La rivelazione a cui era giunta durante il pranzo non era passata inosservata ai suoi amici, né a Melissa, e tutti avevano insistito per accompagnarla alla sua lezione con la Arany.

«Dimmi il nome di un artista, non voglio risultare ignorante» la supplicò Nastia, colta dal panico.

Dragana sospirò, ricevendo un'occhiata divertita da parte di Sokrat.

«Non devi fingere di essere davvero interessata...» cercò di calmarla Dragana.

«Be', tu dimmelo, non si sa mai!» continuò a pregarla.

L'amica ci pensò, stringendo le labbra in una linea sottile, e alla fine alzò le spalle dandole una risposta sbrigativa: «Fingi che il tuo preferito sia Bacon, ti si addice».

Nastia inarcò le sopracciglia, appuntandosi mentalmente il cognome dell'artista, e poi si fece prendere dalla curiosità: «Perché, il tuo qual è?».

«Canova» la informò Dragana.

«Smettiamola con questa condivisione culturale, non siamo qui per un corso accelerato di pittura con le dita» intervenne stizzita Melissa, superando le due ragazze per entrare nell'aula.

Dragana la seguì subito dopo, senza farsi impressionare dall'ambiente illuminato unicamente dalle candele che, invece, lasciò perplessi i suoi amici. L'odore di trementina la riportò subito ai pomeriggi passati lì dentro, in compagnia della donna burbera che aveva piano piano iniziato ad apprezzare.

«Per quanto tu sia una cara ragazza, Dragana, le adesioni al corso sono chiuse» la ammonì la professoressa, rintanata in un angolo della stanza. «Sloggiate, intrusi.»

La sua sagoma era a stento visibile dietro a uno dei cavalletti che popolavano l'aula, molti dei quali accoglievano anche i disegni di Dragana. La ragazza fece cenno agli amici di ignorare la scontrosità della donna e le si avvicinò cauta.

«Oggi non sono qui per la lezione, professoressa» la avvertì Dragana, accomodandosi su uno sgabello vicino a lei.

Sotto i ciuffi che sfuggivano all'acconciatura spettinata, intravide gli occhi velati dalla cecità della Arany spalancarsi per il risentimento.

«Credi di poter tornare a essere la scansafatiche che eri all'inizio? Non ho tempo da perdere, mia cara, se ti sei stancata di me sei libera di cambiare i tuoi orari» la sgridò, continuando imperterrita la sua opera.

«Scusate l'intromissione» intervenne Melissa, accompagnando le sue parole con un falso sorriso di scuse, «ma qui c'è gente che è intollerante al vittimismo. L'unica cosa che sa fare mia cugina è disegnare, di sicuro non abbandonerà il suo corso. Chiarito ciò, possiamo arrivare al punto?»

La professoressa, nel sentire la voce pacata che accompagnava parole tanto scortesi, fermò la pennellata che stava trascinando sulla tela.

«E tu saresti?» le chiese, con tono tagliente.

«L'erede non contaminata della famiglia» dichiarò fiera Melissa.

«Devo farle delle domande» riprese parola Dragana, ignorando l'intransigenza della cugina. «Su mia madre» aggiunse.

La Arany posò il pennello sul suo grembo, rinunciando a continuare la propria creazione. La punta, pregna di un colore che al buio Dragana non riusciva a distinguere, aggiunse un tratto irregolare di pittura a quelli che già decoravano il grembiule ormai carico di anni di arte.

«E come potrei conoscerla? Crin se ne è andato anni fa, prima che incontrasse tua madre» le ricordò la professoressa.

«È qui che si sbaglia» la corresse Dragana. «Mia madre proviene esattamente da qui: era Amalia Tòth.»

La Arany rimase immobile per alcuni secondi, tanto che Dragana pensò non avesse sentito le sue parole. Solo quando vide i suoi occhi inumidirsi, senza che le lacrime dissipassero il velo opaco della cecità, capì che la professoressa era stata profondamente turbata dalla sua rivelazione.

«Non è possibile» si limitò a sussurrare la donna.

«Lo credevo anche io, ma la sua Anima mi ha ricondotto a lei e credevo che avrebbe potuto darmi le risposte che cerco...»

«No, mia cara» la interruppe la professoressa, assumendo una sfumatura di dolcezza nella voce. «Non è possibile che Amalia Tòth sia tua madre... perchè Amalia è morta diciassette anni fa, durante la strage dei Maledetti.»

Dragana, così come il resto dei ragazzi, rimase interdetta.

«Oh, qui la cosa si mette male» si lamentò Nastia. «Ce ne possiamo andare?»

«Forse la confonde con un'altra persona» tentò Dragana, perplessa da quanto la donna le aveva appena rivelato.

«Amalia Tòth era la mia migliore amica, non potrei confonderla con altre persone» le chiarì la donna, prima di confessarle: «Ed è colpa mia se è morta».

Dragana rimase senza parole. Ogni volta che le sembrava di essere arrivata a comprendere cosa stesse accadendo, tutto le si rivoltava contro. Le sembrava di essere finita in un'opera di Escher, intrappolata in un paradosso irrisolvibile che, in qualunque modo si cercasse di interpretare, portava sempre a esiti diversi e inattesi.

«Conoscete tutti gli avvenimenti di quell'infausto giorno, giusto? La strage dei Maledetti...» domandò la Arany, interpretando il loro silenzio come un'ammissione di inconsapevolezza.

«Se ha intenzione di accusare zio Crin di quell'eccidio, non si disturbi: ce ne andiamo» la avvertì Melissa, stanca di sentire quella storia che ancora gravava sulla reputazione della sua famiglia.

«Potrei infilarmi un paletto nel petto per quello che sto per dire, ma mi associo alla cugina antipatica!» si accodò Nastia.

«Non sono tua cugina» ci tenne a precisare Melissa con un sussurro. «E meglio essere antipatica che morta, Intoccata.»

«Mio padre non è colpevole» rimarcò Dragana, ignorando le due ragazze e decisa a restare fino a che ogni cosa non le fosse risultata chiara.

«Lo dicevo anche io del mio...» commentò Sokrat. Dragana ricordava cosa si dicesse di suo padre: era uscito durante la notte e aveva ucciso, nella sua forma di orso, una giovane Mietitrice. «Eppure si è dichiarato colpevole. Anche tuo padre l'ha fatto pubblicamente con una lettera.»

«L'ho letta» ammise.

Zio Mac gliel'aveva fatta recapitare da Sănder dopo che Dragana aveva chiesto spiegazioni sul padre. All'interno ci aveva trovato esattamente quanto lo zio le aveva anticipato: ammissione di colpa, dispiacere e il luogo in cui avrebbero potuto trovare i corpi delle sue vittime. Il tutto corredato dalla sua scrittura e dal sigillo di famiglia. Dragana, però, aveva archiviato quell'evento tanto atroce quando gli amici le avevano consigliato di lasciare perdere e, con i mesi, il suo interesse per quella che continuava a credere una menzogna era scemato in favore di altri dubbi.

«Sono solo parole scritte su un pezzo di carta» aggiunse, continuando a non considerare la lettera come una testimonianza valida.

«Adevărul stă scris printre rânduri» sussurrò Nastia. «La verità è scritta tra le righe e, proprio in quella lettera, Crin ha indicato il luogo in cui sono stati ritrovati dei cadaveri. Persone morte, Dragana-Erica. Smembrate. Niente su cui scherzare. Ora ce ne andiamo?» chiese sbrigativa.

«Sappiamo tutti cosa è successo, ma è alquanto scortese rimarcarlo in nostra presenza» decretò Melissa.

Lei, con il tempo, aveva imparato a ignorare le dicerie che le arrivavano alle orecchie ogni volta che passava per i corridoi. A causa di Crin era sempre stata emarginata, fuori dalla sua famiglia, ma aveva imparato a convivere con l'esclusione. Se prima nessuno a scuola la apprezzava per il peccato di cui si era macchiato suo zio, con il tempo si era fatta disprezzare ancora di più per il suo carattere intollerabile. Ormai tutti gli studenti la consideravano solo un'altezzosa insensibile e Melissa aveva raggiunto il suo obiettivo: l'ombra di Crin era stata spazzata via dall'immagine di sé che aveva costruito a colpi di risposte velenose e occhiate taglienti. Aveva accettato di ricevere odio solo a patto di decidere lei il motivo, perché non avrebbe permesso agli errori di altri di rovinarle la vita. Melissa non tollerava, quindi, che quella storia venisse riportata alla luce o, almeno, questo era quello che diceva a se stessa. Nel profondo, era preoccupata che Dragana potesse venirne turbata più del lecito.

«Dra, non tormentarti per una colpa che non è la tua e per un passato che non puoi modificare» intervenne Sokrat.

«Non eravate qui per parlare con me?» si intromise la Arany. «Se volete fare comizio, ritorno volentieri al mio quadro.»

I quattro ragazzi si voltarono contemporaneamente verso la donna, per un attimo dimentichi della sua presenza.

«Vedo che siete tutti informati sulla storia di Crin che uccide brutalmente cinque Maledetti» continuò, notando che l'attenzione era di nuovo tornata a lei. «Quella che conoscete, però, è solo la versione ufficiale di ciò che accadde veramente quella sera.»

Melissa schioccò la lingua, alzando gli occhi al cielo con esasperazione: «Perfetto, ci sono altre versioni apocrife che mettono in cattiva luce la nostra famiglia».

«La verità di cui sono testimone io è solo una» puntualizzò la professoressa. «E la mia cecità ne è la prova: sono stata privata dei miei occhi come punizione, perchè quella notte ho tradito la mia famiglia.»

Dragana si ridestò. La professoressa, quindi, era presente a quell'evento? Perché non le aveva mai accennato nulla, durante le loro lezioni, pur sapendo che Crin era suo padre?

«È per questo che mia madre mi ha indirizzata a lei?» chiese, dando voce a uno dei suoi dubbi. «Perché ci raccontasse la sua versione?»

«Non ne sarei così entusiasta, mia cara» la placò Arany, smorzando con quelle parole il suo entusiasmo. «Ma permettimi di accontentarti con il racconto di quello che vidi io. Sono sempre stata la pecora nera della famiglia.»

«Ora capisco perché ti piace la sua compagnia, văr» mormorò Melissa, guadagnandosi un'occhiata storta da parte della cugina.

«Ho sempre trovato inumano classificare le persone solo in base alla stirpe di appartenenza, per questo non mi sono mai fatta problemi nello stringere amicizie con i Maledetti» iniziò a raccontare, tastando il tavolo alla sua destra fino ad afferrare il vasetto di trementina. Ne versò qualche goccia sul proprio grembiule, così da poterci pulire il pennello che, quel giorno, non sarebbe più riuscita a usare. «Amalia era tra quelli. Ci siamo conosciute durante un'ora di punizione: lei si era spinta troppo in là con i propri poteri, io avevo insultato un Mietitore per aver trattato con poco rispetto un Maledetto. Siamo diventate amiche in poco tempo e mi sembra ancora di sentirla, a volte, mentre mi consola per essere semplicemente nata nella famiglia sbagliata.»

Dragana riconobbe, in quelle parole, il carattere amorevole della madre. Non le sembrava vero che la professoressa avesse conosciuto Amalia durante la sua giovinezza, un periodo della sua vita che le era sempre stato precluso e che, quando aveva cercato di esplorarlo, si era rivelato pieno di omissioni e insidie.

«Non nego che molti Mietitori abbiano idee radicali, compresa la mia famiglia. Per questo ero sempre molto felice quando erano gli Ezustfat a essere ospitati a cena: a differenza di molti altri giovani della mia età, Crin e Mac erano una lieta compagnia e, soprattutto, condividevamo molti ideali. Fu in occasione di uno di questi incontri di famiglia che Crin conobbe Amalia: tra loro nacque fin da subito un affetto molto profondo che, però, avrebbero dovuto mantenere segreto.»

«Tra un Mietitore e una Maledetta?» intervenne incredula Melissa, sollevando con un rapido scatto le sopracciglia.

«È stata davvero possibile una relazione simile?» chiese anche Sokrat, improvvisamente incuriosito.

«Verica» suggerì Melissa, richiamando l'attenzione della cugina. «È la prova delle conseguenze che un simile affronto alla Natura comporta.»

«Non è un'Errante?» domandò Dragana. Ripensò alla bambina che spesso riempiva della propria presenza il salotto di casa per condividere un tè con la nonna, ma soprattutto rifletté sulle coincidenze tra le parole che in alcune occasioni le aveva dedicato e i risvolti, non sempre graditi, che queste avevano comportato. L'aveva sempre trovata perturbante e credeva che fosse un'anima secolare intrappolata in un corpo troppo infantile rispetto alla saggezza accumulata nel tempo.

«Sua madre lo era, ma suo padre fu un Incubo» le spiegò laconica Melissa. «Per questo sembra essere in grado di carpire i bisbigli della realtà e del mondo delle Anime.»

La professoressa ignorò la precisazione della ragazza, per cui aveva già iniziato a provare antipatia. Quello di Melissa era un atteggiamento diverso dalla sfrontatezza con cui Dragana le si era rivolta al loro primo incontro: se l'indisposizione di Dragana era stata mossa da una profonda rabbia verso la sua incapacità di superare il lutto e riprendere a disegnare, Melissa veniva guidata solo dalla propria superbia. Lei era esattamente la tipologia di Mietitori da cui Blenda Aranyfist preferiva stare lontana.

«Oh, ragazzo mio, eccome» rispose quindi a Sokrat. «Non ho mai conosciuto nessuno più innamorato di Crin e Amalia in tutta la mia vita!»

«È irrispettoso sostenere una simile aberrazione nei confronti di mio zio. Un Mietitore che sporca il proprio sangue con un Maledetto è... peggio che mischiarlo con quello di un umano» proferì Melissa, lanciando uno sguardo di disprezzo a Dragana.

La ragazza non fu sorpresa dalla posizione intransigente della cugina, ma non potè negare a se stessa di essersi sentita toccata da simili parole. Melissa credeva davvero a un'affermazione così radicale? O stava solo cercando di convincere se stessa che il sangue valesse più dei sentimenti?

«Molti la pensano come te, ingenua Ezustfat. E fu un altro incontro di famiglia a rendermi partecipe di una decisione che non sarei mai riuscita ad accettare: aleggiava l'idea di eliminare i Maledetti, considerati troppo pericolosi per la sicurezza di tutti, e non ci pensai due volte a condividere i miei timori con Amalia.»

Dragana si rizzò sullo sgabello, spalancando gli occhi non appena comprese il significato di quelle parole, e la sua reazione di sgomento fu il riflesso di quelle di tutti gli altri.

«La famiglia Aranyfist sarebbe arrivata davvero a tanto?» domandò sconvolta.

«Non era la prima volta che sarebbero arrivati a tanto, come avrei scoperto in seguito... Altre erano state le vittime della mia famiglia, prima che Crin e Amalia fossero coinvolti di persona» confessò loro la professoressa, con tono pregno di senso di colpa.

«Continuo a non capire... Perché nessuno sa niente? Perché viene accusato mio padre?» chiese con insistenza Dragana, sempre più confusa dai dettagli che stavano emergendo da quella narrazione.

«Sei un'ingorda, văr, ecco perché non ti piacciono i romanzi russi» si lamentò Melissa, alzando gli occhi al cielo. «Lasciala continuare senza interrompere a ogni frase.»

La professoressa ignorò le parole con cui Melissa si era rivolta alla cugina.

«Al posto che usare i propri poteri da Incubo per quietare gli animi, come le avevo suggerito di fare, Amalia aveva insistito per incontrare la mia famiglia insieme ad altri Maledetti, dando vita a un conflitto che avrebbe generato le morti a voi note. Tra i partecipanti c'era anche Crin, come tutti ben sapete, ma avrete notato che le nostre versioni stanno iniziando a divergere.»

«Ho la brutta sensazione che la sua versione finirà peggio di quella che conosciamo noi» cantilenò Nastia, già rassegnata a un triste finale.

«Finisce allo stesso modo: con cinque Maledetti morti» la tranquillizzò la donna, alzando le spalle come per indicare che, alcuni eventi, non si possono cambiare nemmeno con le parole.

«E chi è il colpevole, in questa versione?» intervenne con cautela Dragana.

«Io» ammise con un sospiro di colpevolezza la professoressa. «Io ho detto ad Amalia cosa avesse intenzione di fare la mia famiglia, io ho organizzato l'incontro e io mi sono resa, indirettamente, artefice della sua morte.»

«Aspetta un attimo, fermate la storia» si intromise Nastia, sgranando gli occhi celesti. «Amalia non era un'Intoccata, quindi...»

«No, mia cara, non lo era» le confermò Blenda. «La morte, per gli Incubi, è irreversibile.»

«Lei sta dicendo che... Nella sua versione mia madre muore?» domandò con poca convinzione Dragana, sempre più certa che la Arany ricordasse male i fatti. Se l'avesse potuta vedere, ritrovando nel suo aspetto fisico i tratti della madre, si sarebbe sicuramente ricreduta.

«Non ho potuto vederlo io stessa, ma questo è quanto mi è stato riferito. Crin era troppo addolorato per restare in un luogo tanto nefasto senza l'amore della sua vita, e l'unica sua alternativa è stata quella di andarsene» concluse la donna, finendo anche di pulire i pennelli.

«Non ho ancora trovato risposta alla mia domanda, però: perché mio padre si è addossato la colpa? Perché nessuno conosce le intenzioni degli Aranyfist o quello che hanno fatto?» chiese con insistenza Dragana.

La professoressa si prese il tempo di riporre i pennelli dell'apposito contenitore, che raggiunse tastando con le dita il banco vicino a lei. Accarezzò con i polpastrelli la tela a cui stava lavorando, dove i colori già posizionati sulla superficie si erano ormai asciugati. L'ultimo evento che aveva potuto vedere con i suoi stessi occhi era stato il massacro di quattro giovani Maledetti e, da diciassette anni, quella visione continuava a tormentarla. Immaginare i colori stratificati sulla tela era l'unico modo che aveva trovato per contrastare una sofferenza tanto vivida nei suoi ricordi. Avrebbe nascosto la tonalità del sangue con la sensazione della pittura sotto le dita, il dolore per la perdita della vista con l'odore della trementina.

«Credete a questa storia?» domandò ai quattro ragazzi che, quel pomeriggio, si erano presentati da lei carichi di speranze.

«No» fu la risposta unanime da parte loro, che avevano diversi motivi per non credere a una simile versione.

Dragana sapeva che sua mamma non era morta diciassette anni prima; Melissa era sicura che un Ezustfat non avrebbe mai lordato il proprio sangue con un legame impuro; Sokrat non riteneva possibile un rapporto tra Maledetti e umani; Nastia, infine, avrebbe continuato a ignorare qualsiasi variante di quell'avvenimento, perché le era stato insegnato che certi eventi dovevano rimanere confinati nelle pieghe del passato.

La professoressa sorrise mesta, ricominciando a mischiare i colori per un nuovo quadro, prima di dire a Dragana: «Ecco la tua risposta, mia cara: come ben vedete ci sono tante versioni di una storia, ma non è sempre quella reale a prevalere».


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State all'occhio, perché giovedì pubblico un capitolo bonus BOMBA, risponderà a un sacco di quesiti, ma sarà molto, molto frustrante (e presto capirete perché).
Grazie per il vostro continuo e prezioso supporto!

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