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39. Puoi odiarmi

Le giornate di Melissa oscillavano tra lo studio e la ricerca del suo gatto scomparso. In sette anni Nekhljudoff non aveva mai saltato un pasto, ma da una settimana non si faceva nemmeno vedere al calare delle tenebre.

Melissa controllò ancora una volta tra le lapidi più lontane del cimitero di famiglia, stringendosi con più forza nel cappotto di pelliccia mentre si chinava per verificare se qualche animale avesse attinto al cibo che aveva lasciato nei giorni precedenti. I pezzi di carne, sapientemente selezioni dalla cucina, erano incolumi e ormai congelati a causa delle basse temperature.

«Giuro su Santo Vladimir che, se non ti fai vedere nemmeno oggi, te li puoi scordare i bocconcini di cervo» sussurrò al vento, conscia che, anche se il gatto fosse stato nelle vicinanze, avrebbe semplicemente ignorato le sue parole.

Melissa lo aveva minacciato spesso, nel corso della sua vita, soprattutto quando all'inizio della loro convivenza non sembrava intenzionato a rispondere al nome che lei gli aveva affibbiato, ma non c'era mai stata una volta in cui la ragazza aveva reso reali le sue intimidazioni. Nekh, in qualche strano modo, sapeva che la padrona gli avrebbe sempre riservato i pasti migliori.

«Melissa!»

A richiamarla era stata la voce dall'accento insopportabile della cugina, trasportata dal vento attraverso le superfici delle lapidi. Melissa alzò lo sguardo, ritrovando Dragana dall'altra parte del cimitero, e sperava che fosse troppo lontana per vedere il cipiglio disperato che le deturpava il volto. La ragazza chiuse gli occhi, cercando di ritornare alla sua solita espressione altezzosa, e attese paziente che la cugina la raggiungesse.

«Non ho tempo per ascoltare qualsiasi cosa tu abbia da condividere con me» le disse una volta che Dragana l'ebbe affiancata, ricominciando a controllare tra le zolle più smosse del terreno se ci fossero tracce feline.

Dragana non si lasciò intimidire dalle sue parole, ma seguì la cugina tra gli avi sepolti, osservando la dedizione che dedicava a cercare qualcosa che non avrebbe mai potuto riavere. Era profondamente rattristata dall'inutile tentativo della cugina di ritrovare l'animale scomparso. Aveva sentito la sua voce filtrare attraverso la finestra del salotto per tutto il pomeriggio e temeva che, come nei giorni precedenti, la sua ricerca sarebbe continuata fino al tramonto. Sapere che quella scena si sarebbe ripetuta anche nelle settimane successive la faceva sentire colpevole per la sua omissione e aveva deciso che non era giusto che Melissa continuasse a illudersi.

«Non credere che a me faccia piacere doverti parlare» si limitò a dirle Dragana, maledicendosi per aver pensato che confessare a Melissa la morte di Nekh fosse la scelta migliore.

Melissa si fermò stizzita, portandosi ai fianchi le mani avvolte da guanti di ottima fattura e increspando le labbra tinte di un rosso intenso.

«Allora non capisco il senso della tua presenza qui. Ripeto: ho da fare.»

La ragazza voltò le spalle alla cugina. C'era ancora un posto da controllare, prima che il sole calasse e la costringesse a rientrare in casa, così si avviò verso l'albero del delimitava il perimetro a nord del cimitero.

«Melissa, ho davvero bisogno di parlarti» le disse Dragana, continuando a seguire i suoi spostamenti, mossa solo dall'idea che, se avesse smesso di tacere a Melissa la verità sul suo gatto, si sarebbe tolta un peso non indifferente dalle spalle.

«Văr, facciamo questa chiacchierata tra cugine che hanno una passione in comune – cioè evitarsi – un'altra volta» proferì, addentrandosi nella parte meno curata e più antica del cimitero.

Le tombe, lì, erano state divorate da erbe rampicanti, caparbie e resistenti anche agli inverni più freddi, e avevano negli anni celato l'argento e la pietra delle lapidi.

«Non troverai il tuo gatto» le disse Dragana di punto in bianco.

Melissa alzò gli occhi al cielo.

«Vuoi solo portare sfortuna come al solito. Le tue energie negative non mi servono» la informò, accompagnando le sue parole con uno sfarfallio delle dita guantate, come se con quel gesto potesse davvero allontanare la sua influenza.

«Non tornerà a casa, Melissa» ripetè con serietà Dragana.

La ragazza si fermò, voltandosi con sdegno verso Dragana. Affondò i suoi occhi ghiacciati in quelli castani della cugina e cercò di farle capire con lo sguardo che era stanca di quel gioco.

«Ora stai superando il limite. Se continui a seguirmi, giuro che ti faccio scavare da Sănder una tomba e ti ci seppellisco con le mie mani.»

Detto ciò si voltò nuovamente, determinata ad arrivare all'albero per controllare se il gatto si fosse rifugiato là.

«Melissa» la richiamò ancora Dragana. Fu il tono della cugina a farla fermare di nuovo. Quella volta, però, Melissa non si voltò. «Nekh non tornerà.»

Melissa sapeva che Dragana stava solo esprimendo ad alta voce la stessa conclusione a cui lei era già arrivata all'inizio della settimana, quando Nekh, il giorno dopo la festa della nonna, non l'aveva svegliata. Era perfettamente conscia che il gatto non si sarebbe mai allontanato per così tanto tempo di sua spontanea volontà, eppure continuava a negarlo da giorni. Perdere Nekh avrebbe significato perdere se stessa e, dopo due anni di estenuante lavoro, non poteva permettersi di crollare di nuovo.

«Sei solo invidiosa che io abbia sempre dato più cure a un gatto che a te» proferì, girandosi di scatto verso Dragana. «E sei un'idiota, se pensi che io possa considerarti migliore di un animale che non sa nemmeno riconoscere il suo nome.»

Melissa cercò sul volto della cugina un qualsiasi indizio che le facesse capire di averla ferita. Voleva umiliarla e sbatterle in faccia la realtà più dolorosa che avrebbe potuto costruire con l'ausilio delle parole, ma Dragana non muoveva un muscolo e la mancanza di reazioni non fece altro che accrescere il suo, di dolore.

«Da quando sei arrivata hai rovinato tutto. Zio Mac stravede per te e ha perso ogni briciolo di stima nei miei confronti. Non fai altro che riempire la bocca della nonna e monopolizzi la conversazione anche quando sei assente, come se fossi veramente degna di rimbombarmi sempre nelle orecchie» iniziò a esporle, insinuando nelle sue accuse tutto il veleno di cui era capace. «E hai degli amici orribili, che tengono a te solo perché hanno pietà dell'orfanella vessata dalla famiglia intollerante. Almeno, però, loro appartengono a una stirpe, mentre tu sei solo un mostro a metà tra un essere umano e un Mietitore.»

Dragana rimase pietrificata di fronte alla valanga di cattiverie che Melissa le stava riversando addosso, con quella sua cadenza pacata e magnetica che nascondeva, dietro all'eleganza dell'esposizione, un'eccezionale malignità.

«Mia madre deve aver trovato davvero tanto da criticare sul tuo conto se, nelle ultime lettere, è il tuo nome a impestare come un lurido parassita la carta che mi tocca leggere. E Farkas, poi!» esclamò, sollevando le braccia al cielo. «Non ti rendi nemmeno conto che tutto quello che provi per lui è finto, sei solo una marionetta tra le sue mani. A nessuno importa di te, eppure sei sempre sulla bocca di tutti. Povera Erica, che dispiacere, chissà quanta sofferenza ha passato!» scimmiottò, modulando la voce per assumere una cadenza infantile.

Melissa osservò Dragana con astio, stanca che tutto il suo mondo avesse cominciato a girare intorno alla nuova arrivata che, in pochi mesi, aveva distrutto il delicato equilibrio che era riuscita a costruire.

«Come se nessun altro avesse dovuto attraversare l'inferno» continuò. «Come se nessun altro avesse tentato la morte a causa di una stupida illusione mentale di un Incubo che mi faceva credere che qualcuno, per una volta, tenesse veramente a me!» confessò, cambiando i pronomi nel corso della frase e, per la prima volta da quando Dragana l'aveva conosciuta, urlando ogni singola parola.

Dragana sussultò e Melissa si paralizzò, quando entrambe si resero conto di quanto, quelle parole, fossero gravi. Il petto di Melissa si sollevava e abbassava con ritmo irregolare. Tutto, in lei, era sbagliato. I capelli arruffati, gli occhi lucidi per la disperazione, il rossetto sbavato per via della foga con cui si era morsa le labbra.

Dragana temeva che la cugina si sarebbe accartocciata su se stessa, crollando sotto le sue stesse rivelazioni, invece Melissa scosse la testa per togliersi dal viso i capelli che il vento le aveva spettinato e, con immensa fatica, sollevò il mento nel suo solito atteggiamento altezzoso. Cercava di sostenere lo sguardo di Dragana, che era restata paralizzata di fronte al peso che la confessione della cugina aveva portato a galla, e stava facendo uno sforzo smisurato per non distogliere le iridi piene di umiliazione dalle sue.

«Ti odio» sputò Melissa alla fine, lasciando che l'ultima sillaba fosse erosa da un'unica, silenziosa lacrima, che snaturò la freddezza del suo viso trasformandolo in un connubio di collera e tristezza. «Ti odio così tanto» rimarcò, mentre la lacrima le accarezzava la pelle diafana fino ad arrivarle al mento.

Dragana rimase sconvolta nel vedere la cugina, una roccaforte fulgida e inoppugnabile, rimanere salda sotto tanto dolore. Melissa era sempre stata un'opera perfetta e la sua aura emanava un timore reverenziale da cui non si sarebbe potuti sfuggire. Era la creazione migliore di un artista al culmine della sua carriera, dove ogni dettaglio era stato forgiato con minuzia. Melissa aveva la stessa maestria della cupola di Brunelleschi, lo stesso fascino del sorriso della Monnalisa, la stessa raffinatezza dei marmi di Canova. Eppure, Melissa era anche tutto il percorso, la fatica, i fallimenti che erano serviti per arrivare a tanta perfezione. Era il risultato degli scarti, di tutte le opere non riuscite e ben nascoste al riparo da sguardi indiscreti. Melissa era solo perfezione apparente.

«Puoi odiarmi» le concesse Dragana, «ma non continuare a odiare te stessa.»

Melissa ignorò con eleganza la sensibilità delle parole di Dragana, che risuonarono nella sua testa come l'eco di una debolezza che non avrebbe mai voluto mostrarle, e le voltò le spalle con un unico movimento, pronta a dimenticare quella conversazione con la stessa rapidità con cui avrebbe superato la perdita del suo animale domestico. Nekh era l'ennesima dimostrazione di quanto l'affetto, in qualsiasi sua forma, rendesse deboli e lei non poteva permettersi di cadere di nuovo preda delle emozioni.

Dragana, invece, attese immobile l'uscita di scena di Melissa, prima di portarsi le mani al petto e abbandonarsi a un sospiro di compassione. Era certa che Melissa non volesse la sua pietà, come lei stessa non voleva quella di chi apprendeva della morte dei propri genitori, ma le parole della ragazza l'avevano colpita con la stessa intensità con cui il miasma tossico dell'acqua ragia riusciva ad annullare, per qualche istante, ogni altro odore. Melissa si era sempre dimostrata piena di veleno, ma Dragana non pensava che anche la cugina fosse vittima della sua stessa cattiveria.

Dragana non si aspettava che quell'incontro le avrebbe rivelato due cose: la prima era che Melissa celava molta più vulnerabilità di quanto pensasse; la seconda che, quella vulnerabilità, era dovuta non solo alle sue insicurezza, ma anche all'intervento di un Incubo.

L'atteggiamento contraddittorio di Àkos non potè che tornare a sporcarle i ricordi. Perché, poche ore prima, il ragazzo l'aveva allontanata dalla sua mente in quel modo? L'espressione afflitta di Àkos era scolpita nei suoi ricordi come un bassorilievo, le cui linee dure potevano essere assaporate non solo con lo sguardo, ma anche con il tocco dei polpastrelli. Melissa le aveva sempre detto di stare lontana dall'Incubo e, anche se sospettava che la cugina avrebbe disapprovato a prescindere ogni sua scelta, non poteva ignorare che anche Sokrat e Nastia le avessero ripetuto più volte quell'avvertimento. Lei stessa sapeva quanto il potere degli Incubi potesse essere infido, ma poteva davvero considerare Àkos inaffidabile, dopo tutto quello che aveva fatto per lei? Il ragazzo le aveva detto che non poteva affrontare tutto da sola e le aveva dimostrato di essere a conoscenza delle minacce che, da settimane, le toglievano il sonno. Era davvero stata lei a rivelarglielo? Non ne poteva essere sicura visto che, ogni volta che i suoi poteri da Incubo si manifestavano, quando tornava a essere cosciente se ne dimenticava, come era già successo durante il primo rituale per contattare la madre. Avrebbe dovuto fidarsi di Àkos solo in base alle parole del ragazzo, ma dopo quel bacio inaspettato e la confessione di Melissa non era più sicura di poterlo fare.

Dragana, in mezzo al cimitero di famiglia innevato, smise di provare pena per Melissa e iniziò a rivolgerla a se stessa nel rendersi conto di quanto, in quei mesi, fosse stata sciocca a pensare di potersi fidare di un Incubo.

NdM. Rivelazione pesantuccia, eh? Melissa è il mio personaggio preferito e spero che, da questi piccoli scorci, possiate apprezzare anche voi la sua complessità. 

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