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Capitolo 9

GRACE





«È tutto vero?» mi chiese Alan, lo sguardo sempre fisso su di me.

Decisi di prendere tempo per riuscire a inventarmi una scusa che potesse reggere al suo sguardo indagatore, così cominciai a torcermi una ciocca di capelli e lo guardai con un sorrisetto innocente «Che cosa?»

Lui non si scompose «Quello che ha detto Jenny: è vero che mi hai mentito per andare da Caleb?»

«Davvero, posso spiegarti. Non è come sembra.» mugolai, ma Alan mi fermò e mi sorrise.

Mi sorrise?

«Non serve spiegare, sono così felice per te!» esclamò abbracciandomi.

«Che?» chiesi stupita.

«Che?!» gridò la barbie accanto a noi.

«Certo, avrei preferito che me lo dicessi subito, e poi non sono granché felice di sapere che avete già dormito insieme e, a proposito di questo,» guardò Caleb con due occhi che se avessero potuto l'avrebbero ucciso all'istante «tu non l'hai toccata, vero?»

Caleb stava trattenendo una grossa risata, così si limitò a scuotere la testa.

Allora mio fratello tornò a guardarmi «Ma sono talmente contento di sapere che finalmente sei riuscita a voltare pagina dopo-» lo bloccai tappandogli la bocca con una mano «D'accordo, ho afferrato il concetto. Ma davvero, Alan: stai fraintendendo la situazione.»

Alan mi ignorò di nuovo «Poi a casa ne parliamo, ora ho delle cose da fare.» guardò Caleb e gli puntò un dito contro «Se ti azzarderai a farle del male non risponderò delle mie azioni.» e sembrava tremendamente serio quando lo disse.

«Ma...» balbettai. Era inutile: se n'era già andato.

Mi accorsi solo allora che fossi ferma in mezzo al corridoio, da sola, come un'idiota.

«Pensi di rimanere ferma lì ancora per molto?» chiese il biondino affiancandomi e sfiorandomi un fianco con la mano.

«Non mi toccare, coso.» ringhiai allontanandolo.

Lui ridacchiò «A quanto pare stiamo insieme, quindi posso toccarti quanto mi pare e piace.» ripeté, facendomi incazzare ancora di più.

«Ascoltami bene: non fingerò nulla per rendere felice Alan. Questa cosa» dissi indicandoci «non accadrà mai.»

Detto ciò, uscii e mi allontanai. Avevo bisogno di sbollire il nervosismo accumulatosi un po' per la barbie e la sua lingua lunga, un po' per le incomprensioni createsi tra me e mio fratello, e certamente per quel pallone gonfiato di Caleb Walker.

Avevo bisogno di stare sola, così presi un autobus per tornare a casa e, dato che non volevo parlare con nessuno, entrai di nascosto e mi fiondai in camera mia il più silenziosamente possibile. Mi cambiai alla svelta e presi il mio violino.

Uscii di casa sempre senza farmi notare e cominciai a camminare verso la fermata dell'autobus più vicina. Misi le cuffie e azionai la riproduzione casuale della musica. Presi il primo autobus che passò e scesi al capolinea. Non avevo la più pallida idea di dove fossi, ma mi incamminai con le mani nelle tasche e lo sguardo basso.

Avevo raggiunto la periferia della periferia, probabilmente, perché c'erano sempre meno edifici e sempre più verde.

Mi ero ufficialmente persa, ma non ero mai stata tanto sicura di dove volessi stare.

Entrai in un parco, non c'era anima viva e l'ambiente era davvero suggestivo. Scattai una foto prima di sedermi con le spalle a un albero e tirare fuori il violino dalla sua custodia.

Mi misi a suonare sempre la solita melodia, la preferita dei miei genitori: Moonlight Sonata. L'archetto scivolava sulle corde malinconicamente, esprimendo il mio stato d'animo. Chiusi gli occhi lasciandomi trasportare dalla melodia e indugiai quando, una volta terminata, dovetti riaprire gli occhi: quando ero piccola e al termine di una melodia riaprivo gli occhi, i miei genitori erano davanti a me, sempre. Quella volta, quando li avrei riaperti, loro non ci sarebbero stati. E la cosa faceva ancora male.

CALEB

Sì, lo sapevo: non avrei mai dovuto seguirla... ma mi sembrava sconvolta quando era scappata da casa sua. La mia intenzione era semplicemente quella di parlarle, ma non ne ebbi il tempo. Così decisi di seguirla quando la vidi prendere un autobus e mi preoccupai quando non la vidi scendere più. Quando finalmente si decise a farlo, eravamo molto lontani da casa. La osservai da una decina di metri di distanza e la ascoltai suonare, rimanendo senza fiato.

Quando riaprì gli occhi mi nascosi meglio dietro all'albero e la osservai guardarsi intorno. Accanto a lei c'era un piccolo stagno, vidi come lo guardava e sperai vivamente che non stesse pensando di fare qualcosa di stupido.

Grace si alzò in piedi, cominciò a spogliarsi e si avvicinò ad esso. Non riuscii a trattenere un'imprecazione nel momento in cui si immerse nell'acqua che sicuramente doveva essere congelata.

Mi nascosi nuovamente dietro al tronco e mi guardai intorno: fortunatamente non c'era anima viva, altrimenti avrebbero potuto scambiarmi per uno stalker.

La ragazza urlò ma non era un urlo spaventato, era frustrato, triste, malinconico, allora mi girai ancora per guardarla: si stava tenendo stretta al petto la mano sanguinante, tremava.

Ha... appena tirato un pugno contro la roccia?

A quel punto non riuscii più a trattenermi e mi incamminai verso di lei.

GRACE

Rivolevo i miei genitori.

Ero consapevole del fatto che tirare pugni contro le rocce non me li avrebbe riportati, ma sentire dolore in quel momento mi ricordava di essere umana, che provare dolore era umano e che provare un tale dolore per la morte dei mie genitori era profondamente umano.

«Grace...» mi sentii chiamare, mi girai lentamente e mi trovai Caleb davanti.

«Cosa ci fai tu qui?» l'adrenalina stava abbandonando il mio corpo e stavo iniziando a sentire l'acqua gelida a contatto con il mio corpo.

«Storia lunga... ora esci di lì o ti ammalerai.» affermò, e sembrava davvero preoccupato per me.

Sbuffai una risata «Ora non fingere che ti importi qualcosa di me. Vattene e lasciami in pace.»

Lui mi guardò accigliato «Non sto fingendo.»

Alzai gli occhi al cielo «Senti: sto benissimo, non ho bisogno di un babysitter o cose del genere.»

Quando mi ricordai di essere in intimo e scoperta dall'acqua dalla vita in su, gli diedi le spalle e cercai di coprirmi.

Dietro di me lo sentii sospirare, così lo guardai da sopra la spalla e lo trovai intento a togliersi i pantaloni.

«Fermati immediatamente, pervertito!»

Lui non mi rispose, ma lo sentii entrare in acqua e imprecare.

Mi allontanai «Non avrai mica intenzione di venire qui, vero?»

«Se tu non vieni fuori, allora vengo io da te.»

Mi allontanai ancora quando sentii l'acqua incresparsi alle mie spalle «Non ti azzardare a fare un altro passo, maniaco!»

Lui ridacchiò «Altrimenti che mi fai?»

Quando sentii la sua mano su uno dei miei fianchi, gliel'allontanai con uno strattone e lo guardai male.

Lui alzò le mani in segno di resa «Piano, tigre, voglio solo aiutarti.»

Okay, Grace. Conta fino a dieci e calmati, mi dissi mentalmente, ma quando lui provò di nuovo a toccarmi gli afferrai il polso e lo allontanai.

Gli stacco quella mano a morsi.

«Non voglio e non ho bisogno del tuo aiuto. Come te lo devo dire?»

Lo sentii sospirare «Sai che non mi importa quello che dici e che ti aiuterò comunque, quindi tanto vale che me lo lasci fare.»

Mi prese per i polsi, questa volta molto più delicatamente, e mi fece voltare verso di lui. Dato che a me l'acqua arrivava in vita, a lui arrivava a sfiorargli appena i boxer blu scuro che stava indossando lasciando in bella vista praticamente tutto.

Spostai immediatamente lo sguardo, arrossendo.

«Stai congelando, guarda le tue labbra.» mormorò avvicinandosi.

Non mi piaceva per niente quella situazione.

Caleb fece un altro passo e sentii il suo ginocchio sbattere contro la mia coscia.

«Credi che ora possa riscattare il bacio che mi dovevi?»

Strattonai i polsi, ma lui li strinse ancora di più avvicinandoli a sé.

«Ma che stai dicendo? Non esiste.» sbottai.

Lui sorrise, ma non vidi alcuna traccia di malizia.

Il freddo mi aveva bloccata sul posto, tremavo e battevo i denti, ma non riuscivo a spostarmi da lui.

CALEB

Finalmente mi sarei tolto lo sfizio di baciare quelle labbra così perfette. Caleb Walker otteneva sempre quello che voleva. La tenevo ben stretta, non volevo che mi scappasse di nuovo. Mi chinai sul suo viso ma sfiorai le labbra per una minima frazione di secondo perché lei si allontanò e si voltò, cominciando a starnutire.

Non riuscii a trattenere un sorriso «Usciamo da qui.» le dissi.

Lei mi guardò allarmata, coprendosi il petto con le mani «Sei pazzo? Non uscirò da qui con te che mi guardi. Maniaco.»

Alzai gli occhi al cielo e uscii dallo stagno, cominciando poi a vestirmi «Prometto che non ti guardo, tigre. Ma esci da lì prima che-» venni interrotto dall'ennesimo starnuto.

Ecco, appunto.

La sentii uscire dall'acqua e imprecare contro il freddo. Come promesso, non mi girai anche se la tentazione era davvero tanta.

«Ho fatto...» bofonchiò.

Mi voltai «Ti riaccompagno a casa. Ho la macchina qua dietro.»

Lei scosse la testa «No... ce la faccio da sola.» farfugliò battendo i denti per il freddo.

Alzai gli occhi al cielo: quanto poteva essere testarda?

«Senti, non stai in piedi, batti i denti dal freddo e ci scommetto quello che vuoi che ti sei persa. Fatti aiutare.»

Lei abbassò lo sguardo «Non mi sono persa...»

Sospirai, sapevo che c'era una sola cosa che avessi potuto fare.

Mi avvicinai a lei e la presi in braccio, consapevole che non avrebbe potuto opporre resistenza date le poche forze che aveva.

«Ma che fai? Mettimi giù.» borbottò.

«Ti metterò giù quando arriveremo all'auto.» dissi risoluto, e lei non protestò.

Ci misi poco a raggiungere la mia macchina, l'avevo messa proprio all'entrata del parco.

L'aprii a distanza e armeggiai con lo sportello lato passeggero per far sedere Grace. Le misi addosso un maglione grigio che puntualmente mi scordavo in auto e lei protestò quando la testa sbucò dal colletto, i suoi occhi erano chiusi «Non mi serve.»

Non replicai, l'aiutai a infilare anche le maniche e mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo quando la guardai stringercisi dentro.

Testarda e orgogliosa.

«Ci metteremo un po' a tornare a casa, ora accendo il riscaldamento.» Lei non disse nulla.

Le allacciai le cinture di sicurezza e lei subito appoggiò la testa contro il finestrino.

Quando arrivammo a casa sua, chiamai Alan e gli chiesi di venirmi ad aiutare a portarla in camera dato che ormai si era addormentata.

Nel momento in cui lui mi chiese spiegazioni sull'accaduto, omisi il fatto che l'avessi seguita come uno stalker e gli dissi semplicemente di tenerla al caldo e aggiornarmi sul suo stato non appena si fosse svegliata.

Lui annuì e mi ringrazio, ma aspettai a partire finché non lo vidi entrare in casa con Grace.

Accesi la macchina e mi allacciai le cinture di sicurezza, poi però il mio sguardo puntò la finestra della camera di Grace e non riuscii a partire. Non potevo aspettare che si svegliasse per sapere come stesse. Spensi l'auto e scesi raggiungendo il fianco della casa. Cominciai ad arrampicarmi sui tralicci di legno e mi affacciai alla finestra aspettando che Alan se ne andasse.

Aprii la finestra ed entrai.

Grace spalancò gli occhi e le dovetti tappare la bocca con la mano prima che potesse urlare.

Quando allontanai la mano, lei sospirò e si stese nuovamente nel letto «Ho la febbre.» mormorò imbarazzata.

Scossi la testa e risi sommessamente «Te l'avevo detto di uscire immediatamente dall'acqua.»

Lei alzò e riabbassò le spalle velocemente «Anche tu sei entrato in acqua, però non mi pare che tu abbia la febbre.»

Mi sedetti al suo fianco e la coprii bene «Io sono indistruttibile, non mi ammalo mai.» Quel commento la fece ridere.

«D'accordo, ora ti lascio riposare.»

GRACE

Non riuscivo a capacitarmi del fatto che fosse così gentile con me. Il mio primo – e unico – ragazzo a Londra era esattamente come lui: bello, malizioso, che voleva tutto e subito, e per quello mi ero ripromessa che non mi sarei fatta più abbindolare dai tipi come loro.

Si chinò per baciarmi la fronte e poi si alzò andando vicino alla finestra.

«Ehi, anche se mi hai aiutata io ti odio comunque. Chiaro?» gli dissi cercando di essere concisa.

Lui mi guardò e sorrise, poi se ne andò lasciandomi sola.

Mi nascosi meglio sotto le coperte e mi girai a guardare il muro nascondendo il naso dentro al suo maglione grigio.

Chiusi gli occhi e inspirai il suo profumo, un misto di legna ardente e Arrogance.


||Ehi bels! Vi ricordo che se volete potete venire su Insta (amandamay_wattpad)||

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