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Capitolo 37

GRACE


Finalmente l'inverno era finito, il freddo aveva lasciato spazio a pomeriggi assolati e a venti più caldi. Chicago era piena di vita ed io mi sentivo invincibile. Dopo la vacanza allo chalet della famiglia Walker, e dopo la gita a Parigi della scuola, ero finalmente riuscita a convincermi che meritavo anche io di essere felice, che non tutti i ragazzi del mondo erano come William, e che Caleb non stava cercando di giocare con i miei sentimenti e calpestare il mio povero cuore.

«Alan, vado da coso!» gridai scendendo di corsa le scale con lo zaino in spalla e gli occhiali da sole sulla testa.

Mio fratello, che stava guardando una puntata di Breaking Bad, non si scomodò nemmeno a guardarmi «Da chi è che vai?» domandò.

Sbuffai alzando gli occhi al cielo «... Caleb. Vado da lui. Torno più tardi, ti voglio bene!»

Mi fermai sulla soglia quando lui mi chiamò «Non combinate niente.» disse con tono minaccioso.

«Che palle... stai tranquillo! Vuoi venire anche tu? Non so...»

Lui alzò una mano «Non ci tengo, grazie. Sei disgustosamente adorabile quando state insieme... insopportabile.»

Mi dovetti mordere la lingua per evitare di insultarlo.

«E comunque non avrei tempo: tra poco esco anche io.»

Le mie orecchie da sorella impicciona si drizzarono e feci retro-front tornando in salotto. Mi appoggiai con gli avambracci sulla testiera del divano e lu guardai sospettosa «Con chi è che esci?»

Lui scosse la testa «Non ti dirò il suo nome perché sei una stalker psicopatica e terrorizzi sempre le ragazze con cui esco, quindi accontentati di sapere che esco con qualcuna e basta.» annunciò spegnendo la tv e alzandosi dal divano.

Mi finsi offesa e lo guardai male «Non è vero che terrorizzo tutte quelle con cui esci.»

Alan mi fissò con sufficienza.

«Va bene! Qualcuna l'ho terrorizzata, ma l'ho fatto per il tuo bene... erano delle arpie.»

Lui alzò gli occhi al cielo «Sei tremenda. Non dovevi andare da Caleb?»

Gli mostrai la lingua uscendo di casa e misi gli occhiali da sole. Quella giornata era abbastanza calda, per cui avevo indossato una maglietta a maniche corte dei Nirvana che lasciava scoperta la pancia e una salopette di jeans abbastanza larga e, con le mie nuove Vans nere, saltai sul solito muretto per raggiungere la casa di Caleb.

La playlist che avevo scelto per il tragitto mi sembrava perfetta per una giornata fantastica come quella, e dovetti trattenermi dal ballare quando partì a tutto volume una canzone dei Green Day.

Quando finalmente arrivai e bussai alla porta, fu Jace ad aprirmi, il quale mi abbracciò come era suo solito fare «Caleb non aveva detto che saresti venuta oggi, è bello vederti.» ammise facendomi entrare.

Tolsi gli occhiali e li sistemai sulla testa «Perché nemmeno lui sapeva che sarei passata. Dov'è?»

«In camera sua.» indicò le scale con un cenno del capo «Ah, magari bussa prima di entrare... non si sa mai.» ridacchiò andando nuovamente a sedersi sul divano.

Annuii «Ricevuto, capo!»

Salii le scale rapidamente e mi fermai davanti alla porta chiusa della stanza di Caleb. Bussai.

«Chi è?»

«Coso, sbrigati! Smetti di fare qualsiasi cosa tu stia facendo ed esci: abbiamo un sacco di cose da fare.» esclamai.

Sentii dei rumori, poi anche dei passi «Che ci fai qui? Non riesci a resistere nemmeno un giorno senza vedermi, eh?»

Sbuffai «Mi hai già rotto... tra un po' me ne vado.»

La porta si spalancò e Caleb apparve – come suo solito – semplicemente con un paio di boxer.

«Perché non mi sorprende il fatto che tu ti sia appena alzato dal letto nonostante siano le tre del pomeriggio?»

Lui fece un gran sorriso «Non avevo motivo di alzarmi, non avevo nulla da fare e così sono rimasto a letto. Mi annoio senza di te, lo sai.»

«Dai, vestiti: dobbiamo andare a risistemare il gazebo. Mi avevi promesso che mi avresti aiutata.» incrociai le braccia al petto e misi su il broncio. Ero campionessa di ruffianerie e di sensi di colpa: con Alan era fin troppo facile convincerlo a fare o dire qualsiasi cosa volessi, ormai, ed ero certa che anche con il biondino stessi cominciando a cavarmela piuttosto bene.

Caleb, infatti, sospirò «Certo che l'ho detto... d'accordo. Dammi qualche secondo che mi cambio e andiamo.»

Andò verso l'armadio e prese un paio di pantaloni ed una maglietta a mezze maniche, poi afferrò il cellulare e lo mise in tasca, prese gli occhiali da sole e li mise sulla testa pettinando all'indietro i capelli spettinati.

«Andiamo, tigre.» annunciò tendendomi la mano.

Sorrisi a mia volta e l'afferrai. Scendemmo insieme le scale, salutammo Jace e uscimmo. Arrivammo al gazebo e, senza indugiare angora, presi il disegno del progetto e lo attaccai alla colonna con una puntina di ferro.

«Allora... come pensiamo di agire?» chiesi voltandomi verso Caleb. Si stava guardando intorno e il sole faceva risaltare il biondo dei suoi capelli.

Quanto è bello...

«Sei tu il capo. Dimmi solo cosa vuoi fare.»

Ci pensai un po' su. Alternai lo sguardo dal gazebo al progetto un paio di volte prima di esporre il piano «Allora... oggi togliamo tutte le erbacce e le travi che non si potranno più utilizzare. Domani monteremo delle travi nuove e sistemeremo quelle riutilizzabili, infine, imbiancheremo tutto.» gesticolavo con le mani mentre esponevo la mia idea e Caleb mi ascoltava annuendo ogni tanto.

«Mi sembra un buon piano.» asserì infine.

Lavorammo per ore intere, e apprezzai ulteriormente quella calda giornata perché costrinse Caleb a levarsi la maglietta e mi concesse un bello spettacolo che mi fece incantare non poche volte durante tutto il pomeriggio.

«Aiutami a salire lassù.» gli dissi indicando il tetto.

Lui guardò prima me, poi il tetto pericolante «Non mi sembra una gran buona idea...»

Sbuffai «Non cadrò, tranquillo. Reggerebbe entrambi, basta non salire sul legno marcio. E ora aiutami.» ripetei.

Con un'espressione dubbiosa mi afferrò per la vita e mi sollevò lasciandomi solo quando fui saldamente aggrappata alla cima. Mi misi a sedere e lo guardai dall'alto «Visto? Tutto più che sicuro.»

Lui continuò a guardarmi preoccupato e non mi staccò gli occhi di dosso finché non terminai il mio lavoro per aiutarmi a scendere.

Avevamo creato un mucchio di erbacce da una parte, accanto alla pila di assi di legno rotte o troppo vecchie per essere riutilizzate. Il sole stava tramontando quando ci sedemmo sui gradini del gazebo a lavoro terminato.

Appoggiai la schiena a una delle colonne e mi rilassai contro di essa, ammirando il sole che scendeva lentamente e che andava a nascondersi dietro agli alti edifici della città. Caleb era seduto un gradino più in basso, dalla parte opposta alla mia, e stava guardando nella mia stesa direzione.

CALEB

Da quando, quel mattino allo chalet, avevo capito quanto fosse importante Grace per me non ero riuscito a darmi pace. Avevo smesso di chiamare le ragazze che mi facevo prima per divertirmi, ed erano poco più di quattro mesi che non passavo la notte con qualcuna perché, anche volendo, non sarei riuscito a baciare nessun'altra che non fosse Grace. Mi era entrata in testa e non riuscivo più a farla uscire da lì. I miei fratelli erano arrivati al punto di pensare che avessi cambiato sponda, anche se capivano ci fosse qualcosa che non andasse.

Osservavo Grace guardare il cielo da circa mezz'ora. Non mi sarei mai stancato di guardarla. Le luci del tramonto facevano sembrare i suoi occhi color smeraldo ancora più lucenti.

«Un gatto.» disse risvegliandomi dai miei pensieri.

«Eh?» chiesi perplesso.

Lei mi guardò, poi indicò il cielo ridacchiando «Quella nuvola sembra un gatto, guarda.»

Mi voltai verso il cielo, ma non vidi nessuna nuvola a forma di gatto.

«Io vedo un topo con le ali.» ammisi facendola ridere.

«Ma che diavolo!» esclamò piegandosi dalle risate. Mi piaceva così tanto farla ridere...

Si asciugò una lacrima al lato dell'occhio e tornò a sedersi composta «Devo essere sincera: non avrei scommesso neanche un centesimo sul fatto che noi potessimo essere amici, considerando quanto ti odiassi fino a qualche mese fa... però sono felice che siamo riusciti a trovare una sorta di equilibrio.»

Finsi di imbronciarmi «È sempre bello sentirsi dire di essere così odiato...»

Grace sbuffò e mi diede una leggera spinta con la sua scarpa contro la mia «Ho detto che prima ti odiavo. Ora le cose sono cambiate...»

Già... ma non come speravo.


Il mattino dopo venni svegliato da qualcuno che continuava a bussare insistentemente alla porta. Pensavo che Grace sarebbe arrivata solo nel pomeriggio, ma non mi dispiaceva affatto vederla prima, ovviamente.

Corsi ad aprire – nonostante fossi ancora con solo i boxer che usavo per dormire – rimanendo visibilmente deluso quando vidi Jillian, un'amica di Jenny.

«Che ci fai qui?»

Si tolse gli occhiali e li mise sulla testa, guardandomi male. Sembrava parecchio arrabbiata.

«Cos'è questa storia che non ci calcoli più, Caleb? Cosa ti sta succedendo?» sbottò irritata.

Ed era arrivata a casa mia solo per lamentarsi? Non volevo crederci.

Mi attaccai allo stipite della porta e sospirai «Non credo di dover dare spiegazioni a nessuno su quello che faccio o non faccio. Non c'era bisogno che venissi a casa mia per questo.» le dissi. Non mi importava di essere cortese o meno, volevo solo tornarmene a letto.

Stava per sbottare ancora quando le suonò il telefono. Sbirciò alle sue spalle e, con un sorrisetto furbo, si fiondò sulle mie labbra lasciandomi interdetto.

Ma che diavolo..?!

Cercai di allontanarla ma non ne voleva sapere: era diventata peggio di una piovra. Quando finalmente ci riuscii, ero pronto a lanciarle addosso gli insulti peggiori, ma la mia attenzione fu catturata dalla ragazza alle sue spalle: Grace mi stava guardando disgustata e delusa.

«Cazzo.» esclamai «Posso spiegarti, aspetta.»

Lei scosse la testa e passò furtiva la mano sotto agli occhi «Non hai niente da spiegare. Ero solo venuta perché... pensavo di aver dimenticato qualcosa di importante qui ieri, ma ora che mi ricordo avevo preso tutto.» detto questo, si girò e se ne andò.

Guardai Jillian, la quale mi fissava con un sadico sorrisetto da stronza mentre scriveva un messaggio al cellulare.

«Sembra proprio che la tua povera gattina ci sia rimasta male.» disse con tono acido.

«'Fanculo.» ringhiai spostandola e percorrendo il vialetto per raggiungere il marciapiede.

In quel momento mi raggiunse anche Jenny, la quale mi salutò con una mano.

«Ma che...»

Lei si appoggiò a me «Stai tranquillo, Cal. Ti abbiamo aiutato a liberarti di quella ragazzina così potrai tornare a stare con noi. L'ho vista oggi in giro per puro caso e avevo capito subito che sarebbe venuta da te, d'altronde prima o poi quella sciocca avrebbe racimolato un briciolo di coraggio per dirti che è follemente innamorata di te.» disse ridendo insieme a Jillian.

«Lei... cosa?»

Jillian mi guardò con sufficienza «Ma davvero, Cal? È palese che è cotta di te.» e Jenny annuì «Per questo abbiamo escogitato questo semplicissimo piano per liberarti da lei: sapevamo che se ti avesse vista con qualsiasi altra ragazza ti avrebbe lasciato in pace.»

Scossi la testa, allontanandomi «Voi siete psicopatiche. Andatevene, dico davvero.»

Corsi nella direzione in cui era scappata via Grace e cercai di raggiungerla: dovevo rimediare a quell'enorme casino.

La vidi in lontananza, stava camminando sul muretto sul quale era solita stare, e quando la raggiunsi l'afferrai per le gambe.

«Lasciami!» gridò scalciando.

«Devi ascoltarmi. Ti prego.» me la caricai in spalla, ignorando gli sguardi scioccati delle persone accanto a noi, e mi incamminai per tornare a casa.

«Non hai niente da dirmi. Lasciami andare, non sto scherzando.»

La rimisi a terra e la intrappolai tra me e il muretto «È stata lei a baciare me, chiaro? È stato tutto uno stupido e infantile piano di Jenny per farti allontanare da me.»

Grace stava facendo di tutto pur di non guardarmi e la cosa mi stava mandando giù di testa, così l'afferrai e le tirai su il viso per fare in modo che potesse guardarmi negli occhi «Ho bisogno che tu mi creda, ti prego.» dissi.

Ed ero dannatamente sincero. Già odiavo vederla piangere, e sapere di esserne la causa mi stava uccidendo. Sentivo il cuore battere talmente velocemente che quasi faticavo a sentire i miei stessi pensieri.

«Okay, ma cosa cambia? Anche se ti credessi, cosa cambierebbe?»

«Cambierebbe tutto.»

GRACE

«E poi devo dirti un'altra cosa.» continuò.

In realtà non mi era troppo difficile credere alla storia dell'imboscata di Jenny: quella ragazza non mi sopportava, e non sopportava che girassi attorno al suo Caleb, perciò non mi meravigliai quando il ragazzo in questione mi disse che avevano escogitato una sorta di trappola per farmi allontanare da lui. Però vederlo mentre baciava – o veniva baciato – da quella ragazza mi spezzò il cuore, e non potevo passare sopra a quell'aspetto.

«Non ho la più pallida idea di che cosa tu mi abbia fatto, ma sono cambiato in questi ultimi mesi. Adoro passare del tempo con te, mi sento sempre così bene... ma col tempo aveva iniziato a non bastarmi più. Passavo giornate intere sperando di essere così fortunato da vederti ridere, o che mi toccassi, o di poterti baciare. Ogni discorso che faccio con chiunque mi fa ricordare qualcosa di te, sei sempre nella mia testa. Vederti così delusa da me, prima, mi ha fatto sentire malissimo e non voglio più darti modo di esserlo. Mai più.»

Imprecò passandosi una mano tra i capelli «Cazzo, non so come dirtelo.»

Accennai un sorriso «Dillo e basta.»

Caleb mi guardò negli occhi, mi scostò una ciocca di capelli dal viso prima di riprendere il discorso «Sono innamorato di te. Cazzo, sì. Sono innamorato di te.»

Risi, asciugando le ultime lacrime che scesero furtive sulle guance «Devi essere davvero pazzo per esserti innamorato di una come me.»

Scosse la testa «Innamorarmi di te non è stata la parte difficile, cercare di starti lontano lo è.»

Alzai le sopracciglia per la sorpresa «Ora non dirmi che ti trasformerai in un romanticone mieloso, spero.»

Sul suo viso si stampò il solito sorrisetto malizioso «Torniamo a casa e ti dimostrerò che sono tutto fuorché mieloso.»

Mi allungò la mano e la strinsi con decisione «Ho i miei dubbi...»

Caleb mi strattonò per avvicinarmi a sé e mi strinse. Il suo sguardo era talmente intenso che mi sentii sciogliere, mi guardava come aveva sempre fatto, sembrava che stesse cercando di leggermi dentro.

«Vuoi scommettere?» chiese appoggiando la fronte sulla mia.

«Sai che non rifiuto mai una sfida, ma tu bari sempre e questa volta non ci casco, coso.»

Si finse offeso quando mi diede un pizzico sul fianco per vendetta «Io non baro mai. Sono solo molto più bravo di te.»

Feci schioccare la lingua contro il palato «Wow... vedo che hai voglia di far durare questa relazione.»

Quel commento lo fece ridere.

Allungai le braccia per contornargli il collo e mi alzai in punta di piedi, Caleb mi strinse più forte in vita. Sentii i muscoli delle sue braccia che guizzarono nel momento in cui mi sporsi in avanti «E, nonostante questo, credo di essermi innamorata di te...»

«Devi essere davvero pazza per esserti innamorata di uno come me.» ripeté con un sorrisetto.

Scossi la testa «Credo sia stato fin troppo facile, invece.»

Finalmente il tempo dei discorsi era finito, e Caleb mi baciò sollevandomi da terra, racchiudendomi in un abbraccio che sapeva di legna ardente e Arrogance.

FINE
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||Eccomi come promesso :) molte di voi si aspettavano una cosa simile, ma quasi sicuramente non questa nuova rivelazione di Caleb ;). Ricordate quel gazebo dietro la casa dei Walker? Ecco, nel prossimo capitolo si farà un salto di qualche mese e vedremo i due alle prese con la ristrutturazione di quel gazebo e vedremo cosa succederà. Alla prossima bels

Vi ricordo che se volete potete venire su Insta (amandamay_wattpad)||

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