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Capitolo 35

GRACE


Quella sera ci sarebbe stata la festa di Capodanno alla quale ci aveva invitati Davon, quindi venni trascinata da Amber e da Melanie in ogni dannatissimo negozio di quel piccolo paesino a valle. Dovevamo trovare un vestito adatto alla serata.

«Davvero, ragazze. Sarà freddissimo... è necessario mettersi proprio un vestito?» domandai permettendo loro di trasportarmi controvoglia.

Melanie sospirò e mi diede un pizzicotto «Mia piccola Grace, sappiamo che non hai più bisogno di far colpo su nessuno perché ormai hai reso pubblica la tua relazione con Caleb-figone-Walker, però dovrai mantenere vivo lo spirito, e per questo ci siamo qui noi.»

Aggrottai le sopracciglia «Quante volte ve lo devo dire? Non siamo una coppia.» sbottai «E poi, quale spirito dovrei tener vivo?» domandai allarmata.

Le mie amiche si scambiarono uno sguardo d'intesa e scoppiarono a ridere. Io proprio non le capivo.

«Voi due state complottando contro di me, per caso?»

Mi sedetti su una panchina e le costrinsi a fermarsi «Qualcosa del genere. Ma lo facciamo per il tuo bene.» annunciò Mel, convinta.

«E per quello di Cal...» aggiunse Amber sottovoce.

La cosa mi preoccupò non poco. Quando quelle due si mettevano qualcosa in testa non le fermava più nessuno. Sperai solo che non fosse qualcosa di tremendo.

Alla fine, tornammo a casa soddisfatte, anche se io continuavo a non essere sicura che l'abito che avevo scelto – sotto gentile costrizione delle mie amiche – fosse adatto a una festa di Capodanno in montagna. Ero sicurissima che mi sarei risvegliata l'indomani con un febbrone da cavallo.

Quando varcammo la soglia dello chalet, trovammo i ragazzi spaparanzati sul divano a guardare un episodio di Breaking Bad con delle bottiglie di birra in mano e un'espressione svogliata stampata in volto.

Quanto li invidiavo...

Si accorsero di noi solo quando Amber si sedette accanto a Jace e lo baciò. Lui la salutò con un gran sorriso e la strinse a sé.

«Vi siete divertite? Avete trovato quello che cercavate?»

La mia espressione annoiata e stanca parlò per me e fece ridacchiare Alan. Lo guardai truce e lui alzò le mani in segno di resa.

«Ora mi concederò un bel bagno caldo e non disturbatemi fino all'ora di cena, perché se lo farete vi ucciderò tutti.» minacciai i presenti uno ad uno, puntando loro un dito contro.

Detto ciò, salii le scale con i nuovi acquisti e li buttai sul letto con noncuranza. Il pensiero di indossare quel vestito mi fece rabbrividire.

Entrai in bagno e chiusi a chiave la porta, riempii la vasca con l'acqua più calda possibile e ci versai del bagnoschiuma... molto, troppo bagnoschiuma. Legai i capelli in uno chignon, mi tolsi i vestiti e mi immersi, rilassandomi subito.

Accesi la musica e mi lasciai cullare dalla bellissima voce di Matt Bellamy che cantava Unintended. Quell'uomo era il mio sogno proibito, e la sua voce mi mandava letteralmente in estasi. Chiusi gli occhi e mi appoggiai al bordo della vasca sospirando. Lasciai che la playlist continuasse per la sua strada mentre l'acqua diventava via via sempre più fredda.

«Tigre, è pronta la cena.» la voce di Caleb mi raggiunse attutita e mi distolse dal mio paradiso personale.

Aggrottai la fronte, rifiutandomi di riaprire gli occhi e tornare alla normalità. Nel frattempo, lo shuffle del mio telefono passò a Ed Sheeran.

«Tigre...» ripeté. Sembrava divertito.

Sbuffai «Ho capito! Arrivo...»

Uscii a malincuore dalla vasca e lasciai che lo scarico inghiottisse la mia pace dei sensi. Avvolsi il corpo con il grande asciugamano blu e sciolsi i capelli, i quali – unica grande costante della mia vita – non avevano un verso.

Con il cellulare in mano uscii dal bagno per poi rientrare in camera. Lanciai il telefono sul letto e mi diressi all'armadio per prendere i vestiti puliti, ma quando aprii le ante vidi Caleb che mi sorrise. Sbattei un paio di volte le palpebre e lo guardai crucciata «Stai cercando di andare a Narnia o...»

Lui alzò gli occhi al cielo «Non sto cercando di andare a Narnia. Volevo solo farti una sorpresa.»

Alzai le sopracciglia e annuii «Okay, ho capito. Aspetta.» richiusi le ante per poi riaprirle. Finsi un'espressione stupita, molto simile all'Urlo di Munch, e indietreggiai «Oh mio Dio, coso! Sono proprio stupita di vederti dentro all'armadio! Ma guarda te! Chi l'avrebbe mai detto? E pensare che le persone di solito non stanno dentro agli armadi!»

Tornai subito seria «Meglio?»

Caleb uscì dall'armadio e si sedette sul letto «Penso di poter apprezzare lo sforzo, fingendo che tu non mi abbia semplicemente preso in giro. Ora andiamo a mangiare?»

Annuii «Sì, ho famissima. Ma prima devo vestirmi.»

«Hai cosa?» domandò divertito.

Lo afferrai per il braccio e lo tirai su, avvicinandolo alla porta «Famissima. E ora esci.»

«Perché?» domandò.

«Perché devo vestirmi!» sbuffai.

Spalancai la porta e lo spinsi fuori, poi, per sicurezza, mi chiusi dentro a chiave. Indossai l'intimo, un paio di pantaloni della tuta neri e la felpa preferita di Alan grigia con il cappuccio. Pettinai rapidamente i capelli e infilai il telefono nella tasca dei pantaloni, poi uscii dalla stanza e trovai Caleb imbronciato con le spalle al muro.

«Che hai adesso?»

Percorsi il corridoio con il ragazzo alle spalle e cominciai a scendere le scale.

«Niente...» bofonchiò.

Sospirai «Sei snervante, sai? Con questo "niente" che ripeti di continuo. È evidente che tu abbia qualcosa. Se non me lo vuoi dire almeno evita di fare quella faccia: ti vengono le rughe.»

Entrai in cucina e aiutai mio fratello che stava apparecchiando la tavola. Presi dei bicchieri e cominciai a sistemarli, mentre Caleb si sedette con un tonfo sulla sedia a capotavola e appoggiò il meno sul pugno, guardando verso il muro.

Alan mi guardò con un sopracciglio in arcato, come a chiedermi che avesse ed io scrollai le spalle sistemando le posate sopra ai tovaglioli.

«Ma quella è la mia felpa?» domandò mio fratello guardandomi male.

Scossi la testa «Ti sbagli.»

Li sbuffò e mi coprì la testa con il cappuccio «Quando la smetterai di metterti i miei vestiti?»

Gli feci la linguaccia e mi sedetti al mio posto accanto a lui. Era davvero ingenuo se pensava che avrei mai smesso di indossare le sue cose.

Dopo cena, io e le ragazze salimmo nella stanza di Melanie per prepararci per la festa. Davon mi aveva scritto in un messaggio le indicazioni per raggiungere il locale nel quale si sarebbe tenuta e che ci saremmo visti direttamente lì dato che lui sarebbe andato con suo cugino e con alcuni dei loro amici. Sapere che ci sarebbe stato anche William mi fece quasi rimettere tutta la cena, ma un po' me lo aspettavo, così per tutta la sera avevo messo a punto un piano a prova di stalker: se fossi stata accanto ad Alan lui non si sarebbe mai avvicinato.

Più tranquilla, indossai il vestito che avevamo comprato quel pomeriggio al negozio a valle e mi guardai allo specchio mentre sistemavo la gonna. Tutto sommato mi piaceva: era un abito lungo in chiffon con delle decorazioni in pizzo dalla vita in su. Le maniche erano a tre quarti – così non avrei patito troppo freddo – mentre lo scollo a V non era troppo vertiginoso. La schiena era scoperta così non indossai il reggiseno, ma fortunatamente la parte del vestito sul petto era abbastanza spessa e non avrei avuto alcun tipo di problema. Indossai anche le decolleté glitterate argentate e vi abbinai una pochette dello stesso colore – gentilmente prestata dalla vastissima collezione di Melanie.

«Sei uno schianto! Caleb ci morirà, stasera!» ridacchiò Amber scrollandomi per le spalle.

«Confermo. Mi permetti di truccarti? Ti prego!»

Mel mi si affiancò con il suo enorme beauty-case e aspettò che le dessi il via per truccarmi.

Ovviamente glielo lasciai fare, altrimenti avrei combinato sicuramente un disastro e avrei rovinato tutto.

«D'accordo, ma non mettermi nulla che sia rosa, ti prego.»

Fu la mia unica richiesta.

Ci mise un bel po' a sistemarmi: dopo aver steso una leggera base di fondotinta e correttore, mi fece parecchio solletico quando applicò sulle palpebre un leggero strato di ombretto argentato, poi fece una netta linea di eyeliner. Mise la matita nera nella rima inferiore dell'occhio e terminò con del mascara. Sulle labbra mise una tinta labbra nude, così da non appesantire troppo il trucco.

«Et-voilà!» esclamò alla fine.

Mi guardai allo specchio e faticai abbastanza a riconoscermi.

«Ragazze! Datevi una mossa, non vogliamo arrivare in ritardo!» sbottò mio fratello bussando alla porta della stanza.

«Tutta questa attesa ne varrà la pena, fidatevi.» ridacchiò Amber, indossando gli orecchini e dando più volume ai capelli con le dita.

Presi la giacca dall'armadio e scostai i capelli mossi alle spalle prima di uscire dalla stanza.

Melanie mi prese a braccetto emettendo un urletto eccitato «Ci divertiremo un sacco questa sera!»

Lo speravo davvero.

I ragazzi ci stavano aspettando davanti al portone d'uscita. Erano tutti vestiti con una bellissima camicia nera leggermente sbottonata. Il profumo da uomo impregnava completamente l'aria e lo respirai a pieni polmoni. Avevo un debole per il profumo da uomo. Era Arrogance. Subito mi tornò alla mente la sera in cui Caleb s'intrufolò nella mia stanza e sentii per la prima volta quel profumo. L'immagine m'investì come un treno in corsa e dovetti aggrapparmi al corrimano delle scale per non cadere.

«Dove avete lasciato mia sorella?» domandò Alan guardandoci.

Sorpassai le mie amiche sbuffando e mi affiancai a lui «Non sei divertente.»

Lui imprecò e strabuzzò gli occhi guardandomi «Ma allora sei una ragazza!»

«Piantala, scemo.» sbottai conficcandogli il gomito nel fianco.

Alan rise e mi passò un braccio sulle spalle «Sei bellissima, sorellina.» mi baciò sulla fronte e mi strinse in un abbraccio «Somigli tanto alla mamma.» mormorò.

Strizzai gli occhi e lo strinsi. Provai a ringraziarlo, ma dalla bocca non uscì nulla.

Uscimmo dallo chalet e l'aria fredda e pungente mi costrinse a stringermi di più dentro alla giacca. Odiavo il freddo.

«Wow, Grace! Sei splendida!» esclamò qualcuno alle mie spalle.

Ci misi un bel po' a girarmi su quei tacchi e sul terreno semi ghiacciato. Davon mi stava venendo in contro. Era davvero uno spettacolo per gli occhi. Lo abbracciai quando mi raggiunse «Anche tu sei bellissimo. Ti dona davvero questa camicia.» commentai. Guardai la porta aperta alle sue spalle per un nanosecondo, aspettandomi di vedere William uscire da un momento all'altro.

Davon si schiarì la voce «Il tuo bel principe mi sta uccidendo con lo sguardo... quando pensi che smetteremo questa farsa?»

Scrollai le spalle. Da prima di cena Caleb non mi rivolgeva neanche una parola, nessuno sguardo.

«Fidati, se lo merita. È uno stronzo. E poi lui lo fa sempre con quella barbie.»

Davon ammiccò «Ah, quindi sei gelosa.»

«Tu sarai geloso.»

Mi abbracciò sollevandomi da terra «Ah! La mia piccolina che è gelosa! Sei troppo dolce.»

«Grace, dobbiamo andare.» ringhiò Caleb alle mie spalle. Mi voltai a guardare il ragazzo che mi aveva chiamata e lo trovai appoggiato allo sportello dell'auto, cupo e imbronciato.

«Ora vai, altrimenti il tuo principe sguaina la spada e viene ad uccidermi.» ridacchiò. Mi diede una leggera pacca sul sedere e incespicai sul terreno instabile.

Salii sul BMW, accanto a Caleb, e mi allacciai la cintura.

Guardavo il ragazzo al mio fianco con la coda dell'occhio. Forse Davon aveva ragione: forse stavo esagerando. Il gioco è bello quando dura poco.

«Uhm... coso?» lo chiamai.

Lui non mi rispose se non con un "mh" ringhiato a labbra serrate, lo sguardo sempre fisso fuori dal finestrino.

È proprio incazzato, pensai, e sai come fare per sollevargli il morale, ti basta poco.

Eravamo vicini, dato che gli ultimi due sedili dell'auto erano molto più stretti, così non mi ci volle troppo a sollevarmi sulle mani per lasciargli un bacio sulla guancia. Lui non si mosse, né mi guardò. Mi rimisi composta schiarendomi la voce.

Pochi istanti dopo, Caleb intrecciò le dita alle mie e le strinse. Le sue mani erano davvero grandi in confronto alle mie, e molto più calde.

Arrivammo al locale perfettamente in orario. Il parcheggio era pieno di ragazzi e la musica giungeva attutita all'esterno. Lasciammo le giacche al guardaroba all'entrata e ci dirigemmo subito al bancone del bar per ordinare il primo giro. Passammo le due ore successive a scolarci uno shot dopo l'altro e a ballare al ritmo della musica di quella sala.

Grazie al secondo bicchiere di vodka lemon avevo dimenticato completamente il dolore ai piedi dovuti a quei tacchi infernali, e trascinai le mie amiche al centro della pista per ballare, dimenticandomi completamente del mio infallibile piano anti-stalker e lasciando Alan con i suoi amici.

Stavo ballando schiena contro schiena con Melanie quando Amber mi indicò qualcuno accanto a noi. Mi staccai dalla mia amica per guardare nella sua direzione: un paio di ragazzi ci si stavano avvicinando molto lentamente, quello un po' più basso era un biondino niente male, mentre il morettino al suo fianco era di spalle perciò non riuscii a squadrarlo per bene, ma aveva una gran bella schiena e sicuramente faceva della palestra. Alzai il bicchiere – che stavo bevendo molto più lentamente – contenente il mio terzo vodka lemon della serata, nella loro direzione, e ridacchiai quando anche Melanie li notò.

«Che fighiii!» gridò allungando di molto la vocale finale.

Annuii e ripresi a sorseggiare il mio drink, muovendo i fianchi seguendo il ritmo di una canzone dei primi anni duemila.

«Ragazze, ma che ore sono? Quanto manca a mezzanotte?» domandò Amber avvicinandosi a Mel e a me.

Scrollai le spalle, accesi il cellulare e la luminosità mi costrinse a socchiudere gli occhi. Barcollai un po' sui tacchi prima di riuscire a leggere qualcosa sullo schermo. Erano le undici e cinquantacinque e io avevo tre chiamate perse da Alan e un milione e mezzo di suoi messaggi.

«È tardissimo! Dobbiamo cercare i ragazzi per il countdown!» le dissi mostrandole il telefono.

Presi le mie amiche a braccetto e ci allontanammo dal centro della folla, spostandoci verso le pareti più esterne. Provai subito a chiamare Alan, ma ovviamente non mi rispose. Continuai a provare, nel frattempo aguzzai lo sguardo e lo cercai tra la folla, ma niente da fare.

Undici e cinquantasette.

Dannazione.

«Ragazze, non li vedo!» piagnucolò Amber.

Melanie, nel frattempo, aveva cominciato un'appassionata conversazione con il biondino della pista, il quale non smetteva di toglierle gli occhi di dosso, ma quando per caso uscì il dettaglio che Mel fosse fidanzata, il ragazzo si dileguò in meno di un secondo e la mia amica si girò verso di noi, scocciata «È incredibile che non si trovi una persona che abbia semplicemente voglia di fare due chiacchiere senza secondi fini.»

Undici e cinquantotto.

«Be', ragazze... mi sa che festeggeremo noi tre da sole, questo Capodanno.» annunciai.

Amber scrollò le spalle «Ma sì! Che stiano a divertirsi, i ragazzi! A me basta avere voi.»

Ci abbracciammo ridendo e barcollammo fino a che non ci scontrammo nuovamente contro la parete «Sono ubriaca!» esclamò Melanie.

Amber annuì con forza «Ti seguo a ruota, amica!»

Scoppiai a ridere e mi dimenticai completamente per quale motivo fossi agitata qualche istante prima.

«Okay, ragazzi! Manca meno di un minuto al nuovo anno! Siete pronti per il countdown?» gridò il vocalist dietro la sua postazione alla parete opposta alla nostra.

Un urlo si innalzò dalla folla di ragazzi al centro della pista, e noi li seguimmo ridendo. «Dieci, nove, otto!»

Barcollai all'indietro. «Sette, sei, cinque!»

Un'altra risata.

«Quattro, tre!»

Afferrai Amber e Melanie per le mani e chiusi gli occhi, scuotendo i capelli dietro le spalle per liberarmi il volto da alcune ciocche.

«Due, uno...»

Venni afferrata per la vita e allontanata dalle mie amiche da qualcuno alle mie spalle. Cercai di rimanere aggrappata, ma ero troppo ubriaca e senza forze per riuscirci, così incespicai all'indietro finché la persona che mi aveva allontanata mi fece voltare e mi afferrò, stringendomi contro di lei.

«Buon anno!» esultò la folla.

Furono sparati coriandoli e palloncini dal soffitto, i quali mi costrinsero a chiudere gli occhi e a proteggermi con le mani.

«Pensavi davvero che ti avrei lasciata da sola a mezzanotte?»

Finalmente riuscii a riaprire gli occhi, e incontrai direttamente quelli azzurri di Caleb. Mi teneva stretta come se fossi il suo tesoro più prezioso, mi guardava con una tale intensità che mi sembrò di non sentire più niente e nessuno accanto a noi.

«Sei qui.» dissi infine.

Lui sorrise «Avevi qualche dubbio?»

Scossi la testa «Proprio in tempo per-»

«Il bacio di mezzanotte? Sì, lo so.» mi interruppe.

Le guance mi presero fuoco e dovetti fare un lungo respiro per riuscire a calmarmi. Feci l'errore più grande quando lo guardai negli occhi. Erano brillanti e sembravano promettermi che sarebbe andato tutto bene, tentavano di rassicurarmi. Non ci vedevo più la tigre pronta ad azzannare la preda, il ragazzo che aveva solo voglia di divertirsi e di giocare con me. Quel cambiamento mi terrorizzava: ci ero già cascata una volta e non volevo che risuccedesse.

O magari è tutto vero.

Ma le probabilità erano davvero bassissime e io non avevo la minima intenzione di restare fregata. Non ero più la ragazzina ingenua di Londra.

Caleb fece scendere le mani lungo la schiena nuda, molto lentamente, e si fermò proprio alla base facendomi venire i brividi. Non staccò nemmeno per un istante gli occhi dai miei e il tempo parve arrestarsi. La mia mano si mosse da sola e si fermò accanto al suo viso mentre l'altra era ancora ferma sul suo petto. La camicia nera risaltava ancora di più i suoi occhi celesti e i capelli biondi, i quali erano leggermente spettinati e gli donavano quell'aria da ribelle che aveva sempre nei corridoi della scuola.

Gli sistemai una ciocca che gli ricadeva sulla fronte e appoggiai la mano sulla sua nuca.

Al massimo puoi dare la colpa al fatto che sei ubriaca, pensai mentre mi allungai per arrivare ad avere la sua bocca a pochi millimetri dalla mia. Sentivo il suo respiro che mi solleticava la guancia, ma non si mosse né mi baciò: voleva che fossi io a farlo.

Non indugiai oltre e chiusi gli occhi prima di baciarlo. Non volevo ammetterlo, però le sue labbra erano ormai così familiari che mi sciolsi quando si mossero contro le mie. Non riuscii nemmeno a respirare: quel bacio era diverso dal solito. Non era il classico bacio alla Caleb Walker, non sembrava per nulla possessivo. Era più dolce, titubante e lento, come se fosse timoroso del fatto che potesse essere l'ultimo.

Ma io adoravo i suoi baci possessivi, così decisi di prendere in mano le redini della situazione e feci passare la lingua lungo tutto il contorno del suo labbro inferiore, prendendolo poi tra i denti e succhiando leggermente.

Caleb emise un ringhio primitivo e mi strizzò il sedere talmente forte che sussultai e non fui pronta quando immise la lingua nella mia bocca. Sentii subito un forte calore espandersi nel mio bassoventre e le mani mi presero a pizzicare dalla voglia di toccarlo ovunque. Mi sembrava di aver appena premuto l'interruttore giusto, perché Caleb era tornato quello di sempre e io mi sentivo in estasi.

«Le mani!» esclamò mio fratello allontanando Caleb da me. Il ragazzo lo guardò truce e serrò la mascella, ma Alan ormai mi aveva allontanata e stava guardando il biondino con un sopracciglio alzato «Lo sai che non mi sta bene che la tocchi in quel modo, Cal.»

Il ragazzo cambiò espressione in un istante e tornò quello di sempre, alzò le mani in segno di resa e sorrise «Perdonami, mi deve essere scivolata la mano.»

Alan alzò gli occhi al cielo «Come no...»

Nel frattempo, io ero bordeaux in faccia e stavo maledicendo mio fratello con tutte le mie forze per aver creato quella situazione imbarazzante.

Sbuffai e incrociai le braccia al petto «La volete piantare? Mi state rovinando il primo giorno del nuovo anno.»

Mio fratello mi guardò con un sorriso a trentadue denti «Mi dispiace, ma volevo darti anche io il mio bacio di mezzanotte. Non è che ora che hai il ragazzo avrà l'esclusiva.»

Risi «Sei tu che sei sparito per tutto questo tempo! Ti avrò chiamato un centinaio di volte.»

Lui scrollò le spalle «Sono qui adesso, me lo dai questo bacio o no?»

Gli circondai il collo con le braccia e gli stampai un bacio sulla guancia lasciandogli lo stampo delle labbra con il rossetto. Decisi di non dirglielo e lasciare che lo venisse a sapere da solo il mattino seguente.

«Buon anno, sorellina.» disse poi, ricambiando il bacio.

«Graaaace!» gridò Melanie venendomi in contro. La sostenni quando mi si buttò addosso e le tolsi il bicchiere di mano prima che me lo rovesciasse addosso.

«Wow, devi smetterla di bere. Sei ubriaca fradicia.» dissi ridendo.

Lei scoppiò in una fragorosa risata «Anche tu lo sei.»

Annuii «Sì, è vero.»

Mel indicò il bicchiere «Te l'ha offerto il morettino amico di quel biondo con cui parlavo prima. Che dolce, eh? Sembra buonissimo.»

Guardai il liquido pescato all'interno del bicchiere e lo annusai: era dolcissimo «Per me? Sei sicura?» mi guardai intorno, ma non vidi il ragazzo in questione.

«Sì. Mi ha specichifa-... spefici-... sfecichi-...»

«Specificatamente?» suggerì Amber, la quale ci si affiancò silenziosa come un ninja.

Melanie rise «Esattamente quello che volevo dire! Mi ha detto di consegnartelo e di dirti che sei bellissima.»

Cercai tra la folla quel ragazzo, ma non lo vidi da nessuna parte, sembrava sparito.

Poco male, pensai, e diedi un lungo sorso a quel drink trovandolo strepitoso.

«Andiamo a ballare!» gridò Amber prendendoci a braccetto e dovetti stare attenta a non sbilanciarmi quando mi strattonò.

«Noi andiamo a bere, ci vediamo più tardi!» ci disse Alan, allontanandosi poi con i ragazzi.

Bevvi un altro grande sorso del drink e rabbrividii sentendo il liquido freddo scendermi lungo la gola.

Socchiusi gli occhi per godermi quella sensazione e la trovai subito molto piacevole, tanto che faticai a riaprire gli occhi. Per questo mi scontrai contro qualcuno e barcollai di lato perdendo il contatto con Amber. Tentai di riaprire gli occhi ma mi sentivo talmente stanca che non ci riuscii, e probabilmente la persona contro la quale sbattei mi sorresse «Sei sempre stata così sbadata, amore...» mormorò al mio orecchio.

Perché quella voce mi era così familiare? Non era di Alan, tantomeno di Caleb, però sapevo di conoscerla.

Sentivo tutti i muscoli intorpiditi e la testa che girava come un vortice, impedendomi di riacquistare l'equilibrio.

«Non preoccuparti... so che sei stanca, per cui dormi: ci penserò io a te.» quella voce mi arrivò lontana, ma si distingueva benissimo in quanto non si sentiva più il caos della folla e della musica assordante.

Stavo camminando? Non ne avevo la più pallida idea. Stavo cercando di parlare, ma non capivo se ci stessi riuscendo o se fosse solo tutto nella mia testa.

«Sai, è stato veramente orribile vederti baciare quel figlio di puttana in mezzo alla pista, prima. Vedere come ti toccava, come ti stringeva... ma sei con me adesso, e non permetterò più che sia qualcun altro a toccarti.» e furono le ultime cose che sentii prima di sprofondare nel buio.

Quando mi risvegliai sentii solo le orecchie fischiare terribilmente e la testa girarmi talmente veloce che se avessi provato ad alzarmi sarei sicuramente caduta. Sentivo un grosso peso sullo stomaco, e le coperte erano talmente calde che tentai di scrollarmele di dosso ma la sensazione che provai mi fece bloccare.

Ero nuda?!

Che cazzo avevamo combinato la sera prima? Perché non ricordo più niente dopo il bacio di Caleb a mezzanotte?

Oh, merda... sono finita a letto con Caleb?!

Non ci volevo credere.

Tastai sullo stomaco e per poco non rimisi tutto quello che avevo bevuto la sera precedente quando realizzai che ad opprimermi fosse un braccio... e non era di certo il mio.

Dovevo accendere la luce e fare chiarezza su tutta quella faccenda. A fatica mi misi a sedere, ma dovetti stare ferma qualche secondo per abituare la mia testa a quel cambio di posizione. Strizzai gli occhi e cominciai a tastare la parete alla ricerca dell'interruttore della luce, trovando poco distante da me il bottone di una lampada da comodino. Lo schiacciai e mi guardai intorno. Non sembrava lo chalet di Caleb. Le pareti erano coperte da una carta da parati a righe verticali, e la disposizione dei mobili non era la stessa.

«Amore, spegni la luce. È ancora presto.» biascicò una voce profonda alle mie spalle.

Schizzai in piedi e cacciai un urlo talmente forte che mi rimbombò nella testa per qualche secondo procurandomi un dolore lancinante.

Il ragazzo steso al mio fianco era William.

Non potrei descrivere le sensazioni che stavo provando in quell'istante; ero terrorizzata, arrabbiata, schifata, imbarazzata. Un miscuglio di emozioni che non facevano altro che alimentare il mio mal di testa. In più non riuscivo ancora a ricordare nulla delle ore precedenti, il che mi rendeva solo più nervosa.

William era steso a pancia in giù e dalle coperte fuoriusciva la sua schiena nuda. Sentii un conato attanagliarmi lo stomaco.

Quando si voltò verso di me e aprì gli occhi mi sorrise, si girò su un fianco e si sollevò un po' «Non immagini quanto sia stato felice questa notte di sapere che per tutto questo tempo in cui non siamo stati insieme, tu non sia stata con nessun altro.» disse con la voce roca e suadente.

Mi ricordai in quel momento di essere completamente nuda, così tirai la coperta via dal letto e mi ci avvolsi, scoprendo il corpo – anch'esso nudo – di William.

Mi sentii mancare e caddi a terra «Che mi hai fatto, William.»

Il ragazzo si alzò e mi venne vicino, accovacciandosi accanto a me. Mi prese una ciocca di capelli tra le dita e sentii la prima lacrima scivolarmi sulla guancia.

«Non ti ha detto il tuo adorato fratellone che non si beve mai dal bicchiere offerto da uno sconosciuto?»

Tenevo lo sguardo fisso dritto avanti a me, tremavo, ma non per la paura, bensì per una rabbia allucinante che mi stava ribollendo dentro.

«Che cazzo mi hai fatto!» gridai.

Quel viscido mi prese le guance tra le dita e mi fece voltare verso di lui. Il suo sorriso era inquietante, e negli occhi scuri si vedeva solo il desiderio e la pazzia «Mi sono preso ciò che mi hai negato prima di lasciarmi.»

Lo spinsi e mi rimisi in piedi «Sei andato a letto con la mia migliore amica, dannazione! Pensavi che sarei passata oltre e che sarebbe tornato tutto normale?» sbraitai.

Il suo sciocco sorriso non fece che allargarsi quando si mise in piedi anche lui e mi si avvicinò costringendomi a mettermi a spalle contro il muro.

Stava afferrando la coperta quando fece scorrere la punta del naso lungo il mio collo, lentamente «Se mi avessi lasciato spiegare magari non avrei fatto tutto questo.»

Strinsi talmente forte i pugni che sentii le unghie conficcarsi con forza nei palmi «William, che cosa mi hai fatto! Che cosa hai fatto ai miei amici?»

Sentii la punta della sua lingua scivolare sulla pelle del mio collo, e la sua risata roca mi fece rabbrividire «Erano talmente ubriachi che nemmeno si sono accorti che tu non c'eri più. Quel biondino del cazzo è stato il più difficile da convincere a bere ancora, ma alla fine ha ceduto ugualmente. Avrei dovuto drogare anche lui: non mi è piaciuto affatto il modo in cui ti ha infilato la lingua in bocca e come ti ha toccata.»

Lo spinsi via con una spallata e mi avviai verso la porta «Tu non mi devi toccare! Hai capito?»

Lui non mi seguì, ma mi guardò sempre con quell'espressione sadica e soddisfatta mentre correvo via da quello chalet.

Non riuscivo a credere a tutta quella storia. Doveva essere solo un bruttissimo incubo dal quale non vedevo l'ora di potermi risvegliare.



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