Capitolo 34
GRACE
Chiusi gli occhi e li riaprii, ma lui era ancora lì. Appurato che non fosse un sogno, cominciai a respirare affannosamente e le orecchie iniziarono a fischiare. La testa prese a pulsare non appena lui cominciò ad avvicinarsi con quello sguardo che un tempo sognavo e che pensavo fosse rivolto solo a me.
«Amo-» cominciò, ma prima che potesse finire mi fiondai giù dal portico, scivolando sul ghiaccio numerose volte, e mi fiondai in casa chiudendomi la porta alle spalle. Il rumore attirò l'attenzione di tutti, i quali mi guardarono come se fossi un fantasma. Alan mi si avvicinò preoccupato «Che ti è successo?»
Scossi la testa. Non potevo dirglielo: quando ero tornata a casa in lacrime e con il cuore frantumato dopo aver scoperto del tradimento di William e di quella che pensavo fosse la mia migliore amica, Alan era corso da lui e senza mezzi termini gli aveva assestato un pugno così forte che gli ruppe il setto nasale. Per carità, di certo William si meritava quello e altro, però non volevo che a distanza di anni Alan ripetesse la scena.
«Tutto a posto, penso solo di aver visto un animale gigante tra gli alberi e mi sono un po' spaventata.» mentii. Sperai che Alan se la bevesse, ma capii dalla sua espressione che la mia balla non l'avesse convinto appieno, però lasciò correre fingendo di credermi per non far preoccupare anche gli altri.
«Okay... comunque stavamo per salire e sistemarci nelle stanze. Vieni con me?» Annuii e lo seguii su per le scale con le mie cose strette tra le mani.
La serata si concluse, per mia sorpresa, magnificamente. La scemenza dei ragazzi era riuscita a distrarmi dal fatto che quello stronzo del mio ex fosse a pochi metri di distanza da me. Per cena avevamo ordinato le pizze e successivamente guardammo un film nell'enorme salone, con il camino acceso.
Mi sistemai meglio sotto le coperte e chiusi gli occhi per rilassarmi. Nonostante le ore di dormita in macchina, vedere Will mi aveva tolto tutte le energie e non vedevo l'ora di andare a dormire.
Pian piano, sentii le voci dei ragazzi sempre più lontane e mi persi in uno stato di dormiveglia.
«Grace, svegliati. Andiamo a letto.» la voce di Alan mi arrivò attutita: avevo le coperte fin sopra la testa e ormai ero diventata un tutt'uno con il divano.
«No. Sto bene qui. Ti prego, lasciami dormire sul divano.» biascicai raggomitolandomi ulteriormente su quel divano fantasticamente comodo per ribadire la mia esigua voglia di alzarmi da lì.
«Certo che stai comoda. Ultimamente dormirmi addosso sta diventando un'abitudine, o sbaglio?» ridacchiò Caleb.
Sbucai dal mio fortino di coperte e aprii gli occhi, incrociando lo sguardo con quelli azzurri di Caleb poco distanti dai miei.
Ma che...?!
«Buongiorno, tigre.» sorrise.
Mi scostai rapidamente finendo con il sedere a terra e procurandomi un male lancinante alla caviglia quando sbatté contro il tavolo.
Mio fratello sospirò «Santo cielo, Grace!»
Lo guardai storto «Aiutami invece che stare lì a giudicare.» gli testi le braccia e lui mi afferrò per aiutarmi a rimettermi in piedi.
«Buonanotte, ragazzi» annunciò Alan rivolto verso gli altri.
«'Notte» ripetei.
«Non dovresti dargli il bacio della buonanotte?» mi chiese mio fratello indicando Caleb con un dito.
Arricciai il naso «Non se lo merita.» bofonchiai incrociando le braccia al petto, facendo ridere Alan «Scusa, amico.»
Salimmo nella nostra camera e ci cambiammo, poi mi infilai sotto le coperte e sospirai guardando fuori. Dalla nostra finestra si poteva vedere lo chalet di Davon e subito lo stomaco ricominciò a contorcersi.
«Esco un secondo per chiamare gli zii e dir loro che è tutto a posto.» mi disse Alan lasciandomi un rapido bacio sulla tempia.
Mi lasciò sola nella stanza e non appena chiusi gli occhi mi si stampò nella mente la figura di William. Il sorrisetto malizioso, lo sguardo provocante... rabbrividii. Odiavo il fatto che avesse ancora del potere su di me, che mi facesse ancora stare male. Non mi reputavo una ragazza ipersensibile, ma non ero nemmeno una con il cuore di pietra. Scoprire con quanta facilità le persone a te più care possano tradirti mi fece perdere la fiducia in tutti, persino in me stessa. Per anni mi ero ripetuta che non avrei dovuto soffrire per uno come lui, non valeva il tempo che passavo a rimuginare sul nostro passato insieme, eppure eccomi lì a pensare a lui. Per quanto sperassi di poter superare quella situazione da sola, dovevo guardare in faccia la realtà: senza Alan non sarei riuscita a fare nulla.
Quando la porta si riaprì, sentii mio fratello indugiare prima di chiuderla. Si avvicinò cautamente al letto e si stese accanto a me. Gli diedi le spalle e cominciai a torturare nervosamente i bordi della maglia del pigiama.
Inspirai.
«Uhm, Alan... devo dirti una cosa.»
«Mmm.»
Mi schiarii la voce «Giurami che non ti arrabbierai e che non farai nulla di avventato.» Non ricevetti risposta, lo sentii solo avvicinarsi a me.
«Prima ti ho mentito: non avevo visto alcun animale fuori... c'era William.»
Mi preparai alla sua sfuriata, chiusi gli occhi e trattenni il respiro, ma Alan non si mosse e non fiatò. Il suo comportamento mi sorprese talmente tanto che mi girai per guardare se fosse tutto a posto «Ti prego, non fare cazzate. Non voglio rovinare la vacanza a nessuno. Inizialmente non volevo neanche parlartene, però-» mi bloccai quando lo sguardo si abituò al buio e riuscii a scorgere più nitidamente la figura davanti a me.
«Caleb?!» esclamai con voce acuta per lo stupore.
Mi sorrise guardandomi come se l'avessi appena beccato con le mani nel vaso pieno di biscotti «Ehi...»
Il fatto che fosse entrato di nascosto e si fosse infilato nel mio letto passò subito in secondo piano quando mi resi conto di avergli parlato di William.
Mi sedetti di scatto «Come ti permetti? Erano discorsi privati!»
Caleb divenne immediatamente serio «E non mi scuserò per averli sentiti. Vorrei delle spiegazioni dato che quando oggi sei rientrata sembrava avessi visto un fantasma.»
Feci per alzarmi ma lui mi trattenne. Lo guardai con astio «Io non ti devo niente.»
«Sì, zia... no, Grace dorme già ma le dirò di chiamarti domani mattina. Sì, ti voglio bene anche io, buonanotte.»
Cazzo.
Spinsi Caleb sotto al letto e gli intimai di non fare rumore.
Quando mio fratello aprì la porta mi girai a guardarlo «Ehi, hai già finito?»
Alan mi guardò con un sopracciglio inarcato «Pensavo dormissi già... comunque la zia ha detto di dirti di chiamarla domani.»
Annuii e lo bloccai prima che si potesse avvicinare al letto «Aspetta! Mi andresti a prendere un bicchiere di acqua? Ti prego! Ho tantissima sete.» lo implorai abbracciandolo.
Lui sospirò «Sei fortunata che sei mia sorella e che ti adoro, perché altrimenti non farei tutte queste cose per te.»
Quando uscì dalla stanza, mi accertai che scendesse le scale, poi feci uscire Caleb da sotto il letto e lo spinsi fuori dalla camera.
«Aspetta.» disse impuntandosi e facendomi scontrare contro la sua schiena. Si voltò, mi afferrò il mento e mi fece sollevare lo sguardo per incrociare il suo, poi si chinò per darmi un bacio leggero sulle labbra. Quando si allontanò, il mio cervello ormai era fuso e aveva smesso di ragionare. Mi sollevai in punta di piedi per continuare quel bacio e Caleb mi sollevò da terra stringendomi per la vita, ma mi lasciò andare quando sentimmo mio fratello salire le scale. Mi guardò serio «Domani voglio che mi spieghi questa storia.» disse inclinando leggermente la testa con fare minaccioso.
Feci una smorfia e lo guardai allontanarsi e sparire nella sua stanza. Proprio in quel momento comparve Alan con in mano il mio bicchiere, mi guardò confuso «Che ci fai in corridoio?»
Lo seguii in camera e chiusi la porta «Ti stavo aspettando.» mentii.
Bevvi la mia acqua e appoggiai il bicchiere sul comodino. Mi stesi nuovamente accanto a mio fratello e mi addormentai abbracciata a lui. Grazie a quello, la notte non ebbi incubi e riuscii a dormire serenamente.
CALEB
La mattina, quando suonò la sveglia delle otto e trenta, mi stirai e mi alzai per andare a fare colazione. Non ero un tipo particolarmente mattiniero, ma ero impaziente di vedere Grace per sapere della storia di questo William, così mi cambiai e scesi in cucina dove c'erano già tutti intenti ad apparecchiare e a preparare qualcosa da mangiare.
«Dov'è Grace?» chiesi.
Alan mi guardò scuotendo la testa «Dove vuoi che sia? Nella tana di coperte che si è creata stanotte a dormire come se non ci fosse un domani.»
Me la immaginai avvolta in un bozzolo di coperte come un piccolo bruco e dovetti reprimere un sorriso.
«Sì... e forse dovrei andarla a svegliare.» commentò pensieroso.
Scossi la testa «Tranquillo, vado io.»
Salii a due a due gli scalini e percorsi il corridoio fino ad arrivare davanti alla porta chiusa della stanza dei due fratelli. La aprii, entrai e mi richiusi immediatamente la porta alle spalle per poi avvicinarmi al letto.
Grace era proprio come me l'ero immaginata: sotto una montagna di coperte, raggomitolata come un piccolo bruco nel suo bozzolo.
Mi stesi accanto a lei, abbassai le coperte che le coprivano quasi interamente il volto e la guardai per qualche secondo: aveva sempre le labbra socchiuse e le braccia strette al petto come per ripararsi dal freddo.
Poi ricordai come la sera prima si fosse alzata in punta di piedi per baciarmi e dovetti usare tutta la mia forza di volontà per non ripetere quel gesto. Dovevo svegliarla o avrei finito per passare tutta la mattina a letto con lei.
«Ehi, tigre... è ora di svegliarsi.» le sussurrai all'orecchio, ma lei non sembrò accennare a volerlo fare.
La guardai dormire per altri cinque minuti, poi decisi che era decisamente arrivato il momento di trovare una soluzione a quella situazione.
Sotto a tutte quelle coperte stavo iniziando a sudare, non riuscivo a capire come lei riuscisse a starci per così tanto tempo. Abbassai la zip della felpa e mi sistemai i capelli sbuffando: dovevo uscire da quell'inferno o mi sarei sciolto.
Stavo per togliermi anche le coperte quando Grace si mosse, infilò entrambe le mani sotto alla maglietta di cotone e appoggiò la fronte sotto al mio mento. Rimasi immobile per qualche secondo, poi le mani andarono a sfiorarle i fianchi nascosti da un pigiama troppo spesso per permettermi di sentirne i lineamenti, e ripresi a respirare lentamente. Le dita gelide delle sue mani sfiorarono il mio addome e non riuscii a trattenere un'imprecazione quando appoggiò i palmi sul mio petto.
«Ma...» mormorò cominciando a dimenarsi.
«Buongiorno, tigre.»
Grace spalancò gli occhi ma rimase immobile, con le mani sempre appoggiate al mio petto. Appena sveglia era bellissima. Gli occhi erano lucidi, i suoi capelli le incorniciavano il viso, sparsi anche un po' sul cuscino. Quando sbadigliava e si stiracchiava, arricciava sempre il naso.
«Che sta succedendo?» bofonchiò con la voce ancora impastata dal sonno.
«Al momento? Mi stai palpeggiando ma, ehi... a me sta bene, tigre.» ridacchiai quando vidi la sua espressione imbarazzata. Provò ad allontanare le mani ma ovviamente la fermai e la strinsi a me.
«Ero venuto a svegliarti perché è pronta la colazione. E anche perché mi mancava passare del tempo da solo con te.» mormorai appoggiandole una mano dietro la schiena in modo che fossimo più vicini possibile. Grace non tentò di opporsi e ne fui piacevolmente sorpreso.
«Forse dovremmo scendere.» mormorò.
In quel momento il suo cellulare squillò e lei sussultò. Nel completo silenzio della stanza, la suoneria del telefono sembrava amplificata e assordante, ma, soprattutto, non volevo che lei allontanasse le mani da me, così ne approfittai per avvicinarmi ancora di più a lei con la scusa di scavalcarla con il braccio per afferrare il suo telefono che si trovava sul comodino alle sue spalle.
Quando lessi il nome di Davon sullo schermo illuminato per poco non gettai quel cellulare contro la parete e dovetti attingere a tutta la poca calma che avevo in corpo per accettare la chiamata e accostarlo all'orecchio di Grace.
Lei inarcò un sopracciglio non capendo, ma rimase immobile dov'era, che era il mio principale obiettivo, sostanzialmente.
«Pronto?»
Non appena Davon rispose, Grace si mise a sedere come un fulmine, scostando le coperte e incrociando le gambe «Davon! Ciao, come stai?» sorrise a trentadue denti e cominciò ad arrotolarsi la punta di una ciocca di capelli attorno alle dita. Alzai gli occhi al cielo. Odiavo il fatto che lui le facesse quell'effetto ogni santissima volta. Era irritante. «Una festa? E dove?» continuò lei.
Odiavo anche che usasse quel tono di voce civettuolo ogni qual volta parlasse con lui. Mi sedetti anche io e provai a sfiorarle la coscia con le nocche delle dita, ma lei si scostò ridacchiando «No, Davon. Non posso mettermi quel vestito: è troppo freddo e non mi sembra per niente il caso...»
Ormai la mia pazienza stava raggiungendo il limite, e non mi piaceva superarlo.
«Okay, sì ti farò sapere ma penso che non rifiuteranno. D'accordo, ci sentiamo più tardi. Ti voglio bene!» terminò la chiamata e riappoggiò il telefono sul comodino prima di stiracchiarsi allungando le braccia verso il soffitto.
Ti voglio bene.
Quelle parole mi rimbalzavano nella testa come una pallina da ping-pong. Dovevo assolutamente pensare ad altro, altrimenti sarei uscito di testa.
«Coso!» sbottò Grace dandomi un pizzico sul braccio.
Abbassai lo sguardo su di lei e la ritrovai crucciata a guardarmi «Ti eri incantato con un inquietante sguardo omicida stampato sulla faccia... ho provato a chiamarti un paio di volte e non mi rispondevi.»
Tentai di sorridere, ma mi venne abbastanza difficile e Grace se ne accorse: «Che c'è?»
Sembrava realmente preoccupata per me e questo, egoisticamente, mi fece sentire meglio.
«È tutto okay, tigre.»
Incrociò le braccia al petto e mi guardò con sufficienza «E pensi che io ci creda?»
Quel suo atteggiamento mi fece ridere «Vuoi davvero risollevarmi il morale? Non sarà facile.»
Fece schioccare la lingua contro il palato «Senti, ma con chi credi di avere a che fare?»
«D'accordo, tigre. Sei disposta a fare qualsiasi cosa per me?» sottolineai volontariamente "qualsiasi cosa" e mi piegai su di lei per guardarla dritta negli occhi.
«Qualsiasi cosa?» mormorò, tutta la sicurezza di prima andò via via a perdersi.
Mi allontanai e mi voltai teatralmente, sospirando «Dovevo immaginarlo...»
Lei balzò in ginocchio e mise le mani sulle mie spalle per farmi girare verso di lei. Mantenni solida la mia espressione afflitta e la guardai. Si stava mordendo il labbro inferiore e sicuramente nella sua testa venivano esaminati dettagliatamente tutti i possibili scenari, ma alla fine annuì «Okay, farò qualsiasi cosa per aiutarti.»
Rimasi sorpreso da quell'affermazione. Non pensavo fosse disposta davvero a tutto per me. Per Davon avrebbe fatto lo stesso? O magari lo aveva già fatto? Ma perché mi importava così tanto? In fondo non doveva nemmeno importarmi se le stessi a cuore o meno.
Non dovrebbe ma mi importa eccome.
«Allora baciami.»
Grace trattenne il fiato per qualche secondo prima di lasciarlo sfuggire e solleticarmi il collo.
Eravamo molto vicini, potevo sentire il suo profumo e, se mi fossi piegato ulteriormente, avrei potuto benissimo baciarla. Ma volevo fosse lei a farlo, volevo godermi il momento nel vederla accostarsi a me.
Inizialmente sembrò esitare, poi si schiarì la voce e, con le guance lievemente arrossate, si inginocchiò accanto a me, si sedette sui talloni e mi guardò. Pensai fino all'ultimo che si sarebbe rifiutata, mandandomi al diavolo, ma, nuovamente, mi sorprese quando appoggiò una mano sulla mia spalla e mi baciò. Sentii subito la familiare stretta allo stomaco, un'ondata di calore che mi invase e solo quando le sue dita passarono dalla spalla alla nuca riuscii a muovermi. L'afferrai per i fianchi e la trascinai sulle mie gambe. Scostai la maglia del suo pigiama e tracciai con i pollici il tragitto fino alla sua schiena, facendola rabbrividire. Mugolò qualcosa prima di succhiare leggermente il mio labbro inferiore – mettendo a dura prova tutta la forza che stavo esercitando per non spogliarla – e allontanarsi. Le sue guance erano decisamente più rosse. Mise le mani unite sul grembo e abbassò lo sguardo.
Il mio respiro era decisamente più pesante, ma l'umore era alle stelle.
Il suo stomaco brontolò sonoramente «Ho un po' fame...»
Non riuscii a trattenere una risata «C'è già la colazione di sotto, andiamo.»
Lei annuì e si alzò sistemandosi il pigiama ed evitando il mio sguardo volutamente. Dovevo ammetterlo: un po' mi dava fastidio il fatto che si sentisse a disagio così spesso, però ormai la conoscevo e sapevo che la cosa migliore da fare era sicuramente fingere che non fosse successo nulla e lascarle i suoi spazi. Ero consapevole che, ormai, tra noi stesse nascendo qualcosa, solo uno sciocco non se ne sarebbe accorto, e sapevo benissimo che anche Grace l'avesse capito, stava solo cercando di negarlo a sé stessa per... proteggersi? Non ne avevo idea. Per il momento mi andava bene come andavano le cose tra di noi, e non volevo fare passi falsi che l'avrebbero di certo fatta scappare.
Scendemmo le scale e ci sistemammo a tavola con gli altri. Grace salutò tutti e si stropicciò gli occhi con i pugni chiusi prima di analizzare la tavola e scegliere cosa mangiare.
«Accidenti, Cal: hai trovato qualcuno che ti batte in pigrizia la mattina. Non pensavo fosse possibile.» ridacchiò mio fratello ammiccando «Sareste proprio una gran bella coppia.»
«Loro sono già una coppia.» lo corresse Alan, sorseggiando il suo caffè e ghignandosela da dietro la tazza.
Grace lo guardò in cagnesco, facendo ridere tutti. Guardò me in cerca di aiuto ma scossi la testa e incrociai le braccia al petto. Non volevo smentirlo, perché ero certo che prima o poi sarebbe stata mia e di nessun altro... dovevo solo mettere a punto alcune cosette.
||Vi ricordo che se volete potete venire su Insta (amandamay_wattpad)||
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro