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Capitolo 23

GRACE


Dovevo fare qualcosa: non potevo permettergli di giocare in quel modo con me. Feci leva sul suo petto e lo allontanai. Mi guardò un po' stupito, ma anche leggermente preoccupato quando notò la mia espressione. Ero un tantino arrabbiata.

«Non farlo mai più. Non ti devi permettere, chiaro?» sussurrai chinando il capo. Sapevo che se l'avessi guardato negli occhi non sarei riuscita a parlare. Il suo sguardo era troppo per me.

Mi alzai prima che potesse fermarmi e uscii dalla stanza senza ascoltarlo. Scesi di corsa le scale e mi affrettai a uscire da quella casa.

«Grace, ma che hai?» mi chiese Jace.

Scossi la testa e me ne andai.

Camminai a capo chinato per tutto il tempo, con le mani in tasca e la fronte corrugata. Ero stanca che si prendesse gioco di me in quel modo. Mi era già successo con William. Ero pronta a dirgli la parola con la "a", ma evidentemente non eravamo sulla stessa lunghezza d'onda. Mentre io mettevo anima e corpo nella nostra relazione, lui mi aveva usata per arrivare alla mia "migliore amica", la quale non ci aveva pensato due volte ad avere una relazione con lui a mia insaputa.

"Non volevo ferirti lasciandoti, speravo lo facessi tu vedendo che le cose tra noi non funzionavano", aveva detto quel coglione quando li beccai insieme a casa di lui. Mary, la mia migliore amica, non aveva provato neanche a parlarmi, a chiedermi scusa o a dirmi "c'è stato un errore, le cose non stanno così". Non ci tenevo a ripetere l'esperienza.

CALEB

Sbattei le palpebre per realizzare ciò che era appena successo. Ma che le era preso così all'improvviso?

«Cal, che è successo? Grace è letteralmente corsa via di casa e sembrava anche parecchio sconvolta.» disse Jace sbucando da dietro la porta.

Alzai le spalle «Non ne ho idea, sono sorpreso quanto te.»

«Cal...» sospirò lui, accigliato.

Mi alzai dal letto «Cosa devo dirti? L'ho semplicemente baciata. Non ho detto o fatto nulla di tremendamente sconvolgente! E, prima che tu dica qualsiasi cosa, sappi che non è la prima volta che ci baciamo.» sbottai sentendomi ingiustamente accusato.

Jace scosse la testa e si appoggiò alla mia scrivania «È questo il problema, fratellino. Non puoi fare sempre come ti pare e piace, non puoi andare in giro e baciare chi ti pare.»

«È quello che ho sempre fatto e nessuna si è mai lamentata.»

Davvero non riuscivo a capire.

«Grace non è come le altre, perché ti è così difficile da capire?» domandò alzando il tono della voce.

Raramente avevo visto Jace veramente arrabbiato, e dovevo ammettere che lo temevo. La benzina era appena stata versata, mancava solo la scintilla.

«Cosa c'è di diverso?»

Lui mi si avvicinò «Ha un cuore, Caleb. E dei princìpi.»

Scossi la testa «Sii chiaro, Jace. Non capisco cosa vuoi dirmi.»

Mio fratello sembrò sgonfiarsi lentamente, incurvò le spalle e chinò il capo massaggiandosi con indice e pollice la radice del naso «Eppure è così semplice: devi smetterla di trattare in questo modo Grace. Lei non è come le ragazze con le quali di solito passi il tuo tempo. La stai tormentando. Lasciala stare, ti prego.»

Annuii, ma non volevo. Lo feci solo per far andar via Jace e poter pensare a quello che mi aveva appena detto. Che Grace non fosse come le altre ci ero arrivato anche io: nessuna mi era entrata in testa come lei, ma questo non voleva dire chissà che. Non volevo arrendermi con lei, sapevo che prima o poi avrebbe ceduto, ma era anche vero che non volevo fare troppa pressione. Non volevo fare nulla che le desse fastidio o che anche lei non volesse fare. Dovevo trovare una sorta di equilibrio.

GRACE

Quella notte ebbi nuovamente il solito incubo e Alan mi fu accanto finché non riuscii a riaddormentarmi, anche se fu un sonno molto movimentato per entrambi. Quando la mattina suonò la sveglia, entrambi avevamo due belle occhiaie sotto agli occhi e camminare verso la scuola non fu poi così facile come speravo.

Raggiunsi i miei amici a passo lento e con la schiena ricurva in avanti per la stanchezza. Ancora non riuscivo a crederci di essere riuscita comunque ad alzarmi dal letto. Mi appoggiai alla spalla di Thomas e nascosi uno sbadiglio dietro la mano.

«Ehi, non hai una bella cera. Che ti è successo?» mi chiese sorreggendomi.

«Non ho dormito molto questa notte.» dissi.

Melanie mi si avvicinò «Saresti potuta rimanere a casa per oggi.»

Accennai un sorriso «Sto bene, non preoccuparti.»

Anche se, se fossi rimasta a casa, non avrei dovuto fare i conti con Caleb. Evitarlo era diventata la mia missione di vita.

Quando la campanella suonò, mi avviai con Amber verso l'unica lezione che avevamo in comune. Ci sedemmo ai nostri banchi e ne fui grata, perché così potei appoggiare la testa e chiudere un po' gli occhi.

«Ehi, Jace mi ha raccontato tutto di ieri. Mi dispiace.» mormorò avvicinandosi.

Aprii un occhio e la guardai «Come... cosa... perché?»

«Non arrabbiarti con lui: l'ha fatto in buona fede, è molto preoccupato per te.»

Annuii «Lo so, è una brava persona e un buon amico.» affermai mentre il signor Gabber – l'insegnante di francese – entrò e sistemò le sue cose sulla cattedra, dandoci il buongiorno.

«Ho una buona notizia per voi, ragazzi.» affermò mostrandoci un foglio «Ho proposto di fare una gita a Parigi a febbraio.»

Tutta la classe esultò, ma il professore placò subito le grida di gioia con un "ma".

C'è sempre un ma...

«Non possiamo andare da soli, ci affiancheranno un altro corso di francese.»

Alan faceva francese! Il che, però, voleva dire che sarebbe venuto anche Caleb... oh no. Poi realizzai: c'era anche un altro corso di francese, quello di potenziamento, quindi potevo ancora sperare di non finire in uno dei miei peggiori incubi e passare una settimana a Parigi con Caleb appresso.

Ti prego, fa che non sia il corso di Caleb, fa che non sia quello!

Le mie dita erano incrociate e cominciavo a sentirle indolenzite dal gran che le stringevo.

«Il corso potenziato di francese è disposto a venire con noi e a dividere le spese.» disse in fine.

Per poco non mi alzai gridando di gioia, mi limitai a un semplice "sì" sussurrato per poi riaccasciarmi sulla sedia.

«Questi sono i fogli che dovrete riportare firmati per poter partecipare alla gita. Mi raccomando. Ora cominciamo la lezione.»

Riuscii a prendere appunti e a prestare attenzione per quasi tutta la lezione: verso la fine le parole diventavano sempre più piatte e lunghe, scemando in disegnini tribali e linee confuse. Avevo finito la mia autonomia.

Al suono della campanella mi alzai e raggiunsi il mio armadietto per lasciare francese e prendere scienze.

«Buongiorno, tigre.»

Oddio, che seccatura.

Sbattei l'anta dell'armadietto e sbuffai «Non ti avevo detto di lasciarmi in pace?»

Lui ridacchiò, come se il pomeriggio del giorno prima non fosse mai accaduto, il che mi irritò ulteriormente «Che cattiveria, pensavo fosse un consiglio quello di ieri.»

Assottigliai lo sguardo «Era più una minaccia: se non mi stai alla larga giuro che ti strappo i capelli e li uso per asciugare il tuo sangue da terra una volta che ti avrò scuoiato vivo.»

Caleb rise «Wow, guardi davvero troppe puntate di CSI, tigre. Ma apprezzo la tua tenacia, sei carina quando ti arrabbi.»

Sospirai: non mi avrebbe mai presa seriamente, non aveva senso continuare a provare a farglielo capire.

CALEB

La ragazza mi stava fissando come se avesse voluto dire qualcosa, ma non aprì mai la bocca.

Sentii ogni fibra del mio corpo spingermi verso di lei. Feci un passo, lei non si allontanò. Ne feci un altro. Niente.

Devo baciarla.

Mi chinai su di lei ma fui interrotto da Jenny che spinse Grace con una spallata e la fece andare a colpire gli armadietti. Si prese la spalla con la mano e se la massaggiò, corrugando la fronte e guardando male Jenny.

Ma quanto poteva essere arrogante quella ragazza?

Grace prese le sue cose e fece per andarsene, ma Jenny allungò il piede all'indietro facendola inciampare. Scostai la bionda – forse più forte di quanto avessi voluto – e afferrai Grace in tempo prima che cadesse. Mentre la sorreggevo, ne approfittai per far "accidentalmente" finire una mano sul suo perfetto fondoschiena.

«Stai bene, tigre?» le chiesi premuroso.

Lei annuì titubante, ma non sembrò volersi allontanare da me. Quello era dannatamente un buon segno.

«Amico, te l'ho già detto e te lo ripeto: le mani!» Alan ci passò a fianco, mi allontanò da sua sorella e se la strinse a sé.

«Alan... noi non stiamo insieme.» mugugnò nascondendo il viso rosso per l'imbarazzo nell'incavo del suo collo.

Lui alzò gli occhi al cielo «Non serve che te ne vergogni, sorellina. Ne abbiamo già parlato: a me sta bene, basta che Cal tenga le mani a posto.» disse lanciandomi uno sguardo d'intesa.

Alzai le mani in segno di resa e sorrisi.

«Cal, cos'è questa storia?» chiese Jenny intromettendosi tra noi. Mi guardava come se mi fossero cresciute altre due teste.

«Nulla, lascia stare.» dissi spostandola. Okay, non ero stato molto gentile con lei, ma Jenny aveva più volte fatto del male a Grace e non potevo accettarlo.

Lei fece scoppiare la bolla che aveva creato con la gomma da masticare e sorrise «Allora oggi vieni da me? I miei saranno via tutto il giorno.»

Notai che Grace mi lanciò un'occhiata da sopra la spalla, ma distolse subito lo sguardo tornando a parlare con il fratello. Declinai l'offerta di Jenny, cercando di congedarla nel modo più gentile possibile, e tornai a rivolgermi ai due gemelli.

«Alan, sai che a febbraio andrò in gita a Parigi?» domandò Grace. Sembrava davvero entusiasta del programma.

Lui le diede un pizzicotto sul fianco «Davvero? Che egoista... mi abbandoni? Per quanto starai via?»

«Una settimana.»

Una settimana? Una cazzo di settimana? Ma scherziamo?

Un uomo ci raggiunse con un raccoglitore in mano «Dekker, fortuna che l'ho trovata.» disse affannato. Doveva essersi fatto davvero una bella corsa per essere in quello stato.

Grace si allontanò dal fratello «Mi dica.»

Il professore le diede dei fogli «Per favore, porti queste nuove autorizzazioni ai suoi compagni e dica loro che non potremo più andare in gita con il corso potenziato di francese.»

Lei lo guardò rattristandosi «Non andremo più in gita?»

Lui scosse la testa «Ci andremo, ma con l'altro corso di francese.» disse sorridendoci e congedandosi poco dopo. Ciò vuol dire che...

«Sarà una settimana da sballo.» dissi guardando Alan.

Lui mi batté il pugno «Puoi dirlo forte! Non sei contenta sorellina? Saremo insieme a Parigi!»

Grace, che era ancora ferma a bocca aperta con i fogli a mezz'aria, mormorò:«Contentissima.»

La guardai e le feci l'occhiolino: sarebbe stata una settimana molto interessante.


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