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Capitolo 13

GRACE


«Quanto mi sei mancata!» esclamò Jace lasciandola finalmente andare. Lei non si allontanò.

«Avevi promesso che mi avresti scritto.» disse lei un po' risentita.

Lui scosse la testa «Lo avrei fatto, credimi. Ma mio padre me lo aveva impedito.»

Io alzai le mani per fermarli e corrugai la fronte «Potete spiegarci? Perché io sono parecchio confusa... e anche molto curiosa.» ammisi.

Jace le mise il braccio attorno alla vita e lei lo guardò sorridente «Qualche tempo fa sono andato un anno a Parigi per imparare il francese, lì ho incontrato Amber. Mi è venuta addosso mentre correva con migliaia di fogli tra le mani.» ammise ridacchiando.

Un classico, pensai subito.

«Quando sono dovuto tornare a Chicago, ci eravamo ripromessi di sentirci tutti i giorni ma scoprii che mio padre e sua madre non andassero per nulla d'accordo... così lui mi buttò via il suo indirizzo e non riuscii più a rintracciarla.»

Che storia...

«Ma ora che so che Amber è qui e resterà a Chicago, non intendo ascoltare mio padre. Non potrà impedirmi di vederla.»

Annuii solidale, poi battei le mani «Beviamo per festeggiare, allora!»

Jace mi fece l'occhiolino e si mise a prepararci dei drink. Facemmo un brindisi e scolammo il contenuto del bicchiere alla svelta.

Mentre Amber rimase a parlare con Jace, Melanie ed io ci buttammo in mezzo alla folla per ballare. In quel momento partì Big City Life di Mattafix e Melanie ed io non potemmo non cantarla a squarciagola, muovendo i fianchi a ritmo di musica.

Mi ci voleva proprio quella festa: tante persone, bella musica, nessun pensiero...
«Ehi, tigre.» sussurrò il biondino alle mie spalle.

Nonostante la musica fosse alta, lo riuscii a sentire forte e chiaro, e questo mi fece innervosire.

Mel ammiccò e, prima che potessi dirle di non lasciarmi sola, prese Rob – che passò lì per caso – per il braccio e si allontanò con lui.

Mi sfuggì un'imprecazione.

Ignorai il biondino e me ne andai, ma ovviamente – come da copione – lui mi fermò. «Non scappare da me.» disse facendomi voltare.

«Lasciami.» ringhiai.

«No, prima devi guardarmi.» insistette.

Evitai comunque il suo sguardo «Perché non vai dalla barbie e mi lasci in pace, finalmente?» chiesi esasperata.

Il tono leggermente acuto della mia voce diede un'intensità diversa alla frase, e aggiungendoci anche la mia riluttanza nel guardarlo, fece interpretare la mia richiesta al biondino diversamente.

«Ehi, sei gelosa?» domandò stampandosi sul volto un sorrisetto soddisfatto.

Feci schioccare la lingua contro il palato e mi decisi a guardarlo «Io? Gelosa io? Guarda, per me puoi fare davvero quel che ti pare con chi ti pare che a me non interessa né mai interesserà. Quindi ora sparisci, evapora, smolecolati, eclissati... insomma, fai quel che vuoi ma vattene.» dissi sfidandolo con lo sguardo.

Quel sorrisetto non vacillò nemmeno per un istante.

«Come sei aggressiva stasera, tigre... ma io so come addomesticarti, e so che anche tu lo sai.»

Potrei vomitare...

«Senti, se mi scocci ancora ti spedisco all'ospedale, ci siamo chiariti?» sbuffai.

Fortunatamente, la barbie si avvicinò e si avvinghiò al braccio di Caleb, così lui dovette per forza lasciarmi andare.

«Cal, lasciala stare, è una sfigata.» piagnucolò strusciandosi contro di lui.

Rimasi a fissare la scena abbastanza disgustata, ma decisi di cogliere l'opportunità e andarmene da lì.

«Come ti per metti?!» gridò la barbie tirandomi per la coda.

Mi girai a guardarla e la spinsi «Ma che vuoi? Non ti azzardare mai più a toccarmi.» le ringhiai contro portandomi i capelli dietro le spalle.

Intorno a noi, alcuni ragazzi si voltarono a fissarci smettendo di ballare.

«Ho visto la faccia che hai fatto: mi stavi giudicando.» disse con un sopracciglio inarcato.

Incrociai le braccia al petto «Ma quali sono i tuoi problemi? Io non ho fatto proprio niente, e anche se fosse sono libera di pensare quello che mi pare.»

Lei lasciò Caleb, il quale tentò di riafferrarla senza riuscirci, e si buttò su di me. Indietreggiai e allungai le mai per evitare che si avvicinasse troppo, ma lei mi afferrò per i capelli e cominciò a tirare.

«Sei solo una stronza! Chi ti credi di essere?» gridò cercando di tirarmi un calcio.

Le allontanai le braccia e cominciai a tirarle i capelli anche io «Ma chi ti credi di essere tu? La regina? Non ti ho mai fatto niente, tu fin da subito hai cercato di rovinarmi la vita! Ma credi che mi importi anche solo un po' quello che pensi? Ti do io la risposta: no. Mi importa meno di zero.»

Fu Alan ad allontanarmi da lei, mentre Caleb si occupò della pazza psicopatica davanti a me.

Avevo ancora il fiatone quando i due si allontanarono scomparendo tra la folla. Alan mi fece voltare verso di lui e scosse la testa «Ce la farai mai ad andare a una festa senza fare risse con qualcuno?» L'avevo deluso. Ancora.

«Mi dispiace. Ma ha cominciato lei!» cercai di giustificarmi.

Lui mi guardò per qualche secondo, poi annuì «Ti credo. Ma mi prometti che la cosa non ricapiterà?»

Alzai gli occhi al cielo «Con lei o in generale?»

Lui socchiuse gli occhi «Grace...»

Ridacchiai «Stavo scherzando! Te lo prometto.»

Lui mi abbracciò e sospirò «Grazie sorellina.» mormorò scompigliandomi i capelli.

Lo allontanai e lo guardai male, cercando di risistemarmi.

«Ora torno dagli altri, e ricorda: alle due ci vediamo davanti alla macchina. Non tardare.»

Annuii «Sì, mammina.»

Gli feci la linguaccia quando lui provò a prendermi, poi scappai via.

Non riuscii a fare più di cinque passi, però, che mi scontrai contro qualcuno, e sarei caduta a terra se non fosse che il ragazzo mi afferrò prontamente.

Feci scorrere lo sguardo prima sulla sua camicia bianca, quindi sugli addominali e pettorali che si intravedevano senza troppi complimenti. La bocca mi si aprì leggermente. Alzai pian piano lo sguardo lungo il collo, il mento ricoperto da una leggera barba, due fossette ai lati di una bocca stupenda, dei denti dritti e bianchi. I lineamenti del volto erano definiti ma non troppo, e mi salì una gran voglia di far scorrere le dita lungo gli zigomi fino alla mascella.

Deglutii e mi trattenni.

I suoi occhi erano di un azzurro chiarissimo e splendevano anche in mezzo a quella sala buia.

È un angelo.

Lui mi rimise dritta in piedi e ridacchiò. Aveva una risata profonda ma dolce.
«No, non sono un angelo.» disse. Anche la sua voce era divina.

Aspetta, che?

Oddio, l'avevo davvero detto ad alta voce?

«Scusa... pensavo di averlo pensato nella mia testa.» dissi mortificata e totalmente in imbarazzo.

Ma che mi stava succedendo?

Lui scosse la testa «Figurati e, anzi, grazie del complimento...» aspettai che terminasse la frase, ma mi riscossi quando capii che aspettava solo che gli dicessi il mio nome, così, goffamente, gli tesi la mano «Grace.»

Lui la strinse «Grazie del complimento, Grace.»

Mi portai una mano sulla fronte «Chissà cosa penserai adesso di me. Giuro che di solito non sono così sfacciata.»

Lui non smise un secondo di sorridermi «Ehi, smettila di farti paranoie. Io sono okay, alla fine mi hai semplicemente fatto un complimento, non mi hai insultato.» Effettivamente aveva ragione... «Comunque, io sono Davon.» disse.

Rimasi ancora una volta incantata da quel ragazzo, dal suo aspetto, dalla sua voce, dal suo carattere... tanto incantata che probabilmente in quel momento sembravo un'ebete imbambolata a guardarlo.

«Che cazzo succede qui? Non la toccare.» sbottò Caleb avvicinandosi a noi.

Mi riscossi dal mio stato di totale ammirazione e realizzai quel che avevo davanti: Davon ormai non mi stringeva più la mano perché Caleb lo aveva spinto allontanandolo da me.

«Ehi, calmati.» disse gentilmente Davon.

Cercai di mettermi in mezzo ai due ma, bassa com'ero in confronto a loro, non mi notarono di striscio. Erano intenti a fissarsi negli occhi cercando di valutare chi dei due fosse il più forte.

«Uhm... scusate se esisto.» gridai schioccando le dita davanti ai loro volti. Finalmente ottenni la loro attenzione.

«A me pare che nessuno ti abbia chiesto un parere, coso. Stavamo semplicemente parlando.»

Davon annuì «È una festa: rilassati.»

Caleb sembrava sul punto di esplodere, così decisi che fosse il momento migliore per tagliare la corda.

«Vuoi qualcosa da bere?» chiesi a Davon.

Lui annuì e mi mise un braccio intorno alle spalle allontanandosi da un biondino davvero furioso.

Raggiungemmo Jace e gli chiedemmo di prepararci due drink.

Lui non smise nemmeno per un secondo di parlare con Amber e ci passò due bicchieri di carta belli pieni.

Melanie passò di fianco a noi con Robert e quando ci notò strabuzzò gli occhi vedendo Davon. Alternò lo sguardo prima su di me, poi su di lui e nuovamente su di me, mi fece l'occhiolino e alzò il bicchiere in un tacito brindisi.

Sorseggiai il mio drink e strizzai un po' gli occhi quando l'alcol mi bruciò la gola. Davon mi sorrise «Ti piace?» Annuii e continuai a bere.

Guardai la folla di persone che ballava in mezzo al soggiorno e non mi fu difficile notare i capelli biondi di Caleb e quelli della barbie. Lui mi stava guardando, ma non accennava a volersi staccare da lei. Mi morsi la lingua per evitare di sparare imprecazioni.

Il biondino mi fece un sorrisetto e strizzò il sedere della barbie, come per farmi un dispetto. Peccato che la cosa non mi toccò per niente.

Risi ad una battuta di Davon, ma continuai a sostenere lo sguardo di sfida di Caleb.

Lui sussurrò qualcosa all'orecchio della barbie, poi la baciò infilandole la lingua in bocca.

I suoi occhi erano comunque fissi sui miei.

Voleva la guerra? L'avrebbe avuta.

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