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Cap 26

Afrodite

Erano passati cinque mesi da quell'orribile avvenimento che grazie a Dio era finito nei migliori dei modi.

Se sarebbe andato fino in fondo Kadim non so se mi sarei mai più ripresa.

Il pensiero che potesse succedere qualcosa anche alla mia bambina, Dio mi sentivo l'anima che poteva lacerarsi definitivamente non tornando più com'era prima.

Non sarei riuscita a sopportarlo, se sarebbe accaduto qualcosa alla mia piccolina.

Un conto fare del male a me, ma fare del male alla mia ragione di vita, beh quello sarebbe stato il dolore più grande e più atroce che una madre potesse mai sopportare e superare.

La perdita di un figlio è un dolore in commisurabile, non si supera mai.

Grazie a Dio, lui non era andato fino infondo, quei sonniferi che mi avevano iniettato non avevano fatto niente a Isabella e quei giorni senza bere e mangiare non avevano creato problemi alla mia bambina.

Stavo andando avanti, perché era andata bene.

E dovevo pensare solo a quello e dimenticare per sempre quel brutto avvenimento.

Lo avevo accantonato in un angolo remoto della mia mente e non lo avrei più, o almeno non avrei più cercato di tirarlo fuori e pensarci.

Ero entrata nel nono mese, non vedevo l ora che la mia piccolina venisse al mondo ero così entusiasta e agitata della cosa.

Fra poco sarebbe stata con noi, l'avrei potuta stringere a me.

Oddio, me la immaginavo spesso come poteva essere e a chi poteva assomigliare.

Ero un fremito di curiosità e paura allo stesso tempo.

Diventare madri è la cosa più bella e inaspettata, che ti possa mai capitare.

Un appuntamento al buio, che non sai quando accadrà e non sai come sarà.

Ma sicuramente è la cosa più bella che possa esistere al mondo.

Non vedevo l ora di vedere mia figlia.

E anche Eros so che era agitato anche se lui era un uomo tutto di un pezzo e non faceva vedere quanto lo fosse, ma so che lo era.

Come era anche curioso di vedere la nostra piccolina e stringerla a se.

Da quel giorno Eros era diventato più protettivo, diciamo che la paura che si era preso era diventato quasi ossessivo.

Non uscivo più da sola, da sola che poi non ero mai stata sola, c'erano sempre un paio di uomini al mio seguito.

Se volevo uscire dovevo aspettare lui, se volevo andare dai nostri genitori dovevo aspettare lui, almeno che papà non mi venisse a prendere, mi mancavano le uscite con mia madre.

Anche lei non era messa meglio.

Spero solo che con il tempo allenti la presa, sennò rischio d'impazzire.

Ma posso capirlo, ha avuto paura come lo avuta io.

In questo momento mi trovavo nel suo ufficio a l'essenza.

Chi l'avrebbe mai detto che avrei messo piedi qui, in questo enorme palazzo bellissimo, ma che non mi aveva mai portata.

Potevo immaginare cosa accadeva in questo palazzo e quello che non sapevo e non immaginavo, non ci tenevo a immaginarmelo.

Mi aveva portata qui, mi aveva fatto visitare velocemente il casinò, ma no gli altri due piani riservati a la compagnia degli uomini.

Mi aveva rivelato che c'era anche un piano che non si vedeva, ma non mi aveva detto che cosa facevano lì.

Ma potevo immaginare che non era niente di buono e bello, ma avevo apprezzato che si era fidato di dirmi che non erano solo quattro piani ma cinque e che nessuno lo sapeva, a parte chi lavorava per lui.

Questo fa capire come Eros sta da cinque mesi a questa parte.

Mi ha portato in un posto che sia a me che a mia madre era diciamoci la verità precluso, ma la paura che ha avuto la costretto ha portarmi con lui in ufficio quando poteva, almeno che non decidevo di restare a casa.

Ovviamente a casa, era raddoppiata la sicurezza come a quella a casa dei nostri genitori.

Comunque, a meno che non volessi andare dai miei allora andavo lì.

Si era tremenda la cosa, di non poter guidare e andare a mio piacimento dove mi pareva, era difficile prima e mi ero adattata, ma ora era tremenda la cosa.

Mi auguravo solo che con il passare del tempo, lui allentava un po' la presa e si tranquillizzasse.

Ma immagino che non si sarebbe tranquillizzavo fino a quando non avrebbe trovato Kadim Sula.

Lo avevo sentito una sera a casa, a parlare con Manuel il suo braccio destro, dentro il suo ufficio.

Erano cinque mesi che quel ragazzo era sparito, e non riuscivano a trovarlo e mio marito era dannatamente incazzato.

Io a mio dire, mi auguravo che non apparisse mai più, mi stavo finalmente dimenticando di quell'orribile momento, per me poteva marcire dove stava, non mi importava dove, speravo solo lontano da qui.

Non gli auguravo la morte sia chiaro, anche con tutto quello che ha provato ha fare non glielo auguravo non ero quel tipo di persona, ma gli auguravo sicuramente una vita difficile, che pagasse per i suoi peccati, quello si.

E ovviamente lontano da qui.

Mi alzai dal divano, accarezzandomi il mio enorme e bellissimo pancione.

Si bellissimo, io amavo il mio pancione, accarezzandolo dolcemente, sentendo i movimenti di mia figlia, risvegliandomi dai miei pensieri, facendomi sorridere.

Oggi sarebbero venuti gli operai a montare la camera di mia figlia, non vedevo l ora di vederla.

Mi avvicinai verso l'enorme vetrata, ammirando il bellissimo tramonto e panorama che dava sulla città.

Era una visuale pazzesca e magica.

Avendo l'ufficio a l'ultimo piano di quell'enorme grattacelo, avevi la fortuna di poter ammirare tutta la bellezza della città dall'alto.

Era spettacolare, con tutti quei colori e quelle luci, non c'erano parole per descriverla.

Solo una, magnifica.

Sorrisi gustandomi tale bellezza, mentre continuavo ad accarezzare il mio pancione, sotto i movimenti frenetici e dolci della mia bambina.

"-Si amore mio, anch'io non vedo l ora che tu esca, così che possa finalmente vederti e tenerti stretta fra le mie braccia.

Mamma e papà ti stanno aspettando.-"

Mi riscossi dai miei pensieri rivolti tutti alla mia bambina, avvertendo la suoneria del mio cellulare squillare, mi avvicinai al tavolo della scrivania di mio marito e lo presi, rispondendo subito dopo.

-Pronto?-

-Signora Mendoza?-

-Si.-

-Abbiamo finito di montare e sistemare la camera per la bambina, noi andiamo, se ci fosse qualche problema può chiamare a questo numero.-

-Va bene, la ringrazio.

Arrivederci.-

-Arrivederci Signora.-

Riagganciai, posando il telefono sulla scrivania, completamente elettrizzata.

Non vedevo l ora di vedere come era la camera della nostra piccolina, che avevamo scelto insieme.

Ero al settimo cielo e curiosa, mentre accarezzavo amorevolmente il mio pancione, mentre mi voltavo verso le porte dell'ascensore, vedendo le porte aprirsi spuntando il mio bellissimo Dio greco.

Sia di nome che di fatto.

Arrossi a quei pensieri, vedendolo entrare nella stanza, con quella camminata dominante e sicura, sentendo il mio corpo reagire al suo richiamo.

Ormoni.

State calmi!

- mi pequeña golondrina.- (mia piccola rondinella)

Mi morsi il labbro inferiore, sentendo il mio cuore battere all'impazzata al suono della voce sensuale del mio uomo, mentre il mio viso superava tutte le gradazioni di rosso esistenti al mondo.

Si, questo era l'effetto che mi faceva il mio uomo e che mi avrebbe sempre fatto.

Continua

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