Capitolo 30:
"Fuori dagli schemi per sempre
Noi siamo noi
non cambiamo niente"
Gemitaiz e Madman, "Esagono"
...
La mattina seguente lo accompagnai dal parrucchiere e ne approfittai per tagliare anche i miei.
Harry si fece togliere molti dei suoi ricci. Il parrucchiere glieli sistemò stirandoli con la piastra e utilizzò del gel per tirarli indietro. Quel suo nuovo look mi piaceva ancora di più, contrariamente a quanto avevo pensato.
«Stai meglio così». Sorrisi passandogli una mano sopra la testa senza rovinarglieli. «Anche tu stai bene», riferì sorridendo per poi camminare verso un piccolo parco proprio dall'altra parte della strada.
«Fa quasi caldo per essere fine gennaio», disse slacciandosi alcuni bottoni del suo cappotto beige lasciando intravedere un maglioncino marrone scuro e dei jeans neri non troppo aderenti.
Annuii e notai alcuni bambini scendere da uno scivolo rosso mentre i loro genitori erano intenti a chiacchierare allegramente seduti su una delle tante panchine.
«I tuoi genitori?», chiesi curioso di sapere di più del suo passato, Harry prese posto facendomi segno di seguirlo.
«Abitano a Whitstable da un paio di anni». Sollevò le spalle, «Ogni tanto vengono qui per salutarmi ma è davvero raro», aggiunse togliendosi la sciarpa.
«Non avete un buon rapporto?». Ero davvero intenzionato a conoscerlo meglio.
«Mio padre fatica a parlarmi da quando ho ammesso di essere gay, è stato un periodo difficile. Con mia madre invece ho un bellissimo rapporto però, non potendo venire da sola qui, è costretta a vedermi poco»
«Mi dispiace per tuo padre», sussurrai appoggiando la mano sulla sua.
«Me ne sono fatto una ragione». Spostò lo sguardo verso quei bambini che giocavano tra di loro.
«Non sono venuti per starti vicino in...quella situazione?», chiesi un po' titubante mettendomi una mano nella tasca del giubbotto ed estraendo un pacchetto di sigarette.
«Sì, sono venuti insieme ai genitori di Nick, solo per un giorno. Sono stati carini e mi hanno dato supporto».
Mi accesi la sigaretta facendo un lungo tiro per poi sedermi accanto a lui.
E se i miei avessero saputo di Harry come avrebbero reagito?
«Sei figlio unico?»
«Sì. I tuoi invece? Ho conosciuto solo tuo padre»
«Mio padre, come avrai capito, è un avvocato ed è particolarmente legato a Charlotte. Sempre stata la preferita della famiglia»
«Avevo intuito qualcosa», rispose a bassa voce togliendomi la sigaretta dalle dita.
«Sì, sono sempre stati contrari alla mia scelta di trasferirmi lontano da loro però era necessario»
«Vivono lontano?»
«A Londra, mia sorella ha tentato dì convincerli a farsi iscrivere all'università qui, però non vogliono»
«Non sarebbe bello avere tua sorella vicino?»
«Da un lato sì, le voglio bene ma questa cittadina non è così sicura». Gli ripresi la sigaretta dalle mani e la terminai buttando il mozzicone per terra.
«Effettivamente c'è un assassino a piede libero», sussurrò Harry facendomi ricordare che l'unico pericolo ero sempre stato solo io.
Annuii cercando di non pensarci, «I genitori di N-Nick come stanno?»
«Pensano che sia colpa mia perché stava con me, non mi hanno mai accettato pienamente».
Notai i suoi occhi farsi lucidi, «Mi dai un'altra sigaretta?», chiese poi tirando su con il naso, gliela passai non sapendo come rispondere.
Lui aveva dovuto sopportare molto, si era ritrovato in una situazione difficile e io, al suo posto, non avrei saputo farlo.
«Sei davvero un ragazzo forte Harry, devi essere solo fiero di questo», ammisi accarezzandogli una guancia mentre lui sollevò lo sguardo verso di me.
«Louis!», sentii urlare in lontananza e mi spostai immediatamente dal riccio guardando nella direzione di quella voce.
«Calvin», salutai sentendomi le guance andare a fuoco. Accanto a lui c'era Margie che lo teneva... per mano?
«Ti posso parlare un attimo?», chiese girandosi verso Harry che annuì per poi lasciare la ragazza con lui mentre io mi alzai.
«Cosa stai combinando amico?». Mi passai una mano sulla faccia.
«Lei lo ha lasciato», prese parola e mi morsi il palmo della mano per la frustrazione.
«Tu sei pazzo. E Zay?», chiesi subito, trattenendomi dall'urlare, alzando le braccia al cielo.
Si passò la mano tra i suoi capelli castano chiaro e sospirò, «Ho bisogno del tuo aiuto», continuò e iniziai a scuotere la testa nervosamente.
«No Calvin! Perché vuoi distruggere il gruppo?»
«Io voglio solo parlare con Zayn»
«Parlaci allora, cosa c'entra con me?»
Lui sospirò: «Mi serve che tu venga con me, sostegno morale».
Lo osservai attentamente vedendolo mangiarsi le pellicine intorno alle unghie.
«D'accordo», mi arresi mentre lui d'istinto mi abbracciò.
«Andiamo allora!», esclamò facendomi segno con il braccio di seguirlo. «No Calvin, ora no. Organizziamo qualcosa per domani sera così ci saranno tutti oltre a me», spiegai guardando in direzione di Harry. Non potevo rovinare la prima nostra vera uscita.
Lui annuii dandomi il cinque, «Ti chiamo domani», salutò prendendo Margie per mano e si allontanò.
Mi morsi un dito avvicinandomi alla panchina sulla quale era ancora seduto Harry. «È un problema», si rese conto lui spostandosi per farmi posto. «Zayn è un ragazzo che capisce o...», domandai preoccupato per quello che sarebbe potuto succedere tra loro.
«Generalmente è tranquillo ma in questo caso non saprei dirti cosa potrebbe fare».
La pancia mi brontolò rumorosamente così portai le braccia a coprirla in modo che non si sentisse. «Forse hai fame».
Sollevò gli angoli della bocca in un bellissimo sorriso.
«Meglio andare a mangiare, di cosa hai voglia?»
«Sushi?»
«Non l'ho mai mangiato in realtà»
«Ti porto in un ristorante davvero buonissimo, si trova qua vicino», aggiunse alzandosi dalla panchina porgendomi la mano, mi soffermai a guardarmi veloce intorno, controllando che non ci fosse nessuno e dopo averne avuto la certezza l'afferrai facendomi alzare per poi lasciarla subito dopo.
Uscimmo dal parco e seguii Harry finché non arrivammo nei pressi di un ristorante chiamato "Luce". Davanti all'entrata c'erano due statue che raffiguravano dei panda, entrando notai pochi tavoli in legno, quasi tutti occupati, con al centro una piccola piantina verde che creava un'atmosfera rilassante. Sulla sinistra c'era la cucina a vista con due cuochi intenti a tagliare del pesce e una signora anziana, con i capelli legati a chignon, ci venne incontro portandoci a un tavolo.
«Torno tra poco», salutò lei lasciandoci due menù. Harry, davanti a me, aveva un sorriso sulle labbra ed era concentrato a leggere quelle voci che facevo fatica a identificare.
Mi accigliai provando a capire che cosa fossero quelle scritte.
Uramaki? Sashimi? Hossomaki? Ma che cosa sono?
«Siete pronti?», ritornò facendomi rendere conto di non avere la minima idea di cosa ordinare. «Portaci due barche, grazie», prese parola Harry salvandomi da quella scelta perché se no avrei preso del cibo completamente a casaccio.
«Da bere?», continuò la donna appuntando il tutto su un palmare. «Due birre, grazie», risposi facendola andare via.
Guardai il nostro tavolo notando una tovaglietta, un piattino bianco non troppo grande e due bacchette di legno attaccare tra loro su un tovagliolo di carta.
«Non posso chiedere una forchetta?», chiesi preoccupato prendendole in mano non sapendo neanche come dividerle.
«No, devi usare queste», rispose lui tirandole dai lati opposti facendole staccare con un sonoro scricchiolio.
«Ma non le ho mai usate»
«Sono semplici, appena arriva il cibo ti faccio vedere».
Poco dopo ci portarono le due birre e due barche in legno, di qualche centimetro di grandezza, con sopra numerosi pezzi di riso circondati con qualcosa che non avevo mai visto.
«Devi fare così». Mostrò Harry prendendo in mano i due bastoncini e posizionandole tra le sue dita con una facilità disarmante, provai a fare lo stesso senza molti risultati, «E poi lo prendi stringendole tra di loro», continuò mostrandomi come prendere del riso.
Tentai più volte ma, sconsolato, lasciai una bacchetta sul piatto e con l'altra infilzai un involtino di riso.
«Portalo nella salsa di soia». Mi versò del liquido marrone nel piattino e fece lo stesso anche nel suo.
«Ma che cos'è?». Mi avvicinai a quell'ammasso di riso girandolo nel piatto in modo da capire da cosa fosse composto.
«Riso, intorno c'è un'alga e dentro del salmone crudo»
«Mi devo fidare?», quasi supplicai non avendo il coraggio di assaggiarlo. Non ero un amante del pesce, preferivo di gran lunga la carne.
«È buono, guarda lo mangio prima io».
Ne afferrò uno portandolo alla bocca, dopo averlo appoggiato nella salsa, e lo mangiò in un unico boccone, «Ora tocca a te».
Lo guardai ancora un po' finché non mi decisi a mandarlo giù.
Non era affatto male, anzi era davvero buono, bisognava ammetterlo.
Mentre continuammo a mangiare mi fermai un attimo a riflettere ad alta voce: «È il nostro primo appuntamento questo».
«Dopo quasi un mese doveva pur succedere», scherzò sfiorandomi la mano appoggiata sul tavolo.
«È passato un mese?»
«Tra qualche giorno si», rispose lui mangiando l'ultimo pezzo di sushi rimasto nella sua barca. «Li stai contando?». Gli feci l'occhiolino e finii anche io i pezzi di quelli che rimanevano.
«Forse». Mosse le spalle verso l'alto.
Li stava davvero contando.
Mi alzai prendendo il giubbotto e andai a pagare mentre Harry uscì aspettandomi.
«È stata una nuova cosa per me, grazie per avermelo fatto provare.
Probabilmente ci verrò più spesso d'ora in poi», ringraziai prendendo il pacchetto di Marlboro tra le mani.
«Niall e Josh hanno risolto?»
«Sembra di sì. Niall l'ha convinto a tornare a lavorare mentre prova a entrare nel mondo del dj»
«Ottimo no? Passiamo un attimo da casa mia?»
«Certo»
«Io domani ricomincio a lavorare». Sbuffò.
«Non me lo avevi detto, dove lavori?»
«Il negozio di vestiti davanti l'università»
«Quali orari fai?»
«La pausa pranzo, generalmente, la passiamo tutti insieme in qualche bar vicino però finisco alle diciotto come voi»
«Allora ci incontreremo principalmente la sera», conclusi passando la strada. «Ci organizzeremo», terminò lui seguendomi.
Il mio cellulare iniziò a suonare dalla tasca dei pantaloni e prendendolo mi resi conto essere mio padre.
Risposi senza pensarci passando davanti al parco dov'eravamo seduti prima. «Ciao Louis, come stai?»
«Bene, voi?», risposi controllando se Harry seguiva i miei passi. «Sì, senti nei prossimi giorni è il compleanno di Charlotte, lei vorrebbe venire da te ma preferirei evitare. Puoi venire tu qui?»
«Perché non vuoi che venga qua?»
«Me lo chiedi pure? L'hai fatta arrestare l'ultima volta».
Vero, ma è stato divertente bisogna ammetterlo.
Mi fermai facendo sbattere Harry alle mie spalle.
Ora mio padre me lo avrebbe rinfacciato per il resto della mia breve vita.
«Non era una cosa voluta», quasi urlai trovandomi davanti casa.
«Tu dovevi proteggerla»
«L'ho protetta quando quel coglione mi ha spaccato il naso! D'accordo lasciamo stare che è meglio. Passami Char per favore». Dovevo capire cos'aveva intenzione di fare mia sorella prima di mettermi in viaggio per andare da loro.
«Lou!», esclamò contenta mentre io ero scocciato per la situazione che mi avrebbe allontanato, anche se per pochi giorni, da Harry.
«Char, cosa vorresti fare per il compleanno?», chiesi cercando di rimanere tranquillo. «Io voglio venire da te, convinci papà», supplicò lei con voce tremante.
Non potevo discutere con lui ora, anche perché non avrei mai vinto, lui era il padre e io solo suo fratello.
«No Char, vengo io non è un problema».
Quando avevo deciso di trasferirmi era stato principalmente per colpa di quelli che reputavo miei amici e di mio padre, il tornare in quella casa, anche se per un paio di giorni, mi creava non pochi problemi.
«Va bene Louis, porteresti anche i tuoi amici?», chiese fiduciosa. Niall in realtà era incluso nel mio viaggio, ormai non riuscivo nemmeno a pensare di lasciarlo da solo sapendo quello che aveva passato.
«Chiederò di venire solo se mi assicuri che avremmo l'attico». L'attico doveva essere mio a ogni costo, non potevamo rischiare di dormire nella stanza vicino a quella dei miei genitori.
«Posso pensarci», rispose sbuffando rumorosamente.
«Prossimo weekend giusto?»
«Sì, il ventotto come ogni anno». Prese fiato, «Ti preparerò l'attico, fammi solo sapere in quanti sarete. Papà non sarà felice ma è la mia festa quindi chissenefrega!», esclamò contenta mentre portai lo sguardo sul ragazzo riccio accanto a me appoggiato al muro che mi osservava.
«D'accordo Char, ti farò sapere nei prossimi giorni», salutai chiudendo la chiamata.
«Parti?», chiese lui portando una gamba sul muro. «In realtà penso che partiremo tutti noi insieme», ammisi sorridendo contento per non dovermi allontanare da quel ragazzo.
«Non sto capendo...», sussurrò portandosi una mano tra i capelli.
«Charlotte compie gli anni sabato, mi ha chiesto di andare da lei con i miei amici», spiegai riprendendo a camminare facendomi seguire da Harry.
Una volta arrivati davanti casa sua mi fermai sulla porta. «Arrivo subito», disse girando le chiavi nella serratura per poi entrare e io lo aspettai giocando a lanciare con il piede dei piccoli sassi sull'asfalto.
Poco dopo comparve con in mano due fogli, «Biglietti del cinema», spiegò dandomene uno mentre l'altro lo tenne per sé.
«Per quando?», chiesi confuso osservando quel foglio senza una data precisa. «Se per te va bene possiamo andare anche ora». Sorrise chiudendo la porta di casa alle sue spalle.
«Io non sono molto informato sui film in uscita». Piegai il biglietto e lo portai nella tasca del mio giubbotto.
«Se prendiamo la tua macchina possiamo andare a un centro commerciale qua vicino dove c'è un cinema multisala e scegliamo un film a caso, non è importante quale», propose e io annuii.
Ormai la mia macchina era diventata di dominio pubblico.
Tornammo a prenderla e mi fermai davanti al fuoristrada, «Mai guidata?». La indicai notando il suo interesse. Scosse la testa
Tirai fuori le chiavi dalla tasca, «La patente ce l'hai vero?», chiesi prima di passargliele.
«Sì. Non guido da qualche anno», ammise un po' in imbarazzo stringendole tra le dita.
«Prova, se non te la senti facciamo cambio». Gli strinsi la mano salendo sul sedile del passeggero, lui dopo qualche secondo entrò in macchina mettendo in moto.
Sistemò il sedile e lo specchietto, ovviamente era più alto di me e non poteva utilizzare i miei stessi parametri.
Osservò il cambio automatico con attenzione e lo portò sulla lettera "D" facendola partire, «Ho sempre guidato con il cambio manuale». Sorrise timidamente uscendo dal parcheggio guardandosi avanti e indietro.
«Hai bisogno del navigatore?».
Lui scosse la testa e prese alcune strade con più sicurezza alla guida rispetto a poco prima.
Qualche minuto dopo notammo un cartello con su scritto "Centro commerciale i due fiori" e un altro subito dopo "Cinema dei fiori".
Che inventiva.
Harry seguii le indicazioni ed entrò nel parcheggio sotterraneo. «È davvero bellissima da guidare», ammise lui scendendo, io feci lo stesso e confermai le sue parole.
Il ragazzo mi fece strada verso all'entrata e prese due posti per il primo spettacolo disponibile.
Come si diceva in giro: non era un vero appuntamento se non c'era il cinema a fare da sfondo.
Poco dopo comprammo dei popcorn e della coca cola e, appena la sala fu pronta, entrammo prendendo posto su due poltrone rosse all'inizio della fila "H".
Era la mi prima volta che andavo al cinema con un ragazzo e continuavo a guardarmi intorno per paura che la gente mi giudicasse; per Harry era così naturale una situazione del genere mentre io dovevo ancora farci l'abitudine.
Già il fatto di uscire mano per mano con lui per il paese lo consideravo un enorme passo avanti.
Le luci si abbassarono e il film cominciò, neanche avevo letto che cosa stavamo per vedere.
...
Angolo autrice
Il prossimo aggiornamento lo preferite domenica o lunedì?
Sulla mia bacheca trovate il link per la playlist di Spotify e buon weekend a tutti!
G.
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