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Capitolo 28:

"E ricorda che la peggiore tempesta
All'alba vedrà un nuovo sole
E nel male non sentirti persa
Perché senza amore si muore"

                   Influenze negative, "Ninna Nanna"

...

Le lacrime iniziarono a scendere copiose lungo le mie guance senza riuscire a fermarle, trattenni il respiro cercando inutilmente di calmarmi e di riprendermi. Non potevo avere un'altra crisi.

L'acqua della doccia scorreva sulla mia pelle lavando via i miei pensieri positivi e facendo tornare solo i miei tormenti.

Una cosa in quella situazione l'avevo imparata: stando da solo a piangere riuscivo a rendermi conto davvero di che persona fossi diventata.
Ed era un pensiero su cui nessuno si fermava mai a riflettere.

Non ero più un comune ragazzo di ventitré anni.

Non ero più il ragazzo divertente con il sorriso sempre stampato sul volto.

Non ero più l'amico che Niall aveva conosciuto cinque anni prima.

Non ero più semplicemente Louis Tomlinson, a quel nome ora si accostava un'altra parola: assassino.

Io non ero più me stesso. E quella considerazione faceva più male di tutto il resto.

Chi era davvero Louis Tomlinson?

Non ricordavo ancora, era come se la mia mente si fosse sforzata a cancellare l'intera serata. L'aveva chiusa in un cassetto e non riuscivo più a trovare la chiave.

Quella ragazza mi aveva fatto venire un piccolo ricordo indietro ma era così misero che lo consideravo insulso.

L'unica mia certezza era il non poter essere considerato una brava persona, avevo un'anima che, per sempre, sarebbe rimasta macchiata dal mio folle gesto.

«Louis!», urlò Niall bussando alla porta energicamente. «Si?», mormorai cercando di ricompormi.

«Stai bene?», mi chiese come se sapesse che c'era qualcosa che non andava.

Non risposi e mi limitai a chiudere l'acqua legandomi un asciugamano in vita.

«Lou?», continuò con voce preoccupata, girai la chiave e aprii la porta. «Credo di aver bisogno di aiuto», sussurrai prendendo un asciugamano dalla pila che avevamo sistemato sulla sedia.

«In che senso?», chiese confuso facendomi uscire da lì.

«Uno psicologo. Sto diventando pazzo», spiegai con voce tremante sedendomi sul materasso. «Cosa succede?». Si sedette anche lui.

«Che sento di non meritarmi Harry. Anzi lo so di non meritarlo»

«Non è vero Lo-». Lo interruppi scuotendo la testa, «Sai cosa vedo quando mi guarda?».
Rimase fermo a osservarmi e aspettò che ricominciassi a parlare.

«Vedo che quel sorriso non è destinato a me, io ho rubato il posto a un'altra persona». Presi fiato, «Non dico che non sto bene con lui, dico solo che se Nick fosse ancora vivo io non conterei nulla per lui».

Niall mi guardò. Uno sguardo mortificato. Non poteva sapere nemmeno lui cosa sarebbe successo se Nick fosse stato ancora vivo.

«Io ti posso solo dire Tomlinson che non ci sarà mai modo di tornare indietro nel tempo. La vita va avanti, bisogna accettarla e viverla al meglio»

«Parli così perché non ti trovi nella mia situazione. Io ho il pensiero fisso di Nick, prima almeno non vedevo spesso Harry e mi era più facile». Mi passai l'asciugamano sui capelli.

«Allora non vedere Harry se è quella la soluzione», buttò lì come se fosse facile.

«Mi trovo troppo bene con lui per lasciarlo andare», sussurrai rendendomi conto di quanto suonasse ridicolo quel discorso. Volevo stare con Harry ma, allo stesso tempo, non volevo vederlo perché mi ricordava costantemente di aver ucciso Nick.

«Allora non farlo, devi lasciare andare te stesso». Mi prese le mani tra le sue, «Lascia andare quel ricordo perché solo così potrai andare avanti. Se Nick fosse qui ore cosa vorrebbe?»

«È una domanda contorna Nì»

«Se avessi il fantasma di Nick qui vicino a noi ora, pronto a sussurrarci qualsiasi cosa. Cosa ti direbbe?».

Ci riflettei. Ci riflettei seriamente cercando di capire cosa avesse voluto Nick e di una cosa ero sicuro.

«Oltre al mandarmi a cagare? Forse di trattare bene Harry. Nonostante l'avesse tradito, non aveva il coraggio di lasciarlo quindi mi porta a pensare che gli voleva davvero bene»

«Quindi?»

«Quindi come potrà stare bene il giorno in cui mi porteranno via da casa in manette?». Mi tirai in piedi di scatto iniziando a camminare nervosamente per la stanza.

Quante volte avevamo toccato quel discorso io e Niall? Avevo perso il conto ma era come se sentissi il bisogno di sfogarmi continuamente per non soffocare.

Era e stava diventando un peso insopportabile da portare sulle spalle.

Se prima potevo ancora uscirne sano di mente, più passavano i giorni più mi rendevo conto di non avere possibilità di riuscirci.

«Vestiti che ti porto in un posto». Si allontanò uscendo dalla stanza.

Lo assecondai facendomi trovare pronto davanti alla porta.

Prese le chiavi della mia macchina e andammo in direzione dell'ignoto.

Mi appoggiai al vetro del finestrino chiudendo gli occhi, «Da quanto tempo è morto Nick?», chiese lui continuando a guardare la strada senza voltarsi. «Centotrè giorni», bisbigliai non aprendo gli occhi.

Continuavo a contarli. Ogni singolo giorno era come se lo segnassi sul calendario con delle X rosse.

La macchina si fermò dopo più di un'ora di strada, aprii gli occhi vedendo il cartello "Cimitero".

Niall scese dalla macchina e confuso lo seguii.
«Perché siamo qui?», chiesi mentre il biondo si avvicinò a un fioraio. «Non puoi tornare da Nick perché sicuramente sarà un posto controllato dalla polizia. Ti ho voluto portare dove sono seppelliti i miei genitori», raccontò dando delle sterline al signore.

Rimasi muto sapendo quanto importante fosse per lui quel momento.

«Oggi è il loro anniversario di morte», spiegò tirando su con il naso, gli appoggiai una mano sulla spalla accompagnandolo tra i vari campi di sepoltura.

Poco dopo li trovammo: una tomba familiare in pietra con incisi i loro nomi e le loro date con delle piccole foto incorniciate, inoltre c'era una dedica scritta in corsivo che recitava «Con grande amore da vostro figlio Niall».

«Scusami», sussurrai rendendomi conto di quanto il mio dolore fosse nulla di paragonabile anche solo minimamente al suo, appoggiò i fiori sulla tomba. «Io ho sofferto da solo per gran parte del tempo». Fece un sorriso forzato, «Non ho potuto fare niente per loro ma non voglio che tu faccia la stessa fine».

Rabbrividii.

«Sei ciò che ho di più caro a questo mondo», iniziò a piangere inginocchiandosi sulla ghiaia che ricopriva il terreno, «E per quanto tu possa essere stupido, io ti voglio bene», aggiunse facendo una leggera risata tra le lacrime.

Niall era figlio unico, i suoi zii abitavano dall'altra parte del continente e, dopo i suoi, si ritrovava da solo a sopportare tutto.

Mi inginocchiai anche io abbracciandolo, «Niall io uscirò fuori da questo immenso tunnel quali sono i miei pensieri e, se ci riuscirò, sarà solo ed esclusivamente perché ci sei tu ad aiutarmi».

Quel ragazzo era speciale.

«E poi in CSI alcuni riescono a vivere senza rimorso», scherzai facendolo ridere. «Penso di non voler più né guardare né sentire parlare di telefilm investigativi per tutta la mia vita, essere al centro di una interminabile puntata mi basta e avanza!».

Si alzò e lo seguii.

«Ti lascio un attimo da solo». Mi allontanai in modo che potesse salutarli tranquillamente senza il mio respiro sul collo.

Mi appoggiai a una panchina e cercai di riflettere sulle cose buone che avevo fatto nella mia vita, non potevano certo equipararle a quelle cattive, però mi avrebbe aiutato sapere di aver fatto del bene, di aver lasciato un segno positivo nella mia storia.

Il mio cellulare prese a suonare, facendomi tornare alla realtà.

Il nome "Harry" lampeggiava sullo schermo.
Sollevai gli occhi al cielo e lo spensi. Non era il momento e nemmeno la giornata per pensare a me stesso.

Delle piccolissime gocce d'acqua toccarono il mio corpo facendomi rendere conto che non c'era tempo migliore di quello per rappresentare il nostro stato d'animo.

Incrociai lo sguardo con una piccola chiesa rossa, mi soffermai sulla vetrata di grandi dimensioni che circondava le sue pareti, era decorata con dei colori molto accesi e, sicuramente, con il sole avrebbero creato un bellissimo effetto all'interno; inoltre, davanti all'ingresso c'erano quattro scalini di marmo bianco.

La pioggia cominciò a farsi più insistente così mi riparai rimanendo attaccato al suo muro. Non me la sentivo di entrare e non potevo permettermi di chiedere il perdono. Quello non sarebbe mai arrivato.

In lontananza notai il biondo farsi strada verso di me correndo e cercando di coprirsi dalla pioggia come meglio poteva, «Eccomi», disse appoggiando la schiena alla parete per ripararsi anche lui.

«Stavi entrando?», mi chiese indicando l'ingresso e subito scossi la testa.

«Se tu vuoi andare ti aspetto qui», risposi guardando quella piccola pioggia andare a frantumarsi contro la ghiaia del terreno.

«Vieni con me». Si girò andando verso l'entrata facendo segno di seguirlo; mi avvicinai a lui titubante ed entrammo.

Era davvero piccolina, sulla destra c'era una piccola acquasantiera appoggiata al muro di roccia, davanti a noi si trovavano cinque file di panche, divise in due colonne e in fondo alla chiesa c'era un piccolo altare con delle candele che si potevano accendere; alla nostra sinistra, invece, c'era un confessionale.

Seguii Niall che, dopo aver fatto il segno della croce, si avviò verso l'altare.

Aspettai davanti alle candele sentendo il bisogno di accenderne una per Nick. Perché i criminali non provano quel senso di profondo rimorso che, invece, provavo io?

Inserii dieci sterline nell'apposito spazio designato alle offerte libere per poi prendere un bastoncino di legno e portarlo sullo stoppino della candela.

Appena fatto quel gesto non aspettai Niall e uscii sentendo un forte peso sul petto che mi rendeva difficile la respirazione.

Chiusi gli occhi cercando di regolarizzare il respiro fino a calmarmi completamente.

«Possiamo andare se vuoi». Comparve Niall facendomi spaventare così mi portai una mano sul cuore che batteva sempre più veloce.

Sentii una mano sulla spalla che mi fece spalancare gli occhi per la paura, «Scusami non volevo spaventarti!», iniziò a ridere Niall spingendomi verso l'uscita.

«Facciamo cambio e guido io ora?», proposi facendomi restituire le chiavi della mia auto.
«Avevo bisogno di venire qua con qualcuno a sostenermi», aggiunse entrando velocemente all'interno della macchina. «A disposizione», scherzai portandomi una mano davanti alla fronte come facevano i militari.

Dopo aver messo in moto mi spiegò di come avesse perso i genitori in un incidente d'auto proprio mentre stavano venendo nel nostro paese per salutarlo. Dire che il mio cuore si stava rompendo sembrava un eufemismo. Lo sentivo proprio scricchiolare per il dolore.

«Cosa ne dici di prendere un gelato?». Mi schiarii la voce cercando di allontanare le sue preoccupazioni sapendo che lo adorava.

«Assolutamente sì!», esclamò iniziando a darmi indicazioni per una gelateria buonissima che conosceva solo lui, «Questa».
Indicò una piccola vetrata proprio davanti a noi con un'insegna scritta a caratteri cubitali "Gelato artigianale".

Parcheggiai poco distante dal luogo in questione e lo raggiungemmo a piedi, bagnandoci con la pioggia.

«Bentornato Niall!», salutò allegramente una ragazza con i capelli neri e occhi verdi smeraldo molto simili a quelli di Harry, appena spingemmo la porta in vetro entrando.
Ovviamente quelli del mio riccio sono meglio.
Lei era dietro un bancone, sulla testa aveva un cappellino bianco a visiera tonda e sorrideva contenta guardando verso il mio amico.

Mi guardai intorno: un piccolo locale con le pareti chiare, due tavolini in metallo con quattro sedie ognuno e una porta che indicava il bagno.

«Ciao Nathaly», salutò lui stupendomi. «Come fai a conoscerla?», gli sussurrai all'orecchio mentre ci avvicinammo.

«Ci sono venuto più volte durante l'anno», ammise sorridendo alla ragazza per poi ordinare una coppetta ai suoi gusti preferiti: pesca e pistacchio. 

«Per te?». Mi guardò lei.

«Una coppetta piccola con fragola e limone». Indicai i gusti.

Niall scosse la testa e allungò a Nathaly alcune sterline.

Ci sedemmo a uno dei due tavoli, «Ti guarda in modo strano», dissi a bassa voce continuando a seguire i movimenti di quella ragazza. «Ci vediamo ogni volta che vengo a trovare i miei. È simpatica».

«Ora tu e Harry cosa siete precisamente?», mi chiese facendomi andare di traverso il limone e iniziai a tossire, «Domanda scomoda». Rise dandomi delle pacche sulla schiena cercando di aiutarmi.

«Non ne abbiamo parlato e sinceramente, qualunque cosa siamo mi va benissimo così», spiegai non alzando lo sguardo dalla mia coppetta, «Tu con Eleanor?», girai la domanda sapendo fosse una situazione non bella.

«Penso che ci lasceremo», disse tranquillo alzando le spalle, «Non mi trovo bene con lei, c'è qualcosa che non va e penso che sia anche da parte sua», concluse.

Dopo il nostro arresto a capodanno era praticamente scomparsa ed era difficile vederla in giro con il mio migliore amico. Un segno abbastanza evidente che qualcosa non andasse tra loro.

Poco dopo uscimmo da lì e notai un negozio di tatuaggi proprio davanti alla macchina.

Presi Niall per il braccio e lo trascinai all'entrata. «No Lou io non farò nessun tatuaggio». Iniziò a scuotere la testa.

«Piccolo piccolo», lo implorai tirando la porta del negozio verso di me.

...

Angolo autrice

Sempre se lo faranno, cosa si potrebbero tatuare per imprimere sulla pelle la loro profonda amicizia? E qual è il vostro gusto di gelato preferito? I miei sono gli stessi di Louis.

Vi invito ad andare ad ascoltare questa canzone o per lo meno leggerne il testo perché è un qualcosa di favoloso, la dedico a tutte voi che state leggendo questa storia perché anche se vi sentite sole ricordate sempre che c'è qualcuno che vi vuole bene e che anche la peggiore tempesta prima o poi se ne andrà.

Per qualsiasi cosa io ci sono.

G.

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