Capitolo 24:
"Sento la voce del buonsenso ma io non lo ascolto
Voglio godermi i miei peccati, non essere assolto"
Jake La Furia, "Non so dire no"
...
«Harry, vuoi dirmi che succede?». Mi accovacciai davanti alle sue gambe toccandogli il ginocchio con la mano.
«Nick», singhiozzò coprendosi gli occhi.
Era un incubo per tutti oramai. Nessuno ne poteva più.
Quel nome non lo sopportavo, lo odiavo con tutte le mie forze, al solo pensiero avevo la nausea.
«Lo so che ti manca ma-». Mi fermò prima ancora che potessi terminare la frase, «Lui mi tradiva con Lucas».
Lo guardai spalancando la bocca.
«C-Come fai a esserne sicuro?». Appoggiai la mano sulla sua.
«Oggi mi ha chiamato la polizia. Io pensavo volesse darmi buone notizie...». Prese un fazzoletto di carta dalla tasca dei suoi jeans, «Invece mi hanno consegnato il suo cellulare e mi hanno detto che ha avuto una relazione con Lucas per quello era indagato. E volevano informazioni da me!», urlò e potevo leggere nei suoi occhi la delusione che stava provando.
«Hai letto i messaggi?», indagai e lui annuì stringendo gli occhi. Mi alzai per poi sedermi vicino a lui e tenerlo stretto in un abbraccio.
Qualunque divergenza avessimo avuto, ora non c'era più.
Passai una mano tra i suoi capelli cercando di farlo calmare. «Mi dispiace tanto Harry».
Erano le sole parole che potevano uscirmi dalla bocca.
Era difficile aiutarlo. Mi sentivo in colpa per aver ucciso Nick, era vero ma, allo stesso tempo, forse aveva ragione Niall e avevo salvato la vita a quel ragazzo in qualche modo. Un modo abbastanza subdolo.
Uccidere per salvare una vita. Poteva essere davvero così?
«Io volevo creare una famiglia con lui», farfugliò a bassa voce facendomi rabbrividire mentre le sue lacrime bagnarono la mia felpa.
«Non ti era mai venuto il dubbio...», ipotizzai.
I suoi amici lo sapevano, come faceva lui a esserne all'oscuro?
Si tirò su prendendo le distanze da me, «Cosa vorresti dire?», domandò subito guardandomi con gli occhi contornati di lacrime.
«Chiedo solo se non ti era mai venuto il dubbio»
«Perché sarebbe dovuto venirmi?». I suoi occhioni verdi brillavano come non mai.
Alzai le spalle, non potevo farlo litigare con i suoi unici amici.
«Sai cosa significa passare la maggior parte dei tuoi anni con una persona?», pianse nascondendo la testa tra un cuscino e il divano.
«Da quanto stavate insieme?». Mi ero sempre posto quella domanda e non avevo mai avuto abbastanza coraggio per porgliela.
«Tanti. Troppi anni. Forse nove, forse dieci».
Scosse la testa non muovendosi dalla sua posizione. Dieci anni di amore, chi ero io per farglieli dimenticare?
Certo, non era un amore vero e sincero però era pur sempre amore.
Cercai di avvicinarmi senza che me lo permise, «Tu invece? Non hai mai pensato a un altro?».
Ma quali domande mi saltavano in mente?
«Cosa cazzo stai dicendo Louis, è un momento delicato», mi sgridò ricominciando a piangere.
«Dico solo che non ti sentiresti così stupido se anche tu avresti pensato a qualcun altro», cercai di spiegare con le parole più delicate che conoscevo.
Lui sollevò la testa iniziando a guardarsi le mani, «Io sono un ragazzo fedele», ammise per poi prendere fiato, «Mi è capitato di pensarci, però non ho mai agito alle sue spalle».
D'istinto gli bloccai le braccia e mi sdraiai sopra di lui, poi gli presi il volto tra le mani, «Io credo che Nick sia stato un verme e che tu non meritavi uno come lui». Mi fermai aspettando che lui aprisse i suoi bellissimi occhi verdi per guardarmi, «Credo anche che tu debba lasciarlo andare. Quello che ha fatto è passato e non puoi starci male adesso che lui non c'è più»
«I-Io sono cresciuto con lui»
«Infatti sono contento perché sei diventato quello che sei ora». Sorrisi cercando di farlo calmare. «Se lo avessi saputo prima lo avrei lasciato», ribatté con voce non troppo convinta.
«Non devi starci male Harry»
«E tu Tomlinson?»
«Io cosa?»
«Perché cerchi di essermi amico?». Strattonò le braccia cercando di liberarsi della mia presa.
Era una bellissima domanda a cui non sapevo nemmeno rispondere, sapevo fosse sbagliato anche il solo stare in una stanza con lui eppure sentivo di averne bisogno.
«Io...non lo so Harry», sussurrai allontanandomi e sedendomi a pochi centimetri da lui.
«Vuoi solo divertiti», insinuò tirandosi a sedere e asciugandosi le lacrime sulle sue guance.
«Io non voglio... divertirmi», dissi d'istinto sentendomi offeso per quella sua insinuazione.
«E allora cosa vuoi da me?», domandò con un tono di voce fin troppo alto.
«Chiederti solo scusa per come mi sono comportato». Non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo.
«Scusa per cosa?»
«Harry io non so cosa mi sia successo, scusami per aver dato l'impressione di averti usato e per quello che ho fatto in discoteca».
Appoggiai una mano sulla sua gamba e mi alzai con l'intenzione di tornarmene a casa.
Lui mi fermò prendendomi la mano e disse: «Louis aspetta», rimasi lì in piedi in mezzo alla stanza, «Cosa vorresti?», aggiunse trascinandomi nuovamente seduto sul divano.
Te, Harry Styles.
Sollevai le spalle.
«Se mi guardi cosa pensi?».
Che non ti merito.
«Penso che sei un bellissimo ragazzo», mormorai sentendomi quasi in difetto per averlo detto, «Se potessi, tornerei indietro Harry», aggiunsi mettendo una gamba sotto il sedere.
«Cosa cambieresti?».
Sospirai e avrei voluto rispondergli «Tutto» invece mi limitai a dire: «Per esempio non ti avrei baciato la prima volta». Guardai la sua espressione farsi subito seria cercando di interpretare le mie parole.
«Perché?»
«Perché ero ubriaco». Quelle parole uscirono da sole, senza il mio consenso.
«Probabilmente non ci saremo baciati senza l'alcol in circolo», sottolineò.
Molto probabilmente sarebbe successo lo stesso con o senza la vodka ad aiutare.
«A me non è mai capitato», abbassai la voce sentendo le guance andarmi a fuoco.
«Cosa?»
«Di baciare una persona o peggio andarci a letto e poi volerla conoscere. Sono sempre stato da una notte e via. Questo mi spaventa»
«Tu vuoi... conoscermi?»
«Io ho questa sensazione strana allo stomaco che non mi fa dormire, sento come il bisogno di baciarti ancora, di toccarti e non mi è mai capitato con nessuno». Non ero abituato ad aprirmi con una persona, non lo avevo mai fatto.
Lui sorrise e dentro sentii il mio imbarazzo crescere.
«Io sono andato via perch-». Scossi la testa facendolo fermare, «Non voglio sentirlo, io mi rendo conto che non è il momento e va bene così». Tentai di sorridere mentre si spostò facendomi più spazio.
Lui pensava ancora a Nick, ed io non potevo allontanarlo dal suo dolore pretendendo di prendere il suo posto.
«Io sto male ancora, mi sono preso del tempo solo per me stesso. E sono consapevole di ciò che voglio ora». Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe cercando di non far pesare troppo le sue parole. «E cosa vuoi Harry?», domandai girando la testa per guardarlo.
«Mi volevi parlare per questo no?», aggiunsi ridendo nervosamente, torturandomi le mani.
«Meritavi di avere una spiegazione al mio comportamento»
«Infatti sono qui»
«Nick mi manca davvero tanto è vero ma, io sto male soprattutto perché con te mi sento bene e mi fa paura». Nella mia testa quelle parole continuarono a ripetersi migliaia di volte senza mai fermarsi.
«Con te mi sento bene» risuonava lasciando un eco.
«Non ho mai provato l'attrazione che provo per te, il volerti conoscere e mi fa male sapere che con Nick non è mai stato così». Gli scese una lacrima che prontamente asciugò.
«Io Harry, oltre a non essere mai stato con un ragazzo, sono inesperto nelle relazioni. Sono stato con Eleanor per un po' ma non provavo nulla per lei». Presi il mio piccolo cuoricino tra le mani cercando di essere il più sincero possibile con lui.
«Con te mi succede qualcosa che non riesco a spiegare, io sto bene in tua presenza ma non voglio assolutamente forzare le cose perché non voglio farti male», aggiunsi abbassando lo sguardo.
«Perché dovresti farmi male?»
Per esempio perché dovrei dirti di aver ucciso il tuo ex ragazzo, ma è una piccolezza.
«Perché se poi non provassi nulla ti avrei solo illuso e non voglio che tu soffra ancora. Io non so se questa è solo un'attrazione fisica o qualcosa di più»
«Louis». Mi fece avvicinare prendendo le mie mani tra le sue, «Non voglio un amore da favola, non ho mai chiesto questo a nessuno. Mi piacerebbe solo provare a vivere, qualunque cosa sia questa, con la massima tranquillità senza aspettarmi nulla».
Non sapevo cosa dire. Non sapevo cosa fare.
Non sapevo nemmeno cosa pensare. Era una confessione quella?
«Se tu te la senti potremo provarci». Si avvicinò tanto da essermi davanti al viso. Era quello che volevo oppure no?
Potevo permettermi di vederlo felice a discapito di un mio gesto che non avrebbe mai saputo?
Abbassai lo sguardo sulle sue labbra pentendomene l'istante dopo per l'impulso che avevo di farlo sdraiare e di baciarlo.
Eravamo così vicini che potevo sentire il suo respiro solleticarmi il naso.
«Io penso che sia presto per te... che sia presto per me», sussurrai cercando di convincermi fosse così.
«Lascialo dire a me cosa è presto»
«Lo vuoi davvero?». Mi girai con il corpo verso di lui.
Io avevo paura. Per la prima volta nella mia vita avevo paura di distruggere qualcuno. Di rovinare quell'intesa che si era creata tra me e Harry, di rovinare il nostro gruppo, di rovinare la nostra amicizia e di segnare lui per sempre.
Il segreto che mi portavo dietro era troppo grosso per poterlo accantonare in un angolo e sapevo anche io che sarebbe esploso portandosi con sé tutto ciò che rimaneva della mia felicità, proprio come un buco nero che risucchiava ogni cosa.
La mia felicità era appesa a un filo invisibile e si sarebbe spezzato.
«Sì, voglio provare a essere felice». Mi sorrise.
Quel suo modo di fare, quella sua fragilità mi urlavano di darmi una possibilità, di provare a vivere serenamente senza ripensamenti. Se non ci avessi provato me ne sarei pentito.
«Sono un ragazzo pieno di insicurezze. Io non credo sia quello di cui hai bisogno ora», cercavo disperatamente di inventare scuse, non potevo e non volevo dirgli di no perché, cazzo, io lo volevo in realtà.
«Louis. Guardami». Mi tirò su il mento con le dita in modo da incontrare il suo sguardo.
«L'unica cosa di cui ho bisogno ora sei tu. Non so nemmeno io cosa sento per me ma provo tanta attrazione e se dovessi rendermi conto del contrario te lo dirò».
Il mio cuore accelerò i battiti: da quel momento tutto sarebbe cambiato.
Stavo sbagliando, ne ero fermamente convinto.
Ma, sì sa, a volte era solo questione di saper scegliere con chi complicarsi la vita e la mia scelta era lui.
Annuii sorridendo timidamente, «Mi sembra di essere tornato a quando avevo dodici anni». Sorrisi sentendomi le guance andare a fuoco, lui rise e mi tirò verso di sé sdraiandosi.
«Io l'ho detto a Niall», aggiunsi non sapendo cosa pensasse del dirlo a tutti. «Cosa dice?», chiese lui curioso guardandomi negli occhi.
«Ti ha scritto lui che sarei passato oggi. Io sinceramente volevo rimandare», ammisi sentendomi in imbarazzo.
Come avrebbero reagito gli altri? Come avrebbe reagito Stan? Non osavo pensarci.
«Niall è intelligente e soprattutto un ottimo amico». Mi abbracciò facendomi battere ancora più forte il cuore.
«Io preferirei che la cosa rimanesse tra noi», dissi a bassa voce con la bocca vicino al suo orecchio, lui annuì senza aggiungere altro.
In quel momento non c'era bisogno di altre parole, il mio mondo aveva ricominciato a girare e non mi era ancora chiaro se potessi fidarmi del mio cuore.
Guardai attentamente ogni suo singolo lineamento, dalla barbetta sul mento fino ai suoi occhi.
Concentrai la mia attenzione sulle sue labbra volte in un bellissimo sorriso.
Chiusi gli occhi e appoggiai la mia bocca alla sua in un modo estremamente delicato che mi fece venire i brividi. Non avevo mai baciato in quel modo. Le sue labbra erano vellutate ed era la prima volta che le provavo senza avere sulla lingua il gusto dell'alcol.
Assaporai quella sensazione di leggerezza e spensieratezza come non l'avevo mai provata.
Lui lasciò che le nostre lingue si incontrassero e nel mio stomaco una miriade di farfalle cominciarono a svolazzare indisturbate.
Strinsi i suoi capelli tra le dita trattenendo a stento un sorriso.
E mentre tutto sembrava prendere una piega bellissima, il mio cervello si stava preparando alla mia disfatta perché, in fin dei conti, il tempo non era mai abbastanza e il mio stava per scadere.
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