Capitolo 23:
"I'm in my bed and you're not here
And there's no one to blame but the drink and my wandering hands
Forget what I said
It's not what I meant and I can't take it back"
Harry Styles, "Falling"
...
«E se forse non se la sente?», domandò il mio amico barcollante arrivando fino al ripiano della cucina, lo seguii con la testa che iniziava a scoppiarmi.
«Se fosse così non mi avrebbe seguito fino al bagno», spiegai gesticolando nervosamente. «Ti ha seguito in bagno?», continuò corrugando la fronte.
«Sì... in realtà io lo stavo provocando e lui mi ha seguito». Sentii le guance andarmi a fuoco.
Niall aprii il frigo, si versò dell'acqua nel bicchiere e la bevve tutta d'un fiato, «Non sto capendo. Tu cosa facevi?», continuò abbassando lo sguardo sui suoi vestiti completamente stropicciati.
«Non è importante Nì. Mi ha seguito, ha chiuso la porta del bagno e mi ha baciato allo scoccare della mezzanotte». Mi appoggiai a braccia incrociate contro il muro guardandolo dritto nei suoi occhi color mare.
«E questo per te non è sufficiente?»
«Non è cosa vedo io, è cosa fa lui il problema: si blocca, se ne va e si diverte con gli altri come se niente fosse successo. Ricordi che non voleva avermi tra i piedi?»
«Io credo lo faccia solo perché è in una situazione complicata»
«Ovviamente è complicata ma non solo per lui!»
«Dagli del tempo»
«Niall, io non ho tempo», sussurrai a denti stretti.
Era impossibile pensare che il mio migliore amico potesse farmi agitare e, allo stesso tempo, incutermi sicurezza.
Inizia a camminare per la stanza, l'alcol in circolo aveva lasciato spazio alle mie paranoie.
«Il problema non è Styles. Il problema sono io che non posso pensare di stare con il ragazzo della mia... vittima quindi meglio così se non vuole avere a che fare con me», confessai a bassa voce.
«Louis, ti prego. Io so chi sei realmente»
«Allora dimmelo chi sono Niall, io non lo so più». Crollai in ginocchio mentre le lacrime percorsero le mie guance.
«Sei una bellissima persona, solare, delicata ma allo stesso tempo molto forte». Scossi la testa guardandomi le mani per poi chiudere gli occhi.
«Io sono quella persona che è riuscita a uccidere, nessuno cambierà mai quello che mi porterò dentro per il resto della mia vita», singhiozzai mentre Niall mi abbracciò forte accarezzandomi i capelli.
«Se ti può aiutare questo peso si può dividere per due. Tu sei colpevole quanto lo sono io». Si fermò qualche secondo prima di riprendere a parlare, «Tu hai deciso di parlarmene e io sarei potuto correre dalla polizia. Non l'ho fatto e questo mi rende un tuo complice, ma io sono contento di esserlo Lou»
«Perché?»
«Perché qualsiasi cosa dovesse succedere saremmo insieme. Insieme ci aiuteremo e sempre insieme ne usciremo. Se mai dovessero arrestarci poi condivideremo una cella!», scherzò sul finale.
Come potevo meritarmi un amico come lui?
«Pensi ancora a fare lo psicologo?», sdrammatizzai passandomi le maniche della camicia sugli occhi in modo da asciugare le lacrime. «Lo sto prendendo in considerazione». Sorrise e guardandolo meglio anche lui aveva gli occhi lucidi.
«Perché Nì?», domandai passando un dito sotto il suo occhio per asciugare una piccolissima goccia, «Perché mi rendo conto che tu per me sei tutto. Sei la mia unica famiglia».
Quelle parole mi bloccarono il respiro.
Unica?
Lo guardai corrugando la fronte, «I miei se ne sono andati da un po'». Abbassò lo sguardo facendo un finto sorriso. Mi irrigidii, «I-io pensavo fossero venuti qui l'anno scorso...», sussurrai abbracciandolo mentre lui iniziò ad annuire. «Non l'ho detto a nessuno in realtà».
Alzò le spalle e, nello stesso tempo, le sue guance si iniziarono a rigare.
«Nì, io non ti sono stato vicino, non lo sapevo. Mi dispiace tantissimo», mi sentii terribilmente in colpa, come avevo potuto non accorgermi di nulla?
«Volevo soffrire da solo. Vedendo te stare male, in questo periodo, mi sono reso conto che, con un amico vicino, tutto diventa più facile da superare. Io sarò sempre qui per te Louis, qualunque cosa succeda con Harry non devi buttarti giù perché tu sei una persona speciale e meriti solo il meglio». Ricambiò il mio abbraccio tirando su con il naso.
«Io non so cosa dire Niall. Mi dispiace terribilmente di averti lasciato da solo, ora sono qui. Sono qui perché anche tu per me sei la mia famiglia e la bella persona sei tu, tu sei l'amico migliore che si possa desiderare. Grazie per fare parte della mia vita Nì, semplicemente... grazie».
...
«Sono contento», disse Stan fermandosi davanti all'insegna del nostro bar.
«Anche io, almeno mi distraggo», ammisi tirando su la saracinesca.
Io, Stan e Niall entrammo all'interno notando un gran ammasso di tavoli posti al centro del locale.
Niall andò nel ripostiglio, prese delle scope e ce le lanciò facendole cadere rumorosamente sul pavimento di marmo.
Stan, sbuffando, ne raccolse una e si spostò all'esterno del bar per pulire il pezzo di marciapiede di nostra proprietà.
Osservai le mie braccia rendendomi conto che non avevo ancora un tatuaggio, sarebbe stato sensato farne uno.
«Ragazzi», li chiamai con gli occhi che mi brillavano, loro si avvicinarono fermandosi davanti a me. «Facciamo un tatuaggio», dissi risoluto mentre Niall sbiancò iniziando a scuotere la testa.
«Non mi farò mai tatuaggi», proseguì alzando le mani. «Ottima idea Tomlinson. Troviamo qualcosa», mi assecondò l'altro mio migliore amico pieno di inchiostro sul corpo.
«Io penso che una bottiglia di vodka sia perfetta per riassumere la nostra serata da incubo di capodanno», scherzai allungandomi verso il bancone e prendendone una proprio appoggiata sugli scaffali.
«Io pensavo di più a una canna». Rise lui.
«Ora che ci penso Eleanor senza cellulare come sta?». Iniziai a ridere vedendolo sbuffare.
«Si lamenta. È una lamentela unica però ne andrà a comprarne un altro oggi».
Presi a passare la scopa dagli angoli del bar in modo da portare la polvere in mezzo alla stanza, Stan si preoccupò di spostare i tavoli sistemandoli al loro posto mentre Niall iniziò a pulire il bagno.
«Ehi ragazzi», salutò un ragazzo biondo fuori dal bar attraverso la vetrata. Lui era uno spacciatore di vecchia data che riforniva Stanley quando non riusciva più a procurarsela.
«Stan non al lavoro», mimai con le labbra appena uscì con il portafoglio in mano, di tutta risposta lui mi mostrò il dito medio.
La giornata proseguì in totale senso di pulizia. Mio padre e mia sorella erano ritornati a casa lasciandomi con il solo ordine di richiamarlo in caso di problemi con quel ragazzo ancora in ospedale, cosa che avrei fatto senza neanche pensarci.
Dopo aver lavato per terra organizzammo i tavoli e infine sistemammo il bancone. Alle diciotto precise abbassammo la serranda del locale e accompagnammo Stanley. Ad aspettare il mio amico moro c'era la sua famiglia davanti casa sua.
«Cazzo, chi li vuole vedere», sbuffò scendendo dalla macchina con lo sguardo basso. «Non è la fine del mondo». Gli diedi una pacca sulla spalla mentre ce ne andammo lasciandolo nelle loro grinfie.
Tra le varie cose, erano passati giorni dall'ultima volta che avevo visto Harry. In realtà, mi aveva scritto di vederci ed ero indeciso ancora sul da farsi non sapendo cosa fosse meglio per me.
Mi interessava. Era inutile fingere il contrario, ma da parte di Harry sicuro non era la stessa cosa e io volevo solo posticipare l'inevitabile.
«Vuoi invitarlo a mangiare?», chiese il biondo notando la mia frustrazione appena aprimmo la porta di casa, scossi subito la testa lasciando all'entrata giubbotto e scarpe. «Stavo pensavo di andarci dopo cena... o domani», sussurrai andando in bagno per lavarmi le mani.
«Non rimandare. Togliti subito il dente, ci stai male da giorni», mi esortò lui aprendo l'acqua del rubinetto. «Non so nemmeno cosa voglio da lui...». Presi la saponetta tra le mani sfregandola velocemente, la passai a Niall e mi sciacquai.
Il biondo mi passò l'asciugamano aggiungendo: «Sono sicuro che lo sai cosa vuoi, ci avresti già parlato se non ti fosse interessato».
Lasciai tutto e andai in cucina fischiettando per mandare via i miei pensieri.
«Forse hai ragione ma... fanculo Nì», ammisi aprendo il frigorifero ed estraendo delle fettine di lonza impanata.
«Gli ho appena scritto che andrai da lui più tardi», giocò Niall, seduto sul divano, muovendo il mio cellulare per dimostrarmi ciò che aveva appena fatto. Sbiancai appoggiandomi alla cucina.
Ormai era fatta, non potevo più rimandare. Dovevo davvero affrontare Harry.
Durante la cena mangiai poco, l'agitazione per l'incontro mi stava logorando lo stomaco.
Alle ventuno in punto mi decisi ad alzarmi, presi coraggio e uscii di casa con i migliori in bocca al lupo da parte del mio migliore amico.
Camminai tenendo tra le labbra una sigaretta finché non arrivai davanti alla sua villa, girai in tondo cercando di prendere coraggio e tempo.
Perché era così difficile ricevere una delusione? Eppure nella mia vita ne avevo avute così tante che, una in più, non avrebbe fatto la differenza. Sentivo che lui non era come le altre. Forse il problema era proprio quello.
Mi fermai davanti la sua porta, buttai per terra la sigaretta, calpestandola con la suola delle mie Vans e mi sistemai nervosamente i capelli che erano diventati troppo lunghi per poterli gestire.
Allungai la mano portando il dito a suonare il campanello.
Aspettai qualche minuto sentendo i rintocchi dell'orologio nella mia testa talmente ero agitato.
«Entra». Aprì per poi lasciarmi lì davanti senza aggiungere altro, rimasi con la mano alzata e confuso lo seguii.
Lui si sedette sul divano abbassando lo sguardo sul cellulare senza degnarmi di una sola parola.
«Successo qualcosa?», domandai sedendomi sull'isola.
«Lui...», sussurrò continuando a scorrere freneticamente il dito sullo schermo, corrugai la fronte non riuscendo a capire.
«Lui chi?», osai chiedere e il riccio non mi rispose continuando ciò che stava facendo, mi alzai per il poco interesse nei miei confronti e aprii la finestra davanti a noi.
Mi appoggiai al davanzale, dando le spalle ad Harry, e accesi l'ennesima sigaretta aspettando solo che lui mi rivolgesse anche solo uno sguardo. D'altronde ero andando lì per lui.
«Se vuoi torno in un altro momento», cominciai a dire aspirando il fumo ma, anche in quel momento, non ricevetti risposta.
I minuti passarono e anche la mia pazienza terminò. Mi rigirai chiudendo tutto e lo osservai. Continuava a scorrere il dito sul display, si fermava, leggeva e continuava di nuovo come un ciclo infinito.
Trattenni il fiato vedendo delle lacrime solcargli le sue paffute guance.
Sono stato io?
...
Angolo autrice
Dato che l'altra volta mi avete risposto in tanti vi faccio la stessa domanda: capitolo nuovo giovedì o venerdì sera?
Se avete dubbi sulla ff, domande personali o qualsiasi altra cosa vi venga in mente non esitate a contattarmi!
Infine vi ricordo che su Spotify potete trovare la Playlist della storia.
G.
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