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Capitolo 2:


"My mind is complicated

Find it hard to rearrange it

But I'll have to find a way somehow

Overreacting lately"

                                                                                                     Niall Horan, "Still"

...

Il giorno seguente ero convinto fosse il momento giusto per andare da lui.

«Devo andare a trovarlo», avvisai Niall facendolo bloccare, «Al cimitero intendo», aggiunsi vedendolo quasi strozzarsi con un pezzo di pane e iniziò a tossire.

«C'è la polizia ovunque», mi ricordò abbassando la voce prima di guardarsi intorno. Eravamo davanti al nostro bar a pranzare senza che nessuno ci disturbasse ma l'agitazione addosso al mio migliore amico era fin troppo evidente.

«Ne ho bisogno», conclusi sapendo fosse la cosa giusta e l'unica da fare. «Ti copro io e ti aspetto a casa», rispose arrendendosi.

Salii in macchina e partii alla volta del cimitero, che si trovava a qualche chilometro di distanza da dove lavoravamo.

Qualche minuto dopo lo vidi in lontananza, parcheggiai e lentamente scesi dalla macchina.

Chiesi al custode dove potessi trovare la sua tomba e lui mi indicò un punto non molto distante. Camminai a passo lento e cercai il suo nome esaminando le lapidi che trovavo al mio passaggio finché non lessi: Nick. Nick Grimshaw.

La sua tomba era piena di fiori e candele, doveva essere un ragazzo veramente gentile e amato da tutti. Quella nuova considerazione non faceva altro che farmi provare ancora più dolore di quanto già ne provassi.

Scossi la testa incredulo.

Facendo un respiro profondo mi inginocchiai sul terreno ricoperto di ghiaia e toccai la sua lapide delicatamente, come a volermi scusare, poi chiusi gli occhi che stavano iniziando a bruciare.

«Mi dispiace. Mi dispiace così tanto», sussurrai mentre una lacrima solitaria rigò la mia guancia.

Sentii un rumore di passi farsi sempre più vicino, così aprii gli occhi trovandomi accanto una figura più alta di me; mi alzai senza nemmeno rivolgergli parola, volevo solo stare da solo.

«Lo conoscevi?», domandò quel ragazzo e io abbassai lo sguardo. 

Perché doveva fare così maledettamente male?

«Più o meno», cercai di dire mantenendo la mia voce stabile. «È così ingiusto che ci abbia lasciato in questo m-modo!», esclamò e lo sentii singhiozzare.

Mi girai per guardarlo e per poco non svenni.

Quegli occhi verdi.

Siete voi che ho visto quella notte, posso metterci la mano sul fuoco.

Trattenni il respiro mentre il ragazzo tirò su col naso e fece un passo più vicino a me.

I suoi jeans erano attillati intorno alle gambe magre, i suoi capelli castani avevano una serie di onde che gli davano un tocco selvaggio ma allo stesso tempo sexy.

Sexy? 

Mi accigliai stupito dai miei stessi pensieri e lo osservai meglio.

Sì, sexy è la parola giusta.

Indossava della Vans basse nere e un cappotto grigio scuro che gli arrivava quasi al ginocchio.

«Perché? Perché è successo proprio a lui?», continuò e quella volta non rivolto a me, ma al cielo che si stava lentamente tingendo di grigio.

«Mi dispiace», riuscii a dire senza poter a staccare lo sguardo dai suoi occhi, come se mi avessero ipnotizzato.

Io lo avevo riconosciuto. Non era da escludere che anche lui riconoscesse me.

Dei ricci gli ricaddero sul viso, si asciugò le lacrime che continuavano a scendere incessantemente e disse: «Non è stata colpa tua». Fece un respiro profondo, «Non è colpa di nessuno se non di chi lo ha ammazzato», aggiunse cercando di sorridere.

Oh sì che è colpa mia invece.

«Scusami, mi sto rendendo ridicolo è solo che mi manca così tanto», trattenne un singhiozzo prendendo un fazzoletto dalla tasca dei suoi pantaloni. «Non devi scusarti, è normale essere dispiaciuti per la perdita di un caro amico», spiegai riportando lo sguardo sulla tomba.

«Magari lo fosse stato, sarebbe stato molto più semplice. Era il mio fidanzato».

Rimasi immobile, completamente svuotato da quella sua affermazione.

Non solo avevo ucciso una persona, ma avevo, addirittura, distrutto la vita di quel ragazzo portandogli via il suo amore.

«Mi dispiace», ribadii sperando che capisse quanto mi sentissi in colpa, «Forse è meglio che vada». Mi girai verso la strada asfaltata. Dovevo andarmene il prima possibile lontano da lui.

«Vengo con te». Si ricompose per poi inginocchiarsi e lasciare un bacio sulla sua fotografia.

Mi si strinse qualsiasi cosa fosse rimasta del mio cuore.

«Mi chiamo Harry Styles», si presentò appena fummo abbastanza lontani dal cimitero, tendendo il braccio verso di me.

Per un secondo pensai di scappare senza rivolgergli parola, quando feci per girarmi il mio buon senso mi fermò. Mi schiarii la voce e afferrai la sua mano pronunciando un poco convinto: «Louis Tomlinson».

Ho rovinato la vita di Harry. Bene, ora che so il suo nome tutto risulta più difficile.

«Vuoi bere qualcosa? Offro io», proposi come se quello potesse farmi perdonare per il male che avevo causato, eppure mi dava un briciolo di sollievo fare qualcosa per lui.

Accennò un semplice sorriso, «Forse mi farebbe bene», aggiunse timidamente.

«Sei venuto in macchina?», domandai mentre estrassi dalla tasca del mio giubbotto nero le chiavi del mio fuoristrada. «No, a piedi in realtà, volevo camminare», spiegò brevemente abbassando lo sguardo. Annuii e gli feci segno di seguirmi.

Prese posto sul sedile anteriore e misi in moto.

Non sapevo dove portarlo, ma volevo solo andarmene il più lontano possibile da quel posto.

«Come fai a conoscerlo? Cioè non mi ha mai parlato di te». Ruppe il silenzio.

Strinsi forte il volante in pelle non avendo idea della risposta. Domanda sbagliata al momento sbagliato.

«I-io, sì ecco, l'ho conosciuto in giro», mentii cercando di trovare la prima cosa logica da dire mentre il mio telefono iniziò a squillare salvandomi da quella situazione imbarazzante.

Lo tirai fuori dalla tasca, premetti il tasto verde per rispondere e lo attaccai al mio orecchio.

«Lou...stai bene?». Era Niall. Era così bravo a preoccuparsi e prendersi cura di me.

«Sì Niall, ho conosciuto un ragazzo e stiamo andando a bere qualcosa, sai per distrarci un po'», spiegai fermandomi al semaforo rosso. Non volevo dargli troppe informazioni per evitare che Harry capisse il nostro discorso.

«Oh d'accordo, mi stavo preoccupando». La sua voce non era per niente rassicurata, probabilmente si stava chiedendo chi avessi conosciuto di così importante da uscirci insieme in una situazione come quella che stavo vivendo.

«No tranquillo, va tutto bene»

«Ti aspetto a casa tranquillo allora?»

«Attento!», urlò Harry attaccandosi con forza al sedile e distogliendomi dalla nostra conversazione. Premetti a fondo il pedale del freno riuscendo a evitare una macchina che ci stava venendo addosso.

Due morti sulla coscienza in meno di una settimana erano troppi.

«Niall sto guidando! Ci vediamo dopo», riattaccai buttando nel porta-oggetti il telefono.

«Scusa», sussurrai tornando a concentrarmi sulla strada davanti ai miei occhi cercando disperatamente un bar. Poco dopo ne trovai uno e parcheggiai.

Lui scese veloce chiudendosi la portiera alle spalle.

L'insegna fuori dal locale recitava la parola "Luce", era gialla con lo sfondo azzurro in modo da attirare l'attenzione dei passanti.

Entrai per primo guardandomi intorno: le pareti erano tinte di un verde mela, il locale era piccolo perciò c'erano solo quattro tavoli in legno con due sedie ognuno.

Harry mi seguì, ordinammo due birre piccole e ci accomodammo a uno dei tavoli stando completamente in silenzio.

Mi sentivo così in colpa che non riuscivo neanche a immaginare come si sentisse vuoto lui alla perdita del suo ragazzo.

Facevo fatica anche solo a guardarlo in faccia talmente stavo male.

Sospirai per poi guardare entrare altre persone nel locale.

«Non ho ancora capito come fai a conoscerlo», ammise lui guardandomi negli occhi e, come conseguenza, iniziai a sudare freddo. Di nuovo quella domanda, non avevo avuto neanche il tempo per pensare seriamente a una risposta.

«L'ho conosciuto in giro», ripetei cercando di convincere anche me stesso.

«In giro dove?».

Mi stava mettendo parecchio in difficoltà.

«A-Al centro commerciale!», buttai lì sperando che li frequentasse, «Probabilmente non te lo avrà detto perché non si ricordava nemmeno di me. E in effetti abbiamo solo scambiato qualche chiacchiera in fila, niente di serio»

«La fila per dove?»

«Per il bagno, sai c'è sempre la fila per il... bagno»

«È strano non me l'abbia detto, però effettivamente nemmeno io mi ricordo con chi parlo». Finse una risata e bevve un sorso di birra dal suo bicchiere di vetro.

Sentivo la seria necessità di dirgli la verità. Gli avevo rovinato la vita, meritava di sapere chi avesse ucciso il suo ragazzo.

«Forse non dovrei dirlo proprio a te, ma io l'ho visto», sussurrò sporgendosi sopra il tavolo e guardandosi intorno mentre io sbiancai.

«Chi?»

«L'assassino».

Mi aveva chiamato proprio come mi reputavo io: un assassino. Gli occhi presero a bruciarmi come a preannunciare il mio bisogno di sfogarmi.

«Aveva gli occhi uguali ai tuoi. Ma molto più freddi come se fosse stato completamente dissociato da tutto», concluse guardandomi diretto nei miei azzurri. 

Non riuscendo a sostenere quella conversazione mi alzai.

«Vado un attimo al bagno», mormorai correndo verso la porta con su scritto "Toilette" senza neanche voltarmi, chiusi la porta alle mie spalle e notai la mia immagine riflessa nello specchio: era uno schifo.

Avevo sbagliato a chiedergli di bere qualcosa insieme. Conoscerlo, per quanto fosse possibile, mi procurava più dolore.

Mi sciacquai il viso mentre delle lacrime mi rigarono le guance e feci davvero fatica a fermarle.

Guardare quel ragazzo mi faceva pensare a quello che avevo fatto, come se si ripetesse all'infinito e non potessi fare nulla per fermarlo.

Riuscii a ricompormi, con molto sforzo, e lo raggiunsi al tavolo.

«Tutto bene?», chiese osservandomi attentamente. «Sì. Sono solo ancora un po' scosso per tutto questo». Per una volta stavo dicendo la verità.

«A chi lo dici, non sai quanto è dura per me pensare di non vederlo mai più. I-io non credo di f-farcela». Tirò su con il naso evitando di piangere davanti a uno sconosciuto.

Il dolore ognuno di noi lo viveva a modo proprio, certi giorni era difficile perfino pensare ad andare avanti. Era difficile capire che quella persona non sarebbe più tornata tra di noi. Il dolore, in fine dei conti, era solo l'ennesimo coltello che si conficcava nella stessa ferita più volte finché, esanimi, non avremo ceduto alla tentazione di raggiungerlo. Nessuno poteva evitarlo, bisognava solo imparare a convivere con lui o sarebbe stata la nostra più grande sconfitta.

Harry in quel momento aveva solo bisogno di calore umano, di amore e di tranquillità. Doveva trovare il suo equilibrio mentale e anche io ne avevo un forte bisogno.

«S-scusa»

«Non devi scusarti. Ognuno ha i suoi modi per superare la situazione».

Gli appoggiai una mano sul braccio mentre, con l'altro, si asciugò una lacrima solitaria.

«Grazie, sei uno dei pochi a cui non faccia schifo»

«Perché dovresti farmene?»

«Sono uno stupido gay a cui è morto il ragazzo per uno psicopatico che è ancora a piede libero. È così ridicolo!».

Ora sono diventato uno psicopatico, c'è un margine di miglioramento, no?

Pensando di mettermi nei suoi panni, non avrei saputo come superarlo. L'essere omosessuale nella nostra società era già complicato, in più la morte del suo fidanzato gli rendeva la vita ancora più difficile. Era così triste cosa stesse passando.

Se davvero fossi stato uno psicopatico, come mi aveva appena definito, non sarei stato così male.

Perché non posso diventare un killer spietato a cui non importa niente di nessuno? Perché devo essere un assassino che soffre per i propri errori?

Sarebbe stato più semplice se solo avessi avuto un'altra testa.

«Harry, io non ti conosco ma penso tu sia un ragazzo forte a sopportare tutto questo», presi parola tentando di dargli supporto. Non ero un suo amico e non avevo intenzione di diventarlo, però ci tenevo a vederlo almeno sorridere.

«Sono consapevole del fatto che per te non sia facile, io c-credo che dovresti darti un po' di tempo per assimilare il lutto». Quelle parole, appena uscite dalla mia bocca, mi colpirono come un treno in piena corsa.

Le avevo dette a lui o a me stesso?

Avevamo entrambi bisogno di tempo per ricucire le nostre ferite.

Non potevamo pretendere che il dolore andasse via ora, c'era bisogno di tempo e io dovevo solo rendermi realmente conto di che persona fossi diventato.

«Grazie. Grazie veramente Louis», mi ringraziò e con quelle parole mandò, letteralmente, il mio sorriso sotto terra. Potevo accettare ogni cosa ma non i ringraziamenti da parte sua. Era come se mi sentissi dire: «Grazie per aver ucciso il mio ragazzo».

Scossi la testa, «Tieniti vicino le persone che ti vogliono bene, loro ti aiuteranno», consigliai e lui cercò di regalarmi un sorriso.

«Ho degli amici fantastici, stanno cercando di convincermi a uscire, solo non mi sembra ancora il momento»

«Quando te la sentirai, non hai nessuna fretta Harry»

«Io voglio uscirne il prima possibile», continuò lui stringendo la mano intorno al bicchiere. «A chi lo dici», sussurrai talmente a bassa voce che non mi sentì.

Sospirò rumorosamente per poi finire la birra.

«Cerca solo di stare meglio», conclusi appoggiando entrambe le mani sul tavolino di legno.

«Ora devo andare Harry. Se vuoi ti do un passaggio a casa». Sorrisi mentre dentro di me non vedevo l'ora di andarmene lontano da lui e stare con Niall.

Avevo bisogno di sentirmi supportato e di avere vicino il mio amico con cui sfogare la mia frustrazione.

«Sarebbe magnifico. Grazie», rispose ricambiando il sorriso. Un sorriso diverso da quelli visti fino ad ora. Un sorriso che mi fece sciogliere un po'.

Scuotendo la testa mi alzai andando a pagare al bancone e poi ci avviammo, con tranquillità, verso la macchina.

Una volta saliti, mi spiegò dove aveva la casa e, scoprii così, a mio rammarico, che era sulla stessa strada dove abitavamo io e Niall. Fortunatamente il mio migliore amico era proprio in mezzo tra noi. Ci mancava solo il rischio di poterlo incontrare.

«Allora io vado», parlò una volta che la macchina si fermò davanti a una piccola villa colorata di bianco. «Ci vediamo», salutai velocemente mentre si apprestò a scendere dall'auto.

«Ti lascio il mio numero di cellulare? Magari potremmo scriverci, sai mi ha fatto bene parlarne con qualcuno», ammise abbassando lo sguardo imbarazzato.

Sentii mancarmi l'aria. Non volevo avere a che fare con lui, ne ero già abbastanza coinvolto e, inoltre, non volevo fargli altro male, eppure mi sentivo in dovere di aiutarlo. Ero io la causa e ascoltare i suoi problemi non avrebbe fatto altro che punirmi.

Annuii e, con mano tremante, gli lasciai il mio iPhone nero tra le mani in modo che salvasse il suo numero. Lui premette diverse volte lo schermo per poi restituirmelo.

«Buona giornata Louis». Alzò la mano per salutarmi ancora una volta e varcò la porta di casa.

Ancora sotto shock guidai fino al mio migliore amico e crollai in un pianto silenzioso.

Piangere era uno dei pochi modi che noi umani avevamo per allontanare la tensione; io non ero abituato a piangere, non ero mai riuscito a lasciarmi andare in tutta la mia vita e, ritrovarmi in quello stato, mi faceva pensare a quanto fossi così vicino al mio limite.Non ero sicuro che sarei riuscito a superarlo. 

Mi perseguitava tutto, quella sera, quella notte, il pensiero di aver avuto il coraggio di farlo, il suono della polizia in lontananza, le sue grida e poi c'erano quegli occhi. Ogni singolo rumore sembrava seguirmi ed entrarmi nella testa.

Con tutta la forza che avevo in corpo, uscii dalla macchina e mi trascinai fino alla porta.

La mia vita era finita, dovevo solo farmene una ragione.

...

Angolo autrice

Domandina perché sono curiosa: come avete iniziato a leggere le ff Larry e quale è stata la vostra prima? Io ho letto Supportes nel lontano 2014/2015, completamente a caso tra l'altro, e devo dire che non sapevo nemmeno chi fossero i One Direction poi però ne sono diventata dipendente.

Per qualsiasi cosa potete scrivermi nei messaggi privati qui su Wattpad oppure su Twitter come @Gaia_Casciaro. 

Ad ogni modo meno male che manca poco alla fine dell'anno, così riusciamo a levarci questo 2020 dai coglioni! Buon anno nuovo a tutti!

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