Capitolo 13:
"Se tu mi vedi sorridere è solo caffè
Mentre tu vivi nel limite
Hai ancora il coraggio di chiamarlo vivere, eh"
Fritz de Cat, "Never"
...
I giorni passarono e ben presto fu il ventidue dicembre alias il mio compleanno era sempre più vicino.
Harry era rimasto distaccato per tutto il tempo, sul gruppo appena mandavo un messaggio, lui mi visualizzava e non lo avevo più visto dopo il nostro ultimo incontro.
Niall si era, nel frattempo, ufficialmente fidanzato con Eleanor. Stavano davvero bene insieme e sembravano completarsi a vicenda. Il biondo aveva un carattere molto sicuro di sé e a volte timido, soprattutto con le ragazze, però lei aveva saputo prenderlo per il verso giusto.
Da una parte avevo Niall che mi raccontava e dall'altra avevo lei che mi scriveva ogni volta perché aveva paura di perdermi come amico; sinceramente non mi importava granché di cosa facesse e con chi, eravamo rimasti in ottimi rapporti, però c'era sempre un motivo se avevo deciso di lasciarla.
La neve ormai aveva cosparso il nostro piccolo paese e sembrava un posto da film natalizio con tanto di bambini che spingevano delle piccole slitte.
Sentii vibrare nuovamente il cellulare, «Festino quindi?». Era di nuovo Calvin che cercava in tutti i modi di convincermi a mettere a disposizione casa mia per festeggiare il mio compleanno. Una mega festa come l'altra volta.
«Calvin, questa volta verrà distrutta e il giorno dopo verranno i miei. Non è cosa», cercai di spiegarmi per l'ennesima volta.
«Puliremo, promesso!», rispose Stanley.
Anche lui negli ultimi giorni mi aveva un po' ignorato, c'era rimasto male che passassi così tanto tempo con il biondo e che non riuscissi, invece, a ritagliarne almeno un po' per lui.
Il tempo era importante per tutti. Ne chiedevamo di più quando sapevamo di non poterne avere altro e volevamo passasse veloce quando tutto sembrava volgere al termine.
La sofferenza era strettamente connessa al tempo.
Il tempo guariva le ferite e solo il tempo mi avrebbe saputo dare ciò che meritavo.
In quei mesi avevo sperato con tutto il cuore che il tempo passasse veloce, che facesse dimenticare ciò che era successo; avevo implorato che tutto quello finisse il prima possibile per smettere di stare male eppure non ero stato ascoltato.
Il tempo era solo una lancetta che, qualunque cosa fosse successa, sarebbe sempre andava avanti per la sua strada senza mai fermarsi al volere di nessuno.
Sopirai digitando: «Organizzate voi, tanto è domani sera». Quelle semplici parole scatenarono il finimondo, nel giro di pochi minuti saltarono fuori tre diversi gruppi su WhatsApp con parecchie persone ognuno.
E in quel casino io non potevo far altro che pensare ancora e ancora a Nick, erano cinquantasei giorni che non c'era più. Quasi due mesi che, oltre a essersi portato via la sua vita, aveva portato via anche la mia.
Contavo i giorni, li segnavo perché sapevo che sarebbero stati gli ultimi miei in libertà; prima o poi mi avrebbero preso e quel giorno ero convinto fosse sempre più vicino.
Feci un respiro profondo, scesi tra le conversazioni e notai un messaggio di Styles, sbuffai e trattenendo il fiato lo aprii.
«Ehi Lou, oggi vengono tutti a mangiare da me per farmi un po' di compagnia. Sarei contento ci fossi anche tu». Avrei voluto rispondere di no. Lo volevo davvero ma, nonostante ciò, la mia forza di volontà era misera e fui costretto ad accettare il suo invito, con non poco rimpianto.
Aprii il frigo e d'istinto urlai: «Ma la spesa!».
Tocca ovviamente me farla.
Mi cambiai velocemente, presi le chiavi della macchina e sul tavolo lasciai un biglietto per avvisarlo della mia imminente assenza.
Afferrai il cellulare e chiamai l'altro mio migliore amico per implorarlo di accompagnarmi, non ero pratico in quelle cose e avevo bisogno di alcune dritte; «Ti sto passando a prendere», gli dissi appena mi rispose tutto assonnato. «Cosa?», domandò confuso.
«Vestiti su», continuai per poi mette giù la chiamata.
Nel giro di qualche minuto arrivai davanti al suo condominio e suonai il clacson in modo che scendesse. Aspettai quasi cinque minuti e, proprio quando avevo deciso di andarmene, lo vidi correre verso la mia macchina.
«Sei pazzo», disse aprendo la portiera per poi sedersi sul sedile accanto al mio, «Dove andiamo di così urgente?»
«Al supermercato».
La sua faccia fu epica, il sopracciglio iniziò a tremargli per il nervoso.
«Perché ho un migliore amico idiota?»
«Non sei contento di fare la spesa con me?»
«Assolutamente amore, andiamo su», scherzò dandomi una pacca sulla mano appoggiata al cambio. «Ma su smettila che ti mancavo».
Partii verso il supermercato più vicino.
Parcheggiai davanti all'entrata, scendemmo e presi un carrello che puntualmente rifilai al mio amico. «Chi è la donna dei due?», mi domandò cominciando a mettere roba all'interno.
«Ho chiamato te apposta». Risi e lo lasciai fare, «Guarda che se compri qualcosa che non devi, Niall se la prenderà con te»
«Se il signorino se la dovesse prendere sarà troppo tardi», disse lui andando diretto alla cassa con un intero carrello stracolmo. «Oh ma devo pagare io! Togline un po'». Indicai i pacchi di patatine che stava prendendo.
Lui sbuffando mi ascoltò e andammo a pagare
«Posso guidare io?», chiese poi con gli occhi a cuoricino dopo aver sistemato la spesa nel bagagliaio, «Non le farò male», mi pregò mettendo le mani unite.
Cedetti e gli consegnai le chiavi della mia auto.
Mise in moto e accelerò facendola volare, «Stan piano!», urlai mettendomi immediatamente la cintura per la paura, «La sto ancora pagando!», proseguii attaccandomi alla portiera quasi con le unghie.
Fece una curva che sinceramente mi domandai come la macchina fosse rimasta ancorata all'asfalto.
Poco dopo arrivammo davanti casa di Niall sani e salvi e mi preoccupai subito di togliergli le chiavi.
«È fantastica!», esclamò esaltato iniziando a toccare qualunque cosa vedesse davanti a sé.
«L'avevi vista tempo fa», ricordai scendendo e andando a prendere le buste. «Sì ma guidarla è tutta un'altra storia! Fantastica», continuò guardandomi portare quattro buste insieme e mettendosi a braccia conserte davanti all'entrata.
«Vai dentro su, andremo insieme da Harry».
Aprii la porta, senza il suo aiuto, ovviamente, e mi feci dare una mano dall'altro che per il trambusto si era spaventato cadendo giù dal divano sul quale stava, con molte probabilità, dormendo.
Trascinai dentro le buste per poi chiudere la macchina, «Io non ho sentito Harry per questa cosa», rivelò il moro perplesso, guardai Niall ma anche lui scosse la testa. «No», conclusi incrociando le braccia, «Io non ci vado da solo». Sembrava quasi un capriccio, avevo paura di rimanere da solo con lui per un motivo che non mi era ancora del tutto chiaro.
Sentivo solo la necessità di avere accanto qualcuno di amico che non fosse lui.
Poco più tardi scoprimmo che aveva invitato anche loro e mi sentivo decisamente più tranquillo.
«Ce l'hai l'erba vero?», domandai sottovoce a Stan senza farmi sentire da Niall, o almeno ci provai.
«Ti ho sentito».
Come non detto.
«Per chi mi hai preso, sono il numero uno». Fece l'occhiolino battendomi poi il cinque.
Aspettammo impazienti di uscire e sistemammo la spesa che, a dire la verità, ci prese più tempo del previsto e ci preparammo con grande ritardo.
Dovevamo passare a prendere anche Josh, mentre con gli altri ci saremmo visti direttamente da Harry. Stan insistette per guidare ancora ma, dopo la folle corsa del pomeriggio, preferivo vivamente farlo io.
Arrivammo da Devine con un ritardo di mezz'ora perché Niall aveva perso tempo a pettinarsi i capelli.
«Dovevate truccarvi?», domandò scocciato Josh sbattendo con forza la portiera per chiuderla. Mi girai all'istante fulminandolo con lo sguardo e indicando l'auto. «Non ti facevo così perfettino», fece il verso lui muovendosi con fare da checca. «Cinquanta mila sterline di macchina, non deve esserci un graffio», spiegai ripartendo per la volta di casa Styles.
Non ero pronto a rivedere ancora quel quadro appeso all'ingresso.
«Eccovi qui!», esclamò Zayn lasciando lo spazio per entrare e mi fece ritornare alla realtà.
«Cosa si mangia?», si intrufolò il biondo correndo dritto verso la cucina. «Sei il solito, devi disintossicarti!», gli urlò Calvin spostandolo lontano dalla padella.
«Abbiamo ordinato delle pizze», parlò Liam e, nell'attesa, ci sistemammo sul divano mentre Harry accese la televisione.
Iniziammo a vedere un film comico quando all'improvviso si fermò facendo tuonare il telegiornale con le ultime notizie.
Ci avvicinammo spontaneamente allo schermo come se si potesse sentire meglio.
«Dopo la morte del ragazzo Nick Grimshaw davanti a uno dei pub più famosi del paese, possiamo finalmente darvi delle buone notizie», iniziò la giornalista.
Sudai freddo.
Il respiro mi si mozzò in gola e tremai.
Cosa potevano avere di così importante?
Mi avrebbero arrestato?
«La polizia ha una pista molto consistente e in questo esatto momento sta per bussare alla porta di quello che, si presume, possa essere il suo assassino». Impallidii girandomi verso Niall che, a sua volta, era diventato bianco cadaverico.
Harry alzò ulteriormente il volume in modo da concentrarsi meglio sulle parole della conduttrice.
«Ma che cazzo sta succedendo», sussurrò Calvin attirando la nostra attenzione verso la finestra.
Alzai lo sguardo: dei lampeggianti blu.
Oh cazzo sono proprio dei lampeggianti.
Il mio cuore iniziò ad accelerare, l'agitazione si insinuò dentro di me facendomi spalancare gli occhi verso la porta.
In quel momento mi passò la vita davanti, tutto ciò che avevo fatto, quello che non ero riuscito a fare, tutto il tempo che avevo sprecato a tormentarmi.
Finalmente, potevo avere ciò che meritavo e quello mi rassicurava.
Qualche secondo più tardi suonarono alla porta e notammo l'ombra di un uomo con in mano qualcosa.
Avevo una paura folle di andare in prigione.
Sono fottuto.
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