"94°: L'ultimo gesto d'amore"
Christian
Torno verso la mia auto, non sapendo esattamente dove cercare Mattia. Angela mi ha messo alla porta senza dirmi nulla, quindi sto girando a vuoto.
Ripenso al mio amico, che sta soffrendo tanto.
Ripenso al suo compagno di cella, che si è inevitabilmente affezionato a lui e non vuole che venga condannato senza avere la colpa del crimine di cui, purtroppo, è stato accusato da qualcuno che parla prima di riflettere, quando sarebbe più giusto da farsi il contrario. Vorrei strozzarlo quel giudice, perché so per certo che a Michele fa male dover restare immobile mentre la vita delle persone che ama va lentamente a rotoli. L'ho visto oggi, tramite quelle lacrime che, almeno in parte, aveva nascosto.
"Ti aiuterò, Michele. Dovessi girare tutta Napoli a vuoto, ti giuro che ti aiuterò!"
Peccato che io non sappia dove si trova il vecchio casolare in cui Dora e Michele sono stati praticamente obbligati a vivere per mesi.
Quello che so, però, è dove si trova la vecchia casa di Michele. Quella in cui Dora ha trascorso il suo primo periodo. Forse anche là sarò in grado di trovare qualcosa che mi aiuti a capire meglio Mattia. Michele sta male anche perché, purtroppo per lui, è suo fratello e gli vuole ugualmente bene. Durante la sua deposizione ha detto che se mi stava raccontando tutto era perché aveva paura che lui potesse nuocere a qualcun'altro, ma richiedeva un minimo di clemenza per lui proprio perché gli voleva bene.
Arrivo a quell'indirizzo, mi fermo davanti alla porta di casa di Michele e resto immobile, indeciso su cosa fare. Da quando è stato arrestato soltanto noi della polizia possiamo entrare in casa sua, ma io mi sento come se, in un certo qual modo, entrando in quella casa potessi invadere la sua privacy.
In ogni caso, però, mi faccio coraggio ed entro. La casa è esattamente come l'hanno lasciata. Ci sono alcune tra le loro cose, perché per non far insospettire Mattia andavano e venivano dal casolare, facendo credere che abitavano ancora qui, in questa piccola quanto accogliente casa.
Entro con esitazione, come se loro non se ne fossero mai andati, e mi si blocca per un istante il cuore quando vedo una delle assi rialzate. Spero solo che non ci sia qualcosa che Michele ha nascosto a me e a tutti gli altri... in particolar modo a Dora, che non se lo merita per niente. Si tratta di un piccolo foglio bianco che riesco ad estrarre da una busta. Vado a sedermi e quasi mi viene un colpo quando leggo quello che c'è scritto su quel biglietto e sento gli occhi bruciare incredibilmente.
"Ciao Dora. Lo so che leggere le parole che sono scritte su questo foglio ti sarà piuttosto complicato, ma con i progressi della tecnologia magari non ti sarà complicato come credo. Io non conosco ancora il Braille, ma voglio imparare.
M'incanto spesso a guardarti muovere velocemente le dita su quel pianoforte in miniatura che tu mi hai sempre detto che si chiama Barra Braille e serve per scrivere con il telefono.
Allo stesso tempo, però, ogni volta che mi hai detto che avresti voluto un paio di occhi per vedermi ho avuto una fitta al cuore. Fa male sapere di non poter fare molto per qualcun'altro... qualcuno a cui si tiene come io tengo a te, ma mi sono informato. Potrei darti i miei occhi, ma tu non me lo permetteresti mai: ti conosco.
Il fatto è che le tue paure un po' toccano anche me. Sento che sta per succedermi qualcosa di molto brutto e se questo dovesse accadere io desidero che i miei occhi diventino i tuoi, definitivamente.
Ti prego... se dovesse accadermi qualcosa, accetta questo piccolo dono che desidero farti, perché è stata colpa mia se hai perso per un po' di tempo la tua libertà... e io voglio darti quello che desideri, anche se non sarò proprio io la persona che vedrai. Chiedi del dottor Anselmo Torre, un oculista con un nome piuttosto singolare, certo, ma molto rinomato. Ho parlato con lui: dice che basta solo che tu sia d'accordo ed io potrò donarti i miei occhi. Non correrei rischi anche se lo facessi ora, ma tu non accetteresti, vero? Forse questa è un'altra delle cose che m'incantano di te. Non so cos'è quello che provo per te, ma so che è una delle cose più belle che mi siano mai capitate nella vita. Michele."
I singhiozzi mi spezzano il respiro. Crollo sul divano che probabilmente è stato testimone delle loro lacrime, dei loro abbracci, delle loro carezze, delle loro innumerevoli strette di mano.
"Hai voluto fare anche questo, Michele!" riesco a sussurrare tra un singhiozzo e l'altro. "Com'è possibile che qualcuno possa anche lontanamente pensare che tu sia una bestia?"
Non riesco più a pensare a Mattia, alle sue manovre da quattro soldi... riesco a pensare soltanto al gesto di Michele. Quello che lui chiamerebbe il suo ultimo gesto d'amore. Forse Dora non vorrà questo, ma lui ha voluto aiutarla in tutto e per tutto, a suo dire, prima di andarsene per sempre. Perché una persona con un cuore tanto grande deve essere chiusa in gattabuia e uno come Mattia è ancora in giro a fare dei danni?
Prendo il cellulare dalla tasca, cerco il contatto di Dora e la chiamo. Lei mi risponde subito.
"Christian, sei tu?" mi chiede.
"Certo, tesoro. Senti... ora ti mando la posizione della vecchia casa di Michele. So che sai muoverti abbastanza bene da sola. Non è che potresti raggiungermi? C'è una cosa che dovresti sapere" le dico.
"Va bene."
Chiudo la chiamata e invio la posizione a Dora. Lei qui ci sarà anche stata, ma dubito che possa sapere dove sia esattamente il luogo, quindi ho agito tanto per sicurezza. Stringo forte il biglietto tra le dita. Conosco da pochissimo Michele, eppure mi sono già affezionato parecchio a lui.
Lei arriva dopo un'oretta. Lo capisco perché è venuta con il suo bastone e lo batte ritmicamente contro il cancello. Vado ad aprirle e lei mi corre subito incontro. È molto agitata e non oso immaginare come potrà reagire quando le leggerò il biglietto che Michele ha lasciato qui... che ha nascosto proprio per lei.
"Piccola, entra!" le dico.
"Christian, che succede? Ci sono delle novità?" chiede.
"Beh... in un certo senso una novità c'è, ma non riguarda solo Michele. Ha a che vedere anche con te... è per questo motivo che ti ho chiesto di venire qui. Dovrei parlarti di una cosa che Michele ha fatto per te..."
"Di che cosa si tratta, Chris? Non capisco... che vuoi dire?"
"Siediti, perché credo che non ce la farai a reggerti in piedi dopo che ti avrò letto questa lettera!"
Lei, che ormai conosce benissimo la casa, cerca il divano e vi si siede con la sua solita delicatezza angelica. Porta le mani sulle ginocchia e resta ferma, in attesa che io le legga il foglio che ho in mano.
Prendo un profondo respiro e inizio a leggerle quel biglietto che lui le ha lasciato. A metà lettura, però, sono costretto a fermarmi, perché lei appoggia il viso sul cuscino e il suo corpo è scosso dai singhiozzi che quasi le impediscono di respirare. Io non so come muovermi, perché lei ha tutte le ragioni per reagire in questo modo. Sa quanto Michele le voglia bene.
"Piccola! Ehi! Girati, ti prego!" le dico.
"No... però tu fai come se l'avessi fatto e vai avanti... per favore, Chris! Arriviamo fino in fondo!" dice.
Mi siedo accanto a lei, le faccio alzare la testa e lascio che me la metta sul petto. Le accarezzo la guancia sinistra e con la destra reggo il foglio che continuo a leggere. Quando arrivo alla fine lei non regge più e, con un filo di voce, dice: "Hai voluto fare anche questo per me, amore mio! Perché non credi di poterti salvare? Perché ti hanno messo là dentro, perché?"
Appoggio il foglio su un tavolino accanto a noi. Un semplice tavolino in legno, che secondo me ha intagliato lui stesso. Tengo stretta a me quella ragazza che ormai sembra essersi del tutto spenta. Non riesce più a sorridere come prima e i suoi occhi sono costantemente invasi da un pianto che mi spezza il cuore.
"Mi dispiace... mi dispiace tanto, piccola!"
"Io... io non posso togliergli i suoi occhi... non posso fare una cosa simile! Io al buio ci sono abituata, ma lui non deve caderci per me!"
Non riesco a dire altro e lo stesso vale per lei, che continua a piangere fino ad addormentarsi tra le mie braccia. Io non ho il coraggio di muovermi. Rischierei di svegliarla e non voglio, ma devo riportarla a casa sua. Non posso tenerla qui e non so proprio come fare. Alla fine, però, mi decido. Le infilo il biglietto di Michele in tasca, facendo attenzione a non svegliarla e, tenendola in braccio, la porto fuori. La faccio sdraiare con delicatezza sull'erba fresca per aprire la portiera dell'auto, poi la riprendo in braccio, l'adagio sul sedile del passeggero e le allaccio la cintura. Prima di andare via recupero il suo bastone, lo chiudo e lo metto davanti a lei.
"Ti giuro che troverò quel mostro che vuole portarti via un ragazzo come lui!" le dico a bassa voce, per poi chiudere anche la mia portiera, mettere la cintura di sicurezza e dirigermi a spron battuto verso casa sua.
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