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"87°: Mancata rassegnazione"

Michele
È passata un'altra settimana. Ho scoperto che il mio compagno di cella è molto simpatico e impara velocemente. Ha già imparato le lettere che ho "scritto" sul muro e adesso ho chiesto a Christian di procurarmi carta e penna, per scrivere qualche parola, in modo che lui possa provare a leggere, partendo ovviamente dalle più semplici. Lui ancora non riesce a credere che il suo compagno di cella non sia il solito criminale e continua a chiedermi che cosa faccio qui.
Christian mi tiene informato riguardo tutto quello che ha a che vedere con la salute della mia piccola e dei miei amici. Stanno tutti bene e sono stati dimessi pochi giorni fa.
"Michè! Sei triste?" mi chiede il mio compagno di cella, riscuotendomi dai miei pensieri. Ho il mento appoggiato al palmo della mano sinistra e sono seduto a terra.
"Niente, Antonio... stai tranquillo, mi passerà presto!"
"Perdonami, amico, ma per me c'è soltanto un motivo per fare quella faccia!"
"Cioè?"
"La ragazza che hai salvato. È per lei che stai male, no?"
"Se anche fosse non posso farci niente, quindi a che cosa serve piangersi addosso?"
"Perché non scappi?"
"Per carità, non alzare la voce che se questi pazzi ti sentono mi mettono anche la camicia di forza!"
"Ma perché? Tu non hai fatto proprio niente!"
"Certo, ma il giudice e i poliziotti che ti hanno sbattuto qui con me se ne fregano del mio "non aver fatto proprio niente", quindi a che serve provare a dimostrare che sono innocente?"
"Ma tu sei una brava persona... non ti puoi arrendere così!"
Lo sento sedersi sul pavimento, accanto a me, sollevo la testa e vedo i suoi occhi farsi lucidi, come se fosse sul punto di scoppiare a piangere. Mi si stringe il cuore. Anche tu sei una brava persona, ma la vita ti ha costretto a stare qui dentro insieme a me, amico mio. Il destino non fa sconti a nessuno, soprattutto quando si parla dei poveri e dei buoni,come noi.
"Dai, non fare così!" gli dico.
"Ma non capisci che se non fai niente quelli ti ammazzano?"
"Lo so, ma cosa vuoi che faccia se non aspettare quel dannato giorno?"
"Quello che vuoi, ma non possono farlo... non puoi lasciarglielo fare, Michele!"
"Non vorrei, ma mi tocca. Lo faccio per lei."
"E se tuo fratello non smettesse di tormentarla anche se ti stai togliendo di mezzo, come dici tu?"
"Vorrà dire che è veramente una carogna, perché lei non gli ha fatto niente per meritare quello che sta passando." dico.
Il mio amico si prende la testa tra le mani e ho un ulteriore tuffo al cuore quando sento un singhiozzo strozzato uscire dalla sua bocca quasi chiusa e scuotergli tutto il colpo con una forza a dir poco devastante.
Mi alzo dal pavimento e lo aiuto a fare lo stesso, facendolo appoggiare a me.
"Forse sarebbe stato meglio se avessero chiuso anche te in cella da solo... almeno non saresti stato in pericolo, ma non saresti nemmeno in queste condizioni e vorresti solo fuggire da qui."
"Non è giusto!"
"Ehi! Calmati, non fare così!"
"Michè, se ti uccidono faranno lo sbaglio più grande della loro vita e ci rimetterete solo tu e quella povera ragazza!"
"Ti prego... non continuare!"
Lui non dice più nulla, ma non riesce a smettere di piangere ed io mi sento male, perché lui sta soffrendo per me ed io non merito tanto... ma soprattutto: lui non merita di stare così.
Mi accascio a terra anch'io e viene da piangere anche a me, ma non posso, non devo!
Alla fine, però, crollo anch'io. Abbasso il più possibile la testa e cerco di non emettere suoni, cosa che per fortuna mi riesce anche in maniera decente.
Alla fine le lacrime servono.
Servono a pulire un po' l'anima dalla sofferenza, ad alleggerire il cuore e gli occhi, che per il troppo dolore fanno male. Molto male. Servono a lasciar scivolare via un pezzo di questo grosso fardello che chi soffre è costretto a portare quasi quotidianamente.
Dora
Oggi ho deciso di uscire un po' di casa. Sono là da due giorni e mi sento come se mi stessi imponendo di starci per capire quello che, probabilmente, prova Michele in quel carcere.
Pegaso non sta molto bene. Nulla di grave, ma il veterinario dice che non deve prendere freddo.
È per questo che ho deciso di uscire da sola.
Cammino per le strade, senza una meta precisa, sperando di ricordarmi il percorso che ho seguito, anche perché non ho i sassolini di Pollicino che mi indicano la strada che ho percorso... e se li avessi, nella migliore delle ipotesi, li toglierebbero immediatamente.
Improvvisamente una voce fin troppo familiare mi fa fermare. Resto in ascolto e capisco che il proprietario di quella stessa voce, che altri non è che Mattia, è completamente ubriaco. La sua voce è del tutto impastata.
Non so se lasciarlo al suo destino o, da persona perbene, andare comunque ad aiutarlo. Ho molta paura.
"Piccola, che cosa c'è?" mi chiede una voce.
"Oh, Salvatore! Meno male che sei qui! Quell'idiota si è ubriacato ed io non so se lasciarlo dov'è o aiutarlo!" dico indicando il punto dal quale ho sentito provenire la sua voce del tutto impastata.
"Tu non sei cattiva. Stai tranquilla, ti aiuto io. Andiamo a prendere quell'imbecille" dice con astio.
Ci avviciniamo insieme a Mattia.
"Mattia, mi senti?" chiedo.
"Ah... la luce dei miei occhi!"
Sto per tirargli uno schiaffo, perché questo non lo considero un complimento se detto da lui, ma lascio correre.
"Smettila e appoggiati!" gli dico con tono glaciale. Lui non collabora, quindi io e Salvatore lo tiriamo su, pur facendo fatica a sostenerlo.
"I miei mi hanno mandato via di casa, per il loro povero pargoletto!" dice beffardo.
"Di' un'altra parola su Michele e ti lascio qui in mezzo!" lo avverto.
"Tranquilla, che tanto il tuo Michele non ha bisogno di altre parole da parte mia. Per lui non c'è niente da fare."
"Mattia, smettila!" gli dico, trattenendomi a stento dal lasciarlo andare come gli ho detto.
"Non ne vale la pena, Dora. È completamente ubriaco: non si regge in piedi."
"Che c'è? La verità brucia, vero? Ma prima o poi vi toccherà accettarlo. Il vostro caro Michele..."
"Mattia, ti ho detto di smetterla... non parlare a sproposito!" lo blocco, stringendo forte i denti. Sento Salvatore stringere la presa sulla mia mano, che regge il braccio sinistro di quel corpo che per me vale soltanto perché si tratta pur sempre di una persona e da essere umano civile non posso lasciarla qui per strada, alla mercé di tutti.
"Povero fratellino! Chiuso in galera per aver cercato di..."
"Shhh" lo ferma Salvatore, in maniera piuttosto brusca.
"Ma il vostro Michele farà una brutta..."
"NOOOO!" grido lasciandolo andare di colpo.
Mattia barcolla e mi finisce quasi addosso, ma Salvatore lo sorregge quel tanto che basta per evitare che lui mi travolga.
Sono totalmente fuori controllo e questo si capisce dalle lacrime che scendono copiose dai miei occhi.
"Piccola, che succede?" chiede un'altra voce alle mie spalle.
"Bruno, portala via prima che questo deficiente ne combini un'altra e la distrugga completamente!" dice Salvatore.
Le lacrime non si fermano mentre Bruno mi prende per mano e mi porta via.
Ultimamente mi basta una parola fuori posto su Michele per perdere il controllo delle mie lacrime. Ho paura di questo stato, perché in genere sono molto contenuta.
Lui mi ha cambiato la vita e adesso, a causa di qualcuno che per qualche assurdo motivo detesta la felicità altrui, qualcun'altro che evidentemente non ha un cuore me lo porterà via, per sempre, e io non voglio accettare che questo accada: non posso farlo!

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