"86°: Compagni di sventura"
Michele
"È tanto grave il motivo per cui sei qui, Michè?" chiede.
"È una cosa che io non ho fatto. Semplicemente."
"Ma allora perché sei qui?"
"Vedi... il fatto è che io ho dovuto rapire una ragazza che mio fratello voleva sequestrare per spillare soldi ai suoi. L'ho fatto perché avevo paura di quello che le avrebbe fatto... solo che una notte l'ho lasciata da sola perché lui mi ha chiamato cambiando la voce e dicendomi che la mamma non si sentiva bene. Lei è buona, non ha voluto esserci perché diceva che era una cosa nostra, di famiglia, e lei non c'entrava nulla. Quella notte mio fratello ha cercato di farle una cosa orribile. Io sono riuscito a fermarlo dandogli una botta in testa e ci ho guadagnato un bel colpo di pistola in pieno petto e una denuncia fatta da lui che diceva che io avevo cercato di aggredire quella ragazza!"
Antonio, detto il Coniglio a detta sua, mi guarda sconvolto. I suoi occhi sono sbarrati. Lui mi sembra un bravo ragazzo, ridotto a rubare per necessità. Uno con l'innocenza di un bambino.
"E perché non lo dici che non c'entri niente?"
"Perché ci ho già provato e non mi è servito a molto. Ora aspetto la corda e il proiettile che mi pianteranno nel corpo... e intanto sto qui" gli rispondo con tono pacato.
"Michele, ma è un'ingiustizia!"
"Sarà, ma almeno spero che serva a quella ragazza. Magari se io mi tolgo di torno mio fratello la smetterà di darle fastidio."
"Tu 'a vuò bene, Michè?" ["Tu le vuoi bene, Michele?"]
"Non immagini quanto!"
"E lei?"
"Anche lei. Come un'amica."
Ricordo quello che ha fatto per aiutarmi. È una grande amica.
"Ha fatto tutto e il contrario di tutto per aiutarmi, ma quei poliziotti che ti hanno sbattuto qui dentro l'hanno derisa e buttata per terra come uno spaventapasseri!" dico serrando la mascella solo al pensiero del modo in cui è stata trattata la mia piccola.
"Lo sai chi mi sembri, Michè?"
"Veramente no."
"Quello di quel film... solo che tu sei molto più piccolo e pallido... anche se non sei piccolo di statura. Come si chiamava?"
Lo guardo con un'espressione interrogativa. Ma di che cosa sta parlando?
"Aspetta... ECCOLO! Il migliaio verde!"
"Il che?" chiedo, alquanto sorpreso. Non ho mai sentito nominare un film del genere in tutta la mia vita, e di film ho avuto. fortuna di vederne un bel po'.
"Come? Quello del carcere, della sedia elettrica... quello del drogato che sclerava continuamente... il tizio che ammaestrava un topolino... quello che guariva le persone..."
"Ah... tu forse intendi il MIGLIO verde!"
"Sì, quello." mi risponde lui.
"Sai, dicendo Migliaio associato al verde mi fai pensare ad un migliaio di Euro che vorrei avere per pagarmi un buon avvocato e uscire da questa prigione... o magari... pagarlo per te!"
"Per me? Ma nun me saje 'a manco cinche minute e già me vuò apparà?" ["Non mi conosci neanche da cinque minuti e vuoi già salvarmi?"]
"Dimmi una sola differenza tra me e te!" gli dico.
"Eh... una differenza... il nome!"
"Non intendevo questo. Aspetta: te lo spiego meglio." gli dico. "Tu si' carcerato e pur'io! Tu si' 'nu puveriello ca nun tene manco ll'uocchie pe' chiagnere, comm'a mme! Si nun t'aiutasse, a chi avessa aiutà?" ["Tu sei un prigioniero del carcere, e lo sono anch'io. Tu sei un poveretto senza il becco di un quattrino, (senza neanche gli occhi per piangere), proprio come me. Se non aiutassi te, chi dovrei aiutare?"]
Lui accenna un sorriso.
"Ma dimmi: come ti hanno preso? Quale colpo... diciamo... hai fatto per finire qua dentro?"
"Sono andato a frugare in casa di dei ricconi e mi hanno beccato. Io non sono il tipo da rapine. Ho troppa paura delle pistole, quindi m'infilo nelle case... e prendo... comme 'o Munaciello."
"E quindi ti hanno arrestato in due secondi!"
"Eh..." Si gira verso di me e mi mostra alcuni lividi che ha sul viso.
"Ma che cavolo ti hanno fatto?"
"Mi agitavo come un pazzo e mi hanno preso a schiaffi per farmi smettere!"
"Vieni a sciacquarti la faccia che se queste ferite s'infettano non ti mandano nemmeno il medico!" gli dico con rabbia.
Ovviamente non ce l'ho con lui.
Ce l'ho con questa specie di giustizia, che non fa sconti ai poveri come noi due. Purtroppo a noi è la vita a non fare sconti, mentre ne fa ai ricchi.
Beh, naturalmente bisogna dire che per fortuna non tutti i ricchi sono uguali. Ad esempio Dora, Bruno ed i loro genitori hanno fatto di tutto per aiutarmi, ma i loro tentativi sono serviti a poco. Loro sono passati dalla povertà e non l'hanno dimenticato. Loro sono dei ricchi speciali.
Aiuto Antonio a scendere dalla brandina e dato che quasi non si regge in piedi lo conduco verso il bagno.
"Non sarà il bagno di un hotel a cinque stelle, ma almeno possiamo essere sicuri di non restare sporchi." dico passandomi una mano sulla guancia. Lui si appoggia al lavandino ed io capisco che non può reggersi in piedi e sciacquarsi le ferite contemporaneamente. quindi mi avvicino, prendo un fazzoletto da bagnare sotto il getto dell'acqua e gliele friziono con delicatezza.
"Grazie." mi dice il ragazzo.
"Per che cosa?"
"Sono appena arrivato e già mi stai curando, Michè! Credo che non sia una cosa da niente."
"Oh mio Dio, ancora? Te l'ho detto prima: siamo nella stessa situazione, quindi se non ci aiutiamo noi non lo farà nessun'altro..."
Lui sembra convincersi e mi lascia curare le sue ferite. Purtroppo non ho cerotti o cose del genere.
Posso soltanto pulirgli il viso e spero con tutte le mie forze che questa piccola "operazione" sia sufficiente perché queste non s'infettino.
Se questo accadesse non so come potrei aiutarlo, perché purtroppo non sono un dottore.
Una volta finito torniamo nel piccolo spazio in cui sono le brande e lui si siede su una di quelle e chiede: "Ma come m'insegnerai a leggere? Qui dentro non abbiamo niente!"
"Per una volta tutta questa polvere servirà a qualcosa." gli rispondo.
"Perché? Che cosa vuoi fare?"
Vado verso una parete, completamente incrostata, e inizio a grattare con le unghie alcune parti di essa. Mi vengono i brividi per quello che sto facendo, ma non posso fare altro perché non ho neanche uno straccio. Inizio a formare le lettere sul muro, distaccandole leggermente le une dalle altre.
"Vieni." gli dico. "Riesci a camminare ora?"
Lui annuisce, si alza e mi raggiunge, camminando molto lentamente. Io gli indico le forme che ho cercato di realizzare, in ordine alfabetico, e gliele spiego un po' alla volta.
"Io mi sento sempre al punto di partenza." mi dice lui, passandosi una mano sulla fronte.
"È normale. All'inizio ti risulterà difficile, ma piano piano vedrai che l'alfabeto diventerà una passeggiata, con tanto di aria fresca sul viso, e per dirlo io che sono chiuso in questi pochi metri quadrati è vero per forza" dico e lui scoppia a ridere.
"La ragazza di cui hai parlato è molto fortunata ad averti conosciuto." mi dice lui.
"Non direi. Sono io ad essere fortunato perché ho conosciuto lei."
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