"85°: Verità e nuove conoscenze"
Dora
È passata una settimana e finalmente le numerose flebo che ho fatto stanno iniziando a sortire qualche effetto.
La febbre oggi è scesa del tutto e il dottor Riccardo mi ha persino permesso di alzarmi. Poiché ho saputo che anche Salvatore e mio fratello sono qui ho chiesto il permesso per andare a trovarli e tra poco un'infermiera verrà a prendermi per accompagnarmici.
Oltre a questo, tramite Christian, il dottor Riccardo mi tiene informata su tutto quello che riguarda Michele. So che c'è stato un grande miglioramento nel suo stato di salute e questo fa stare molto meglio anche me.
Sento qualcuno battere alla porta, mi sistemo meglio il camice da ospedale, che mi è diventato insopportabile, e dato che conosco abbastanza questa camera, mi dirigo subito verso la porta.
"Sei già in piedi, tesoro?" chiede gentilmente l'infermiera.
"Sì... sono già in piedi" rispondo timida.
"Vieni che adesso ti porto a vedere tuo fratello ed il tuo amico." mi dice gentilmente la donna. Io cerco il mio bastone bianco, ma poiché non lo prendo da quasi due settimane non so dove sia.
"Tranquilla, la tua guida ce l'ha il dottor Riccardo. Ti accompagnerò io, se ti fidi." mi dice l'infermiera. Beh... tecnicamente mi devo fidare a prescindere, ma, temendo di risultarle antipatica utilizzando queste parole, non glielo dico.
Lei mi tiene la mano e mi guida attraverso i corridoi dell'ospedale. Questo posto mi sembra un labirinto. Non riuscirò mai a memorizzare la strada dalla mia camera a quella in cui si trovano Bruno e Salvatore. La giovane infermiera, o almeno credo sia giovane a giudicare dalla sua voce, mi trasmette fiducia. Magari chiederò il suo nome, per farmi guidare ancora.
La donna si ferma e batte tre colpi ad una porta che viene aperta subito. Una mano ricoperta da delle bende afferra la mia, quindi mi è impossibile riconoscerne il proprietario. Lui, capendolo, mi rivolge la parola per farmi capire chi è e realizzo che si tratta di mio fratello Bruno.
"Perché hai la mano fasciata?" chiedo.
"Più che altro per la botta che ho preso. Quando mi sono svegliato mi ero ferito sul braccio, per questo mi hanno messo le bende."
"Ah... capito."
"Mi sento un po' un faraone egiziano con queste bende al braccio, ma fa lo stesso." dice con un sorriso.
"Non è un po' megalomane come paragone, Bruno?" chiedo.
"Sei tornata, finalmente! Se fai la simpatica come tuo solito vuol dire che sei guarita!" risponde Bruno.
"Ehi, bellezza! Finalmente ci si rivede!" dice un'altra voce dall'altra parte della stanza. È Serramanico!
Io mi dirigo velocemente verso quella voce, rischiando di inciampare sull'altro letto, ma un altro braccio, fasciato più di quello di Bruno, mi afferra al volo.
"Piccola, stai attenta! Uno di questi giorni finirai per romperti la testa!" dice Salvatore, togliendo la mano dalla mia vita e posandola sul mio viso. Sento il ruvido della fascia e mi chiedo se il braccio gli faccia male oppure no. La risposta, però, mi arriva quasi istantaneamente.
"Il braccio mi brucia un po'... per questo ho le fasce. Ma ti assicuro che va molto meglio di quando ho aperto gli occhi." mi spiega Salvatore, facendola breve.
"Ragazzi, io... io non ho ben capito che cosa vi è successo. Come ci siete finiti qui? Come vi siete ridotti in questo modo?" chiedo, portando la mano sinistra al cuore, che batte veloce come la locomotiva di un treno in corsa.
"Siediti sul letto che è qui" dice Salvatore facendomelo sfiorare. Io mi volto di spalle e mi siedo, portando le mani sulle ginocchia e iniziando a sfregare queste ultime con le dita per dar sfogo a questa strana tensione.
Ho la sensazione che quello che mi diranno non mi piacerà affatto.
"Ecco, vedi, il fatto è che io e Bruno stavamo andando via. Eravamo nella mia auto... e ti assicuro che questa volta non stavo correndo. All'improvviso tuo fratello ha guardato fuori. Non so perché, ma l'ha fatto."
"Io ho guardato fuori e ho visto che per strada c'era Mattia. Mi salutava e sorrideva come un idiota. Come se avesse appena vinto un terno al lotto."
"Bruno voleva che mi fermassi, voleva scendere dalla macchina. Io non volevo, perché l'ho guardato un attimo negli occhi e ho avuto una sensazione orribile... come se stesse per accadere qualcosa di brutto, insomma. E poi... ecco, è successo quello che è successo. Voglio dire..."
Salvatore si blocca. Non riesce a parlare. È come se si sentisse in colpa per qualcosa. Ma di cosa potrebbe avere la colpa? Io credo che l'unico colpevole sia il solito... quel mostro di Mattia, che non ha fatto altro che tormentarci!
"Io non riuscivo a controllarmi. Volevo massacrarlo di botte, quel mostro, perché aveva tolto la salute a te e la libertà a Michele. Né tu né lui meritate di soffrire in questo modo ed io non riuscivo più a sopportare il peso di quel senso di colpa. Senso di colpa per non aver fatto abbastanza per evitarvi questo dolore. Ho aperto la portiera e stavo per buttarmi, ma l'auto ha iniziato a girare su se stessa, fino a ribaltarsi, e il serbatoio della benzina si è aperto. Salvatore mi ha spinto via, per evitare che soffocassi là dentro o che vi rimanessi bruciato, rischio che ha corso lui." dice Bruno, ma io non riesco più ad ascoltare. Tutto questo mi fa male. Non do la colpa a mio fratello o a Serramanico... loro sono delle vittime proprio come me, o forse persino di più. Quello che mi fa soffrire è sapere che Mattia l'ha avuta vinta per l'ennesima volta. Immagino la sua soddisfazione quando ha assistito a quell'incidente.
"Oh no, no!" dico spostando le mani dalle ginocchia e portandomele sul viso. Sento che le lacrime stanno rischiando di uscire come niente. Sento qualcuno attirarmi a sé e stringermi forte, come se volesse far entrare il suo corpo nel mio per proteggermi.
"Piccola, calmati. Adesso stiamo bene." dice Salvatore.
"È vero, ma lui vi ha portati a rischiare la vita per uno scatto diro in una macchina ed io non voglio perdere anche voi! Sto già rischiando di perdere Michele e non è giusto! Non è giusto!"
"È vero, ma non devi preoccuparti per questo. Ora il tuo unico pensiero deve essere quello di guarire e tornare a casa."
Mi stringo forte a Salvatore. Lui s'irrigidisce leggermente e credo che questo stia ad indicare che gli sto facendo male. Mi stacco subito da lui, chiedendogli mille volte scusa per averlo stretto troppo.
"Tranquilla. Il dolore di un tuo abbraccio è ben accetto" mi dice lui in tono scherzoso.
"Certo che tu non cambierai mai, eh?" gli dico.
"Certo che no!"
Michele
Oggi finalmente mi sono rimesso completamente in forze. Mi è stato detto che metteranno nella mia cella un altro sventurato. Spero solo che non sia tanto sfortunato come lo sono io, che sono confinato qui dentro in attesa di una corda intorno al collo e di un proiettile di forma conica, contenente una sostanza letale.
"Eccone un altro!" dice Romano, il poliziotto corrotto, spingendo dentro un poveretto che si dimena e urla come un pazzo.
"LASCIATEMI STARE! HO RUBATO, È VERO, MA L'HO FATTO PER FAME!" grida.
"Potevi cercarti un lavoro, disgraziato!" gli dice l'altro. Lo spinge dentro come ha fatto con me. Io getto a terra il cuscino della mia branda, per rendergli l'atterraggio più morbido, almeno per la testa. Romano esce sbattendo la porta e mettendovi le catene per evitare che ci venga l'idea di evadere. Io non potrei farlo comunque. Ormai per loro sono un ricercato. Mi troverebbero in tre secondi, se non di meno.
"Ehi! Ehi! Mi senti?" chiedo, rivolgendomi al ragazzo che è disteso a terra.
Lui si rannicchia in posizione fetale, come se avesse paura che io potessi, in qualche modo, fargli del male.
"Ehi, tranquillo! Guarda che non mordo" gli dico.
Il ragazzo trema come una foglia. D'accordo, sono un detenuto, ma non mi sembra di aver iniziato a minacciarlo. In più credo che, oltre ai poliziotti, lui sarà l'unico con il quale avrò contatti, perché i detenuti sono costantemente chiusi in cella.
"Ehi! Su, coraggio, alzati. Non voglio farti nulla, davvero!"
Il ragazzo cerca di alzarsi, ma barcolla. Lo guardo e vedo che gli hanno incatenato le caviglie e ha ancora le manette ai polsi. "Aspetta..." dico aiutandolo a sdraiarsi sulla branda che fino a qualche giorno fa ho occupato io. "Non ti farò niente, ma devo tagliare le catene, perché non ho le chiavi. Cerca di stare fermo."
Cerco qualcosa per aprire le manette e tagliare la catena, ma niente. A questo punto cerco qualsiasi cosa che possa fungere da chiave e trovo una forcina sul pavimento. Nessuno viene a pulire, ovviamente, e tutto quello che cade resta qui.
Questa dev'essere di mia sorella, ma non sto troppo a pensarci e la faccio girare nella fessura delle manette, riuscendo ad aprirle. I polsi del povero ragazzo sono gonfi e rossi. Io getto a terra le manette. Provo disprezzo per quegli arnesi di tortura, perché li ho conosciuti senza meritarmelo. Passo alla catena e riesco a scioglierla allo stesso modo.
"Grazie..." sussurra il ragazzo. "Come ti chiami?"
"Mi chiamo Michele."
"Michele come?"
"Se te lo dico mi prometti di non farti strane idee su di me?"
"Perché? Hai un cognome tanto strano, Michele?"
"Mi chiamo Michele Genovesi."
"E allora? Che c'è di strano?"
"Non è apparso nulla per strada, sui giornali? Mio fratello ha manie di protagonismo, mi aspettavo che il mio caso facesse molto più scalpore..."
"Non lo so, Michele... io non so leggere."
Abbassa lo sguardo. Sembra molto abbattuto. Di questi tempi non si trovano spesso persone che non sanno leggere, ma non è neanche strano. Se lui rubava per fame, non aveva denaro per procurarsi da vivere, figuriamoci per andare a scuola ed imparare a leggere!
"Non sai quanto vorrei saper leggere! Quando uscirò, dato che non so farlo, non potrò fare niente e dovrò rubare di nuovo per poi tornare qui come se non ne fossi mai uscito."
"Se vuoi posso insegnarti io a leggere." gli dico. Questo ragazzo non fa quello che lo ha portato qui con piacere. "Ma toglimi una curiosità: com'è che sai parlare tanto bene?"
"Perché ascolto tanto. Ascolto i ricconi che sanno parlare e imparo almeno a non fare brutte figure a livelli estremi... anche se a volte dico una cosa per un'altra..."
"Ah, capisco... comunque non mi hai ancora detto il tuo nome."
"Mi chiamo Antonio, ma tutti mi chiamano il Coniglio perché sono veloce e pauroso!"
"E tu quale nome preferisci?"
"Il mio."
"Allora perfetto."
"Ora però me la dovresti togliere tu una curiosità. Com'è che sei qui? Hai una faccia da bravo ragazzo e sei qui dentro: perché?" chiede.
"Sei proprio sicuro di volerlo sapere?"
"Sicurissimo!"
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