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"81°: Denuncia inaspettata"

Christian
Sono passati quattro giorni e Michele, nonostante tutti i suoi sforzi, sta ancora male.
È costantemente in uno stato di torpore, ma non dorme mai. È vivo, ma non lo sembra. La sua mente, quelle volte che parla, si dimostra lucida, ma io so che dentro sta sfiorando la follia. E del resto, un innocente chiuso qua dentro, senza le cure che gli sono necessarie, non può fare che questa fine.
Il dottor Riccardo viene a visitarlo regolarmente, ma ogni volta se ne va atterrito.
"Come sta il detenuto?" chiede Romano, entrando in quella cella buia e sporca, dove la presenza decente è solo quella di questo povero ragazzo.
Michele tenta di alzarsi, ma fallisce miseramente e crolla sulla sua piccola branda.
"Vattene Romano! Non lo vedi che lo fai agitare?" gli dico con rabbia.
"Cosa vuoi che me ne importi di un delinquente che forse sta persino fingendo di stare male?"
Lo afferro violentemente per un braccio e lo getto a terra, vicino al letto, poi mi metto alle sue spalle e lo costringo ad alzare la testa.
"Stammi a sentire: tra voi due l'unico delinquente sei proprio tu! Chi mi dice che quel maiale non ti abbia corrotto e che tu non faccia soltanto i suoi sporchi comodi?"
Romano sbarra gli occhi mentre guarda il volto color cera del povero Michele.
"RISPONDIMI!" gli urlo, scuotendolo con tanta forza da rischiare di farlo finire per terra, dove merita di stare.
"Tu stai vaneggiando, collega! Lasciami o ti faccio licenziare! Ho conoscenze nelle alte sfere,e lo sai benissimo!"
Gli tiro uno schiaffo che lo fa quasi cadere.
"Per Dora e per tutto quello che le hai fatto solo per dar credito alla tua dannata tesi secondo la quale Michele l'ha aggredita!"
Gli tiro un secondo ceffone, stavolta colpendolo sulla guancia destra.
"E questo è per Michele, che qui dentro non doveva finirci!"
Vorrei colpirlo ancora, ma capisco che se lo facessi non mi fermerei più.
Io devo solo trovare la forza per dire a Dora che Michele sta veramente male. O forse no, devo fare il contrario, perché Tommaso mi ha riferito di aver dovuto dire davanti a lei che Michele aveva la febbre altissima visto che ormai si trattava di una maledetta corsa contro il tempo.
La porta della cella viene aperta nuovamente e vedo entrare una mia collega, una segretaria. "Christian, c'è una ragazza qui fuori che dovrebbe fare una denuncia" mi dice affannata.
Lascio andare Romano, che mi guarda con un'espressione indecifrabile e si alza a sua volta, forse per andare a sciacquarsi il viso dal sangue.
Io chiudo la porta della cella dopo aver lanciato un'ultima occhiata a Michele, poi mi dirigo verso l'ufficio e resto molto sorpresa nel trovarvi Angela, seduta accanto alla scrivania, che non fa altro che tormentarsi le mani. È molto agitata, lo vedo proprio da questo continuo tirarsi le dita.
"Angela! Che cosa ci fai qui? Cos'è successo?" chiedo per poi chiudere la porta e mettermi a sedere di fronte a lei. Le prendo una mano per farle coraggio, ma lei si agita e la ritrae di colpo.
"Piccola, sono io: Christian!"
"Voglio denunciare mio fratello..." dice, iniziando a respirare affannosamente. "Mattia Genovesi."
Vado a prendere un blocchetto e una penna, per scrivere quello che ha da dirmi.
"Che cosa ti ha fatto Mattia?"
La mia domanda è diretta. Forse troppo diretta, perché lei s'innervosisce ulteriormente ed io capisco che non è un argomento facile da trattare per lei ed inizio a immaginare cosa le abbia fatto.
"Mi ha tolto la mia prima volta, Christian!"
Anche se lo dice con parole più delicate, capisco che cosa intende e mi si gela il sangue.
"Mi ha... lui mi ha..." dice e i singhiozzi le spezzano il respiro. Lei rischia di cadere dalla sedia, io mi precipito verso di lei, l'afferro e la sostengo, ma nel tenerla stretta noto che questo contatto la infastidisce, la rimetto sulla poltroncina e la lascio andare. "Non voglio farti nulla di male, te l'assicuro! Se non te la senti di parlare adesso io posso aspettare, ti prendo un po' d'acqua, qualcosa che ti permetta di rifocillarti e dopo continuiamo a parlare... va bene, Angela?"
Lei scuote energicamente la testa per accennare un no.
"Devo farlo, Christian! Devo farlo adesso. Per Bruno, per Salvatore... e soprattutto per Michele, che è in una cella e non dovrebbe essere là. Devo raccontarti tutto, Chris... ma tu mi credi, vero? Tu mi credi!" mi dice.
"Certo che ti credo... ma il punto non è se io ti credo o no, Angela. Il punto è che potrebbero chiederti tantissime cose, molto imbarazzanti, e il giudice che si occupa del caso di Michele è il peggiore!"
Angela sospira.
"È successo più o meno un anno fa. Era il 13 maggio... il mio compleanno. Il mio diciottesimo compleanno" dice singhiozzando. Ogni parola che viene fuori da quelle labbra mi trasmette un immenso dolore. Un dolore provocato dal fatto che quella ragazza rivive quel momento in maniera costante e ci sta male. Quel mostro le ha rovinato la vita e ogni volta che lei ci ripensa ritorna la sua paura del tocco degli uomini solo per il fatto che sono uomini, potenziali aggressori, come lo è stato lui.
Io non la interrompo. Cerco di scrivere, ma se penso a quello che ha passato questa povera creatura mi tremano le mani.
Angela si ferma di colpo, troppo atterrita per proseguire.
"Non ce la faccio più, Chris! L'unica cosa buona di tutto questo è la mia bambina!"
"Angela, ascoltami. Io ho scritto tutto. Ho tutti i dettagli, ma sarà molto difficile reperire le prove di quello che ti ha fatto quel mostro, perché è passato moltissimo tempo."
"Se richiedessi il test del DNA?"
"Sarebbe peggio, Angela, perché lui potrebbe richiedere il diritto di stare con Serena e la rovinerebbe."
"Allora che cosa devo fare?"
"Qual era il posto in cui lui ti ha portata?"
"Non lo so. So solo che era un vecchio casale, pieno di attrezzi e controattrezzi."
"Allora credo che tu debba farti analizzare. Che diavolo, qualcosa sarà rimasto! Qualcosa che ti confermi quello che sostieni... che ti permetta di mandare quel mostro al posto di Michele..."
"Non voglio mettermi nelle mani di un uomo. Non di nuovo!"
"Ma non lo devi fare, Angela!"
"E allora che cosa devo fare?"
"Io conosco una dottoressa che si occupa proprio di questo, Angela. Ti farai visitare da lei, per sentirti più tranquilla."
"Perché non ho parlato quando è successo? Mattia doveva marcire in galera, non Michele, che sta anche male!"
"Angela, calmati."
"È tutta colpa mia! È colpa mia, solo colpa mia! Perché, perché, perché?"
Angela si alza, ma crolla a terra un istante dopo. Vorrei aiutarla, abbracciarla, dirle che andrà tutto bene, ma in un momento come questo lei non si lascerebbe toccare. Le farei rivivere quel momento e non voglio. Lei non lo merita. È per questo che prendo la poltrona a rotelle su cui era seduta e la trasporto vicino a lei, in modo che possa aggrapparvisi quando vorrà alzarsi dal pavimento. Non potrei toccarla, non contro la sua volontà e soprattutto non dopo quello che mi ha rivelato sul suo passato.

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