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"77°: Peligro"

Michele
Qualcuno batte con molto vigore i pugni contro la porta della cella fredda in cui mi trovo e grida il mio nome. Mi concentro, come ho imparato a fare stando per quattro mesi insieme a Dora, e finalmente riesco a riconoscere la voce che mi sta chiamando con tanta disperazione: è il mio amico Tommaso.
Mi avvicino alla porta e lui chiede: "Michele, sei tu?"
Ripenso a un gioco che facevamo da piccoli: quello degli agenti 007, e come allora batto tre colpi contro la porta in legno.
"Michele! Dora non riconosce più le persone!"
Un colpo al cuore. Prima che io venissi arrestato Dora ha perso conoscenza! Non posso credere che non riesca a riconoscere chi le sta accanto!
"Ha scambiato suo fratello per te!" grida ancora Tommaso.
Porto entrambe le mani al cuore. Amore mio, non puoi lasciarti andare in questo modo!
"Bruno e Salvatore sono in ospedale."
Il colpo di grazia. Quello che ti distrugge del tutto. Lei in ospedale, dominata da una sorta di follia, i miei amici in ospedale ed io sono bloccato in questa prigione e non posso fare un accidente di niente per loro!
Mi fa male il petto, il respiro si spezza, la testa gira e quel poco che vedo si appanna gradualmente, fino a quando non resto completamente al buio, e non per le luci che si abbassano, ma perché sto per perdere i sensi.
L'ultima cosa che riesco ad udire è la voce di Tommaso, che urla una sola parola: "NO!", segno che alcuni poliziotti stanno cercando di portarlo via.
Tommaso
Mentre dico tutto a Michele due poliziotti mi afferrano per le spalle e iniziano a tirarmi per allontanarmi da quella maledetta porta chiusa da un catenaccio. Io grido, ma non serve. Sento un corpo cadere per terra ed urlo più forte. Michele!
Michele si è sentito male e non lo tireranno mai fuori da là dentro per curarlo, perché per loro lui è un comune criminale, di quelli che meritano solo sofferenza, quando lui è la persona più buona del mondo!
I due poliziotti mi tirano fino all'ingresso di un'altra cella e mi ci buttano dentro, facendomi cadere a faccia in avanti. Istintivamente, per proteggermi dall'urto, tendo le braccia e riesco a non spaccarmi i denti. Mi viene voglia di piangere, perché Michele è chiuso là dentro ed io sono a poca distanza da lui e non posso fare niente per aiutarlo. Mi giro, sdraiandomi a terra sulla schiena, e mi trascino a terra fino alla brandina. Mi appoggio ad essa e mi ci arrampico. Non faccio altro che pensare al mio amico, chiuso in quella maledetta cella.
Improvvisamente sento delle voci provenienti dalla cella adiacente, che è proprio quella del mio amico. Mi alzo di scatto, ma lo faccio troppo in fretta e crollo in ginocchio, quindi mi trascino verso la parete restando in quella posizione per ascoltare.
"Il ragazzo è caduto!" esclama una voce nuova.
Non posso fare un buco nel muro per vedere di chi si tratta, ma non sembra uno di quei poliziotti!
"Christian, non dobbiamo spostarlo da dove si trova! È un miserabile delinquente!" ribatte l'altro.
Il poliziotto di prima! Ma come fa a non capire che Michele non è affatto un criminale, che è finito in cella per delle manovre del vero colpevole delle cose di cui è stato accusato? Come fa a non capire che ha un problema al cuore e che se si è sentito male è stata tutta colpa mia?
"Michele ha bisogno di cure, Romano! Dobbiamo fare richiesta al giudice per trasportarlo d'urgenza in ospedale! Non possiamo lasciarlo così!"
Sento una terza voce che fino a poco fa non aveva spiccicato parola.
"L'ho fatto. Il giudice vuole un documento che attesti che Michele ha un problema al cuore." dice l'uomo.
"Commissario, ma lei come fa a preoccuparsi di questo delinquente? È questo quello che merita! Deve soffrire!"
L'altro ragazzo, Christian, credo quello che ha fatto tutto il possibile per Michele, si scaglia subito contro il poliziotto: Romano, e io lo ringrazio, perché se potessi lo farei io stesso. Michele queste parole proprio non le merita, e se loro dessero retta a Dora capirebbero che lui non avrebbe mai potuto farle niente di male.
Questa storia del poliziotto tanto accanito nel far finire il mio amico all'altro mondo, però, non mi convince per niente. Ho come la sensazione che quest'uomo sappia perfettamente che Michele non ha colpa di questa storia e che sia stato corrotto o minacciato da quel disgraziato che ha portato a quest'epilogo.
Credo che si stia facendo tardissimo. Forse sta per scendere la notte, e questa notte io dovrò passarla qui dentro, in questa cella gelida, con la consapevolezza di essere vicino al mio amico e di non avere i mezzi per poterlo aiutare.
Scoppio in lacrime, perché mi sento in colpa... o forse lo sono davvero visto che ho voluto per forza metterlo al corrente di tutto quello che stanno passando le persone che gli stanno più a cuore e data la situazione non ho potuto neanche avere il tatto sufficiente a dirglielo in modo meno duro e sbrigativo. Non dovevo fargli questo... non dovevo dirglielo in questo modo! Mi sento male, ma non ho la stessa sfortuna o fortuna di Michele di perdere i sensi.
Ma che dico? Non è affatto una fortuna! Lui sta male, sta rischiando di fare una brutta fine all'interno di un carcere senza avere colpa delle cose di cui è accusato e io mi metto a pensare che vorrei perdere i sensi come è capitato a lui? Sono un idiota!
Improvvisamente il catenaccio che chiude la porta della mia cella viene aperto e vedo entrare un uomo.
Indossa un'uniforme, di quelle importanti, per quanto ne capisco. Mi tende la mano, ma io non riesco a fare lo stesso, perché non voglio che veda che sto piangendo a dirotto come un bambino al quale hanno portato via un giocattolo.
"Coraggio ragazzo, alzati" mi dice l'uomo.
Gli do ascolto.
"Tu hai cercato Michele, non è vero?" chiede ancora l'uomo con gentilezza.
Annuisco poiché non ho la forza di parlare. Fa male... troppo male il terrore di perdere il tuo miglior amico.
"Non è stata colpa tua, credimi! È che per chi soffre tanto è difficile immagazzinare tante brutte notizie date in una sola volta!"
"Ecco, lo vede? È colpa mia!"
"Smettila! Non è vero! Ascolta: mi dispiace per il gesto avventato di Romano. Tu puoi uscire." mi dice l'uomo. "Per quanto riguarda Michele, se non possiamo portarlo in ospedale, mi occuperò io di cercare un dottore che possa aiutarlo!"
"La prego... io so come farlo rinvenire! Mi faccia entrare!"
"Va bene, ragazzo. Coraggio, vieni con me! Quando Michele si riprenderà tu corri in ospedale e vai a cercare il dottore che l'ha curato finora!"
Annuisco soltanto, perché non ho la forza per fare altro.
L'uomo mi aiuta ad accedere alla cella in cui è Michele e quando lo vedo riverso a terra, vengo assalito da un brivido... no! Devo farcela, a qualunque costo!
M'inginocchio accanto a Michele e gli prendo il polso.
Il cuore batte ancora. Per fortuna Michele è forte, non si lascerà andare tanto in fretta!
Inizio a premere ritmicamente sul petto del mio amico e lo sento respirare. Lui arranca, ma almeno reagisce.
"Coraggio amico mio, coraggio!"
Continuo a premere fino a quando non lo vedo aprire gli occhi.
"Tommaso... di' alla mia piccola di reagire... per suo fratello che sta soffrendo!"

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