"76°: Fire"
Angela
Voglio andare in ospedale. Mi ha chiamata Riccardo, il medico che ha curato Michele.
Dice che adesso è Dora quella che sta male, che ha scambiato Bruno per mio fratello Michele, perché Bruno si comporta esattamente come lui. Tommaso e Teresa sono venuti a prendermi perché ho paura di muovermi da sola per strada considerando che Mattia non è ancora finito nel posto in cui dovrebbe essere da un bel po'. Lo stesso posto in cui adesso è il mio povero fratello, che l'unico sbaglio che ha fatto è stato quello di fare tutto quello che poteva per proteggere me e la povera Dora.
"Ragazzi, guardate là! Un'auto sta andando a fuoco" ci dice Teresa fermandosi di scatto. Io mi volto e quello che vedo mi fa ghiacciare il sangue. Bruno è a terra, privo di sensi, e io conosco quella macchina! È di Salvatore Serramanico e dalla portiera aperta vedo che lui è ancora là.
"Salvatore... Bruno... QUALCUNO LI AIUTI, VI PREGO!" grido.
Sto per gettarmi in avanti, verso la macchina, ma due mani dalla presa forte e salda mi fermano facendomi sbattere contro un petto scolpito.
"LASCIAMI TOMMASO, LASCIAMI! BRUNO È A TERRA E SALVATORE STA SOFFOCANDO LÀ DENTRO, LASCIAMI!" gli urlo cercando di spingerlo, ma senza successo.
Lui non si arrende neanche quando scalcio. Mi tira a sé, tenendomi stretta, e indica qualcosa muovendo la testa verso sinistra. Mi giro e vedo i vigili del fuoco. Non so chi li abbia chiamati, ma spero che facciano presto.
Dopo una decina di secondi vedo l'auto grondare d'acqua ed un corpo privo di sensi che viene trascinato fuori dall'abitacolo.
Per fortuna sono stati molto rapidi. Teresa chiama velocemente un'ambulanza, perché io non riuscirei a fare proprio niente.
"Ti prego, fammi vedere se sono vivi!" dico voltandomi verso Tommaso.
"Tu sei sconvolta, non riusciresti a fare nulla. Ora devi cercare di calmarti, i vigili del fuoco li hanno liberati, anche se non so proprio come poiché l'auto era semidistrutta dall'impatto, ma ce l'hanno fatta e a breve arriverà anche un'ambulanza..."
Tommaso prova a calmarmi, ma io mi faccio avanti, anche se mi tocca tirarlo via con me. Vedo Bruno a terra, con le mani che gli coprono metà del viso e dalle fessure che ha creato con le dita sporgono gli occhi chiusi e immobili come se non avessero mai avuto vita.
Poco più in là c'è Serramanico, anche lui esanime, con una ferita sulla fronte, forse dovuta all'impatto. Dalla maglia bruciata s'intravedono macchie sul corpo... e una ferita allo stomaco, causata dalla violenza dell'impatto con il muro, che ha portato la cintura a spezzarsi. E poi... quella cicatrice! La ferita, che prima era piccola, ora si è allargata per non so quale strana ragione e ne sgorga sangue a fiotti.
Per fortuna l'ambulanza arriva subito e anche io, Tommaso e Teresa saliamo.
Prima che le porte si chiudano, però, vedo che Mattia mi saluta e sorride dall'altra parte della strada. Un brivido mi percorre la schiena. Come mai l'ha fatto? Che cosa voleva dire? Me lo chiedo perché ogni suo gesto è premeditato con il preciso scopo di fare qualcosa di brutto a qualcuno che, in quel determinato momento, per sua sfortuna, è nel suo mirino.
Le porte si chiudono e Teresa mi tira per un braccio, perché stavavo per rimanere incastrata tra le porte. Mi aggrappo a lei con tutte le mie forze e il pianto mi spezza il respiro. Salvatore, che conosco da pochissimo tempo e mi ha fatta sentire tranquilla in un modo che solo Michele riusciva ad utilizzare... e Bruno, che è stato l'unico uomo che ha continuato a farmi battere il cuore a mille pur essendo un uomo, nonostante la violenza di quel pazzo di mio fratello Mattia... anzi, di quel mostro mio fratello adottivo, al quale a dire il vero la parola non si addice neanche un poco.
Sono entrambi qui, feriti, ammaccati, asfissiati dal fumo, e chissà se riusciranno a sopravvivere a quest'incidente?
L'arrivo in ospedale, a causa del traffico, non è rapido come quello dell'ambulanza sul luogo dell'incidente e l'ansia che mi sta divorando da quando ho visto quella macchina aumenta ogni secondo che passo all'interno di questo veicolo. Quando finalmente arriviamo il personale dell'ospedale estrae immediatamente i due dall'ambulanza. Adesso hanno entrambi un velo davanti alla faccia, ma per quanto mi riguarda non serve a granché.
Io li ho visti.
Ho visto i loro volti contratti in un'orribile smorfia di pura sofferenza.
Ho visto quelle ferite sui loro corpi... e ho visto le fiamme.
M'inginocchio a terra e immagino un abbraccio di mio fratello. Solo Michele sarebbe in grado di rassicurarmi in un momento come questo, ma lui non c'è. Non può esserci perché Mattia ha fatto tutto e il contrario di tutto affinché lui non potesse.
"Fratellino mio, non puoi immaginare quanto mi manchi" dico tra i singhiozzi, anche se lui non mi può sentire.
Due braccia mi circondano le spalle e due mani morbide e fredde accarezzano la mia schiena. Alzo di poco il viso e riconosco quella ragazza: è Teresa, anche lei con il morale a terra e il cuore colmo di preoccupazioni troppo difficili da tirar fuori.
"Ce la faranno entrambi, ne sono certa!" mi dice dolcemente.
"Io ai miracoli non credo più!"
"E chi ha detto che questo dovrebbe essere un miracolo? Magari le loro condizioni non sono tanto gravi come crediamo!"
"Spero tanto che tu abbia ragione, perché non ne posso più di stare male!"
"Io ne sono più che sicura!"
"E poi... ho paura che anche questo sia colpa di quel pazzo!"
"Intendi Mattia? Cosa te lo fa pensare, scusa?"
"Prima che le porte si chiudessero lui mi ha salutata e mi ha sorriso."
"Ma questo non è particolarmente rilevante, sai?"
"Io sono sicura che quello che ha fatto avesse un significato!"
Nessuno potrà convincermi del contrario! Lui c'entra qualcosa con quello che è successo a Salvatore e Bruno. Sta facendo di tutto per togliere di mezzo tutte le persone che sono vicine a Dora.
Vuole farlo per farle qualcosa, proprio come ha fatto con me... ne sono sicura!
Tommaso
Mentre Angela e Teresa parlano e cercano di consolarsi a vicenda, io decido di andare al carcere. Mi dispiace che il povero Michele debba già avere brutte notizie, ma al contempo so per certo che lui deve sapere tutto quello che succede a persone che lo amano e che ama.
Mi attacco al campanello, perché l'ansia mi sta divorando vivo. Forse non mi faranno neanche entrare.
Viene ad aprirmi quel poliziotto con la faccia da schiaffi che ha gettato a terra Dora solo perché ha fatto tutto quello che poteva per difendere qualcuno che non le aveva messo un dito addosso.
"Chi cerchi con tanta urgenza?"
"Michele Genovesi. Devo parlare con lui."
Appena sente quel nome il poliziotto mi sbatte praticamente la porta in faccia.
Riprendo a suonare il campanello. Non mi muoverò da qui fino a quando non avrò visto Michele, non solo per quello che devo dirgli, ma anche per vedere se in poche ore gli è già stato fatto qualcosa a livello fisico.
"Fa' quello che vuoi! Io non ti apro... o forse posso farlo e farti trascorrere una notte qui dentro per disturbo alla quiete pubblica. Che te ne pare?" mi prende in giro quel deficiente.
"Perché non apri e mi trascini in cella, allora, vigliacco?" gli dico con rabbia, prendendo a pugni la porta visto che il campanello non sembra servire a granché. La porta viene spalancata nuovamente ed io ne approfitto per infilarmi in quell'edificio.
Inizio a correre verso una direzione a caso. Sta facendo buio e qui è difficile orientarsi, ma devo riuscirci. Magari, se con me ci fosse stata anche Dora che è abituata al buio, avrebbe saputo spiegarmi come agire, ma poiché lei non è qui mi toccherà fare da solo, secondo quello che ho imparato.
Mi avvicino ad un muro, lo tasto con le mani e trascino le scarpe sul pavimento, cercando di sentire la presenza di eventuali gradini, ma non essendo abituato finisco per inciampare proprio su di essi, rischiando di farmi tutta la scalinata a faccia in avanti. Mi alzo, afferro il corrimano e lo stringo con entrambe le mani per poi correre giù per quelle scale. Non so nemmeno se la direzione che ho preso sia o meno quella che mi porterà nella cella in cui ha la sfortuna di trovarsi il mio amico, ma so che devo tentare di raggiungerlo e parlare con lui.
Sento i passi del poliziotto dietro di me e accelero l'andatura. A costo di cadere, devo riuscire a non farmi prendere da lui.
Riesco a raggiungere una cella. Non so se sia quella giusta, ma non avendo modo di aprire il catenaccio che la chiude, batto forte i pugni contro la porta.
"MICHELE! MICHELE!" urlo con tutta la forza che c'è nei miei polmoni.
Sento un movimento. Come se qualcuno si stesse spostando per ascoltarmi.
"Michele, sei tu(" chiedo urlando.
Lui batte tre colpi alla porta. Quando giocavamo ad essere agenti segreti questo era il nostro segnale. Due battiti rapidi e un terzo lento.
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