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"69°: Promesse e pensieri"

Michele
"Vuoi che vada a chiamare qualcuno, Michele?" chiede il giovane, per poi alzarsi e andare in direzione della porta.
"Bruno. Dovrei dirgli una cosa." rispondo.
"Va bene. Vado a chiamartelo."
Si allontana e si chiude la porta alle spalle. È in quel momento che esplodo. Non voglio che né lui né altri vedano il mio dolore. Le persone che mi vogliono bene ci starebbero troppo male. Questo dolore deve essere solo mio. Solo mio!
Appoggio la fronte sul cuscino e piango disperatamente.
Spero che non entri la mia piccola... non voglio che lei mi veda in questo stato. Certo, tecnicamente non può vedermi, ma capirebbe lo stesso. Le basta il mio silenzio, un respiro trattenuto... le basta un niente per capire che sono triste.
Sento qualcuno battere alla porta e, per quanto possibile, cerco di ricompormi.
"Michele, sono io: Bruno. Posso entrare?"
"Certo, vieni!"
Bruno apre la porta e lo vedo avvicinarsi al letto.
"Cosa devi dirmi, amico?" chiede.
"Potresti chiudere la porta, prima?" chiedo esitante.
"Ma certo, Michè!"
Lui chiude la porta ed io batto ritmicamente la mano sul materasso, per fargli capire che vorrei mi si sedesse vicino.
Lui si accomoda sul letto ed io mi tiro su a sedere, ma, per non fargli capire che ho smesso da pochissimo di sfogare il mio dolore per questa storia, non lo guardo mai negli occhi.
"Bruno... ho bisogno di sapere che Dora starà bene, anche quando mi arresteranno..."
"Non lo faranno mai, Michele!"
Mi passo una mano sulla fronte. Lui ci prova a rassicurarmi, ma è il primo a non essere del tutto convinto di ciò che dice.
"Io temo che lo faranno, invece. In fondo chi sono io? Uno senza il becco di un quattrino, che si è gettato in una maledetta avventura dalla quale uscirà con una corda intorno al collo e un proiettile nel corpo... come un criminale che ha usato violenza contro una ragazza innocente! Una che lui stesso ha sequestrato!"
"No! No, Michele!" dice Bruno, portandosi le mani alla testa.
Lo vedo alzarsi di scatto e correre verso il muro. Ma che cosa ho fatto? Perché non riesco a contenermi, perché?
"Bruno, ti prego!" dico cercando di tirarmi su. Ci riesco e, con le poche forze che ho, lo afferro.
"Scusami... perdonami!" dice Bruno. Le sue mani sono tutte insanguinate.
"Va' a medicarti" dico.
"Non importa... dimmi quello che posso fare!"
"Quando mi rinchiuderanno... fa' in modo che tua sorella abbia tutto il supporto psicologico che le occorre. Curala tu stesso, se puoi. Fa' quello che vuoi, ma fallo! Quando hai parlato di quello che ha fatto mio fratello lei era disperata! Non deve perdere la testa, non lei, perché per quello è meglio che ci pensi io! Se devo condividere il destino di quel personaggio il pazzo devo farlo io, ma lei non deve seguirmi... sarebbe davvero troppo doloroso per entrambi e non è giusto..."
"Come si può pensare che tu abbia fatto del male a mia sorella se stai facendo di tutto perché lei stia bene prima di andartene? Come si può pensare questo se tu ti preoccupi di chiunque tranne che di te stesso?"
"Beh, forse è qui che sbaglio. Ma tanto cosa posso fare contro il potere di quella che chiamano giustizia? Cosa posso farci? Un bel niente!"
Se proprio devo finire in cella tanto vale che mi rassegni fin dal principio... sarebbe inutile sperare ancora.
"Farò quello che ti pare, ma tu non devi assolutamente abbatterti! Anche tu hai bisogno d'aiuto, amico mio. Molto bisogno!"
"Bruno... mi manderesti Salvatore? Lo cercherei io, ma non mi fanno uscire, capisci? Ho bisogno di chiedere qualcosa anche a lui."
"Ma stai tranquillo, Michele! Certo che vado a chiamarlo." dice per poi uscire.
Cerco di alzarmi, ma le vertigini mi assalgono nuovamente e avverto un lancinante dolore al petto.
La porta si apre di nuovo e rivela il ragazzo con un enorme cerotto applicato alla guancia destra.
"Serramanico! Oh! Viene ccà, t'aggia chiedere 'na cosa!" ["Ehi! Vieni qua, devo chiederti una cosa!"] gli dico calmo.
"Tutto chello ca vuò, Michè!"
["Tutto quello che vuoi, Michele!"]
"Ho bisogno che tu mi faccia una promessa..."
"Che promessa?"
"Resta accanto a Dora, Salvatore... ti prego! Per me è importante che lei stia bene e ho notato che ha acquistato fiducia in te."
"Michè, io lo faccio... ma solo fino a quando non ritornerai tu, hai capito?"
Scuoto la testa per accennare un no.
"È questo il problema... io non tornerò più, Serramanico... mi sbatteranno dentro e tutti vivranno "felici e contenti"!" dico mimando le virgolette e parlando con amarezza.
"Michè, non dire sciocchezze!"
"Non sono sciocchezze. È rassegnazione... ed io in genere non sono il tipo che si rassegna, ma purtroppo questa volta non ho scelta... mi toccherà farlo!"
"Michele, l'hai detto anche tu: non sei itipo da rassegnazione... allora gridalo a tutti che non hai fatto niente a Dora! Lei lo sta facendo e non immagini quanto questa storia la faccia soffrire, povera piccola!"
"Cosa potrei fare? Mi vedo già condannato!"
"È qui che sbagli, Michè!"
"Perché?"
"Perché, fino a quando non sarai sottoterra, non sarai condannato a un accidente, capisci? Solo quando smetterai di respirare sarai condannato davvero... fino ad allora puoi ancora lottare!"
Il suo tono di voce mi trasmette forza.
Lui è l'amico inaspettato, quello che ti si mostra soltanto quando capisce che può fidarsi.
"Tu credi che io abbia ancora qualche speranza?" chiedo, perché è come se, in un certo qual modo, l'entusiasmo di questo ragazzo mi contagiasse.
"L'ho detto a lei appena sei arrivato in ospedale e lo ripeto a te. Tu sei una roccia, è difficile toglierti di mezzo!" mi dice.
"Anche le rocce si sgretolano."
"Certo, ma mai del tutto in una sola volta. Per distruggerle del tutto, se non hai persla memoria dopo aver sbattuto la testa, ci vogliono un bel po' di anni."
Abbozzo un sorriso. Quando si mette in testa qualcosa è molto difficile fermarlo. L'ho imparato a mie spese, quando ho cercato di allontanarlo da Dora perché non mi piaceva assolutamente il modo in cui la guardava... o meglio: la divorava con uno sguardo.
"Lei è qui fuori. È molto scossa per quello che le ha fatto quel poliziotto e preoccupata per te. Ti va di vederla? Magari riuscirai anche a rassicurarla, cosa in cui sei l'unico a riuscire fino in fondo" mi dice.
"Certo" rispondo. Cerco di alzarmi, ma lui mi blocca.
"Stai tranquillo, non è necessario. Tu non stai ancora bene. Ci vado io a prenderla e te la porto qui..."
Vedo la porta aprirsi. Questa volta, però, resta aperta. Pochi secondi e vedo una piccola figura vicino al letto.
"Vieni qui, piccola" le dico battendo la mano sul materasso. Lei mi si avvicina e mi si getta tra le braccia. È pallida come uno straccio, trema e non riesce a spiccicare mezza parola. Riesco a girarmi quel tanto che mi basta per vedere un segno rosso sul suo polso... un cerchio, per essere precisi.
"Piccola, ti prego, di' qualcosa! Qualsiasi cosa, ma parla!" dico stringendomela forte al petto. Lei trema ed io allento la presa. Ho paura che si sia sentita costretta a starmi vicino attraverso quest'abbraccio.
"Scusami... non volevo metterti paura, credimi! Non volevo!" le dico tirandomi un po' più indietro, sperando che questo possa tranquillizzarla almeno un po'.
"N-non... non è questo..." sussurra lei. "Come stai? Come stai?"
"Sto bene, tesoro. Va tutto bene." le dico, dimenticando quanto sia brava a capire quando mento attraverso il mio tono di voce.
"Ti hanno detto che ti arresteranno?"
Non ho il coraggio di risponderle. Non ci riesco.
"Non è giusto!"
"Piccola, ti prego! Non ti agitare! Hai già abbastanza problemi, non puoi occuparti anche dei miei!"
"Ma non capisci che io non voglio perderti? Non voglio!" mi dice.
"Neanch'io lo voglio..."
"Dimmi che cosa ti hanno detto, Michele, ti prego!"
"Quello che ti ha fatto questo dice che mi arresteranno a prescindere da quello che dirò. L'altro ha voluto una mia deposizione. Ha detto che la consegnerà lui a chi di dovere!"
"Come si chiama l'altro?"
"Christian..."
"Oh mio Dio... spero tanto che lui riesca a fare qualcosa... non possono rinchiuderti..."Le
accarezzo la schiena. Lei trema e appoggia la fronte al mio petto. Se ora che mi hanno parlato la sua reazione è stata questa, cosa succederà quando mi arresteranno o quando mi condanneranno? Cosa succederà?
"Piccola, sono qui! Sono qui!"
"Certo, ma per quanto tempo sarai qui?""
Non importa... quello che conta per me è esserci adesso."
E soprattutto sapere che tu, qualunque cosa succeda, non ti spegnerai, come mi hai detto un po' di tempo fa, quando non ero ancora in grado di parlare verbalmente.
"Non starò mai più bene se ti porteranno via!"
"Invece starai bene. Sopravviverai."
"Ma non vivrò."
"Imparerai a fare anche questo, piccola. Mattia e Gabriele non sono riusciti ad abbatterti... e nemmeno io ci riuscirò. Non voglio riuscirci, perché nel mondo servono persone come te, che lottano, non si arrendono e portano la loro croce a testa alta... sempre!"
Io credo in lei. Io voglio crederci!
Spero che possa trovare l'amore che cerca, quello che ti cura le ferite, che ti risolleva dopo una brutta caduta... quello che io non posso darle.
Non so che cosa darei per poter essere io quell'amore, ma non potrò farlo.
Trattengo le lacrime che, nel vederla in quello stato, spingono per uscire. Non può succedere, non ora! Non deve succedere davanti a lei... almeno ora che ho una specie di libertà, (relativa, visto che sono ancora in ospedale), voglio essere forte anche per lei, che durante questo mese di coma ha cercato di esserlo per me. Io lo so quanto ha sofferto: ho potuto sentirlo sulla mia pelle quel dolore che la tormentava e la logorava come un dannato parassita. Quel verme che, ora come ora, purtroppo sta distruggendo me.
"Ehi!" dice di punto in bianco.
Sento le sue mani posarsi sul mio viso, quasi avesse percepito la mia tensione... quasi avesse capito che sto per scoppiare in lacrime insieme a lei, come è già successo parecchie volte.
"Forse non hai tutti i torti... io sopravviverò e vivrò... ma forse lo farò insieme a te..."
Vedo che si sta sforzando di non scoppiare di nuovo a piangere, per darmi coraggio, e mi sento ancora più vigliacco di quel degenerato di mio fratello.
"Non sei affatto un vigliacco, Michele! Quante volte mi hai risollevata dalle mie ansie e dal dolore per la lontananza dei miei familiari?"
Spalanco gli occhi e la bocca. Come diavolo ha fatto a capire che stavo pensando proprio a questa cosa? Come ci sarà riuscita?
Lei sembra capire ancora a cosa sto pensando e mi sorride. Non la guardo, perché sotto il suo tocco delicato, istintivamente, ho chiuso gli occhi, ma la sento sorridere.
"Perché hai gli occhi chiusi?" mi chiede.
"Non lo so perché... ma voglio restare così ancora per un po', tesoro."

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