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"66°: Notizie, forza e dolore"

Dora
Sento la porta aprirsi e delle voci. Sono entrati tutti: Bruno, Salvatore, Angela con la sua bimba, e ci sono anche Teresa e Tommaso! Serramanico mi prende una mano e mi fa toccare il suo viso. Ha la pelle leggermente umida e questo mi fa capire che quando Michele si è ripreso lui ha pianto come ho fatto io quando sono arrivata da lui.
Michele riceve l'accoglienza che merita: l'espressione della gioia di tutti noi nel vedere che sta bene, nel constatare che è tornato a tutti gli effetti, perché può parlare. Questa gioia, però, non dura molto a lungo. Bruno è silenzioso e questo mi fa capire che qualcosa non va.
"Michele... io dovrei parlarti" dice di punto in bianco.
Io mi stacco da lui, insieme a tutti gli altri, ma mio fratello mi ferma delicatamente il braccio. Io non m'irrigidisco, perché non stringe tanto la presa.
"No, tesoro, tu resta. Credo sia meglio che io lo dica anche davanti a te."
Gli altri escono e si chiudono la porta alle spalle. Io crollo nuovamente in ginocchio, perché ho capito di cosa vuole parlare.
"Michele... mi dispiace davvero tanto, credimi! Ho fatto di tutto per aiutarti, ma non ho potuto fare niente... perché è accaduta una cosa terribile!"
"Non capisco, Bruno. A cosa ti riferisci?" gli chiede lui.
"Il fatto è che tuo fratello ha riversato tutta la colpa di quello che è successo a mia sorella su di te. Ha detto che non era lui a volerle togliere la sua dignità..."
"Ha detto che sono stato io ad aggredirla, non è vero?" chiede Michele. Come diavolo fa ad avere un tono così tranquillo?
Non ci sono altre parole e per questo immagino che Bruno abbia fatto un cenno d'assenso.
"Ha detto anche che ti ha sparato perché, per arrivare al tuo scopo, gli hai dato un colpo in testa."
Mentre Bruno parla io tendo la mano destra e cerco quella di Michele, che capisce al volo.
"Bruno... mi lasceresti un momento con lei? Credo che sia un po' agitata."
"Non posso neanche darle torto, Michele. Sai quanto ti vuole bene, no?"
"Certo che lo so. È per questo che non voglio che stia male."
Porto una mano al petto e sento il cuore battere a mille.
"Se riesci a tranquillizzarla ti faccio un monumento!" dice Bruno per poi uscire dalla stanza e chiudere la porta. Io resto sola con Michele e mi sento malissimo.
"Piccola, ti prego, calmati!"
Lui, pur muovendosi lentamente poiché è ancora stordito, mi attira a sé e mi stringe come se volesse proteggermi, anche se, purtroppo, è lui ad aver bisogno di protezione.
"Non posso, Michele, non posso" gli dico.
"Tesoro,va tutto bene, credimi! Io sto bene!" mi dice.
"Come puoi dire che va tutto bene? Non va affatto bene, Michele, non va bene, non va bene" continuo a ripetere tra i singhiozzi.
"Se questo è il prezzo da pagare perché il mio gemello ti lasci tranquilla per sempre, io voglio pagarlo!"
"Ma non capisci che se ti arrestassero non sarebbe facile salvarti? Ti metterebbero una corda al collo e ti sparerebbero un colpo! Non è giusto! Lo capisci che non è giusto?"
"Nemmeno il fatto che tu abbia subito le angherie di mio fratello lo è, ma tu non te ne sei mai lamentata" dice.
"E io come faccio?"
"Tu ce la farai, perché hai una grande forza, piccola!"
"Io non voglio che ti arrestino! Non voglio che ti portino via!"
"Piccola, tu e gli altri avete fatto tantissimo per impedirlo."
"Sarà, ma non è bastato!"
"Al giudice no, ma a me è bastato eccome!"
"Perché?"
"Perché è la dimostrazione del fatto che mi volete bene e che, quando sarà finito tutto, lascerò un segno positivo dentro di voi."
"Ti vedi già condannato, vero?"
"Piccola, la giustizia... "non è tenera con chi agisce a danno di una ragazza e di un suo familiare"."
Lo dice con enfasi, forse per farmi ridere, ma ora come ora neanche questo serve per ottenere quello scopo nello specifico.
"Questa non puoi chiamermela giustizia! Tu non mi hai fatto proprio nulla!"
"No, ma avrei voluto fare molto di più per te. Ad esempio avrei voluto evitarti il momento in cui mio fratello mi ha sparato o quello in cui ti ha dato un morso su questa mano." dice, togliendo una mano dalla mia schiena e posandomela sul dorso della mano sinistra. Il segno di quel morso, a quanto mi è stato detto da Bruno, ormai non esiste più... ma il vero segno, con quell'orribile gesto, quel mostro me l'ha lasciato dentro.
"Io non ce la faccio. Se ti succede qualcosa io che faccio?"
"Turoverai un altro Michele."
"Cosa?"
"No, non fraintendermi. Voglio dire che troverai qualcuno che ti voglia bene almeno quanto te ne voglio io... ma forse è meglio che non sia un Michele. Il mio nome suona bene, ma è un nome sfortunato, purtroppo."
"Non esiste un altro Michele!"
Io ho capito la sua metafora. Lui voleva dire che è meglio che io non trovi un altro che agisca come lui, perché di questi tempi potrebbe fare una brutta fine.
Il nome non c'entra affatto.
Ma io dove lo trovo uno come lui? Non esiste una persona uguale ad un'altra, questo è certo. Come posso pretendere d'incontrarla e d'innamorarmi? Eh già! Alla fine Serramanico ha ragione: mi sono innamorata di questo ragazzo che per non rovinare la mia vita forse sta perdendo la sua.

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