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"64°: Sei tornato!"

Salvatore
Angela si è finalmente addormentata. Era distrutta, povera piccola! La guardo e mi fa tenerezza. I suoi occhi sono gonfi e rossi per quanto ha pianto per colpa di quel pazzo di suo fratello.
Io non riesco a dormire. Mi sono girato e rigirato tra le coperte, quelle del divano, perché ho preferito dormire là visto che l'agitava l'idea di dormire con un uomo diverso da suo fratello Michele. Non potendone più mi sono alzato dal letto e sono andato a controllarla. Lei, per fortuna, si era addormentata da un pezzo e sembrava tranquilla, quindi mi sono messo seduto sul pavimento per guardarla. Ho aspettato un bel po' prima di controllare l'orario. Sono le cinque e mezza.
Continuo a guardare quel volto angelico e ripenso al povero Michele.
Lui si è beccato un proiettile da quella canaglia!
Esatto! Quella canaglia!
Mattia non è altro ed io non posso permettere che l'abbia vinta... per nessun motivo al mondo! Devo assolutamente fare qualcosa per lei e per Dora, che stanno soffrendo le pene dell'inferno. Magari se provassi a parlare a Michele con il cuore in mano potrei ottenere qualcosa.
Prendo in braccio Angela, perché non voglio rischiare che Mattia venga a trovarla anche qui e le faccia del male.
"Ti aiuterò io, piccola, perché potresti essere tu la sorellina che non ho mai conosciuto" dico a bassa voce. Mi fermo a guardare il vecchio casale la cui porta è stata distrutta.
Vi entro, perché, per qualche motivo, ho la sensazione di doverlo fare. Dopo porterò Angela a casa di Bruno e Dora e andrò a prendere anche sua figlia. Anche lei è in pericolo stando vicino a Mattia, forse più della madre.
Entro nel casale, stringendo forte a me quel corpo caldo e morbido come quello di una bambina, perché per me in questo momento Angela rappresenta proprio questo, anche se purtroppo ha sofferto le pene dell'inferno in poco tempo... diciannove anni.
Quando entro mi guardo intorno: in questo posto ci sono i segni della malvagità di quel mostro.
Cocci di vetro, capelli strappati, pezzi di tessuto coperti di sangue. Anche il divano è sporco e, al centro del salotto, c'è un circolo di gocce rosse. Il sangue di quella ragazza! Poco più a destra c'è una singola macchia, piuttosto grande e di una strana forma, impossibile da definire. Questa, di certo, è del povero Michele.
Gli occhi bruciano, le tempie sbattono.
È tutto un disastro. C'è un minimo di luce, ma non basta a rischiarare il buio che ci circonda. Michele reagisce, ma se dovesse riprendersi troppo in fretta finirebbe al fresco. Lui, che non lo merita affatto! Forse Angela ha ragione: la giustizia non esiste! Ripenso alle grida disperate di Dora, alla sua maglia tranciata in due da chiodi e schegge di vetro, dal sangue che le usciva praticamente da ogni parte del corpo, le lacrime che grondavano dai suoi occhi... e la smorfia di dolore sul volto di Michele, che giaceva inerme, su quel pavimento imbrattato di rosso, di dolore e di cattiveria gratuita. Qui dentro c'è stato soprattutto questo, perché, nonostante gli sforzi di Michele, questo posto rappresenta solo dolore e niente di più.
Improvvisamente urto qualcosa che è per terra.
Abbasso lo sguardo e trovo una piccola scatola di legno. Mi abbasso, la raccolgo e me la metto sotto il braccio, facendo attenzione a non far cadere a terra la ragazza che ho tra le braccia. Esco dal casale e raggiungo la mia auto. Anche se faccio un po' fatica, la apro. Adagio Angela sui sedili posteriori e mi metto alla guida. Prendo di nuovo la scatola, sistemandomela sulle ginocchia.
La apro e resto sconvolto: ci sono delle lettere in nero, fatte di legno.
Ricordo che una volta Dora mi disse che aveva chiesto a Michele di insegnarle a scrivere in nero. Voleva imparare, perché lui aveva lavorato tanto per imparare la scrittura Braille. Devo portarle questa scatola, perché sono sicuro che sarà contenta di averla. Guardo quelle forme, di certo fatte in poco tempo, e dal modo in cui sono intagliate capisco che lui in questo gesto ha messo il cuore e l'anima.
Inizio a guidare, ma vado molto piano, perché Angela è dietro, dorme e non voglio rischiare di farla cadere. Mi fermo davanti a casa di Bruno, vedo che è affacciato alla finestra e gli faccio segno. Lo vedo allontanarsi da là e raggiungermi.
"Salvatore! Che ci fai qui, a quest'ora di notte?" chiede.
"Bruno..." dico indicandogli i sedili posteriori della mia auto. Lui apre la portiera e prende tra le braccia Angela. "Portala dentro e va' a prendere anche Serena, ti prego! Non voglio lasciarla nella stessa casa di quell'animale... Per favore..."
"Tranquillo, ci ho già pensato. Serena è dentro. Mia sorella si sta occupando di lei. Anche lei era preoccupata, te l'assicuro!"
"Bruno... dimmi una cosa... tu vuoi bene ad Angela, vero?"
"Non puoi neanche immaginare quanto io tenga a lei" risponde.
"Allora l'affiderò a te, perché per me è come una sorella minore."
Bruno la stringe a sé, come per farla diventare un tutt'uno con il suo corpo.
"Ma dov'è che vuoi andare, Ser... Salvatore?"
"Vado a parlare con una persona che ha un disperato bisogno di un po' di luce." rispondo.
"Cosa vuoi dire a Michele?"
"Qualcosa che mi auguro che possa aiutarlo!"
Lui mi sorride.
"Allora siamo nelle tue mani!"
Richiude la portiera ed io mi dirigo verso l'ospedale. La guardia, capendo per chi sono venuto, mi lascia passare.
Entro in quella stanza, prendo una sedia e mi metto vicino a quel ragazzo che in pochi mesi ne ha passate veramente tante.
"Come va, Michè?" chiedo.
Ovviamente non mi aspetto una risposta verbale. Lui non può parlare.
Ma magari, se ci metterò tutto il cuore in quello che dico, come ha fatto quella ragazzina poco tempo fa, otterrò qualcosa come è successo a lei.
"Dimmi una cosa: non ti manca dialogare con gli altri? Non ti manca la luce del Sole? E soprattutto: non ti manca quella ragazza?"
So perfettamente che lui ha capito benissimo a chi faccio riferimento.
"A lei manchi e anche a tua sorella Angela. Ti sembrerà strano sentirlo dire a questo pazzo, ma anche a me manchi, amico! Michè, tu, Bruno, Angela e gli altri, siete i miei primi, veri amici... quelli per i quali salterei nel fuoco senza pensarci su due volte. È per questo che sono venuto a parlarti, Michele! Abbiamo bisogno di un eroe. Un vero eroe, e in tutto questo bel gruppetto ci sei solo tu che puoi fare questo. Io credo a Dora... le credo quando dice che è svenuta e che tu le hai parlato. Però vorrei che riusciste a parlarvi senza questi malesseri e senza segnali strategici come un numero di strette di mano. Io credo in te, Michele..."
Mi fermo di colpo, perché vedo un piccolo movimento e sento un gemito.
"Michele!" esclamo stupito.
"Non... ti libererai tanto facilmente di me..." sussurra.
Io mi metto a piangere come un bambino! Lui può parlare, è sveglio, interagisce... mi ha sentito... e si è ripreso!
"Sei tornato, amico mio! Finalmente! Sei tornato..."

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