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"56°: L'amore di un fratello"

Bruno
Mia sorella si sta facendo del male. Grida, piange e sbatte con forza i pugni contro il muro. Io le blocco i polsi e le urlo contro, ma lei, a questo mio gesto, si spaventa a tal punto da spingermi fino a farmi cadere a terra di spalle.
"NON MI TOCCARE!" urla come se avesse veramente perso la ragione. "Ma non l'hai ancora capito? Io sono già una pazza isterica e la colpa è di quel maledetto!"
La guardo. Lei continua a tremare, si accascia a terra e tocca il pavimento con la fronte e con le mani sanguinanti e piene di graffi.
Mi chino verso di lei, ma non la tocco. Non voglio rischiare un'altra sua reazione inconsulta. Lei non voleva gettarmi a terra per farmi del male, ma io, gridandole contro per farla smettere di sbattere i pugni contro il muro, l'ho spaventata e ho provocato quella reazione.
"Piccola, sono io! Sono tuo fratello Bruno. Perdonami, non volevo... non volevo spaventarti, davvero!" inizio a balbettare, non sapendo cosa potrei dirle. Lei soffre per il mio amico, che ha rischiato la vita per lei e ora è in bilico su un filo sottilissimo, sul quale il miglior funambolo manterrebbe l'equilibrio soltanto in caso di un miracolo.
"Bruno... santo cielo... io non volevo! Perdonami tu... non volevo farti cadere. È solo che quando hai alzato la voce... ho avuto paura, e quando hai stretto tra le mani i miei polsi... mi sono sentita come se mi mancasse il respiro. Sentivo le mani di Mattia sul mio corpo, e..."
"Dammi le mani, ti aiuto ad alzarti" le dico. Lei tende le braccia, ma le sue mani tremano terribilmente a contatto con le mie. "Questa storia ti sta portando a perdere la testa, piccola!"
"No... n-non mi ci sta portando affatto, perché io la testa l'ho già persa!"
Le lacrime continuano a scendere insistentemente.
Lei soffre, perché quello che Mattia voleva farle, unito a quello che è successo a Michele, la sta portando all'esasperazione. Lei si crede già condannata.
"No, amore mio! Tu sei atterrita, è per questo che ti senti come se avessi già perso la ragione. Ti assicuro che non è vero, altrimenti non ti saresti resa conto di avermi allontanato in maniera brusca e non ti saresti scusata. Lo so, sto per chiederti qualcosa di molto difficile, ma ti prego di rialzarti e lottare. Posso assicurarti che anche Michele lo sta facendo."
"Michele... Michele..." sussurra e il suo pianto s'intensifica ulteriormente.
"Sì: Michele."
"Perché dici questo, Bruno?"
"Beh, perché... per l'intervento al quale ha dovuto sottoporsi e per la sua malattia al cuore la terapia di preparazione richiedeva molto più di una settimana. Lui sta lottando per te, perché sa quanto stai male per quello che gli è successo e vuole incoraggiarti a fare lo stesso."
"Ma io non sono forte, Bruno!"
"Sì che lo sei, Dora! Tu sei riuscita ad amare i tuoi occhi, persino a scherzarci, dopo essere stata derisa per anni per questo! Hai affrontato un rapimento, cambiamenti continui e repentini... hai prestato tu i primi soccorsi a Michele quando è successo quello che è successo, e hai chiesto aiuto ad una persona che praticamente ti era sconosciuta e ti spaventava parecchio. Tu sei forte, devi solo riuscire a ritrovare quella forza che è dentro di te..."
"E se non ci riuscissi? Cosa succederebbe?"
"Se non ci riuscissi da sola ci sarò io qui ad aiutarti. Sono o non sono il tuo fratello maggiore, quello terribilmente insopportabile?"
"Non è vero, lo sai. Io non ti ho mai dato dell'insopportabile, fratellino. Casomai... testardo, insistente... o anche determinato. Cose del genere" mi dice.
"Non è che stai parlando di te e mi stai usando come copertura, birbantella?" le dico e vedo una smorfia formarsi sul suo viso. "Ehi! Stavo solo scherzando, piccola... lo facevo solo per farti ridere..."
Lei annuisce, ma dalla sua faccia capisco che qualcosa è rimasto in sospeso.
"Bruno... più che aiutare me a stare meglio... io vorrei chiederti di aiutare Michele ad uscire da questo guaio in cui si trova" mi dice con un tono talmente basso da essere appena udibile. "Per favore..."
"Certo, tesoro. Proverò a chiedere a Christian cos'altro si può fare, perché di farti tornare da quel giudice non se ne parla! L'avrei picchiato a sangue per quante ferite ti ha riaperto..."
La porto verso l'entrata di casa. Salvatore è ancora lì, per mia fortuna.
"Serramanico! Oh! Me lo faresti un favore?" chiedo.
"Dimmi dottore" risponde lui.
"Resta con mia sorella. Io devo correre al commissariato ed informarmi su come procede la storia giudiziaria di Michele. Te lo chiedo perché temo che Mattia, se la sapesse sola, si farebbe vivo un'altra volta."
"Tranquillo, a me fa piacere. Tu vai... e fammi sapere di Michele, okay?"
"Stai tranquillo, ti terrò informato" gli dico calmo.
Esco di casa e mi chiudo la porta alle spalle. Mentre vado al commissariato ho il cuore in gola. Ho paura, perché se per il mio povero amico non ci fosse niente che io possa fare mi sentirei male sia per lui che per mia sorella che sta male già per conto suo. Non voglio che crolli definitivamente.
Arrivo in commissariato ed è proprio Christian a venirmi incontro e chiedermi cosa mi occorre.
"Chris... ho bisogno di parlare con te."
"Vieni, andiamo in ufficio." mi dice Christian, precedendomi su per una scalinata piuttosto lunga.
Christian sposta una sedia e mi fa sedere.
Prima di sedersi a sua volta chiude a chiave la porta.
"Bruno... sei venuto a chiedermi di Michele, vero?"
"Esatto. So che tu sei il vicecommissario, per questo ti chiedo di aiutarmi. Michele è una brava persona... ti assicuro che non avrebbe mai alzato un dito su mia sorella."
"Io ti credo, Bruno, e la reazione di tua sorella è inequivocabile."
Christian si ferma e sospira, passandosi una mano tra i capelli. È frustrato almeno quanto me.
"Il problema è che al suo caso è stato assegnato quel giudice, che non crede alla versione di una ragazza solo perché è cieca o sconvolta da quello che ha vissuto. Hai visto come si è posto nei confronti di tua sorella, no? Ha iniziato a farle domande orribili e non inerenti alla questione. L'ha esasperata, povera piccola!"
"Lo so, Chris. Proprio poco fa ha avuto una crisi. Le ho detto che per Michele non ho potuto fare granché, lei si è infuriata e ha iniziato a prendere a pugni il muro. Io l'ho bloccata e ho alzato la voce, quindi lei si è spaventata e mi ha gettato per terra. Questa maledetta storia prima o poi la farà impazzire!"
Christian porta le mani al viso e lo sento sospirare ancora una volta.
"Ma ci sarà pur qualcosa che possiamo fare per aiutare quel poveretto! Lui alla fine ha agito per proteggere mia sorella, perché nessuno ci crede? Perché?"
Christian mi guarda, ma non dice una parola.
Ora sono io a scoppiare in lacrime, perché se alla corda ci dovesse davvero finire Michele non potrei mai perdonarmelo. Il mio migliore amico non merita di fare questa fine! È una brava persona... forse un po' matto, ribelle, troppo coraggioso per quelli come suo fratello, ma non è giusto che la sua vita finisca in questo modo a causa di quel disgraziato!
"Bruno! Bruno, calmati!" Christian si alza e batte le mani sulle mie spalle.
"Io parlo di mia sorella, ma se questa storia finirà male a perdere la testa sarò proprio io perché Michele non lo merita!"
"Bruno, ascoltami. L'unica cosa che posso consigliarti, anche dopo che Michele si sarà ripreso dal coma, è di allungare il più possibile i tempi del suo ricovero. Il giudice è stato chiaro: Michele verrà curato, resterà in ospedale il tempo necessario al suo recupero fisico, ma dopo verrà arrestato e Dio solo sa cosa succederà."
Abbasso la testa e chiudo gli occhi per qualche istante.
"Dovrò parlarne con il dottore. Io sono solo un tirocinante e non posso prendermi nessun tipo di responsabilità a livello di cure mediche, ma lui potrà capire, ne sono sicuro!"
"Con il dottore ci parlerò io."
"Grazie Chris! Grazie mille!"
Mi alzo e agisco in un modo che in realtà si addice più a Dora che a me, ma in questo momento è meglio che non ci pensi, perché sono troppo grado al mio amico poliziotto e in queste circostanze cosa può importarmi?
Lo abbraccio e basta. L'importante è che sappia che gli sono grato e che Michele esca vivo da questa storia... di tutto il resto... dei giudizi, della forma... in fondo che cosa me ne importa?

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