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"55°: Notizie e gesti inconsulti"

Dora
"Io... lo..." sussurro. Non so che cosa stavo per dire, ma non riesco a finire la frase.
Sento la voce di mio fratello.
"Dora! Signora Alessandra!" dice. È un po' agitato, ma non sembra sia successo qualcosa di grave.
"Bruno! Come sta? Come sta?"
"I medici sono riusciti ad estrarre il proiettile. Non sembra ci siano danni al cuore, ma ora bisogna aspettare che Michele si svegli per capire se effettivamente è andato tutto bene." risponde.
Abbraccio mio fratello, nascondendo il viso nel camice che gli è stato dato. Tremo, perché ho ancora paura, ma almeno ho un minimo di speranza in più.
Io, Bruno e la signora Alessandra torniamo dentro.
Adesso bisogna solo aspettare, giusto? Beh, spero soltanto che quest'attesa porti Michele a risvegliarsi: soltanto questo.
"Tesoro, tu dovresti tornare a casa" mi dice Angela. "Sei pallida e stremata."
"Io... io preferisco restare qui. Vorrei rimanere accanto a lui."
"Tesoro, Michele capirà" dice mia madre.
"Va bene" acconsento infine.
"Poi ti raggiungeremo a casa, tranquilla." mi dice mio padre.
"Ci penso io ad accompagnarla."
"Salvatore, non disturbarti. Torno da sola."
Mi dirigo verso l'uscita, ma lui mi ferma per un braccio. La sua presa forte mi fa fare qualche passo indietro. Lui stringe la presa e mi sorride con dolcezza.
"Te lo farei anche fare, ma con Mattia in giro... mi perdoni, signora Alessandra, è pericoloso che tu te ne vada in giro da sola, soprattutto dopo quella storia!"
"Va bene." dico infine, stringendo a mia volta la sua mano. Salutiamo tutti e ci dirigiamo verso l'auto. Stavolta mi siedo accanto a lui e indosso la cintura di sicurezza, ma cambia anche qualcos'altro. Lui va piano, come forse non ha mai fatto da quando lo conosco. Questo mi porta anche a concentrarmi e mi ritrovo a ripensare al mio primo giorno in casa di Michele.
""Chi sei? Perché sono qui? Dove sono i miei genitori? Cosa ci faccio con te? Cosa?"
"Ti prego, cerca di stare calma!"
"E come faccio? Io non ti conosco! Non posso fidarmi di te"!"
Le lacrime spingono di nuovo contro i miei occhi, ma stavolta non voglio piangere!
Lui si ferma e lo sento aprire la sua portiera.
Apre anche la mia, scendo e mi sento tirare in un abbraccio. Lui ha capito, anche se non so come abbia fatto.
"A cosa pensi?"
"Io..." sussurro, stringendomi a lui a mia volta.
"Pensavi a lui, non è vero?" mi chiede.
"Pensavo a quando mi ha rapita... per... per evitare che lo facesse quel mostro! Io non gli credevo, ho gridato contro di lui, gli ho detto che non mi fidavo di lui!"
"Senti, tu va' dentro, io resto qui di guardia. Hai bisogno di stare un po' tranquilla... e smettila di sentirti in colpa per qualsiasi cosa!"
Entro di corsa.
Mi rinchiudo in casa, nella mia casa, dopo aver salutato il mio Pegaso! Mi è mancato tantissimo! Entro, vado nella mia stanza e mi butto sul letto. Mi sento a pezzi, vorrei solo chiudere gli occhi, sognare lui e, magari, parlargli in sogno. Forse mi sentirò meno in colpa se gli dirò che mi dispiace davvero tanto almeno in sogno... già, almeno in sogno.
Mi addormento, ma il mio sogno non è quello che speravo. Anzi, è il contrario!
"Mi dispiace, ragazzo" dice un uomo.
"Non importa... lei ci ha provato!" risponde una voce che mi è molto familiare.
Il rumore di una carrucola. E poi di nuovo una visione, che non so come sia possibile. In genere chi nasce ad occhi chiusi come me non sogna immagini e il fatto che io ne stia sognando una mi spaventa.
Vedo di nuovo la faccia di Michele. Lui è su quel palchetto, come nell'altro sogno, con una corda intorno al collo. Non è un comune cappio, di quelli che vengono chiusi sopra la testa. Non ti mettono su uno sgabello al quale viene poi tirato un calcio che lo rovescia e ti lascia senza respiro in un attimo. La corda, in questo caso, è collegata ad una carrucola. C'è un nodo non troppo stretto. La carrucola gira, tira la corda e quella si stringe intorno al collo del poveretto che ha sbagliato. Era meglio l'ergastolo! Ma loro non ti tolgono la vita in questo modo. Ti stordiscono, poi te la tolgono e... BUM!
Almeno nel mio sogno.
"NO, NO, NO!" grido.
Mi sveglio con la fronte imperlata di sudore e mi ritrovo sdraiata sul pavimento.
Mi alzo da terra. Tremo come non ho mai fatto e vado a recuperare il cellulare e la Barra Braille, una macchinetta che mi consente di scrivere senza dover utilizzare l'Audio. Cerco su Internet: "Metodi di esecuzione in epoca odierna" e rabbrividisco: il metodo corrisponde a quello che ho appena sognato per chi usa violenza contro una donna. Il proiettile che viene sparato non è come quello usato da Mattia. Ha una forma conica, ti s'insinua sotto la pelle e contiene un veleno che ti si sparge nel sangue, provocando febbre, dolore e delirio. Nella "migliore" delle ipotesi la vita finisce dopo due giorni.
Sento qualcuno entrare e sussulto, ma mi tranquillizzo capendo che si tratta di mio fratello Bruno.
"Piccola... che ti succede?" mi chiede agitato.
"Bruno... hai saputo qualcosa della denuncia?"
"Purtroppo le cose si mettono male. L'unica cosa che ci è stata concessa è stata una proroga per le cure di Michele e temo sia perché dopo lo faranno soffrire ancora di più."
"Perché?"
"Perché per tentata aggressione a una donna e danni fisici ad un familiare prima ti tengono in carcere molto a lungo... poi devi sperare che ci sia un processo. Con un processo puoi sperare di uscirne, ma se dovessero toglierti anche questo l'unica cosa sarebbe rimanere in carcere fino all'esecuzione."
"Se fosse stato fatto al vero colpevole forse qualcosa l'avrei capita... ma lui è innocente! Lui non ha fatto proprio niente di male!"
"Piccola, finché lui sarà in ospedale avremo tempo per cercare delle prove contro Mattia... spero che non si debba arrivare al carcere, perché i detenuti tra di loro non si fanno niente, ma i poliziotti non sempre si comportano bene. Alcuni sono galvanizzati dal loro senso di giustizia, purtroppo... tranne qualcuno. I detenuti non sono un pericolo, perché ne vedi qualcuno solo se ce l'hai come compagno di cella. Non li fanno mai uscire di là, soprattutto se hanno commesso dei reati gravi. Le carceri sono terribili!"
Mi sento ancora peggio. Ho veramente paura.
Che ci potrebbe fare lui in un posto del genere se è la persona più innocente che io conosca, se si esclude il momento in cui gli toccano una persona che ama?
"Bruno... lui non può finire dentro! È orribile!"
"Piccola, ti assicuro che sto facendo tutto quello che posso per aiutare Michele. Sai quanto bene gli voglio, altrimenti non ti avrei lasciata nelle sue mani tanto facilmente... ma Mattia ci ha sbarrato ogni strada possibile, purtroppo. Temo che la tua aggressione e la sua denuncia fossero cose premeditate. Ovviamente non ha previsto la botta che gli ha dato Michele."
"Cioè... tu stai dicendo che voleva rubarmi la mia prima volta con la forza... e dire alla polizia che era stato lui?"
"Temo di sì, piccola."
"Santo cielo... ma è un mostro! È orribile! Com'è possibile che lui e Michele siano fratelli? Da dov'è uscito quel disgraziato, da dov'è uscito?"
Insomma: la famiglia di Michele, compreso anche lo stesso Michele, è una famiglia onesta.
Che cosa c'entra Mattia?
Da dove diavolo è venuto fuori?
Mi sento ancora peggio al pensiero che, anche se io avessi lasciato fare a Mattia, Michele sarebbe finito comunque in una cella, con il costante pericolo di un cappio al collo.
Più ci penso più la rabbia mi pervade. Corro verso una parete e vi sbatto contro i pugni, facendomi piuttosto male.
"MALEDETTO! È UN MALEDETTO! MA PERCHÉ ANCHE QUESTO? COMUNQUE VADA NON È SICURO CHE MICHELE VIVA A LUNGO! È ORRIBILE! È UN'INGIUSTIZIA, UNA TERRIBILE INGIUSTIZIA... MA PERCHÉ?"
Bruno mi viene incontro e mi allontana dal muro, stringendomi forte le spalle.
"Smettila, maledizione, SMETTILA! Che cosa credi di risolvere sbattendo i pugni contro il muro e gridando come fossi una pazza isterica?"
Lui alza il tono ed io, spaventata da quella presa forte e dal suo tono, lo spingo talmente forte da farlo cadere.
"NON MI TOCCARE!" urlo. "Ma non l'hai capito? Io sono già una pazza isterica e la colpa è di quel maledetto!"

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