"5°: Raccontiamoci la nostra storia"
Dora
Mi sveglio e lentamente tiro su le braccia per stiracchiarmi. Dopo lo sfogo ho dormito magnificamente_.
Percepisco una presenza accanto al mio letto e, sapendo che in casa ci siamo soltanto io e Michele immagino che ci sia lui.
Non so proprio come mai, ma mi sento in modo strano e soprattutto piacevole.
Decido di alzarmi dal letto, ma non vorrei svegliare Michele, ammesso che stia effettivamente dormendo dato che mi è difficilissimo addirittura sentirlo respirare. Provo ad alzarmi, ma appena lo faccio inciampo sullo zaino dal quale Michele ha estratto il mio bastoncino.
Sento due braccia afferrarmi dalla vita e sostenermi, per non farmi spiaccicare il viso sul pavimento.
"Attenta, principessa" dice dolcemente.
"Grazie mille!"
"Tranquilla! Ora però tirati su, dai!"
Mi alzo. Credo di essere molto imbarazzata, altrimenti a cosa potrei associare questo fortissimo calore sul viso?
Michele
Mi sveglio con il collo leggermente dolorante. Ho dormito sul pavimento, perché ero troppo stanco per alzarmi e andare a sdraiarmi sul divano. Ieri è stata una giornata davvero lunghissima.
Resto immobile, con gli occhi chiusi. Voglio osservarla come lei osserva me.
La sento muoversi e quando capisco che vuole alzarsi, istintivamente riapro gli occhi. La vedo inciampare sullo zaino e, come l'altra volta, mi slancio in avanti e metto le mani intorno alla sua vita. Per una frazione di secondo resto immobile, con le mani in quel punto. Sotto i pollici sento il battito velocissimo del cuore di Dora ed appena i capelli le finiscono davanti al volto e sfiorano il mio viso, a pochi centimetri dal suo, un brivido percorre la mia schiena.
Quel contatto non mi dà fastidio: anzi, se fosse per me non lo interromperei né ora né mai, ma non posso di sicuro lasciarla in bilico come adesso!
"Attenta, principessa!"
La sento tremare leggermente e riesco a vedere con la coda dell'occhio le sue gote diventare rosse.
"Grazie mille!"
La sua voce trema leggermente, proprio come il suo corpo e le stringo un po' di più la vita, anche se spero con tutta me stessa di non averle fatto male.
"Tranquilla! Ora però tirati su, dai!"
Lei si alza ed io mi soffermo sul corpo esile di Dora. Riprendo le sue mani e mi concentro sulla delicatezza della sua pelle.
"Come ti senti, Dora?" chiedo.
"Sicuramente meglio di ieri."
"Ti va di parlare?"
"Parlare? Di cosa, Michele?"
La sua voce trema mentre lo dice e vedo un lampo d'esitazione nei suoi occhi... mi sento in colpa, perché le ho imposto la mia presenza e mi spiace tanto.
"Di quello che vuoi." rispondo.
"Non saprei..."
"Forse ho un'idea... perché non mi dici perché i tuoi ti hanno chiamata Dora?"
"Ecco... quando sono nata ed hanno capito che avevo una malformazione agli occhi... i miei hanno voluto che nel mio nome ci fosse qualcosa che potesse riportare all'oro... e anche perché Dora significa dono e loro dicono che mi considerano come un dono..."
"Ah, che bello!" le dico.
Lei in effetti si può permettere di considerarsi un dono del Cielo.
"E tu?" chiede.
"Io?"
"Perché ti hanno dato il nome Michele? È un bellissimo nome, ma perché questo tra i tanti, scusa?"
"Perché a mia madre piacciono, tra i tanti, due specifici personaggi: uno è uno scrittore: Miguel de Cervantes, mentre l'altro è un Michele della storia di Napoli. Entrambi un pochino sfortunati, perché se non ricordo male uno dei due è stato rivalutato dopo e l'altro Michele è finito impiccato... a dire il vero io il nome l'ho ereditato da questo Michele, perché l'altro... Miguel... non mi si adattava."
"Sono curiosa!"
"Di cosa?"
"Chi è questo Michele a cui tua madre teneva tanto?" chiede.
"Se vuoi uno di questi giorni ti faccio vedere un film nel quale si parla di lui e giudicherai tu!"
"Non vedo l'ora!" esclama.
"A proposito di vedere: vorrei farti una domanda" le dico un po' esitante.
"Di che si tratta?" chiede.
"Dei tuoi occhi. Mi perdonerai se sono curioso, ma volevo chiederti..."
Mi prende le mani e me le stringe, come per rassicurarmi.
"Puoi chiedermi quello che vuoi, Michele!"
"Ecco... tu sei nata cieca o lo sei diventata?"
Mi trema un po' la voce mentre glielo chiedo. Lei sorride e mi accarezza il dorso delle mani con delicatezza estrema.
"Ci sono nata."
Il suo tono è tranquillo. Che idiota sono stato! Lei ci convive da sempre, immagino abbia anche imparato a voler bene ai suoi occhi per quello che sono. Le stringo le mani, poi mi decido a rompere l'imbarazzante silenzio che è tornato tra noi.
"Dora, ti andrebbe di venire a vedere dove lavoro?" le chiedo.
Per un attimo m'irrigidisco nel dire la parola: "Vedere", poi mi accorgo del fatto che lei è tranquillissima.
"Tu credi che mi sia permesso uscire?" chiede.
"Se ci sono io e prendiamo strade che la persona che ha voluto che ti portassi via da casa non prenderebbe mai puoi uscire senza problemi!"
La prendo per mano e, dopo averle preso anche lo zaino, le faccio vedere dove si trova il bagno e le dico: "Io vado. Puoi vestirti tranquillamente, tanto è ancora presto!"
"Michele, aspetta!" mi dice lei. "Posso farti una domanda?"
"Certo, dimmi."
Ho paura di quello che vuole sapere, ma cerco di non darlo a vedere.
"Chi è quella persona che voleva rapirmi e dalla quale tu mi hai salvata?"
M'irrigidisco a quella domanda.
Lei ha tutte le ragioni di voler sapere da chi dovrebbe difendersi, ma io non posso dirglielo!
"Perdonami... il fatto è che questo è un argomento un po' delicato e sarebbe molto meglio se io evitassi di dirtelo."
Mentre le parlo mi sento un vigliacco. Dovrei dirle la verità, ma non posso, non posso farlo!
"Va bene!" dice con la sua voce dolce. "Se non puoi dirmelo va bene, davvero!"
Lo so che in realtà niente va bene ed è proprio dal suo tono che me ne accorgo.
Lei si dirige in bagno e ne esce dopo dieci minuti. Ha il suo cellulare in mano e immagino che abbia abbinato i vestiti con qualche app. La vedo trascinare fuori lo zaino e l'aiuto ad appoggiarlo su una sedia per poi entrare a mia volta in bagno.
Esco anch'io dopo dieci minuti e la raggiungo.
"Vieni piccola" le dico. Lei indossa lo zaino e per permettermi di andare più in fretta mi prende per mano, lasciandosi guidare. La vedo rilassata quando la guido, forse perché ha fiducia in me. O almeno spero!
Non so nemmeno io perché, ma ho un forte desiderio di abbracciarla, di sentirla vicina e farle capire che andrà tutto bene... ma come posso farlo se sono il primo ad aver paura delle conseguenze che può avere su di lei la mia scelta di tenerla con me? Mi accorgo all'ultimo momento di uno scalino e per non farla cadere, non sapendo come si gestisce di solito, le dico: "Gradino!"
Dopo qualche minuto arriviamo al negozio.
"Ehi, ciao Michele!" mi saluta la mia collega.
"Buongiorno a te, Teresa!" la saluto per poi presentarla a Dora e fare altrettanto con Tommaso.
"Ragazzi, penso ci convenga entrare! Qui fuori fa un freddo tremendo" dice Tommaso per poi prendere per mano la mia collega e portarla dentro.
Io faccio altrettanto con Dora, le prendo una sedia e la faccio accomodare accanto a me, vicino al mio banco da lavoro.
Il mio capo mi si avvicina e mi saluta.
"Ciao Michele! Come va?" mi chiede, ma poi mi accorgo del fatto che sta osservando Dora e l'espressione del suo viso è più che sorpresa. Anche Dora è sconcertata...
"Signor Ciro!"
"Ma tu sei... Dora!"
Cosa? Come diavolo fanno a conoscersi?
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