"49°: Gli eroi non possono andarsene"
Dora
Dopo la telefonata noto che Michele è completamente atterrito, anche se non me ne spiego la ragione. Lo raggiungo e gli prendo le mani: ha il respiro agitato e trema.
"Michele! Ehi! Michele, sono io! Cosa c'è?" chiedo spaventata.
"Mi hanno detto che... che mia madre non sta bene, che vuole vedermi... ma io non voglio lasciarti sola!"
"Michele, se tua madre non sta bene, se vuole vederti, è giusto che io resti qui e che tu vada da lei!"
"E se ti portassi con me?"
"È una cosa di famiglia, Michele. Lei non mi conosce."
Lui scioglie le mani dalla mia presa e mi abbraccia forte.
"Piccola, ho una bruttissima sensazione! Ti prego, stai attenta!" mi dice, stringendomi come se fosse il nostro ultimo abbraccio. Anch'io provo una sensazione orribile, ma non ho la forza di dirglielo. Se lo facessi gli metterei ansia e ne ha già molta per conto suo, poi c'è la sua malattia, che di certo non rende le cose facili.
"Starò attenta, te lo prometto" dico, stringendolo forte a mia volta, allo stesso modo. Ho paura di lasciarlo andare, ma sarei un'egoista se pretendessi di tenerlo con me, soprattutto con la consapevolezza del fatto che la madre sta male e vuole vederlo.
Ci stacchiamo lentamente e lui si allontana. Io mi chiudo dentro, sperando che torni presto e che sua madre stia meglio di quanto gli è stato detto al telefono, perché una donna che mette al mondo una persona come lui dev'essere una donna meritevole.
Angela
Sento Mattia parlare con qualcuno, cambiando un po' la voce, facendola più roca di quello che è in realtà.
Apro la porta e lui attacca immediatamente.
"Con chi parlavi, Mattia?" chiedo prontamente.
"E a te che importa?"
"Io ho sentito! La madre di chi sta male?"
"Questo non deve importarti, stupida! E ti conviene lasciarmi in pace e non seccarmi, altrimenti giuro che quello che ho fatto l'altra volta ti sembrerà niente in confronto a quello che ti farò ora, e nessun Michele potrà salvarti!"
"Non lo nominare!" gli urlo, scagliandomi contro di lui come una furia. Lui, però, riesce a tenermi buona spingendomi a terra e tirandomi un pugno sull'occhio sinistro. Grido dal dolore e lo spingo. Mattia non fa molta resistenza, si alza e chiude la porta... ma io divento di marmo quando sento che sta chiudendo la porta a chiave. Mi alzo, con l'occhio sinistro dolorante, e inizio a battere i pugni contro la porta in legno. Urlo disperata, non sapendo cos'altro fare. Sono in trappola! Ho capito che Mattia ha voluto allontanare Michele dal casale dove vive con Dora per farle quello che ha già fatto a me, ma non posso assolutamente permetterglielo!
Dalla finestra a vetri vedo un'auto uscire. Devo aspettare che Mattia se ne vada per fare qualcosa. Cerco il mio cellulare, poi ricordo di non averlo portato con me e sono nella stanza di quel mostro. Non sapendo cosa fare guardo la finestra, mi accascio a terra e piango. Perché mamma e papà non sono in casa adesso, perché? E poi c'è la mia piccolina nella stanza accanto. Ha sentito tutto, ne sono sicura, perché piange, strepita e si dispera. Ha molta paura.
Cerco qualcosa, una cosa qualsiasi. Accidenti! Devo rompere questa finestra e uscire da qui.
Riesco a trovare un bastone che serve a tenere le tende, lo tolgo da dove si trova e lo lancio contro il vetro. Le schegge schizzano dappertutto e io mi copro il viso, sperando che non mi colgano in punti delicati. Il vetro non c'è più: io mi arrampico sul davanzale della finestra ed esco fuori correndo.
Entro dalla portafinestra che dà sulla mia camera, prendo in braccio la mia bambina e riprendo a correre, direzione casale, sperando di incontrare mio fratello lungo la strada.
Dora
È passata circa un'ora quando sento dei rumori provenienti dall'esterno. Qualcuno batte forte alla porta ed io mi avvolgo il più possibile su me stessa, a mo' di riccio, trattenendo persino il respiro. Spero che, chiunque sia qui fuori, non percependo presenze se ne vada via senza farmi del male.
"Piccola, sono Michele: apri!"
So che non è lui: il tono dolce è fin troppo forzato e poi Michele non batte tanto forte a quella porta mezza sfondata. No! Io non apro, non devo aprire!
Sento un rumore fortissimo! La porta è stata appena sfondata.
Michele, ti prego, fa' presto! Chiunque sia entrato non ha buone intenzioni ed io non so come comportarmi...
"Sei molto intelligente, lo sai?" dice una voce al di sopra della mia testa. Rimango immobile, perché conosco fin troppo bene il suo proprietario: sono sicura che questa sia la voce di Mattia!
Un respiro affannato e caldo sul collo.
Trattengo persino il respiro, sperando che non dia di matto, ma quando lo sento toccare il tessuto della mia maglietta mi alzo di scatto.
"Ehi, dove vai? Sai... buttare giù la porta di questo casale è stata una passeggiata, ma trovarti non è stato facile" mi dice Mattia, "tu mi ripagherai per lo sforzo fatto, vero, piccola?"
Mi schiaccio contro il muro, spaventata, augurandomi che abbia un briciolo di pietà, ma questo è il mio più grande errore. Lui è un viscido: avrei dovuto aspettarmelo, e so perfettamente cosa vuole, ma come farò ad impedirgli di prendersi qualcosa che non voglio dargli? Io non sono forte, non so come difendermi!
"Avanti, piccola... stai tranquilla. Non sarà per niente brutto, vedrai! Ti divertirai" dice ridendo. Mi sembra che quello divertito sia proprio lui e la cosa mi fa davvero paura.
"MICHELE! MICHELE!" inizio a gridare, senza nessuna logica.
Mattia scoppia in una fragorosa risata mentre inizia a toccare il tessuto della mia maglia e stropicciarlo in più punti.
"Ma quanto puoi essere ingenua, piccolina! Il tuo Michele non può venire a salvarti, principessa, perché non c'è!"
"Sei un mostro" dico, riuscendo chissà come a liberarmi e a dargli un pugno.
Corro verso la cucina. Sono a piedi nudi e mi ferisco più volte, perché urto continuamente i chiodi sporgenti. Mi trattengo dall'urlare di dolore ogni volta. Afferro un bicchiere di vetro e corro all'entrata della cucina, agitando l'oggetto come se fosse un'arma. Tecnicamente è l'unica arma di difesa, se possiamo metterla in questa maniera, di cui dispongo.
"Non ti avvicinare, altrimenti te lo lancio addosso" gli dico, anche se la mia voce trema.
"E come pensi di riuscirci, piccola cieca insulsa?" mi chiede beffardo.
Quelle parole mi fanno andare in bestia, lancio il bicchiere e sento Mattia gemere. Credo si sia fatto male con qualche scheggia. Prendo un altro bicchier, stringendomelo tra le mani, e mi tengo pronta.
"Però! Non male, direi! Forse tu fingi soltanto di essere cieca" mi dice, sempre sorridendo. Io in genere scherzo sulla mia condizione, ma lui mi fa soltanto rabbia.
Gli lancio contro il secondo bicchiere, poi prendo il terzo.
Forse, se ne rompessi per tutto il casale, potrei almeno rallentarlo... ma purtroppo il mio tentativo risulta inutile.
Sento la sua risata. È orribile! Raccolgo da terra un pezzo di vetro abbastanza grande, sperando che mi basti per difendermi.
"Beh, ragazzina... mi dispiace davvero tanto... volevo fare le cose in modo delicato e senza farti del male, ma tu sei stata ribelle e io non sopporto la ribellione!"
Lui si avvicina a me e sento le sue mani afferrare le mie braccia. Lui è sporco di sangue, lo so perché i nostri corpi si toccano e capisco che lui si è ferito.
Mi trascina via e mi spinge sul divano. Le sue mani lasciano i miei polsi e me le ritrovo intorno al collo. Non so se vuole solo stordirmi o uccidermi, ma non ho intenzione di scoprirlo. In qualche modo mi libero il braccio destro e graffio la pelle del suo braccio con la scheggia di vetro, portandolo a lasciarmi andare all'improvviso.
Mi alzo di scatto, approfittando di quel momento, e respiro forte, ma lui non mi dà il tempo di riprendermi, perché recupera la presa sui miei polsi e riprende a trascinarmi.
"Vedi, bambolina... io prima giocherò e mi divertirò un po' con te... e poi ti strapperò quei riccioli uno per uno!" sussurra.
Quelle parole mi spaventano ancora di più e riprendo a gridare quel nome che mi è tanto caro.
"MICHELE! MICHELE!" grido.
"Michele non c'è, amore! Ti toccherà accontentarti di Mattia, del fratello cattivo!"
Lui tiene i miei polsi con una sola mano e con l'altra tira fuori qualcosa da non so bene dove. Mi trascina fino al centro del salotto, incurante delle mie urla di dolore. Lui stringe la presa ed io mi faccio ancora più male su quei maledetti chiodi sporgenti. Sento qualcosa di metallico e freddo sulla mia tempia. Inizio a tremare, le mie gambe cedono e cado a terra.
La mia maglietta viene letteralmente squarciata da chiodi e schegge e mi ferisco alla schiena, in diversi punti. Mattia è sopra di me, con quel qualcosa ancora premuto sulla mia tempia. Che ne sarà di me? Come finirà questa maledetta storia?
Michele
Sono a metà strada quando vedo una ragazza con una bambina in braccio correre proprio nella mia direzione. Mi soffermo sulla piccola e la riconosco: è Serena! Corro verso di loro e vedo anche il viso di Angela.
"Michele!" esclama Angela.
"Piccola, ma che ti è successo all'occhio?" chiedo, notando l'occhio gonfio.
"Mattia! È stato Mattia! Michele, torna al casale!" dice Angela, agitatissima.
"E nostra madre?"
"Ma lei non è nemmeno a casa!"
Vengo fulminato da un pensiero.
""Non riuscirai ad impedirmi di fare quello che voglio con la tua principessa. Prima o poi la lascerai nuovamente sola, io verrò a casa tua e la farò divertire con i miei giochi"..."
"Grazie piccola! Ora corri a casa e va' a medicarti" le dico facendo dietrofront, in fretta e furia.
Corro come non ho mai fatto e per fortuna riesco a raggiungere abbastanza in fretta il casale.
La sento urlare il mio nome. Mattia ha messo parecchi ostacoli e poi ci sono alberi e rami secchi. Mi faccio strada, in qualche modo, e riesco a raggiungere la porta sfondata. M'inginocchio per raggiungere l'entrata del casale e, trascinandomi in questo modo, ci arrivo. Mi rialzo e corro, sentendo dei gemiti di dolore. È lei! È a terra e Mattia le tira forte i capelli.
Nell'altra mano regge... una pistola! La sta premendo contro la sua tempia! Mi butto su di lui, in un moto di disperazione, e gliela strappo di mano per poi colpirlo con il calcio della pistola sul viso. Mattia si rovescia a terra, io mi abbasso verso la mia piccola e l'aiuto ad alzarsi. Ci sono schegge di vetro dappertutto e lei sanguina sia dalla testa che dalla schiena e ha un segno rosso alla gola.
Quel maledetto ha cercato di strangolarla!
"Piccola, sono io: Michele!" dico stringendola a me. Mi sporco le mani di sangue, ma ora come ora ammetto che non m'interessa... non m'interessa!
"Michele... Michele!" sussurra lei, tra i singhiozzi.
"Va tutto bene, piccola. Adesso va tutto bene." le dico.
Improvvisamente, però, lei si stacca da me e mi tira per un braccio, urlando: "ATTENTO!"
Bum!
Un dolore atroce al petto, talmente atroce da farmi cadere a terra. Sento solo la mia piccola gridare un disperato no, poi chiudo gli occhi e non sento più nulla.
Dora
Mattia mi tiene ferma e mi tira i capelli. La pistola è ancora premuta contro la mia tempia e l'unica cosa che riesco a fare è piangere con tutta la disperazione che ho dentro. Improvvisamente, però, sento un frastuono. La pistola non è più vicina al mio viso e Mattia è a terra, accanto a me. Sento due mani calde afferrare le mie e aiutarmi a tirarmi su.
"Piccola, sono io: Michele!" dice il ragazzo.
Io abbraccio forte il mio salvatore e lui ricambia, stringendomi a sé. Piango sul suo petto e lui, dal canto suo, mi accarezza la schiena ferita e mi lascia sfogare.
"Michele... Michele..." dico piangendo.
"Va tutto bene, piccola! Adesso va tutto bene." mi dice.
Le sue parole mi tranquillizzano, ma non a lungo.
Sento un movimento e un rumore che mi fanno raggelare.
"MICHELE!" urlo staccandomi da lui. Lo prendo per un braccio e lo tiro verso di me, sperando che questo basti ad evitargli il colpo. Il suono, però, è di nuovo vicino.
"ATTENTO!" gli grido ancora, tirandolo ancora di più verso di me, ma è tutto inutile.
Un colpo di pistola e lui cade a terra.
"NOOOOOO!" grido disperata.
Scoppio a piangere e cado in ginocchio, vicino a lui. Sfioro il suo petto e sento il punto in cui si è ferito, perché ne sgorga sangue. Mattia è scappato dopo avergli sparato ed io non so che fare. Gli prendo la mano e la stringo forte nella mia.
"Michele, per favore! Michele, rispondimi! Ti prego! Non te ne puoi andare!"
Ma l'unico suono in risposta, in questo vecchio casolare, è il dannato eco dei miei singhiozzi.
"Non puoi andartene così!"
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro