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"35°: Minacce e crisi"

Dora
Lo aiuto ad alzarsi. Voglio curarlo, perché lui per colpa mia si è fatto male. Si è fatto male, perché quella specie di Boss gli ha dato contro. Accidenti a lui e anche a me che ho avuto la brillante idea di provocarlo, pur essendomi ripromessa di non farlo per nessun motivo al mondo.
"Piccola, stai tranquilla. Ho imparato a curarmi, non devi preoccuparti..."
"Ti prego... tu mi aiuti praticamente sempre... sei i miei occhi... io per una volta voglio aiutarti, Michele!" dico in un sussurro.
Lui mi sorride.
"Va bene, infermiera. Allora entriamo, io mi siedo e mi affido a lei..."
"Che strano..."
"Cosa?"
"Ho sempre avuto la sensazione che le persone non se la sentissero di affidarmi neanche il testimone della staffetta da ferma... e tu mi permetti di curare le tue ferite... io..."
"Non cambierai mai, eh? Sai essere autoironica, ma lavorare sull'autostima... ti costa un po' di più, eh?"
Gli sorrido. Entriamo in casa, raggiungiamo il bagno e lui si mette a sedere. Lo so perché soltanto dopo mi lascia la mano.
Cerco l'acqua ossigenata. Trovo una bottiglietta e gliela mostro, avendo non pochi dubbi.
"Lo sai che ci hai preso? È proprio questa!"
Inizio a tamponare le sue ferite. Mi tremano terribilmente le dita, soprattutto quando lo sento gemere leggermente o sussultare. Forse sto sbagliando tutto e lui sta solo cercando di non agitarsi dal dolore! Forse sto facendo peggio di quanto ha fatto quel tale!
"Se vuoi che mi fermi, dimmelo" gli dico timidamente.
"No... tranquilla, non mi stai facendo male. È solo che l'acqua ossigenata brucia e io non sono molto resistente a questo tipo di dolore." spiega.
"Perché mi hai difesa da lui? Insomma: io me la sono cercata! Avevo più o meno capito il suo modo di fare e invece di sfruttare la cosa a mio vantaggio l'ho provocato" dico.
"Piccola, dopo l'incubo che hai avuto, anche se non so di cosa trattasse, avevi i nervi a fior di pelle ed è stato quell'idiota a provocare sia te che me! Sono giorni che mi trattengo dal tirargli un pugno in faccia. Oggi l'ho fatto perché ho avuto paura che arrivasse a farti qualcosa!"
Non gli dico altro. Finisco questa specie di operazione e mi stacco da lui. Non devo pensare a quell'incubo, perché facendolo non farò altro che continuare a farmi del male.
Non devo pensarci. Non devo, ASSOLUTAMENTE!
Eppure... solo la parola "incubo" mi riporta a quello che ho sognato e, sfortunatamente per me, le mie paure aumentano.
Mi appresto ad iniziare a rimettere a posto la casa, ma lui mi ferma.
"Eh no! Oggi ci penso io! Tu ti metti qui tranquilla e ti riposi. Oggi ti vedo agitata e non va bene." mi dice Michele, con quel modo di fare simpatico e protettivo al contempo che soltanto lui ha.
"Sei sicuro?" chiedo esitante.
"Stai tranquilla, cosa vuoi che mi faccia rifare un letto e ripulire casa? Lo faccio da quattro anni" mi dice con un sorriso.
Alla fine accetto, perché lui ha la testa dura almeno quanto la mia e se non ci muoviamo arriveremo tardi al negozio del signor Ciro.
Appena mi siedo sul letto, però, mi arriva un messaggio. Ho ancora a disposizione il cellulare, anche se ultimamente non ho il tempo di utilizzarlo, ma stavolta una strana sensazione mi pervade.
È un numero sconosciuto e nel messaggio c'è scritta solo una parola: "Attenzione..."
Non è la parola in sé a preoccuparmi, ma il fatto che il messaggio sia stato inviato in forma anonima. Ma il punto non è questo. Solo pochi secondi e mi arriva un altro messaggio.
"Piccola, stai attenta alle corde. Potrebbero avvolgersi attorno al collo della persona sbagliata..."
Divento letteralmente di pietra. Attenta alle corde! Potrebbero avvolgersi attorno al collo della persona sbagliata! La persona sbagliata non è lui, vero? Non si sta riferendo a lui. Chiunque sia, è chiaro. E se invece lo fosse?
"Michele..." riesco a dire con un soffio di voce, ricordando il mio incubo, quello in cui sono legata a non so cosa, distesa sul pavimento, grido e nessuno può sentirmi, tranne Mattia, che non solo mi risponde, ma ride! Lui ride!
E poi... quel sussurro. Piccola, sii felice. Quel sussurro... quel ragazzo con la corda attorno al collo... e quello sparo! Anche lo sparo!
Prendo respiri profondi, imponendo a me stessa di calmarmi, ma faccio fatica. Troppe coincidenze! Ovviamente i sogni nessuno li può controllare, ma i messaggi sono pensati, scritti e dopo inviati.
Ed anche le parole dei miei.
Loro non mi direbbero mai cose come: "Fai attenzione!", a caso, perché mi vogliono bene. Perché dovrebbero dirmi che lui è in pericolo se non fosse stato proprio Mattia a riferirglielo?
In qualche modo riesco a tranquillizzarmi. O meglio: a mostrarmi tranquilla. Lui non deve sapere niente, perché neanch'io so cosa diavolo stia succedendo.
Una volta finito, Michele mi raggiunge e ci avviamo verso il negozio del signor Ciro.
Dopo aver salutato i ragazzi ed il signor Ciro andiamo a metterci al solito posto. Io inizio ad infilare delle perle, opportunamente divise per non so che criterio, in uno degli spaghi... ma al terzo braccialetto noto una corda già chiusa, in forma circolare.
Cerco una bambola in un cestino al mio fianco, perché ho la sensazione di sapere a cosa serva questa corda. La infilo al collo della bambola, attaccandomela ad un braccio, e il nodo si stringe intorno ad esso e al collo della bambola, che io sventolo in aria. Non ci credo... Questo è... un cappio!
Sento il respiro venire a mancare. I ricordi dell'incubo mi si ripresentano.
"Michele... Michele!" continuo a ripetere con un filo di voce.
Sento qualcosa cadere. La corda che avvolge il mio polso e il collo della bambola viene tagliata di netto e sento una mano scuotermi con forza il braccio sinistro, come per destarmi da questa specie di torpore.
"Sono qui" dice lui dolcemente.
"Mi manca l'aria..." riesco a dirgli.
"Piccola, calmati, va tutto bene." dice lui.
"La corda... lo sparo... Mattia... tu... Michele!"
Michele
Non la capisco.
Dice nomi che sembrano del tutto sconnessi.
Le tocco il viso: la sua pelle è ghiacciata, ricoperta da sudore freddo, e i suoi occhi sono spalancati.
Dopo qualche secondo la vedo rovesciarsi. Rischia di scivolare dalla sedia e finire a terra, ma riesco ad afferrarla all'ultimo momento e la porto fuori. Ti prego, piccola, resisti... solo il tempo di arrivare in ospedale!
Quando arriviamo Bruno ci accoglie immediatamente. Non chiede cosa sia successo: è troppo agitato.
Io crollo su una di quelle sedie. Non ho avvisato nessuno prima di andare via. L'ho portata qui, a piedi, e basta.
Mi prendo la testa tra le mani e scoppio in lacrime. Ma perché, perché? Cos'è successo?
Passano un paio d'ore, poi Bruno mi si mette davanti e mi appoggia le mani sulle spalle.
"Michele... c'è una cosa che dovresti sapere" mi dice.
"Quello che vuoi... ma prima dimmi come sta, ti prego!" dico agitando le mani.
"Ha avuto uno shock... ed io credo di sapere quale sia il motivo" risponde lui, affranto. "Michele, ti prego, vieni con me! Ho bisogno di parlarti..."

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