"18°: Angela"
Michele
È stato strano.
Beh, forse non solo strano... è stato bello. Sfiorarci, conoscerci, guidarci l'un l'altra... ed è successo dopo la mia rivelazione su mio fratello Mattia.
Forse a pensarci bene dovrei anche essergli riconoscente. Insomma: se non si fosse messo in testa di sequestrare Dora io non mi sarei mai messo in gioco per lei e non l'avrei mai conosciuta a dovere. Ma che dico? Avrei potuto benissimo parlare con Bruno, cercare di inconärarla più spesso... insomma: un sequestro è pur sempre un sequestro, anche se sto cercando di non farglielo pesare eccessivamente.
Forse ci sto anche riuscendo.
Lei è tranquilla, non ha paura di me e riesco anche a farla ridere... anche se spesso è lei a far ridere me. La guardo mentre dorme serenamente. Ci è riuscita dopo una notte passata in bianco. Non si è fatta sentire: era distesa sul letto, con le mani al volto, ma quando andavo a controllarla le spostavo le mani e il suo volto era arrossato dalla febbre. Forse quello che le ho detto non le ha fatto bene... e del resto, come avrebbe potuto?
Quando la guardo mi sembra una bambina, ma non per immaturità, per tenerezza e dolcezza. Una bambina cresciuta troppo in fretta, che sta crescendo ulteriormente con quest'esperienza forzata. Spero solo di essere in grado di difenderla da quel deficiente del mio gemello fuori di testa.
Penso alla figlia data alla luce da mia sorella Angela.
L'ho vista solo in foto, perché è nata da poco: è piccola, delicata... cosa succederebbe se anche lei, come Dora, rischiasse di finire nelle mani di uno come Mattia? Cosa ne sarebbe di lei se, una volta cresciuta, fosse proprio Mattia a farsi venire strane idee? No, ma che mi prende? Mattia è mio fratello e almeno contro i bambini non ha mai fatto nulla.
Eppure il pensiero che lui sia sangue del mio sangue non porta la mia paura a diminuire d'intensità. Anche lui ha visto la foto della piccola Serena, ma la guardava in modo strano. O forse sono io che mi sto agitando per un semplice sguardo? È una bambina e Mattia non si è mai azzardato a toccare i bambini, continuo a ripetermi, cercando di tranquillizzarmi. E poi Angela è lontana: lui non potrebbe fare niente contro Serena, anche volendo... non abbiamo abbastanza soldi per arrivare a Palermo e quelli che lui si guadagna con i suoi "affari" li sperpera nel giro di pochi giorni. Non ce la farebbe mai a pagare quel viaggio! Non ce la farebbe mai!
Respiro lentamente, continuando a guardare la mia piccola, che non so perché mi ostino a chiamare mia, che sembra fare bei sogni poiché sta sorridendo.
Ogni volta che la guardo m'incanto: il suo viso è tanto dolce, delicato e luminoso da sembrare qualcosa di irreale... com'è possibile che tutto questo si concentri nel corpo di una sola persona, in più un corpicino tanto esile e piccolo?
Vengo distratto dal suono del campanello. Mi alzo dalla mia posizione inginocchiata e vado ad aprire, ma resto del tutto sorpreso dalla persona che mi ritrovo di fronte.
"Non mi saluti, Michele?" chiede mia sorella, che stringe al petto un fagottino.
"Angela!" esclamo, sorpreso e felice.
Tutto quello che avevo pensato prima di rivederla scompare: l'abbraccio e mi ritrovo tra le braccia mia nipote, che, nonostante non mi abbia mai visto, sembra tranquilla anche se non è la sua mamma che la sta tenendo.
"Hai visto, Michele? Serena ti trova già simpatico!"
"È vero, piccolina? È come dice la mamma o è lei che mi vuole troppo bene e tu vorresti tanto riempilmi di calci e scappare, eh?" le chiedo, sorridendo. Questa bambina è troppo tenera!
La sento girarsi e cercare di avvolgermi con le braccia minuscole. Non mi avvolge le spalle, ma vi si aggrappa ed è anche abbastanza forte per quanto stringe.
"Ma quanto sei bella!" dico sottovoce al suo orecchio, facendola sorridere.
"È bella, vero? Sai, speravo tanto che lei ti conoscesse... anche se ammetto che spero di non incontrare qualcun'altro..." mi dice Angela, abbassando drasticamente il tono di voce. "Non voglio che mia figlia sia obbligata a conoscere nostro fratello. Mi vergogno persino di dire quello che sto dicendo, ma non riesco ad evitarlo... non so perché, ma mi spaventa!"
"Perché dici questo, Angela?" le chiedo. Ho come l'impressione che ci sia qualcosa che non va nella sua versione... come se ci fosse un motivo per il quale lei è tanto spaventata da Mattia. Non credo che lei "non sappia perché lui la spaventa".
"È come se ci fosse... qualcosa che mi riguarda e che lui non riesce a digerire" dice.
"Ma cosa? Che avresti fatto per..." chiedo e rabbrividisco al pensiero che Mattia possa avercela con mia sorella solo perché non è la mia sorella biologica. Angela è stata adottata. Ovviamente lei non lo può ricordare: era piccolissima quando arrivò in casa nostra, una notte di tempesta... e ricordo che la mamma, quando accadde, ci disse che Angela era un dono speciale, da curare e proteggere, che ci era stato dato perché all'epoca ci comportavamo tutti bene, ma dovevamo stare attenti a quel dono speciale... Angela era delicata, innocente, e se le avessimo rinfacciato che lei non era la nostra sorella biologica le avremmo soltanto fatto del male.
Solo che un giorno Mattia le parlò in modo orribile, dicendole: "Non sei mia sorella!", e altre cattiverie che non voglio ricordare. Lei venne a cercarmi, in lacrime, e mi toccò dirle la verità.
Quello in cui Angela arrivò nelle nostre vite era un periodo abbastanza buono... non navigavamo nell'oro, perché non ci abbiamo mai navigato, ma il piatto in tavola potevamo metterlo e per me fu bellissimo diventare il piccolo cavaliere Michele e proteggere Angela quando ne aveva la necessità. Poi lei aveva imparato a volare da sola e si era anche innamorata... ma ricordo che la notte seguente al suo compleanno venne ricoverata d'urgenza in ospedale per lesioni aggravate, quelle soprattutto alla testa, e una volta, a cena, scoppiò in lacrime. Mio padre volle provare a chiederle cosa le fosse successo, ma appena le posò le mani sulle spalle, lei prese a tremare e a supplicarlo di non farle del male. Quella sera mi chiese di dormire con lei, come quando eravamo bambini, ma a debita distanza.
Aspettai che fosse lei ad avvicinarsi. Le chiesi: "Angela, che ti prende? Di cosa hai paura?"
"Non te lo posso dire... ma ti prego, abbracciami!" mi disse.
Rimasi sorpreso, perché solo qualche minuto prima mi aveva chiesto di dormire con lei, ma a distanza... in ogni caso lo feci.
Qualche giorno dopo mi confidò che il suo ragazzo si era comportato molto male con lei, e nonostante sembrasse che la storia fosse stata inventata al momento, quello che mi diede la conferma del fatto che lui c'entrava qualcosa con il dolore e la paura che mia sorella stava provando fu la fuga del suddetto ragazzo in America. Certo, era uno dei classici ricconi viziati, poteva permettersi una fuga dove preferiva.
Dopo pochi giorni mi chiese di aiutarla: voleva andarsene, non lontanissimo, non fuori dall'Italia, ma almeno lontano dal nostro quartiere, perché aveva paura che la notizia della sua gravidanza, che avevamo appreso solo un paio di giorni prima, si spargesse e ci creasse problemi... o almeno era quello che lei aveva sostenuto.
Ogni volta che penso a mia sorella ricordo quelle parole e, non so perché, credo che questa storia sia un castello in aria che per qualche motivo lei ha voluto creare... ma non voglio chiederle nulla.
Nel ricordare questa storia lei soffre molto ed io non voglio che stia male... non a causa mia.
Angela
Guardo per un istante il viso di mio fratello.
È pensieroso, come se stesse persone porre tantissime domande.
"Piccola..." mi sussurra, ma io non ce la faccio a rispondergli, perché il ricordo che Mattia mi ha inciso addosso mi porta a piangere a dirotto. Michele capisce che non riesco a parlare, mi attira a sé e mi stringe in un forte abbraccio.
"Va tutto bene, piccola! Va tutto bene" dice dolcemente, e anche se in realtà non tutto va bene non lo contraddico, perché lui non lo può sapere... io l'ho tenuto fuori da tutto e nonostante questo lui è qui e sta cercando di offrirmi la sua spalla su cui piangere lacrime non troppo silenziose. Gliene sono veramente grata.
"Perdonami... è che... io... non so cosa mi succede." mento.
Lui capisce anche questo, lo so, ma non dice niente: sa che sarebbe inutile.
Ricordo che nel periodo buio della mia vita, quello subito dopo il mio compleanno, mi alzavo dal letto soltantk per buttarmi sotto il getto d'acqua della doccia, perché volevo che il pianto si mescolasse a quell'acqua. Per il resto me ne stavo a letto e quasi non parlavo più.
Lui si era già trasferito qui all'epoca, ma spesso, la sera, veniva da noi per aiutare la mamma, che in quel periodo non stava molto bene, e una sera ne approfittò per parlare con me. Non utilizzò parole dure per scuotermi, ma soltanto la sua voce. Mi dedicò una canzone che si chiama: "Solo per lei", e la cui destinataria era proprio una certa Angela... naturalmente solo in parte, perché l'altro frammento, probabilmente, non sarebbe stato da fratello maggiore, ma da innamorato. Fu questo a spronarmi: l'idea di essere importante per qualcuno, e, di riflesso, valere qualcosa.
"Piccola... va bene. Puoi sfogarti in qualunque maniera, anche in questa, basta che tu lo faccia. Dopo ti sentirai meglio, credimi" mi rassicura, e io continuo a liberarmi di un po' del mio dolore, stretta tra le braccia di mio fratello.
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