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"158°: Don't cry, my angel"

Dora
Sono a casa, da sola. Sono preoccupata perché Michele non è ancora tornato dalla prigione. E se gli fosse successo qualcosa di brutto? Se Mattia gliene avesse combinata una delle sue, mentre lui voleva solo firmare un'autorizzazione che avrebbe consentito il suo trasporto in una struttura più attrezzata di una prigione?
Mi sfioro piano il ventre, perché sento che il nostro bimbo (o la nostra bimba) ha paura tanto quanto me.
Mi ricompare davanti agli occhi tutto quello che abbiamo passato.
Il nostro primo bacio, la nostra separazione forzata, le carognate di alcuni poliziotti e la disponibilità di altri... la nostra prima volta, che ha portato al concepimento di una nuova vita. Una vita che io in realtà, all'inizio, non volevo nemmeno. E adesso che la desidero tanto, il terrore che suo padre non arrivi a fare la sua conoscenza mi ha travolta, come quando lui era in prigione.
Qualcuno batte vigorosamente alla porta, riscuotendomi dai miei pensieri. "Dora! Tesoro, apri, sono Teresa!" urla una voce dall'esterno. Riconoscendola apro la porta e mi faccio da parte per farla entrare.
"Ehi!" la saluto, cercando di fingermi tranquilla. "Sono felice di vederti! Posso fare qualcosa per te?"
"Tesoro, in realtà Michele mi aveva chiesto di venire a tenerti compagnia, perché... perché al carcere sono successe delle cose e... e..." inizia a balbettare lei, prendendo le mie mani. "Michele sta bene, comunque, quindi non ti agitare, piccola!"
"Che significa, Teresa? Che è successo?" le chiedo presa dal panico.
"Il poliziotto che in teoria doveva tenere d'occhio Mattia era suo complice... e ha minacciato i presenti con la pistola... ma Michele l'ha riconosciuto e gliel'ha tolta!"
"Oh mio Dio!" esclamo turbata.
"Ehi! Michele sta bene! Voleva solo che venissi un po' qui per avvisarti e tenerti compagnia." dice lei. "Ha paura che tu possa avere un capogiro mentre sei qui da sola! Sono certa che sarà un ottimo padre, il mio migliore amico!"
"Certo, ne sono sicura" le dico a mezza voce. Peccato che la mia paura più grande sia che il mio Michele non ci arrivi a diventare padre.
"Ti preparo una camomilla" dice dolcemente Teresa, notando che sono sempre più nervosa. "Avanti, neo-mamma, mettiti seduta e cerca di stare tranquilla, che se Michele ti vede così agitata gli prende un colpo, te l'assicuro!"
Annuisco e Teresa si avvicina al piano cottura ed inizia ad armeggiare con un pentolino ed un cucchiaio. Qualcuno batte alla porta, con più calma, e Teresa va ad aprire. Riconosco i passi del mio ragazzo, scatto come una molla e corro verso di lui, con il cuore che sta letteralmente per saltarmi dal petto e andarsene chissà dove. Lo abbraccio e quel calore rassicurante mi avvolge del tutto, facendomi sentire meglio.
"Ehi! Piccola, calmati!" mi dice con dolcezza Michele. "Sto bene, guarda!" Fa un passo indietro e mi prende le mani. "Coraggio, toccami la faccia! Vedi? Tutto a posto!"
"Non chiamarmi esagerata, ti scongiuro, ma ho avuto paura di perderti... ho sempre paura di perderti!" dico.
"Non puoi vivere così, lo sai." dice lui. "Non puoi vivere con questo peso costante sul cuore. Quello non è vivere, ma sopravvivere, e non abbiamo lottato tanto per ottenere solo la sopravvivenza, amore mio, lo sai."
"Lo so, Michele, ma..."
"Fidati. Andrà tutto bene, piccola" mi dice lui, senza smettere di abbracciarmi e sorridermi.
"Beh, ragazzi... io... io vado." ci dice Teresa. "Magari uno di questi giorni ci vediamoanche con altri del gruppo."
E senza darci il tempo di replicare, se ne va sorridendo e io e Michele rimaniamo nuovamente soli.
Michele mi prende il viso tra le mani e le sue labbra si posano con dolcezza sui miei occhi. Mi rilasso, pensando ad un libro che ho iniziato a leggere proprio quando ero a casa sua. Con il cellulare, ovviamente, perché non potevo correre il rischio che qualcuno scoprisse dov'ero dando l'indirizzo di quel periodo alla Biblioteca per Ciechi di Salerno. Nonostante il protagonista fosse un altro ragazzo, o meglio: un altro angelo, il mio personaggio preferito tra quelli maschili si chiamava Adrean ed era un angelo che sapeva riconoscere le bugie e con un abbraccio poteva placare l'animo più irruento o quello più impaurito. E io ero riuscita a modificare quel nome, non perché quello originale non mi piacesse, ma perché quel ragazzo era identico a Michele, se si escludeva l'istinto rivoluzionario che caratterizza quest'ultimo da quando lo conosco. E l'abbraccio che mi ha dato oggi non ha deluso le mie aspettative, calmandomi come nient'altro avrebbe potuto fare. E il suo bacio sui miei occhi bianchi ha fatto il resto.
I miei occhi bianchi... all'improvviso faccio un passo indietro, perché avverto quel familiare bruciore alle palpebre che può significare due cose: sto per piangere o i miei occhi stanno perdendo sempre di più il loro colore.
"Ehi! Piccola, che ti prende?"
"Per quanto tempo potrà piacerti la ragazza dagli occhi bianchi?" chiedo.
"Che domanda è questa?" mi chiede lui, piuttosto stupito, ma sempre tranquillo. "Credevo... credevo avessimo chiarito questo punto quando ti ho dato la notizia, tesoro!"
"Io non voglio costringerti a stare con me! Chi non mi conosce mi deriderà, e questa croce la devo portare io, non obbligare te a sostenerla! Non sarebbe giusto, Michele!"
"Se vuoi te lo dimostro, quanto mi piace la ragazza dagli occhi bianchi!" mi dice con dolcezza. Le sue braccia mi cingono la vita, delicatamente, e lui mi conduce verso il divano che tante volte ha ospitato i nostri corpi abbracciati dopo un incubo o in una notte di tempesta come quelle dei film.
Le sue labbra percorrono i contorni del mio viso, centimetro dopo centimetro, dagli occhi alla bocca e ritorno, e si soffermano sui miei occhi più a lungo che sul resto. Quando le nostre teste si sfiorano, sento un'incrostazione sul suo sopracciglio destro e questo me lo fa sentire ancora più vicino. Lui, in fondo, porta ancora i segni della sua prigionia e quelle cicatrici non lo fanno sentire sbagliato, non lo fanno vergognare di se stesso, perché se ce le ha la colpa non è sua.
"Michele, io... vorrei chiederti una cosa." balbetto.
"Quello che vuoi, tesoro" mi dice lui continuando ad accarezzarmi il viso e lasciandovi qualche bacio, ma senza toccare le mie labbra, in modo da permettermi di parlare.
"Tu... hai le cicatrici che ti sono state fatte in prigione... per colpa mia..."
"Cominciamo male. Non è stata colpa tua, non so più come dirtelo, amore mio."
"Ecco.. io volevo sapere... ti capita di sentirti a disagio, come se fosse colpa tua? Cioè, sai che non... che non è così, ma... ecco..."
"Mi stai chiedendo se mi vergogno di quelle cicatrici, non è vero?" chiede.
Annuisco. "Non mi fraintendere: io non mi vergogno di te, davvero. È che... Dio mio, questi occhi bianchi... li detesto!"
"L'avevo capito che il problema era quello, e... sì. Mi vergogno dei segni che porto addosso, esattamente come tu ti vergogni dei tuoi occhi."
"Davvero?"
"Sì. Credo di essere sceso al di sotto dell'ultimo gradino della dignità umana in quella cella... ogni segno che porto addosso di quel periodo è una tortura, uno spillo conficcato nel cuore... ma ho un segreto che mi permette di conviverci, di guardare avanti, di vedere la mia immagine allo specchio e non provare troppo ribrezzo verso me stesso. E adesso ti svelerò il trucco. Il mio segreto... sei tu, piccola mia. Sei tu, che mi sorridi quando ci troviamo vicini. È la possibilità di dormire accanto a te, nello stesso letto, di abbracciarti perché lo vogliamo entrambi, non perché non c'è altro posto per dormire. È poterti dare il bacio del buongiorno o quello della buonanotte... dopo aver temuto di non poterlo più fare, di guardarti, spero, dal Paradiso mentre un altro che ti merita molto più dell'idiota che ti sta coprendo di baci in questo momento. È sapere che, in quel posto orribile, abbiamo scoperto l'amore fisico, che ha dato vita ad un altro amore... l'amore più puro che esista" dice sfiorandomi il ventre. "Ed è precisamente per questo che ti dico che non ti devi vergognare. Io sono qui per renderti felice, per farti amare te stessa... per amarti. Oddio, amarti è la cosa più facile che abbia mai fatto in vita mia... così come insegnarti a volerti un po' di bene sarà la cosa più difficile... ma dopo aver scoperto come si sta in prigione sono pronto a qualsiasi cosa!"
Questo mi rende felicissima. Lo abbraccio, lasciandomi avvolgere da quel calore che mi calma e contemporaneamente scatena una vera e propria orchestra dentro di me.
"Che ne dici di metterti a letto e farti coccolare un po'? Sai, questo panico ti ha fatto venire il broncio e io ti preferisco quando ridi e sei rilassata!" propone. Io annuisco e faccio per alzarmi, ma lui mi ferma. "Lasciati servire. Sei la mamma della nostra creatura e la maggior parte del lavoro sporco la fai tu!" E, detto questo, mi prende in braccio e mi porta in camera.
Mi fa sdraiare sul letto che ora condividiamo e si mette a sedere accanto a me, poi solleva la mia maglietta, lentamente, e traccia dei cerchietti sul mio ventre, facendomi rilassare... e forse, sotto quel tocco angelico, anche la nostra creatura si sta rilassando.
"Vorrei che si vedesse che qui dentro c'è una nuova vita" dice con tenerezza. "Ma il tuo fisico è così gracile che ci metterà un po'."
La mia maglietta è rimasta sollavata e lui, con movimenti lenti e delicati, continua ad accarezzare la mia pelle scoperta. In questo momento sento che vorrei che solo le sue braccia mi avvolgessero, non il tessuto degli indumenti, ma non lo dico.
Ho paura che si possa arrivare ad altro, che la nostra creatura venga messa in pericolo.
"Piccola... ora tocca a me fare una cosa, ma se non ti va che lo faccia, dimmelo" mi dice lui dolcemente.
Lui sposta ancora un po' il tessuto, si china su di me e, sempre con delicatezza, posa la fronte sul mio petto, anch'esso ormai scoperto. Il suo respiro caldo e leggero mi fa rilassare.
"Fallo, Michele... ma sta' attento, ti prego!" dico.
Mi tiro su, mi sfilo la maglietta e me la metto sotto la testa a mo' di cuscino. Lui lascia che i nostri corpi si tocchino, per farmi capire che anche lui sta facendo lo stesso, e quando la sua maglietta viene sfilata, io appoggio una guancia sul suo petto e lui si sdraia. Il battito del suo cuore è il suono più bello che mi sia mai capitato di udire. È sempre stato puro e innocente, il mio Michele, e ho avuto paura di non poter più ascoltare quel battito.
Come la maglietta, anche il resto dei nostri indumenti scivola via dai nostri corpi, ma con lentezza.
Non è la frenesia di un insano e morboso desiderio a spingerci a fare questo, come succede a Mattia, che a volte non è nemmeno ricambiato. Ci desideriamo l'un l'altra, ma non abbiamo fretta.
Cupido pizzica la sua chitarra magica, corda dopo corda, e ci spinge sempre di più l'una nelle braccia dell'altro... poi di nuovo quel contatto... quello che ci ha portati a legarci così. Michele si fa sentire, ma non mi provoca dolore. È delicatissimo... ma per l'ennesima volta il volto di suo fratello mi compare davanti.
"Ehi! Sono io, tranquilla... non ti farei mai del male." dice, sentendo che mi sono irrigidita. Mi abbraccia, esattamente come mi auguravo che facesse. Solo le sue braccia avvolgono il mio corpo, le sue labbra si posano sulle mie e mi concentro sui nostri cuori, che praticamente si sono sincronizzati. Cupido suona il nostro accordo, mentre, a fior di labbra, Michele mi sussurra: "Non preoccuparti. Ci penserò io a te, angioletto."
(Nota Autrice: mi scuso per due cose. La prima è che non sono molto brava a descrivere scene di un certo tipo, quindi mi sono concentrata zza". Spero vada bene lo stesso. La seconda: stavolta ho scelto una Cover per questo capitolo, perché, anche se non ho questo granché di voce, mi sarebbe piaciuto fare da sottofondo a Dora e Michele, anche se ho dissacrato un colosso, purtroppo).

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