"156°: Minacce inaspettate"
Michele
Sono a casa. Vado avanti e indietro, perché sono agitato come non mai per mia sorella. So che è con Bruno, che non ha intenzioni di fare colpi di testa, ma sono comunque teso, e la tensione aumenta quando qualcuno mi chiama sul cellulare. Rispondo subito vedendo che il numero è quello del commissario.
"Pronto?"
"Michele, temo che sia necessario ricoverare subito tuo fratello."
"Perché, che è successo?"
"Si è scontrato con una nostra guardia. Ha cercato di ferire una guardia che doveva essere nella sua cella per portargli il pranzo. Mattia ha lanciato il piatto contro il collega e ha cercato di ferirlo alla gola, ma era talmente agitato da sbagliare mira e l'ha ferito al braccio. Il collega, dati anche i precedenti di tuo fratello che provocava il suo senso della giustizia, gli è saltato addosso. C'è stata una colluttazione... Mattia ha tolto la pistola al collega, ma si è sparato un colpo da solo."
"E adesso come sta?" gli chiedo a bassa voce.
"Ha avuto un'emorragia, ovviamente... abbiamo cercato di curarlo, però qui non si può fare molto, tu lo sai."
"E io come posso fare a consentire il suo trasporto in ospedale?" chiedo.
"È necessaria la tua autorizzazione."
"Va bene... arrivo subito!" dico.
"Michele, che cosa c'è?" chiede Dora.
"Piccola, io... devo firmare un permesso per Mattia. Bisogna portarlo subito in ospedale." le dico.
"Che è successo?"
"Si è scontrato con una guardia a cui ha tolto la pistola e si è sparato un colpo" rispondo.
"Come? È impazzito?" salta su Dora.
"Non lo so. Ho paura che sia un sistema per uscire dal carcere." rispondo.
Lei inizia ad agitarsi e istintivamente io l'abbraccio. Non volevo farle del male, ma a volte è meglio dire una grande verità che una piccola bugia. Le piccole bugie si scoprono subito e provocano non pochi problemi.
"Ho paura, Michele! Cosa succederebbe se venisse qui a far del male a te o al bambino che sta crescendo dentro di me? Mattia è capace di qualsiasi cosa!"
"Dora, non è sicuro! Anche se avesse provato ad evadere, Mattia dovrà comunque aspettare di potersi alzare!"
"Michele, fammi venire con te!"
"Piccola, ascoltami: come non è sicuro che Mattia abbia fatto questo per evadere dal carcere, non è sicuro che non sia questo il motivo, capisci? Potrebbe essere rischioso per te e per il nostro bambino, e io non voglio che tu corra pericoli a causa mia. Non un'altra volta!"
Lei impallidisce nuovamente e si siede su di una sedia. S'inclina in avanti, verso di me, e cerca le mie labbra. I suoi occhi sono ogni giorno più opachi e la sua tensione aumenta ogni giorno di più il processo.
"Ti prego, promettimi che starai attento!"
"Te lo prometto, tesoro mio. Te lo prometto." dico.
La bacio, prima con dolcezza, poi con passione... come se non dovessimo vederci mai più.
Lei continua a ripetermi di stare attento, senza staccarsi mai del tutto da me. Mi stringe a sé e porta la mia mano sul suo grembo. Dopo un po' io inizio a compiere movimenti circolari su di essi. È talmente piccina che ci vorrà un bel po' perché si noti che è incinta e io non vedo l'ora di dovermi sforzare per prendere in braccio lei e questa creatura.
"Ehi, amore! Papà farà molta attenzione, promesso!" sussurro dopo essermi staccata dalle labbra di Dora per poi alzarle la maglietta e baciarle il grembo nel quale sta crescendo una nuova vita: la Nostra vita!
Lei si stacca delicatamente da me ed io la saluto lasciandole un ultimo bacio sulla fronte. Esco di casa con un groppo in gola e giuro che non so cosa dovrei aspettarmi da quel pazzo di mio fratello, e credo di avergli fatto un complimento usando quest'appellativo dopo tutto quello che ci ha fatto passare.
Arrivo al carcere e il commissario mi attende con un foglio in mano.
"Michele, allora sei disposto a firmare l'autorizzazione per il trasporto di tuo fratello in ospedale?" chiede.
Annuisco, tiro fuori dalla tasca una penna e mi faccio dire dove devo firmare.
"Posso vederlo prima che lo portino via?" chiedo.
"Certo, ma è meglio che non entri da solo... nessuno esclude che possa usare il braccio buono per farti del male dopo tutto quello che ha combinato." mi risponde lui.
Annuisco semplicemente e due uomini corpulenti e d'alta statura mi si avvicinano e appoggiano le mani sulle mie spalle. Li guardo e vedo che hanno delle pistole infilate nei pantaloni. Un classico, insomma. Il punto è che le hanno messe all'interno, forse per evitare che Mattia, in un improvviso scatto d'ira, possa aggredirmi all'improvviso.
Prendo un lungo respiro mentre la cella di mio fratello viene aperta. Gli hanno avvolto attorno al braccio delle bende alla bell'e meglio e quelle stesse bende sono ancora macchiate del suo sangue.
Il commissario, insieme a Christian, solleva da terra Mattia per poi metterlo su una barella che è stata messa all'entrata della cella proprio perché io ho assicurato che avrei dato il consenso per il suo trasporto in una struttura sanitaria. Mentre lo spingono fuori lui urla, ma d'improvviso mi vede e ammutolisce.
"È brutto esser buttato in una cella senza la possibilità di essere curato... non è vero, Mattia?" gli dico a denti stretti. Non so perché gliel'ho detto, ma vedendolo inerme, su quella barella, ho rivisto me, a terra, in quella stessa, umida, sporca cella, con la febbre altissima, le convulsioni, il petto dolente e un dolore interiore terribile, con i poliziotti che non facevano che dirmi cattiverie a tutto spiano, senza risparmiarsi.
Mattia inizia ad agitarsi e, come previsto, cerca di buttarsi dalla barella, verso di me, ma batte con il braccio fasciato contro il materasso, con violenza, e inizia a urlare.
"Portatelo via" ordina il commissario, ma all'improvviso accade qualcosa di inatteso. Il poliziotto che mio fratello ha ferito scatta in avanti, afferra la sua pistola e la punta verso di noi.
"Provate a fare un solo passo e sparo!" ci urla contro. Sembra impazzito e non riesco a capirne il motivo.
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