"153°: I risultati del test"
Dora
Dopo la proposta di matrimonio di Michele mi sento davvero felice. Sono tornata dai miei genitori, per il momento, perché naturalmente loro non vogliono che ci separiamo troppo presto, ma sono felici che Michele abbia una casa, nonostante gli stenti. Quella casa mi piace tanto. È semplice, ma accogliente. E poi... ci ho vissuto dei bellissimi momenti. Forse i più belli di tutta la mia vita!
È mattina presto quando mi sveglio ed esco dalla mia camera.
"Buongiorno tesoro." mi dice gentilmente mia madre. "Come va oggi?"
"Bene... da quando è successo quello che è successo!"
Mia madre mi sorride. Sono felice che lei sia d'accordo con la scelta che ho fatto. Con la fortuna che ho avuto finora, non mi sarei sorpresa se i miei non fossero stati d'accordo con la scelta della persona che io desidero vicino.
Dopo una rapida colazione corro a lavarmi e vestirmi e torno in salotto. Sento delle voci sussurrate, che però non riesco proprio a capire che cosa stiano dicendo.
Sento qualcuno entrare e m'irrigidisco istantaneamente.
Sento qualcuno trascinare una sedia accanto alla mia. Trattengo il respiro, anche perché mi concentro sul suo per capire chi è, visto che lui non sembra avere intenzione di parlare. Dio mio... potrebbe essere lui, ma come faccio a basarmi soltanto su questo per dirlo? Lui mi mette la mano sulla spalla e una scossa elettrica mi attraversa tutto il corpo. Credo che questa sia la più grande conferma che ho.
"Michele... ma ti diverti tanto a cogliermi di sorpresa o cosa?" gli chiedo, portando una mano al cuore, che batte forte. Lui stacca bruscamente la mano dalla mia spalla e lo sento trattenere il respiro per qualche istante.
"Come hai fatto a...?" mi chiede Michele.
"Non lo so..." ammetto. "Non ti affidare a questi test. Potrei non riconoscerti..."
"Non ci credo!"
"Oh, fidati!" dico sorridendo.
"Comunque... ho chiesto ai tuoi e a tuo fratello di non dire niente. Volevo farti una sorpresa..."
"Sono felice di vederti... ma come mai sei venuto qui?" gli chiedo con voce incerta.
"Salvatore mi ha detto che gli sarebbe piaciuto parlare con te di una certa questione" mi spiega lui.
"Niente di grave, spero!" dico agitandomi.
"Sono sicuro di no, piccola. È che lui si fida di te, e per ovvie ragioni. Dopo tutto quello che hai passato sei la persona migliore a cui può fare una confidenza."
"Tu credi?"
"Ma certo. Ora però dovremmo andare. Salvatore ci aspetta qui fuori... o meglio: TI aspetta."
Usciamo di casa tenendoci per mano. Salvatore è in giardino, accanto a Pegaso. Corro dal mio amico a quattro zampe e gli metto una mano sulla testa, per capire se si fida, perché quando ha fiducia in qualcuno annuisce se lo tocco, per darmelo ad intendere. E infatti con lui è perfettamente tranquillo, come d'altronde lo è con Michele. È raro che lui sbagli... e forse è vero che ci somigliamo, perché lo stesso vale per me.
"Ciao bellezza" mi dice voltandosi nella mia direzione. "Sono felice di vederti, sai?"
"Michele mi ha detto che mi cercavi. Se vuoi possiamo allontanarci un po', d'accordo?"
"Non ti creo problemi, vero?"
"Se per "creare problemi" intendi con me, puoi stare tranquillo. Sei un amico e se hai bisogno di qualcosa puoi contare su di me... se lei è tranquilla con te, lo sono anch'io."
Salvatore sorride e mi prende per mano.
Andiamo ad un bar, ci mettiamo ad un tavolo un po' riparato dagli sguardi altrui e prendiamo qualcosa insieme. Quando sento il cameriere allontanarsi tendo la mano e tasto il tavolo, alla ricerca della mano del mio amico. Lui non vuole lasciarsi toccare, forse perché non vuole farmi capire che è molto agitato per una ragione che per adesso non mi è chiara.
"Ehi! Stai tranquillo. Non posso mica giudicarti se sei agitato per qualcosa, anche perché io stessa mi agito, con la differenza che tendo a farlo per qualsiasi cosa!"
"Ecco... il fatto è che... si tratta di Angela."
"Angela? Perché? Cosa le è successo?" chiedo, cercando di mantenere un tono tranquillo e pacato poiché lui è piuttosto scosso.
"A lei nello specifico nulla. Il fatto è che ho saputo che è stata lei a donarmi il suo sangue per fare la trasfusione."
"E...?" chiedo.
"E... io non ho un gruppo sanguigno molto comune... quindi credo che sia lei... la bimba che mio padre abbandonò appena nacque."
Dice queste parole con difficoltà e mentre parla mi stringe la mano.
"Ho fatto un test a sua insaputa. Sai, è facile trovarsi i capelli tra le mani quando vengono toccati. È bastato questo per il test del DNA."
"Hai paura di conoscere la risposta e non sai come parlare con lei dell'iniziativa che hai preso, vero?" chiedo.
"Precisamente!"
"Quando devi andare a ritirare i risultati del test del DNA?"
"Oggi pomeriggio, alle cinque." mi risponde lui.
"Se ti va posso accompagnarti."
"Lo faresti sul serio?" chiede.
"Siamo amici, no? È ovvio che lo farei sul serio, se potesse servirti a stare abbastanza tranquillo da stare in piedi."
Lo sento sorridere e lui agisce in un modo che da lui non ci si aspetta. Non sempre, almeno.
Si alza di scatto, aggira il tavolo e mi circonda la vita con le braccia.
"Sei davvero una ragazza speciale, sai?" dice sorridendo.
"Ah, proprio tanto, davvero!"
"Non sto scherzando. Sei speciale. Dimmi quale ragazza potrebbe fidarsi del Boss della casa accanto?" mi chiede ridendo.
"Tu hai solo una corazza, ma sei un bravo ragazzo... basta saper guardare dentro di te." gli dico. "E poi... sbaglio o tu hai messo la testa a posto?"
"Certo, ma di chi è il merito, se ho messo la testa a posto?" mi chiede lui. "Di una ragazza bruna, con uno sguardo che non è visibile, ma è molto fiero..."
"Con uno sguardo bianco."
Ma perché non riesco a tenere la bocca chiusa?
Lui ha un carico enorme sulle spalle, ed io torno a pensare a questa stupida storia!
"Scusami... non far caso a quello che ti ho detto" gli dico passandomi le mani sul viso. "Mi dispiace tanto, credimi!"
"Dopo tutto quello che tu e Michele avete sofferto, mi stupisco di come siate riusciti ad andare avanti senza che il rancore potesse prevalere sul vostro buon cuore. Forse io non ce l'avrei fatta, Dora. È normale sbottare... sei umana anche tu."
Mi prende la mano, con delicatezza. Mi aiuta ad alzarmi dalla sedia e facciamo una lotta per pagare il conto per poi lasciare il piccolo bar.
Arriviamo a destinazione e una donna per il tiro alla fune.
"Dai! Sono certa che tutto andrà per il verso giusto. E poi, al massimo, finalmente Angela avrà due fratelli maggiori, no? Uno adottivo ed uno biologico."
"Insegnami a prendere le cose come te!" dice.
"Che cosa?" chiedo sorpresa.
"Sei tanto positiva, anche in queste cose."
"Una volta lo ero davvero e mi stupivo anch'io di esserlo. Poi... sono successe tante, tantissime cose, e sono cambiata anch'io... però ho accanto delle persone che mi danno la forza di credere nell'esistenza delle cose buone come so che esistono anche quelle cattive!"
Lo sento stringermi forte il braccio. È terrorizzato e curioso contemporaneamente, ne sono più che certa.
Viene chiamato un cognome che non ho mai sentito e la mano di Salvatore si stringe ulteriormente alla mia.
"Ah... è quello il tuo cognome" dico sottovoce.
"Certo... non potevo mica dire Serramanico." mi dice sottovoce all'orecchio.
Entriamo in sala d'attesa e una dottoressa che a quanto pare Salvatore conosce estrae dei fogli da non so dove, forse da una cartellina, e Salvatore mi lascia la mano per afferrarli. Subito dopo lo sento trattenere il respiro e dopo pochi secondi le carte gli sfuggono dalle mani e finiscono sul pavimento. Io mi lancio in avanti per raccoglierle, ma le mani fresche della dottoressa mi prendono la vita e mi fanno spostare un po' più indietro.
"Stavi per urtare la scrivania, cara" mi spiega, aiutandomi a mettermi seduta.
"Dottoressa... per caso lei ha capito cos'è successo?" chiedo indicando il punto in cui credo si trovi Serramanico. Resto in ascolto e lo sento ricominciare a respirare, cosa che mi fa capire che non ho indicato un punto nel vuoto.
"Credo che sia stata la risposta che ha letto su quelle carte a sconvolgerlo..."
"È... positivo, vero?" chiedo a fior di labbra.
Sento il corpo del mio amico crollarmi addosso e la mia maglietta si bagna di lacrime di dolore. Non mi aspettavo di vederlo reagire così per un qualsiasi motivo. Mi alzo dalla sedia e lo faccio sedere al mio posto. Lascio che si sfoghi. Desidero solo che si senta sicuro di potersi sfogare.
Non dico niente perché ho la sensazione che se parlassi lo farei sentire peggio. Spesso e volentieri le parole sono di troppo. Dopo un po', però, lui si stacca e mi spinge dolcemente più indietro.
"Ti senti meglio o stai cercando di fare l'uomo duro come al solito?"
"Sto meglio. Grazie" mi dice lui, alzandosi.
Mi stringe le mani e continua: "Poverina! Tu ti sei trovata un peso simghiozzante addosso senza nemmeno capirne il motivo! Mi dispiace tanto!"
"In realtà l'ho capito il motivo. L'ho capito da sola!"
"Sì. Tu l'hai capito. L'hai capito eccome!" dice Salvatore.
"E ora che cosa farai?" chiedo.
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