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"143°: Atroce verità"

Michele
È passata una settimana intera e lei è ancora là, immobile, in uno stato di coma. È stata coinvolta anche una ginecologa che ha detto che lei è stabile, ma chi è a rischio è il bambino. Viene costantemente monitorato attraverso lei e la paura mi assale ogni volta che guardo quel monitor, anche di striscio. A volte, quando vado a trovarla, le poso una mano sul ventre per farle sentire la mia presenza. Gli occhi della mia piccola s'illuminano tutte le volte che lo faccio... sono convinto che lei mi senta e quando noto le sue piccole reazioni intensifico i miei gesti, per farle capire che non me ne andrò da lei, non la lascerò da sola.
"Ehi! Buongiorno, Bella Addormentata!" le dico, posando una mano sul suo ventre e vedo le sue labbra piegarsi in un leggero sorriso.
"Lo sai che più ti guardo, più m'incanto? Hai un potere straordinario, amore mio, e non te ne rendi neanche conto... forse è proprio questa la cosa più bella... il fatto che tu sia bella, ma una bella che non ne è consapevole."
Le sorrido mentre glielo dico e la vedo muovere leggermente le dita, come per farmi segno di mettermi accanto a lei. È davvero dolcissima, questa ragazza!
"Vorrei sdraiarmi accanto a te, coccolarti, tenerti stretta, ma non posso... non posso sdraiarmi su questo letto, perché... perché ci sono questi macchinari, e se lo facessi li sposterei e ti creerei non pochi problemi."
La porta si spalanca e vedo il dottor Riccardo dirigersi velocemente verso il letto accanto al quale sono inginocchiato.
"Fai bene a parlare con lei, Michele." dice con tono pacato e tranquillo. "Lei ti sente."
"Lo so che mi sente. È per questo che le parlo" gli dico.
"Non posso essere certo di quello che sto per dirti, ma ho la nette sensazione che quello che stai facendo le serva moltissimo. Se l'hai notato i suoi movimenti stanno gradualmente aumentando e diventando più frequenti. Ad esempio fino a ieri quel gesto con le mani non lo faceva... e a volte, durante la notte, ha come degli scatti... con la testa, ad esempio. La scuote, a destra e a sinistra, quando vuole dire di no, e... quando invece vuole annuire riesce a farlo."
"Sono felice di questi progressi, dottore. Io so per certo che la mia piccola ha una grande forza e si sveglierà, perché solo una ragazza con una grande forza avrebbe fatto quello che lei ha fatto per me" gli dico sorridendo al pensiero che la mia eroina si sta riprendendo.
"Le vuoi molto bene, vero?" mi chiede il medico.
"Sarei un idiota se non gliene volessi."
Il medico mi posa una mano sulla spalla, con delicatezza.
"E tieni molto anche a quel bambino, a quanto pare, eh? Quello che sta crescendo dentro di lei." mi chiede.
"Non so cosa mi è successo da quando lei mi ha dato la notizia... so solo che mi auguro che sopravviva e che la mia piccola si senta pronta ad accoglierlo."
"Perché dici questo?"
"Non lo so... insomma, una madre tanto giovane come lei potrebbe non sentirsi pronta, ma mi sentirei troppo male se questa creatura non fosse ben accetta nella sua vita. Non c'è ancora, ed io già la amo con tutto il mio cuore, davvero. Io... ecco..."
Sfrego forte le guance con entrambe le mani, augurandomi di cuore che quando le darò questa notizia lei sarà felice. Ma, del resto, non posso neanche pretendere che succeda.
"Sei davvero un bravo ragazzo!"
Sorrido, perché è una cosa che mi dicono molto spesso, ma mi fa sempre piacere sentirmela dire.
"Anche lei lo è... e la guardi! Povero amore mio! Quante ne ha passate!" dico accarezzandole la guancia sinistra. "Piccola... non ti preoccupare. Io non ho fretta. Prenditi tutto il tempo che ti occorre... per te e per lui. O magari per lei, chi può dirlo?"
Il dottore sorride.
"Quanto mi piacerebbe che mia figlia avesse avuto accanto un ragazzo come te" dice abbassando il volto.
"Sua... che?" chiedo sorpreso.
"Mia figlia. Si chiama Giulia e purtroppo ha vissuto un vero inferno con un ragazzo... l'unico della sua vita. All'inizio lui si è mostrato buono, pulito... ma... non te lo so spiegare il motivo, ma lui a me non piaceva. Solo che non me la sono sentita di barricarla in casa, di comportarmi come un padre del Novecento. Ho lasciato che si frequentassero."
Non gli chiedo cos'è successo, perché già lo immagino.
"Quando, per un periodo, sono andati a vivere insieme... la prima volta è accaduta una cosa orribile... lei non se la sentiva di... di procedere. Non so se capisci cosa intendo..."
"Lo capisco." dico. "E credo anche di aver capito com'è andata a finire. Se non se la sente di dirmelo non lo faccia."
"Lei... credeva che fosse tutta colpa sua e quando lui aveva quelle reazioni lo lasciava fare... fino a quando non l'ha quasi ammazzata. È stato allora che lei mi ha detto tutto... e da allora si è chiusa in casa e non crede più in niente e nessuno... non vuole farsi aiutare e tutte le notti ha gli incubi."
"E che fine ha fatto quell'uomo?" chiedo, poi mi correggo. "Quel... verme? Che fine ha fatto quel verme?"
"Non lo so. So solo che somigliava molto a tuo fratello ed aveva un nome simile al suo."
"Come?" chiedo.
Spero tanto di aver capito male, di correre il rischio di diventare sordo.
Tutto, ma non questo! Non anche questo!
"Biondo... occhi celesti... alto e ben piantato."
"Okay, ma qual era il suo nome? Per favore, me lo dica!"
"Matteo Genovese!"
"Cosa...?"
Sento che sta per venirmi un colpo e ho paura che se dicessi al dottore cosa sto pensando non riuscirebbe a curarmi. Ora che ci penso, Mattia è stato con una ragazza per qualche mese ed ha trascorso un periodo di convivenza con lei... no! Non anche questo, ti prego! Fa' che si tratti di una coincidenza!
"Quanto tempo sono stati insieme?" chiedo, sperando che mi dica un numerdiverso da quello a cui sto pensando.
"Quattro mesi."
Un colpo al cuore. Non ci posso credere! Non può essere!
"Michele! Michele, che ti prende? Ehi... guardami ragazzo, guardami!" cerca di scuotermi il medico.
"Mi lasci... non merito il suo aiuto... è stato lui... è stato mio fratello!" riesco a dire poco prima di perdere i sensi.

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