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"139°: Buona come poche"

Michele
Torno nella stanza della mia piccola. Non riesco a credere che mio fratello sia arrivato a tanto! Ha pestato a sangue Romano fino a fargli perdere completamente la memoria. Persino lui mi fa tenerezza... tanta tenerezza.
Torno in quella stanza e lei si tira su di scatto, come se mi avesse visto.
"Come sapevi che ero io?" le chiedo.
"In realtà non lo sapevo. È stata solo una sensazione e non ero sicura che fosse giusta" mi risponde. "Ma è successo qualcosa in quella stanza, Michele? Anche se non ti posso guardare so che sei turbato. Vuoi parlarne?"
"Ecco... non so se lo sai, ma anche Romano è ricoverato qui."
"Romano?" chiede lei, e il panico si fa strada sul suo volto e nella sua voce.
"Tranquilla. È totalmente inoffensivo per come l'ha conciato mio fratello." le dico.
"Che?" Lei passa dalla paura allo stupore.
"Vedi... Mattia l'ha aggredito per non so quale motivo... e gliene ha date tante da rompergli le ossa e fargli perdere completamente la memoria. È vero: lui... lui mi ha fatto soffrire, ma nessun essere umano merita questo... e il fatto che questa sia opera di mio fratello mi fa sentire come se in realtà fossi stato io."
In questo momento è come se le cose che le ho detto poco fa sul rischio che i suoi occhi perdano completamente il loro colore non contassero più.
"Michele... potresti portarmi da lui, per favore?" mi chiede con un tono dolcissimo.
"Sei sicura?" le chiedo.
"Non sono mai stata tanto sicura di qualcosa in vita mia. Anzi, no! Forse di una cosa sono stata sicura a questi livelli: del fatto che non avrei mai permesso che tu finissi i tuoi giorni come se fossi stato un delinquente, perché non lo meriti" risponde lei, scendendo dal letto. La vedo cercare qualcosa, ma non capisco di cosa possa trattarsi.
"Cosa cerchi?" le chiedo.
"Il mio bastone. Non so dove sia finito."
"Lascia perdere. Se non ti dispiace, ti conduco io." le dico prendendo la sua mano. Lei annuisce e quando la tengo per mano mi sembra che sia più tranquilla, come nel periodo del sequestro. Mi sembrava che lei riuscisse a fidarsi di me e questo mi rendeva felice. Quale "vittima" riesce a fidarsi del suo "carnefice" dopo che quest'ultimo si è mostrato tale?
Raggiungiamo la camera in cui è ricoverato Romano. Io spingo delicatamente la porta, rimasta socchiusa, e conduco dentro la mia piccola, che tende la mano libera nel vuoto e traccia dei cerchietti con il braccio, come se non sapesse come muoversi.
"Non credo sia il caso che io ti tocchi, Romano. Potrei farti male, non è vero?" chiede con voce dolce.
"Chi sei?" le chiede lui, guardandola con un'espressione che lascia intendere quanto si senta confuso.
"Mi chiamo Dora De Luca" risponde lei. "Ma davvero non mi riconosci?"
"No... sinceramente no. E non ricordo nemmeno come sono finito qua" le spiega lui.
"Ah, beh... forse è meglio."
"Perché meglio? Perché sono qui?" le chiede.
"No... non farci caso... niente" risponde lei, abbassando drasticamente il volto e il tono, come fosse in imbarazzo. "Hai già conosciuto Michele, vero?"
"Certo" risponde lui, "ma cosa sono quei lividi che ha sulle braccia? Come se li è procurati?"
Stringo leggermente la mascella. Non posso dirglielo, ma se ripenso al fatto che quei lividi me li ha procurati proprio lui mi viene voglia di gridargli contro e dirgli tutto.
Lei se ne accorge, anche se non so come, e mi passa l'altra mano sul braccio per tranquillizzarmi. La sua bontà mi sorprende ogni giorno di più, ma forse è proprio questo a farmi innamorare ancora di più di lei. È chiaro che lei non sopporta l'idea che qualcuno possa soffrire, per quanto male questa persona le abbia fatto. È meravigliosa.
"Come ti senti? Oltre alla perdita di memoria, voglio dire." gli chiede.
"Mi fa male tutto il corpo."
"Vuoi che chieda al dottore di darti qualcosa per attenuare un po' il dolore?" gli chiede ancora, con premura.
"Se lo facessi mi faresti un enorme favore." le risponde lui.
"Allora vado a cercarlo." dice.
"Aspetta... che cosa ti è successo agli occhi?" le chiede lui, con un tono apprensivo che non gli ho mai sentito usare da quando lo conosco. "Sembrano... spenti. È come se stessero perdendo colore. Cioè, voglio dire... ecco..."
Lui si blocca e lei si volta verso di me, come se non sapesse come uscire da quell'impiccio. Poi decide di restare sul vago.
"Un... piccolo incidente di percorso. Magari più avanti ti spiegherò meglio di cosa si è trattato." dice.
"Ehm... andiamo... a cercare il dottore?" le chiedo e lei annuisce. La porto fuori dalla stanza di Romano e quando siamo abbastanza lontani da non essere ascoltati da lui, prendo anche l'altra mano di Dora e le chiedo: "Perché stai facendo tutto questo, tesoro?"
"Perché io non sopporto l'idea di un essere umano, costretto a letto e in più tormentato dai ricordi del modo in cui si è comportato in passato. Lo so, lui ti ha fatto soffrire molto, ma... ti prego, se puoi cerca di perdonammi... io non riesco a provare odio per un'altra persona." spiega lei. La sua voce trema leggermente e quasi mi spaventa. È come se, tutto ad un tratto, fosse tornata la sua paura degli uomini... o peggio: la sua paura di non essere compresa.
"Perché ti spaventa l'idea di parlarne? Io non ce l'ho con te... non potrei. Il fatto è che mi sorprendi quando ti comporti in questo modo." le spiego. "È per questo che non potrei mai lasciarti. Sarei un idiota se ti abbandonassi..."
E lo penso davvero. Non potrei lasciarla sola. Sarebbe davvero ingiusto se lo facessi e oltretutto sarei un idiota.
Mi avvicino a lei, le circondo con delicatezza la vita con le braccia e faccio scontrare le nostre labbra. Guardo i suoi occhi, il cui colore si spegne ogni secondo che passa. Spero solo che questo non debba per forza provocarle sofferenza, perché lei proprio non se lo merita, come non meritava tutto quello che ha passato a causa mia e di mio fratello... lo stesso fratello che mi preoccupa tanto.
Vorrei andare a trovarlo, ma forse per lei è troppo da sopportare... eppure non posso abbandonarlo. È pur sempre mio fratello.
"Tesoro... ora sono io che devo dirti una cosa" le dico, "e spero che quello che mi hai detto... valga anche per un'altra persona."
"Mattia?" chiede e mi stupisco di quanto possa essere intuitiva.
"Esatto. Vedi, il fatto è che lui non è abituato alla prigione e non so come se la sta cavando in questo momento."
"È tuo fratello, Michele." dice.
Posa delicatamente le mani sulle mie guance e mi fa girare il viso, portandolo proprio di fronte al suo, come se mi stesse guardando negli occhi, ed il suo sguardo è più vero di tutti gli sguardi di questo mondo presi contemporaneamente. I suoi occhi sono leggermente lucidi, ma le lacrime non escono fuori. Capisco cosa sta facendo. Vuole cercare di non farmi pesare il terrore che prova solo a sentire il nome di mio fratello.
Ora sono io a prenderle il viso tra le mani e accarezzarlo.
"Piccola... so che hai paura... non ho dimenticato quello che ti ha fatto mio fratello. Non l'ho dimenticato, davvero... e ti giuro che non gli permetterò di farti di nuovo del male."

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