"136°: Rivelazioni, sfoghi e segnali"
Michele
Esco da quella stanza. Spero d'incontrare il dottor Riccardo, perché non posso dare una medicina alla ragazza che amo prima di averlo consultato, ma m'imbatto in un'altra persona: Vittorio!
"Ehi, Michele! Aspetta!" dice mettendomi una mano sul braccio.
"Signor Vittorio!" dico a bassa voce.
"Ehi! Cosa sono questi convenevoli, ragazzo?" chiede con un tono che mi sorprende.
"Ecco... il fatto è... è che io..."
"Vieni, ragazzo. È da un po' che desidero parlarti." dice.
Faccio un cenno d'assenso. Prima o poi questo momento sarebbe arrivato. In fondo è colpa mia se adesso lei è bloccata a letto.
Andiamo al bar dell'ospedale. Non prendiamo nulla. Ci sediamo semplicemente là, l'uno di fronte all'altro.
"Io so tutto." dice gentilmente.
"Tutto cosa?" chiedo esitante.
"So cos'è successo la notte prima dell'esecuzione. Lei ovviamente non me l'ha detto, perché... sai, non è facile parlare a un uomo di questo genere di cose... ma so che questo era voluto da entrambi... e poi volevo ringraziarti..."
"Come? Per che cosa?" chiedo.
"Perché durante il periodo in cui siete stati a contatto lei era contenta. E capisco il motivo per cui si è gettata in quella corsa folle per salvarti... anche perché tu volevi darle qualcosa che forse l'avrebbe resa felice... i tuoi occhi."
"Lei come sa tutto questo?" chiedo.
"La storia del trapianto di occhi l'ho sentita perché lei ne parlava spesso a Bruno. La vedevo felice quando eravate insieme, e poi... beh... dopo aver fatto il grande passo le persone cambiano. È cambiata lei e sei cambiato tu. Avevi un'altra forza quando ti hanno issato là sopra, lo sai?"
Spalanco gli occhi, sorpreso.
"Lei... è tanto bella! Non solo fisicamente... è bella perché è lei! Mentre eravamo in cella io... forse ho sbagliato, ma sono totalmente inesperto... lei si è spaventata perché anche Mattia si era messo in quel modo. Io le ho chiesto se fosse sicura di quello che stava per fare... perché io avevo paura, ma allo stesso tempo volevo... ecco... volevo conoscerla, sentirla vicina. Ma le giuro che se mi avesse detto che non voleva l'avrei lasciata andare. E ci ho pensato tantissimo quando l'ho vista piangere a dirotto, su quella sedia che l'avrebbe vista assistere alla mia esecuzione!"
"Lo so, Michele. Ma ti assicuro che lei avrebbe pianto in quella maniera anche se non vi foste mai toccati. Non sarebbe stato di certo questo a farla sentire peggio."
"Mi sento talmente in colpa! Lei non avrebbe dovuto esserci! Se non avesse assistito non avrebbe avuto quello scatto, non sarebbe in quel maledetto letto a soffrire le pene dell'inferno! Io non volevo!"
Mi copro il volto con le mani. Le lacrime sono inarrestabili. Io non voglio perderla, come lei non voleva perdere me, ed è per questo che è andata a finire in questo modo. Vittorio viene verso di me. Appoggia le mani sulle mie spalle, delicatamente, e sposta le mie mani dal viso.
"Quello che ha fatto Mattia è da vigliacchi... non certo qualche lacrima! Sei molto in pena per lei, Michele. Ora lei è nella sua stanza. Noi siamo qui. Se vuoi puoi sfogarti con me. Io ti voglio bene come voglio bene a lei e a Bruno. Sfogati quanto vuoi, sta tranquillo!"
A quel punto mi lascio andare e lui mi sfiora delicatamente le spalle, premendole leggermente.
"Perdonami..." dico in un sussurro, senza alcun controllo.
"Non hai niente da farti perdonare! Non potevi sapere che lei avrebbe fatto anche questo per farti uscire di galera. Invece, a quanto pare... e scusami, perché è di tuo fratello che sto parlando, ma... forse Mattia lo sapeva benissimo! Quel disgraziato le ha anche messo le mani addosso! Io..."
"Mattia è stato arrestato prima che io uscissi" gli dico. "Ha riempito di botte Romano e l'hanno sbattuto in galera!"
Lui non risponde. Io resto immobile e continuo a piangere.
"So che voi due siete fratelli, ma tu non hai nulla da spartire con quel maledetto!"
Il suo tono è talmente diverso quando parla di lui da quello che ha usato per riferirsi a me!
Dopo un po' mi riprendo... o almeno ci provo.
"Ti senti meglio, ragazzo?" mi chiede gentilmente Vittorio.
"Molto, grazie. Ora... è meglio che vada a cercare il medico. Vorrei chiedergli se posso dare alla mia... cioè, a Dora, una medicina che dovrebbe curarla in pochi giorni. È solo che, arrivati a questo punto, è meglio parlarne con lui. Ho paura di ottenere l'effetto contrario."
"Fai bene, caro. Non preoccuparti" mi dice, "ma... io credo che dopo questo non potrai più darle i tuoi occhi... credo che quella roba li abbia rovinati."
La sua voce trema mentre me lo dice. Io mi sento a disagio, ma cerco di non darlo a vedere.
I suoi occhi... li ho visti più opachi di quanto non fossero quando li ho visti l'ultima volta. Quella roba li sta rovinando...
Ripenso al sogno che ho fatto in carcere, quando Romano mi ha legato al letto.
Le chiedevo di aprire gli occhi! E lei era restia a farlo... Certo, era un segno...
Questo era un segno! Stava ad indicare che le sarebbe successo qualcosa: perché non mi ci sono concentrato più di tanto? Perché, egoisticamente, ho pensato che fosse un modo per confortarmi?
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