"127°: Dal condannato alla condannata"
Michele
Mi sento malissimo. Non ci posso credere! Lei ha fatto tutto questo per salvarmi la vita! E adesso, nonostante sia svenuta, vedo che il suo volto è contratto dal dolore. Un dolore che Giorgio conosce meglio di me. Fino ad ora ho resistito, ma in questo momento l'unica cosa che posso fare è scoppiare a piangere e crollare di nuovo, con la testa sul petto della ragazza che si è data in pasto ai lupi solo per liberarmi! Mi ritrovo ad avere i suoi capelli sugli occhi e non ho né il coraggio né la forza di spostarli.
"AIUTATELI, VI PREGO!" grida una voce che mi è familiare: è la voce di Angela!
"Che altra prova vuole, eh, signor giudice? Cos'altro le serve per capire che quel povero ragazzo non ha colpa?" lo fulmina Carmen.
"È colpa di sua figlia! Non doveva corrergli incontro, scavalcare le transenne e rischiare di farsi ammazzare per quel..." inizia, ma non finisce la frase, perché sul suo viso si schianta una mano il cui gesto trasmette soltanto rabbia.
"Un'altra parola... solo un'altra parola e le giuro che ci farò finire lei in carcere!"
Carmen è furiosa e atterrita. Come ha fatto Dora, scavalca le transenne e ci corre incontro. Si avvicina ed io cerco di alzarmi, ma non ci riesco. Mi gira la testa.
"Piano Michele, piano. Stai tranquillo" dice con un tono più dolce e accondiscendente di quello che ha usato con il giudice che si è occupato del mio caso.
"È colpa mia... lei non doveva essere qui! Non doveva!" le dico tra le lacrime.
"Calmo... tranquillo. Non è stata colpa tua, Michele... vieni, appoggiati a me" dice dolcemente la donna.
Vedo che le transenne vengono tolte e il nostro gruppo ci raggiunge. Angela si getta tra le mie braccia, piangendo con disperazione, e io, che non mi reggo nemmeno in piedi, a momenti finisco nuovamente riverso a terra.
Mi volto verso la ragazza che ha deciso di dare la sua vita in cambio della mia. Dalla sua fronte cola ancora sangue, che le raggiunge le labbra. Ora che l'adrenalina è un po' diminuita sento il sapore metallico del sangue anche sulla mia bocca.
"E voi? Che fate là?" chiede Carmen, lanciando uno sguardo glaciale ai poliziotti. "Andate a chiamare un'ambulanza!"
Mi guardo intorno e vedo che Mattia è scappato, come era già successo quando ha sparato un colpo a me, in mezzo al petto.
Davide va a chiamare l'ambulanza e la folla circonda immediatamente il corpo esanime di Dora. Carmen continua a sorreggermi e io le chiedo perdono. Perché tutto questo, perché?
"Dovevo esserci io al suo posto" sussurro.
"Michele... voi due avete avuto lo stesso destino. Se avessi uno specchio ti farei vedere il livido che ti si è formato al collo... e poi fai ancora fatica a respirare! Avete lottato insieme e lei stamattina mi ha detto che non poteva lasciarti andare via in questa maniera!"
Io continuo a guardarla, ma è come se non la vedessi davvero.
Per fortuna l'ambulanza arriva in breve.
Io mi getto in avanti, cercando di salire su di essa, ma Romano mi prende per un braccio e mi tira indietro.
"Eh no, Michele! Non possiamo più fare quello che meriti, ma non potrai uscire di prigione fino a nuovo ordine."
"Tu non mi toccare!" gli dico e, non so come, trovo la forza di togliermelo di dosso dandogli uno spintone.
Il commissario mi mette una mano sulla spalla, con delicatezza.
"Mi dispiace, Michele. Per ora non posso rilasciarti, ma farò richiesta perché il tuo processo venga affidato a qualcun'altro."
Faccio un cenno d'assenso e torno al carcere insieme a loro.
Torno nella cella insieme ad Antonio e mi accascio sulla mia prima branda per poi scoppiare in lacrime. Il mio amico mi raggiunge subito e mi circonda le spalle con un braccio.
"Michele... lei se la caverà, ne sono sicuro."
"Forse sarebbe stato meglio non averla mai conosciuta. Non l'avrei fatta soffrire tanto."
"Ma che cosa stai dicendo, Michele? Cosa ti salta in mente? Se c'è qualcuno che ha reso felice quella povera ragazza, quella persona sei tu!"
"Sembra che anche tu tenga parecchio a lei" dico con un leggero sorriso.
"Non potrei non farlo, Michè!"
"Perché?"
"È semplice. Grazie a quella ragazza mia sorella Bea sta ricominciando a vivere." mi risponde lui, con tutta la semplicità di questo mondo.
"Lei è fatta in questo modo. Se le si racconta la storia di qualcuno che sta soffrendo cerca di mettersi in gioco, per aiutarlo... e questo le è costato tanto... troppo... ed è solo colpa mia!"
"Non è colpa tua, Michè! 'A colpa è de 'sti quatte scieme e de chillu scemo cchiù scemo 'e frateto, ca te vulevano levà 'a tuorno!" ["La colpa è di questi quattro imbecilli e di quell'idiota ancora più idiota di loro di tuo fratello, che hanno cercato di toglierti di torno!"] mi dice serio Antonio.
"Alla fine il condannato non ero io... sulla carta il condannato era Michele Genovesi, un violento, un animale, un mostro che ha cercato di rubare l'innocenza di una ragazzina... e invece adesso la condannata è proprio quella ragazzina!" dico e, in un moto di rabbia, colpisco il muro con un pugno.
"Oh, oh, ma te vuò calmà?" ["Ehi, ehi, ma vuoi calmarti?"]
Ricomincio a piangere come un bambino... un bambino povero, al quale è stata appena portata via l'unica certezza che la vita gli aveva dato.
"Lei... lei non c'entrava niente. Non doveva pagare per me... non doveva rischiare la vita per salvare la mia!"
Mi prendo la testa fra le mani. La sento dolere fortissimo, come se da un momento all'altro dovesse scoppiare o saltarmi via dal collo. Il mio compagno di sventura mi prende la mano ferita ed inizia a passarvi sopra un fazzoletto bagnato con acqua fredda. Ripete l'operazione sui miei polsi e sul collo, zone ricoperte di lividi a causa delle corde che mi sono state strette addosso.
Avverto dolore quando lui preme quel tovagliolo sul mio corpo, ma non emetto un gemito. In fondo questo non è niente in confronto all'inferno che si è scatenato nel mio cuore quando Mattia le ha sparato quel dannato veleno in corpo.
La porta coperta di sbarre della nostra cella viene spalancata e vedo Davide, che entra con un piatto ed una bottiglia d'acqua in mano.
"Tieni Michele. Questo è per te. Il brodo in piena estate non è il massimo... ma qui non abbiamo granché, e poi... ho letto che distende i nervi." mi dice.
"Sei stato gentile... ma io non ce la faccio. Non riesco a mandare giù niente" gli dico. "Non ho nemmeno la forza di stare in piedi... scusa."
"Michele... lei ha fatto di tutto per salvarti. Fallo per lei: non lasciarti andare al dolore. Lei sta sicuramente combattendo per riprendersi..."
"Lo so... ed è questo che mi fa stare peggio... mio fratello le ha sparato un proiettile che era destinato a me e che non agisce sul corpo in modo comune. Lei ha dato la sua vita in cambio della mia e questo mi fa provare un senso di colpa che... io proprio non ti so spiegare."
"È normale, ma se la metti sul piano logico non è stata colpa tua, né tantomeno sua. Lei voleva evitare un'ingiustizia e qualcuno che vi rema contro ha fatto in modo che gliene toccasse un'altra, che però lei avrebbe vissuto sulla sua pelle. Anche Carmen te l'ha detto... e una madre che vede sua figlia in fin di vita non risponde più delle sue azioni. Se avesse avuto Mattia tra le mani, probabilmente, l'avrebbe fatto a pezzi, e sinceramente... so che è tuo fratello, quindi perdona la mia franchezza, ma credimi: io non l'avrei fermata, anche se avessi perso il posto" mi dice in tono serio ma calmo.
Mi tiro su a fatica e provo a mandare giù quello che mi viene offerto. Il mio compagno di cella è costretto a reggermi il piatto, dal quale bevo quella brodaglia che non è poi tanto male, perché ho dolore alle braccia e mi tremano ancora le mani.
"Vedrai, Michele! Presto ci diranno che Dora si è ripresa e che è fuori pericolo!"
Lo spero tanto, amico mio. Lo spero veramente.
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