"123°: Un'ingiusta condanna"
Dora
Cerco di resistere, per sostenere Angela che è in stato di shock.
Quando lei riesce a calmarsi un po' Bruno le prepara una tisana che la fa addormentare e mi prende da parte, per permettermi di sfogarmi un po'.
"Vuoi parlarne, tesoro?" chiede con gentilezza.
"Io... io... speravo... che questo momento non arrivasse mai... non lo so in che modo avrei potuto impedirlo, ma ci speravo tanto!"
Bruno mi abbraccia e mi rendo conto del fatto che anche lui, come me, sta piangendo con tutta la disperazione di cui è capace. Ci stringiamo forte l'un l'altro e forse lui sente il mio cuore sbriciolarsi... lo dico perché io sento il suo.
"Il mio amico... me lo ammazzano." singhiozza, stringendomi a sé come se si stesse aggrappando al mio corpo. Quello che mi dispiace, però, è che io sono la prima ad avere un gran bisogno di un sostegno, ed anche solido.
"Lui... lui mi dice sempre che troverò un'altra persona, ma io non ci credo. E adesso... me lo porteranno via" dico, piangendo insieme a lui. Io e mio fratello siamo da sempre molto uniti, nel bene e nel male. Lui dà conforto a me e io faccio altrettanto con lui. Stavolta, però, mi chiedo come faremo dato che ad entrambi serve conforto.
"Forse... forse dovremmo cercare di rendere i suoi ultimi giorni i migliori della sua vita. Almeno io glielo devo." dico in lacrime.
"Anch'io glielo devo, perché ti ha fatto scoprire l'amore e mi ha dato un chiaro esempio di coraggio." mi dice Bruno. "Ma non ce lo permetteranno mai... capisci?"
"Ma perché, perché?" chiedo.
"Perché, tesoro mio? Beh, la risposta è tanto semplice quanto crudele. La giustizia non esiste, ed io la prova inconfutabile l'ho avuta oggi" mi dice Bruno.
Purtroppo mi tocca concordare con lui, perché oggi la prova del fatto che la giustizia non esiste l'ho avuta anch'io e mi è piombata addosso come una valanga. Un'enorme valanga. Mi sento come se un macigno mi fosse piombato addosso... mi sento malissimo.
"Forse sarebbe stato meglio se non ti avessi mai incontrato."
Lo dico tra me, rivolgendomi a Michele, che però non è presente, perché da quasi due mesi è rinchiuso nella ricostruzione dell'inferno chiamata galera.
"Forse non saresti arrivato a questo punto, amore mio. Forse avresti trovato una donna che ti avrebbe fatto innamorare, che ti avrebbe dato quello che tu hai dato a me... santo cielo, se questo fosse servito a farti vivere libero la vita che meriti sarei stata più che felice di averti incontrato sulla mia strada. Io non voglio perderti, Michele, non voglio perderti! Dico davvero!"
"Non dire questo, piccola! Se non fossi stata tu, sarebbe stata un'altra ragazza a finire nel mirino di quel maniaco che Michele ha per fratello e sarebbe comunque andata a finire come adesso..."
"Allora lui è nato con questo destino! Non è possibile! Lui, che è buono come il pane..."
"Purtroppo sì."
Questo mi porta a piangere ancora più forte. Mi sento veramente male.
"Proviamo a vedere come va a finire questa storia. Proviamo ad andare a trovare Michele. Spero solo che ci permettano di vederlo, che abbiano un minimo di pietà" mi dice Bruno.
Salvatore
Non sono tanto lontano dalla città, ma neanche troppo vicino. Mi sono rifugiato in una palafitta per non farmi trovare dalla polizia. Sono sicuro che stiano ancora cercando il responsabile del sequestro di quell'idiota di Mattia, che non ha fatto altro che creare problemi a me ed al suo gemello.
Giorgio, un ex detenuto, mi tiene costantemente informato di quello che succede, ma ammetto che oggi vorrei che non venisse a raccontarmi nulla, perché ho una sensazione a dir poco orribile.
Lui, invece, si arrampica sul grosso palo e mi raggiunge. Io lo faccio entrare e la sua faccia, sfortunatamente, non promette niente di buono.
"Ciao Giorgio" gli dico semplicemente.
"Ciao Serramanico" mi dice lui, ed il tono della sua voce mi trasmette la stessa, identica sensazione che ho provato guardandolo in faccia.
"Brutte notizie?" gli chiedo. Non mi piace tergiversare, preferisco togliere subito il dente per non soffrire troppo facendolo lentamente.
"Salvatore... è stata decisa la data dell'esecuzione." mi dice serio.
Capisco all'istante di quale esecuzione sta parlando e sento un brivido percorrermi la spina dorsale. Non può essere!
"Quando faranno questa... questa cosa orribile?" chiedo, serrando i pugni per trattenermi dallo sbatterli contro qualcosa.
"Fra tre giorni, Serramanico..."
"COSA?" grido.
"Hai capito. Fra tre giorni. Credo che legalmente non si possa fare più nulla per quel poveretto."
"Beh, a questo punto col cavolo. Farò a modo mio: ma Michele questa fine proprio non se la merita, è un'ingiustizia! Un'ingiustizia bella e buona!"
"Visto che non ti conosco bene ho paura di quello che potresti fare." ammette serio.
"Lo libererò, costi quel che costi! Io lo farò uscire da quell'inferno il giorno dell'esecuzione, te l'assicuro!"
Michele
È ormai giunto l'ultimo giorno.
Ho ricevuto varie visite, di cinque minuti ciascuna, ma quella che mi ha straziato maggiormente il cuore è stata quella di mia sorella Angela.
Lei non riesce a rassegnarsi e forse, per quanto io lo neghi anche a me stesso, nemmeno io sono rassegnato a fare questa fine orribile, umiliante, straziante... a lasciare le persone che amo.
Mi trascino avanti e indietro per la cella. Esatto: mi trascino, perché non riesco nemmeno a stare in piedi!
Cerco di concentrarmi su questo movimento, perché tra qualche ora non potrò fare più nulla di quello che sto facendo adesso. Sospiro amaramente e in automatico mi viene in mente il volto pallido di Dora, la ragazza che ha regalato un po' di luce alla mia vita, anche se, purtroppo, si sente in colpa per colpe che non sono neanche sue, poverina. Mi viene da piangere, ma non voglio farlo... voglio cercare di stare nel modo migliore possibile il tempo che resta.
Spero che il destino non voglia togliermi anche questo. È l'unica cosa che chiedo: l'unica. Dopo potranno farmi tutto quello che vogliono... ma l'unica cosa che chiedo è di poter essere felice per il poco tempo che mi è rimasto, soltanto questo.
Peccato che non credo che questo privilegio mi verrà concesso. Per quelli che sono qui... non tutti, ovviamente, questo sarebbe chiedere troppo.
Le mie teorie, però, vengono rigorosamente annullate, perché vedo Davide rientrare. Poveretto. Era letteralmente atterrito quando ha dovuto rivelarmi quello che mi aspetta.
"Michele, ci sono delle persone che vorrebbero vederti" mi dice con tono triste ma comunque composto.
Vedo un gruppo di persone abbastanza consistente entrare in cella. C'è anche Antonio, che sembra essersi ripreso.
Insieme a lui c'è una donna giovane, ma abbastanza provata, che gli assomiglia incredibilmente.
Credo che sia sua madre: la madre del mio ex compagno di cella.
Subito dietro di lui c'è Giorgio, seguito a ruota da Tommaso e Teresa, che sembrano sforzarsi di rivolgermi un sorriso per non farmi star male.
A seguire vedo mia madre, sostenuta da mio padre. I suoi occhi sono rossi a causa del pianto. Mi dispiace tantissimo che lei debba stare tanto male per colpa mia, ma la cosa più triste è che non posso porvi rimedio in nessun modo. Lei, che ha lottato tantissimo per noi, ora sta crollando, sta cadendo a pezzi.
Dietro di loro: Carmen e Vittorio, i genitori di Bruno e Dora. Poi, eccolo là: il mio compagno di una vita, il mio amico pazzo: Bruno. Tiene delicatamente il braccio intorno alle spalle di mia sorella e cerca di aiutarla a stare su e sorridere.
Dietro di loro vedo arrivare un ragazzo con un cappuccio che gli copre metà volto, ma non mi ci vuole molto a capire che altri non è che Salvatore Serramanico, che probabilmente ha saputo quello che sta per succedermi e ha deciso di venire a salutarmi. Mi si avvicina, facendosi strada tra gli altri, e mi sussurra in un orecchio: "Michè, je nun me scordo 'e 'nu cumpagno 'e core comm'a te!"
["Michele, io non dimentico un compagno di cuore come te!"]
Io abbozzo un sorriso, come per dirgli che di ragazzi come me, purtroppo o per fortuna, ce ne sono molti.
Poi guardo le due ragazze in fondo alla fila.
Una è Rebecca: l'amica stretta di Dora... e l'altra è Dora.
"Com'è possibile che vi abbiano fatto entrare tutti?" chiedo sorpreso.
"Il commissario ha fatto un'eccezione alla regola dato che non ha potuto fare di più" mi risponde Angela.
"Mio padre ti vuole molto bene." mi dice Teresa chinando la testa. Vedo che si sta sforzando con tutta se stessa di non piangere.
"Lo so, Teresa, lo so."
Lei mi sorride, ma vedo perfettamente che il suo è un sorriso forzato.
Dopo pochi minuti vedo entrare anche il signor Ciro, che mi stringe a sé appena mi vede, facendomi sentire a casa, per un istante. Mi è mancato tantissimo. Darei qualsiasi cosa per andare nel suo negozio a lavorare, ma non posso farlo.
"Questa è per te." mi dice il signor Ciro, mettendomi tra le mani una statua. La guardo e vedo che è quella con gli occhi bendati. Quella che avrei dovuto incartare non so per chi.
"Quella scultura Bruno voleva darla a me, per aiutarmi con l'autostima come sa fare soltanto lui" mi sussurra Dora.
"E tu... tu hai deciso di lasciarla a me?"
"Certo. Mi è stato detto che la guardavi incantato ed è per questo che vorrei tanto che la tenessi tu."
L'abbraccio come se non ci fosse un domani.
L'abbraccio come se questa non fosse l'ultima volta che ci vedremo, come se non avessi affatto i minuti contati.
Restiamo a scherzare per un po', come se fosse una semplice festa a sorpresa, e i miei amici cantano e suonano una canzone che, a quanto pare, s'intitola: "Il nostro amore", e che dovrebbe stare ad indicare che loro non mi dimenticheranno.
Questo, se da un lato mi rende felice, dall'altro mi fa sentire male. Sarei egoista se chiedessi di rimanere costantemente nei loro ricordi. Al contrario: vorrei non essere importante per nessuno in questo momento. Almeno sarei l'unico a soffrire, senza che debbano farlo gli altri.
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