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"121°: Dalle lacrime alle risate il passo è breve"

Michele
La visita di questa ragazza che spero di poter definire "la mia ragazza" almeno per un po' mi ha sorpreso veramente molto.
Carmen deve averle detto cos'è successo e credo che lei sia preoccupata.
Quello che mi fa più male è che, dopo quello che mi ha detto, mi lascio andare completamente e scoppio in lacrime tra le sue braccia. Abbasso la testa e l'appoggio sul suo petto. Lo sento, il suo battito acceleratissimo.
"Va bene, va bene fare anche questo, Michele. Tira tutto fuori, ti farà stare meglio... e te lo dice una che questa cosa la fa spesso..."
"Il fatto è che io... io non... non vorrei farlo... non davanti a te..."
"Perché no? Ti assicuro che io non ho problemi a sostenerti, anche perché tu questo per me l'hai fatto molte volte. E poi io so quanto sei coraggioso, perché se non lo fossi stato, a quest'ora non saresti qui a prenderti le colpe di qualcun'altro... qualcuno a cui non importa niente di nessuno, ma a cui ti vuoi un mondo di bene. Dimmi cosa ti succede, Michele, ti prego!"
"Il fatto è che non ho un attimo di pace."
"Lo dici per Angela e per il mio malessere?"
"Non solo. C'è anche altro che mi angoscia..."
"Di che cosa si tratta? Vuoi parlarne?"
"Il mio ex compagno di cella probabilmente si è beccato una polmonite perché quella cella è piena di polvere ed è freddissima... e poi ha una sorella piccola, molto malata, e non ha abbastanza soldi per pagarle le cure necessarie. Figurati che ha provato a rubare in una casa ricca solo per pagare quelle... benedette cure!"
Dora
Un singhiozzo gli scuote tutto il corpo ed io mi sento male... l'ho capito dal principio che è molto sensibile perché aveva un modo tutto suo di proteggermi e tenere il mio braccio o la mia mano quando voleva guidarmi.
"Dimmi come si chiama" gli dico di punto in bianco, sentendo che gli occhi fanno male anche a me dopo aver sentito quella storia.
"Antonio... Esposito" riesce a dire in un sussurro.
"Vorrei provare a cercarlo. Magari potrò fornirgli io quelle cure... ma questo deve rimanere tra noi due, perché non conosco il tuo amico, ma sono più che certa del fatto che se glielo chiedessi non vorrebbe saperne nulla." gli dico con il tono più tranquillo che mi è possibile, anche se provo un forte dolore non solo agli occhi, ma a tutto il viso... perché mi sto sforzando moltissimo per non scoppiare in lacrime adesso, davanti a lui che sta già male per conto suo, senza che mi ci metta anch'io... non voglio farlo! Non voglio piangere!
Lui mi dice dove abitava Antonio prima dell'arresto. Devo provarci. Per lui, per il suo amico e per quella bambina.
Non conosco questi due, ma so per certo che se non provassi a fare qualcosa me ne pentirei.
"Sai... mi piacerebbe tanto poter uscire di qui. Dev'essere orribile essere innamorati di uno che è finito in prigione, al quale vengono rivolti i peggiori improperi..."
"No. La part_e degli improperi è orribile per il semplice fatto che tu qui non ci dovresti proprio essere. A me non importa di quello che si dice di me. Non m'importa più."
Tendo a fingere che quella gente abbia ragione... tendo a farlo perché io quelle persone le compatisco... soltanto questo.
"Ti assicuro che stare qui è umiliante. Se il poliziotto di turno ti prende di mira è finita. A me è successo con Romano, quello al quale sono andato di traverso fin dal giorno dell'interrogatorio inutile che mi hanno fatto!"
"Michele, ti prego, non iniziare a convincerti che facciano bene, perché non è vero... n-non... non è affatto vero... capito?"
Faccio uno sforzo sovrumano per non piangere anche per questo motivo. Lui sta male e tutto il dolore che ha nascosto per un mucchio di tempo sta venendo fuori con una violenza a dir poco assurda, che mi si abbatte addosso.
"Perdonami... io lo vedo che anche tu stai male, sai?" dice lui con il suo solito tono dolce e pacato.
"Beato te! Io non vedo neanche dove vado!" gli dico, cercando di buttarla sull'autoironia.
La mia idea sembra funzionare, perché dopo pochi secondi lui si stacca da me credo che abbia portato le mani alla bocca per non ridere.
Sarò sincera: non ci speravo per niente, anche perché in realtà è una battuta stupida, ma forse lui ha semplicemente apprezzato lo sforzo che ho fatto per farlo almeno sorridere... anche se solo un po'... e il mio cuore si riempie di gioia. Confermo la mia teoria: di nome potranno esserci milioni di Michele, ma non esisterà mai un altro Michele che sia speciale quanto lui. È questo quello che intendo quando dico: "Non ci sarà mai un altro Michele."
"Allora è vero che sei tornata! Bruno me l'ha detto tramite il commissario quando te ne sei andata, l'altro giorno, ma io non ci credevo!"
"Certo che sono tornata! Sono tornata per te!"
"Che grande onore, signorina Riccioli D'Oro!" mi dice, facendomi ridere a sua volta.
"Ehi! Da quando in qua tiri fuori tutti questi convenevoli con me, Michele Genovesi?" gli chiedo, cercando di non ridere troppo ad alta voce vista l'ora.
"E da quando in qua tu mi chiami usando sia il mio nome che il cognome?"
"Touché!" gli dico sorridendo.
"Chi l'avrebbe mai detto che saremmo finiti a ridere e scherzare nel cuore della notte, in una cella fredda e umida?" gli dico dopo qualche secondo di silenzio poiché ci siamo appena ripresi da una crisi di risate.
"Beh... questa è la prova schiacciante del fatto che siamo tutti e due matti da legare! Io non riesco a chiudere occhio perché mi trovo in un posto che non ha nulla di piacevole e all'improvviso arrivi tu, che sembri caduta dal Cielo o non so dove, mi fai sfogare e ti metti a scherzare sulla questione occhi come tuo solito. Più matti da legare di così."
È vero... siamo due matti, perché solo due matti potrebbero trovare il modo di ridere in una situazione come la nostra. Siamo due matti... due matti da legare.

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