"117°: Il nuovo alleato di un grande eroe"
Michele
Cerco di calmarmi e riesco soltanto a simulare calma. Il commissario mi appoggia una mano su una spalla per darmi un po' di conforto e mi dice di stare tranquillo, che Dora è una ragazza molto forte e che si risolverà tutto.
Annuisco soltanto. Non voglio che lui stia male a causa mia. Credo che abbia già visto quella ragazza disperarsi tanto da perdere il senno. Io al giorno fatidico voglio arrivarci con la consapevolezza di quello che mi sta succedendo.
Voglio farlo per i miei amici, per i miei genitori, per quest'uomo che sta facendo di tutto per aiutarmi e vorrei che non lo facesse perché potrebbe essere accusato di favoritismo nei miei confronti, come è già capitato a Christian. E soprattutto... voglio farlo per lei, per la ragazza che mi ha fatto scoprire cosa significa amore.
Non l'amore per la mamma, per un fratello, una sorella, un padre, gli amici... l'amore per una persona che vuole condividere la sua vita con te.
E lei, adesso, ha la febbre alta, sta male e purtroppo è tutta colpa mia.
Mi siedo sulla branda e chiudo gli occhi. Non lo so perché, ma ormai il buio è inutile per sentirla vicina.
Mi alzo dalla branda, tendo le braccia e inizio a camminare per quello spazio grande e freddo.
Agito le mani nel vuoto, come fa sempre lei. È questo quello che provo... mi sento svuotato.
Quanto stai soffrendo, amore mio... ma soprattutto: quanto ancora dovrai soffrire?
E poi tu cosa c'entri? Questa è una battaglia tra me e mio fratello, una contesa tra noi.
Lui non avrebbe dovuto usarti per ferire me o chiunque altro, né avrebbe dovuto farlo con Angela, che non aveva colpe.
"Ti metti a muoverti come un cieco, adesso?"
La voce di Mattia mi irrita, ma non devo darlo a vedere. Non posso dargliela vinta... non ora che lo sto convincendo di un Michele forte e fiero nonostante tutto quello che sta vivendo. Devo farlo. Per lei.
"Non mi risulta che siano affari tuoi... oppure non ho più nemmeno la libertà di spostarmi in una cella di pochi metri quadrati?"
"Oh no, sei libero di sbattere contro i muri tutto il tempo che vuoi!"
"Tutto il tempo che mi resta, vorrai dire." dico, battendolo sul tempo visto che sono sicuro del fatto che non avrebbe perso occasioni per correggersi, ferendomi più di quanto non abbia già fatto.
"A volte penso che sia un peccato che tu sia diventato un violento... sei intelligente ed è un peccato che ti resti poco tempo da vivere, Michele."
"Quanto tempo vuoi ancora sprecare per cercare di provocarmi e far arrivare in anticipo il giorno della mia esecuzione, Mattia?"
Lo sento sospirare, come se non sapesse più cosa dire, ma si riprende subito, avendo probabilmente trovato il modo d'infastidirmi più di quanto non abbia già fatto. Anche ora provo un tremendo fastidio, anche se sto imparando a non darlo a vedere, né a lui né a Romano.
"Sai... sto pensando di andare di nuovo a trovare Dora, fratellino... magari questa volta, dopo aver baciato la persona che l'ha quasi aggredita, sarà meno restia nei miei confronti."
Spero che il mio corpo non dia segni che potrebbero indicare rabbia.
Ripenso alle sue parole e trovo due argomenti sui quali attaccare.
"Ops! Sei un pochino contraddittorio, Mattia. Hai detto: "Questa volta potrebbe essere meno restia", il che potrebbe stare ad indicare che hai già tentato di soddisfare un certo capriccio. Un capriccio fisico, direi... quindi... forse la persona che ha aggredito Dora non sono io, ma è presente in questa cella. E poi... se vai da lei e fai i tuoi comodi, chi farai finire in prigione per salvarti la vita, eh... coniglietto?"
Apro gli occhi, perché voglio vedere la sua espressione, sperando che le mie parole siano utili a fargli fare marcia indietro, non tanto con me, ma almeno con lei.
Lo vedo venirmi prontamente addosso, ma qualcuno lo tira indietro. Vedo il poliziotto che è venuto a portarmi la mia razione di pane e acqua. La sua espressione è sconvolta, come se avesse appena assistito alla scena che mi ha portato a finire qui dentro, ma con il coinvolgimento di ognuno di noi nel suo ruolo effettivo.
"Non... non ci posso credere... ma allora tu... tu sei..." balbetta sconvolto. "tu sei un animale!"
Mette entrambe le mani intorno al suo collo e lo vedo stringere la presa. Vorrebbe strangolarlo in questo momento.
"Fermo! FERMATI! È MIO FRATELLO, LASCIALO!" grido, cercando di tirarlo via per il collo della maglietta.
Il poliziotto lo lascia andare, si volta verso di me e mi guarda negli occhi. Forse Romano gli ha fatto il lavaggio del cervello, facendogli credere che sono un mostro senza cuore, che ha cercato di rubare l'innocenza di una ragazzina che si è trovata a percorrere la sua stessa strada.
"Mi-Michele... t-ti giuro che non credevo... non potevo sapere... io..."
Gli prendo la mano. Le sue dita tremano come le corde di non so che strumento. Con l'altra mano gli prendo il mento e cerco di fargli rivolgere lo sguardo nella mia direzione, perché i suoi occhi praticamente schizzano da una parte all'altra della cella, ma non guardano mai verso di me.
"Ehi!" gli dico cercando di farlo riprendere. "Lo so che non lo sapevi... forse le prove sono state manipolate, poi quel giorno io avevo le mani sporche del suo sangue... e tu non c'eri. Non potevi sapere che io la stavo abbracciando..."
"Michele, mi dispiace! Mi dispiace tanto!"
Gli occhi del poliziotto si strizzano, diventano lucidi e dopo qualche istante lo vedo piangere come un bambino colto sul fatto. Mi fa tanta tenerezza... in fondo lui è manovrato da un sistema sbagliato, che può condannare chiunque. Lo vedo crollare in ginocchio e mi sento colpevole.
Mi ci sento perché, forse, se lui non mi avesse sentito, non sarebbe in queste condizioni. M'inginocchio a mia volta, riprendo il suo viso tra le mani e cerco di asciugare le sue lacrime, ma non ci riesco, perché continuano a fuoriuscire ininterrottamente. Mi sembra di avere a che fare con un fiume in piena e non so come comportarmi, ma devo cercare di calmarlo.
"E ora... ora ti condanneranno ad una sentenza che non meriti! Non è giusto!"
"No, ma io non sarò il primo... non sarò il primo Michele a fare questa fine e non sarò il primo innocente ad essere condannato a pene come questa. Non devi stare male. Io mi sono rassegnato... ti giuro che mi sono rassegnato. Dovevo farlo!"
"Perché?"
"Perché se non mi fossi rassegnato avrei finito i miei giorni tormentandomi, sbattendomi con la testa contro il muro. Ma visto che il destino ha voluto questo per me... almeno voglio finire i miei giorni nel modo migliore."
Davide
Guardo negli occhi Michele e ricordo come l'ho trattato quando io e Romano l'abbiamo praticamente sbattuto in un'altra cella. Lui, ora, è qui dentro, in questa cella polverosa, completamente solo e con una razione di nutrimento ogni giorno sempre minore. È pallido e ha due occhiaie profonde, che lo trapassano da parte a parte, ma se si esclude questo non sembra affatto indebolito dalla vita di stenti.
Il suo respiro è controllato e regolare. Ha i capelli davanti agli occhi, come li aveva quella ragazza che, secondo quel verbale, lui aveva cercato di aggredire. Avrei dovuto capirlo da allora, dal modo in cui lo stava difendendo che quella cosa che la spingeva a comportarsi in quella maniera il giorno dell'arresto di certo non era semplice omertà.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro