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"110°: L'antidoto"

Michele
Sono passati tre giorni da quando il ragazzo è qui. Nonostante tutti gli sforzi da parte mia e del mio compagno di cella, lui sembra stare sempre peggio. Ho la sensazione che lui sia stato "giustiziato" il giorno prima e che Romano l'abbia portato qui solo adesso.
In un momento di delirio il ragazzo ha detto che prima di strozzarlo con quella corda Romano gli aveva detto che l'antidoto per il veleno che gli aveva somministrato era nel suo ufficio e solo lui poteva tenerlo, perché molti poliziotti di quel commissariato dimostravano troppa clemenza.
Christian viene giù in cella a portarci la solita brodaglia. Io rinuncio volentieri alla mia parte, perché sembra sortire qualche effetto sul ragazzo che, da quanto ha detto, si chiama Giorgio.
"Christian... ho bisogno di parlare con te."
"Che cosa ti serve, Michele?"
"Ho bisogno che tu mi faccia uscire dalla cella per stanotte e che mi dica dove sono gli uffici" rispondo.
"Michele, che cosa vuoi fare?"
"Guarda in che stato è questo ragazzo! Se mi devono ammazzare almeno lui da qui dentro deve uscirne con le sue gambe, e non come un cadavere!" dico.
"Michele, è molto rischioso. Per una cosa del genere potrebbero mandarti in cella d'isolamento e lasciarti a pane e acqua per una settimana!" esclama Chris.
"In cambio di una vita correrò questo rischio, Christian! Tanto io non ho più niente da perdere." gli dico chinando la testa e prendendola con entrambe le mani. Christian mi guarda con un'espressione indecifrabile, ma alla fine sembra propenso a darmi una mano e mi fa solo un gesto con la mano, per dirmi che accetta. Io recupero la cara, vecchia forcina caduta a mia sorella e me la infilo in tasca. Dirò che ho aperto la porta con quella e che la porta della mia cella è stata lasciata aperta. Chris non deve finire nei guai a causa mia per nessun motivo al mondo.
Con la fortuna che ho verrò subito scoperto, quindi preferisco prevenire qualsiasi rischio possa presentarsi a uno dei pochi poliziotti che si sono dimostrati degni di indossare quel distintivo.
Il mio compagno di cella è preoccupato almeno quanto Christian, ma lo è per me.
"Michele, ma sei impazzito? Che vuoi fare?"
"Ti prego, non ti ci mettere anche tu! Devo farlo... tanto io non ho niente da perdere."
Giorgio, dal letto, mi fa cenno di no.
"Romano non dovrebbe essere di turno stanotte, ma nel caso in cui lo fosse, tu digli che ti ho dato una botta in testa e sei svenuto... tanto una in più, una in meno, non mi cambia niente!"
"E tu me la darai davvero la botta in testa, Michè?"
"No. Questa specie di brodo ha un colore rosso... basterà per simulare la presenza di sangue. Nel caso fatti trovare sdraiato sul pavimento."
Chiaramente gli parlo sottovoce perché non voglio correre il rischio che Romano possa sentirci e cambiare turno, ammesso che sia vero che lui non è di turno questa notte. Ma se fosse vero con lui mi scontrerò veramente, quel tanto che basta per farmi dare l'antidoto, e dopo ne pagherò le conseguenze. Almeno, se proprio devo essere "giustiziato", come dicono quelli come lui, ci sarà un motivo reale per il quale farlo.
"No, Michè. È meglio 'e no, nunn'o ffà!" ["No, Michele! È meglio di no: non farlo!"]
"Tranquillo" gli dico, aiutandolo a sedersi e a bere quell'orribile brodo. Ci danno solo quello: anche in estate.
La notte sembra non arrivare mai, ma quando è il momento vengo a sapere che per fortuna stanotte Romano non è di turno.
Christian entra in cella e apre il catenaccio.
"Michele... gli uffici sono al terzo piano. Qui sei nel sotterraneo, quindi sono otto rampe di scale. C'è un corridoio lungo e stretto: attraversalo e svolta a destra. L'ufficio di Romano è là..."
"Grazie Chris" gli dico in un sussurro. Esco velocemente dalla cella e mi dirigo verso le scale. Poiché la mia cella è completamente buia e i miei occhi ormai si sono abituati a questo, il fatto che la notte sia abbastanza buia non mi crea alcun problema.
Al contrario: questo dettaglio mi rende le cose più facili.
Corro per quelle otto rampe di scale. Sono a piedi nudi, proprio per non fare rumore, e cammino stringendo forte il corrimano per non toccare completamente il pavimento nella corsa a rotta di collo. Arrivo al piano che Chris mi ha indicato e riconosco il lungo corridoio.
Lo attraverso velocemente e svolto a destra.
Come previsto: l'ufficio di Romano, che è il poliziotto senza cuore per eccellenza, è chiuso a chiave.
Prendo la forcina di Angela e l'appoggio nel punto in cui essa entra in contatto con lo stipite. La faccio girare, a mo' di chiave, e finalmente la porta si apre. Entro con esitazione in quell'ufficio spazioso. Raggiungo la scrivania di Romano e inizio a scavare in ognuno dei cinque cassetti.
Arrivato al terzo, però, trovo una busta.
Su di essa c'è scritto il mio nome. Non so se aprirla o meno, anche perché se Romano l'ha nascosta qui vuol dire che io non dovevo riceverla assolutamente. Alla fine decido di non perdere tempo ed infilo la busta sotto i vestiti in modo che non m'intralci nella ricerca dell'antidoto. Nel quarto cassetto vedo che Romano ha una foto. La tiro fuori... è quella di Dora!
Sotto di essa c'è scritta solo una frase: "Un giorno ti avrò anch'io, tesoro, e il tuo Michele non potrà fare nulla per impedirlo!"
Non riesco a controllarmi. Quella foto deve sparire! La strappo e la getto nel cestino dei rifiuti. Questo non deve succedere! La mia piccola non deve vivere quest'inferno... soprattutto se raddoppiato, perché anche il mio gemello, che mi ha fatto sbattere in cella, lo vuole.
Alla fine, nel quinto cassetto, riesco a trovare quello che stavo cercando: quel famoso antidoto.
Leggo le istruzioni. Serve un solo flaconcino di questo medicinale. Lo prendo, rimetto a posto lo scatolo ed esco.
Richiudo la porta e corro, ma questa volta a ritroso. Il cuore batte fortissimo, perché spero di ritornare presto nella mia cella e di aprire la busta che ho addosso. Romano me la farà pagare di certo, ma ormai non me ne importa più nulla. Continuo a ripetermi mentalmente che tanto, ormai, non ho più nulla da perdere. Entro velocemente in cella e Christian chiude la porta.
"Ecco! Ho la medicina!" dico.
"Come dobbiamo procedere, ora?"
"Bisogna semplicemente versarla in un bicchiere e diluirla in un po' d'acqua. Nient'altro. Solo che quest'antidoto è rarissimo e ce l'ha Romano perché molti poliziotti, qui, hanno il buon senso di mostrare clemenza a persone come noi."
Antonio fa velocemente quello che gli ho detto ed io mi occupo di dare il medicinale a Giorgio. Spero tanto che possa servire a farlo riprendere, perché, a quanto ne so, se si sopravvive alla condanna, si può uscire di prigione definitivamente.
Ammesso che il secondo processo riesca, altrimenti si resta qui...

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