"108°: La telefonata"
Michele
"No! Mia sorella... no!" dico portando le mani alle tempie. Me le sfrego forte, perché sento che la mia testa sta per scoppiare.
"Michele, ascoltami. Bruno, il ragazzo che ha sporto denuncia contro tuo fratello, è riuscito a fermarla, ma il motivo per cui Angela ha tentato di... di farla finita... è il tuo arresto. Michele, dimmi se vuoi che io ti aiuti ad uscire di qui e lo farò. Ti assicuro che lo farò e me ne prenderò la responsabilità."
"Non posso farlo. Se lei mi facesse evadere perderebbe il posto... e ce ne saranno tantissimi di innocenti che avranno bisogno di uno come lei, gliel'assicuro. E anche di persone che hanno sbagliato, ma solo perché non hanno avuto altra scelta..."
"Vuoi che le forniamo un supporto psicologico, Michele?"
"Qualsiasi cosa le serva... la prego! La mia piccolina non deve soffrire per me!"
"Michele, aspetta! Abbiamo quel diario! Il diario di Mattia!"
"E allora? Che cosa posso fare con un diario?"
"Tieni" mi dice passandomi un foglio ed una penna. "Scrivi il tuo nome."
"Perché?"
"Perché la tua calligrafia verrà esaminata da un grafologo, Michele. Faremo un confronto con quel diario... e sono sicuro che quella scrittura non sia la tua e che quella foto non sia opera tua."
"Mi tremano le mani. Non ce la farò mai!"
"Aspetta... prima cerca di riprenderti. Di calmarti. Poi, quando ti sarai ripreso abbastanza, potrai scrivere. Senza fretta!"
"Grazie di tutto, signor commissario." gli dico.
"Ascoltami. Tu non hai utilizzato la telefonata che avevi a disposizione, ricordi?"
Annuisco debolmente. "E quindi?"
"Vieni. Potrai chiamarla dalla sala colloqui."
"C'è... una sala colloqui?"
"Certo, solo che alcuni detenuti le visite possono riceverle soltanto in cella" risponde.
"Vai, Michele! Potrai sentire la voce di tua sorella e sapere come si sente."
"Grazie! Grazie, davvero!" gli dico. "Però..."
"Cosa? Dimmi."
"Fuori c'è molta luce?" chiedo.
"Abbastanza. Capisco... dopo un mese qui dentro non sei più abituato alla luce. Stai capendo cosa vive ogni giorno quella ragazza. Vieni, ti aiuto io."
Lui mi tende il braccio ed io mi ci aggrappo come tante volte ha fatto lei con me. Saliamo una rampa di scale e la luce mi sembra troppo forte. Copro gli occhi con la mano, poi decido di chiuderli direttamente, perché questa luce è veramente troppo forte per me e mi dà un po' fastidio.
"Lei sa dove si trova Angela?"
"È a casa di Bruno."
"Meno male! Se è là ci sarà Dora a tenerle compagnia. Entrambe hanno sofferto a causa di mio fratello e purtroppo il motivo è sempre lo stesso."
Sento una porta aprirsi ed entro in una grande stanza. Apro lentamente gli occhi, schermandoli con la mano destra.
"Ecco. Vieni qui, Michele. Siediti." dice.
Indica qualcosa ed io mi muovo in quella direzione. Tendo una mano e tocco qualcosa di morbido: una poltrona. Ci giro intorno e mi metto seduto.
"Ecco qua. Li ho già chiamati. Tieni... parla tu stesso, Michele."
"Pronto?" sussurra una voce. Una voce dolce, delicata.
"Ciao piccola!"
Sento il suo respiro diventare veloce. È un suono flebile, ma molto rapido.
"Michele..." sussurra lei, come se non credesse alle sue orecchie. In effetti non ci credo nemmeno io!
"Tesoro, come stai?" le chiedo con il cuore che batte forte.
"Sono felice di sentire la tua voce. Non puoi immaginare quanto mi sia mancata... ma non l'ho mai dimenticata! Non ho mai dimenticato la tua voce! Mai!"
"Né io la tua."
"Ma dimmi: come stai? Come ti trattano?"
"Alcuni bene... anzi: solo due! Romano... come un delinquente. In fondo è questo che sono, no? Un volgare delinquente..."
Mi prenderei a ceffoni dopo aver detto questa frase. Povera piccola: lei sta già soffrendo tanto.
Non deve subire anche la mia sofferenza, ora che ho la possibilità di sentire la sua voce.
"Michele, no! Ti prego, non dire così, non è vero" sussurra.
"Perdonami, tesoro mio... perdonami, ti prego! Il fatto è che ho saputo di Angela... e volevo... volevo sapere come stava. Cioè, voglio dire..."
"Michele, parla con lei! Le farà bene e so per certo che non c'è molto tempo. Angela è qui, accanto a me... ciao..."
"Ciao piccola."
Lei sembra stare male quando lascia il telefono ad Angela, ma la conosco: non avrebbe trovato pace se Angela non avesse potuto parlarmi.
"Michele! Michele!" esclama Angela.
"Tesoro, come stai?" le chiedo con voce tremante.
"Io voglio solo stare con te, Michele. Non è giusto che tu sia là dentro e quell'animale sia in libertà!"
"Piccola, non dire queste cose! Ricordi cosa ti ho detto quando sei venuta qui a denunciarlo?"
"Certo che me lo ricordo! Mi hai detto di vivere anche per te, Michele... ma io non ce la faccio, non posso!"
"Piccola, tu sei sempre stata coraggiosa e la prova è il fatto che tu abbia permesso a quell'angelo di figlia che hai di vivere, nonostante biologicamente sia stata concepita da una violenza... ma ricordati: lei è nata dall'amore... dal TUO amore. Non puoi lasciarla sola!"
"Lo so, ma non ce la faccio..."
"Piccola, ascoltami: se non te la senti di farlo per te o per me, fallo per Serena... e anche per Dora, che sta soffrendo tanto per la tua stessa ragione."
"Poverina! Lei mi è stata vicino per tutto il tempo... e ora si è allontanata, perché non vuole ascoltare la conversazione tra di noi."
Su uno schermo di fronte a me appare la scritta 40S, che sta ad indicare che il mio tempo è quasi scaduto. Abbiamo un tempo limite per parlare al telefono e siamo sempre supervisionati da qualcuno. Per fortuna, in questo caso, mi è capitata una persona che mi ha aiutato veramente molto.
"Ti voglio bene, sorellina! Ti prego: vivi e sii felice."
"Michele..." sussurra lei, scoppiando in lacrime.
"Angela, ti prego, cerca di riprenderti... fallo per me..."
È l'ultima cosa che riesco a dirle prima che la linea cada automaticamente.
Purtroppo il tempo è scaduto.
Dora
Quando ho sentito la sua voce provenire dal mio cellulare, cosa strana visto che non ho dato il mio numero al commissariato, credo che il mio cuore, almeno per un secondo, si sia bloccato.
Era da un mucchio di tempo che non sentivo la sua voce per davvero. La sogno tutte le notti, ma è da tanto che non la sento davvero e mi ha fatto uno strano effetto.
È stato come se lui fosse proprio al mio fianco. Come se le sue mani potessero accarezzarmi, come se lui, in quel momento, potesse stringermi in un abbraccio di quelli che soltanto lui è in grado di darmi. Era come se lui non fosse in carcere ed è stato bellissimo... poi, quando si è autodefinito un "volgare delinquente", ho avuto la sensazione dello sbriciolarsi del mio cuore martoriato dai colpi che la mia sofferenza gli ha inflitto in questo periodo. Ci ripenso e il dolore, da morale, diventa dolore fisico... un dolore vero.
Avrei voluto continuare a parlare con lui, ma quando ha detto: "Angela" ho temuto che il tempo non fosse sufficiente. Lui doveva sentire la voce di sua sorella, sapere che è viva, che non è al massimo della sua forma, ma sta bene, che potrà rialzarsi.
Mi sono allontanata per lasciare loro la privacy necessaria. Mi sentivo di troppo e non volevo.
Improvvisamente, però, dei singhiozzi mi riscuotono dai miei pensieri.
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