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5a) SORSI


Il primo istinto che ebbe fu di rabbia. Avesse potuto avrebbe strozzato con le sue mani quello spudorato, perché gli aveva di nuovo mentito.

Gli aveva assicurato che in quella fiasca non c'era nulla di sospetto, ora invece gli faceva comprendere che forse non era del tutto vero.

Però rammentò anche che Ranuncolo stesso aveva bevuto da quella fiasca e ora era lì, attento e presente, vigile come sempre. Probabilmente la droga contenuta in quella fiasca era così leggera da essere più un calmante che altro e forse era quello che stava cercando di fagli capire con i suoi due occhi di colore differente.

Si rilassò impercettibilmente. Forse aveva ragione. Poteva essere utile, visto gli ultimi sviluppi della situazione, si disse.

In fondo anche lui era rimasto sorpreso dalla reazione improvvisa di Fredrik e di Thorball. Era giunta del tutto inaspettata e incomprensibile e per un momento aveva anche avuto paura di quelle armi che si stavano muovendo nelle loro guaine.

Un detto delle sue terre narra: "Quando la spada sorge, ha sete", intendendo che se un guerriero la sfodera, colpisce.

I suoi due amici d'infanzia erano strani. Gli nascondevano qualcosa e soltanto l'intervento provvidenziale di Neko aveva evitato il peggio.

Quindi, se quello che gli stava proponendo il Sednor era di calmare gli animi di tutti, era d'accordo con lui.

Anche ora, Fredrik e Thorball guardavano truci Ranuncolo che si era avvicinato, però i loro occhi si accesero di desiderio quando sentirono lo sciabordio della fiasca. Da quel momento la loro attenzione fu attratta da quella.

Chiaramente non avevano compreso una sola parola Tumbà, annuivano soltanto. Il loro interesse si concentrava unicamente nella fiasca e nel liquido che speravano fosse alcolico, ma Neko aveva capito e non appena i loro sguardi si incontrarono gli fece un cenno con la testa. Era d'accordo. Anche lui aveva capito le intenzioni del suo servitore.

"Va bene" disse Wal in Tumbà, poi aggiunse in Varego, rivolto ai suoi amici: "Il mio servo mi ha detto che ha una fiasca di birra che fa il suo popolo e mi ha ricordato i miei doveri di ospite. Se vi fosse gradita, la dividerebbe assieme a voi. Cosa ne dite?".

Sentendo parlare di birra, i volti dei due ragazzi si aprirono come nuvole al sole in un giorno di pioggia.

All'unisono annuirono e ringraziarono Wal per la sua offerta.

Ranuncolo porse la fiasca a Wal che la prese con riluttanza. Sapeva che avrebbe dovuto bere per primo per non insospettire gli altri e non poteva indugiare troppo. Scambiò un altro rapido sguardo verso Neko prima di ingurgitare una piccola sorsata e vide che gli sorrideva. Si asciugò la bocca con il dorso della mano, poi passò la fiasca a Thorball, alla sua sinistra. Rapidamente questi bevve avido, parve gradire e la passò a Fredrik che diede una lunga sorsata prima di passarla a Neko.

Una volta che il maestro ebbe tra le mani la fiasca la soppesò un momento, incerto. Wal capì che anche lui temeva l'inganno, eppure non poteva tirarsi indietro. Con un gesto secco la portò alla bocca e la sollevò per potere bere meglio. Della birra gli colò dalla bocca alla lunga barba alle vesti. Poi, invece di ridarla a Wal che già allungava la mano per riprenderla, inaspettatamente la offrì a Ranuncolo che si trovava al suo fianco, fissandolo. Lo sfidava a fare altrettanto.

Quei due stavano avendo uno scontro privato, intuì Wal. Il suo antico maestro e il suo servitore stavano combattendo una guerra in cui lui non c'entrava nulla. Ranuncolo esitava, si attardava troppo a prenderla.

Fredrik e Thorball non stavano perdendo un solo dei loro movimenti, sembravano agitarsi. Già si scambiavano sguardi incerti. Neko con un gesto secco gliela porse ancora.

Alla fine Ranuncolo cedette e prese la fiasca. Ne bevve una piccola sorsata e la deglutì a fatica.

Wal capì. Sebbene la droga dovesse essere leggera, non bisognava eccedere nel berne altrimenti gli effetti sarebbero stati troppo forti. Quando il Sednor gliela porse nuovamente si astenne dal berne ancora e la passò a Thorball che non aspettava altro. Ingollò un'altra lunga sorsata e così fece anche Fredrik. Quando a sua volta la porse ancora a Neko, questi la capovolse; era vuota.

Ridandola a Ranuncolo, il vecchio disse in Tumbà:

"L'ospitalità degli Esclusi è sempre generosa, vedo. Nemmeno il Grande Vecchio avrebbe saputo fare di meglio".

A quelle parole il Sednor aggrottò la fronte.

"Vedo che l'ospite del mio signore conosce bene le usanze del mio popolo" disse rivolto a Wal "Posso domandare al Gopanda-Leta se gli è concesso dire il suo nome?".

Il giovane scambiò un 'occhiata con il maestro e vide che scuoteva lentamente la testa.

"Mi dispiace, Ranuncolo" gli rispose "Non mi è consentito".

Il Sednor parve dispiaciuto.

"Un'altra volta, allora. Può darsi".

"Posso essere io a sapere il tuo nome, Sednor?"

Ranuncolo ci pensò un momento, poi fece un cenno a Wal. Poteva dirglielo.

"Il suo nome è Ranuncolo. Ho il suo permesso di dirtelo"

Accennando un saluto, il vecchio Varego fece la lingua verso Ranuncolo che gli rispose nella stessa maniera. Era una promessa, si sarebbero parlati, presto o tardi. Lo sapevano entrambi.

Il tutto si era svolto in modo molto cortese ed educato, eppure Wal era certo che qualcosa gli fosse sfuggito e la cosa gli lasciò un poco di inquietudine addosso.

Ma la birra del Sednor stava già facendo effetto e cancellò subito quella sensazione nefasta. Un piacevole calore gli stava salendo nella testa, rilassando i muscoli del collo e della schiena e dandogli uno stato di tranquilla pacatezza.

Manteneva il pieno controllo delle sue azioni, era cosciente e vigile, però era certo che se ne avesse bevuto ancora un altro sorso, sarebbe stramazzato in terra.

Ranuncolo rimise la fiasca sulla schiena e ritornò al suo posto, alle spalle del suo padrone. Con grande soddisfazione di Wal, incespicò un paio di volte mentre si alzava, rischiando di cadere in terra.

Il cacciatore divenuto preda della sua stessa trappola, sorrise Wal.

Da come Neko sorrise a sua volta e da come lo seguì guardandolo allontanarsi, capì che anche lui aveva avuto pensieri simili ai suoi.

Il legame tra l'allievo al maestro, si stava riformando velocemente. A entrambi occorreva solamente uno sguardo per comprendersi al volo e questo fece molto piacere a Wal.

Nel frattempo, Thorball e Fredrik erano rimasti fermi, i volti avevano espressioni bovine; gli occhi divenuti fissi e velati, si erano fatti due sottili fessure, le palpebre divenute troppo pesanti per restare aperte, si serravano. Presero a ciondolare dal sonno. Piano piano, inclinandosi lentamente su di un fianco uno dopo l'altro, si addormentarono. Neko e Wal li fissarono accovacciarsi vicini, intralciati dalle armi che indossavano, stendersi sull'erba in un sordo rumore di ferraglia.

Alle spalle di Wal, poi, ci fu un tonfo attutito. Ranuncolo era caduto sulle ginocchia, la testa ciondolante sul petto. Dopo un momento si sbilanciò. Le braccia inerti non gli servirono a nulla quando cadde in avanti, vinto dalla sua stessa droga.

Wal e Neko lo guardarono a lungo in silenzio. Restò immobile.

"Direi che è caduto nella sua trappola" fece Neko in Varego "Chi è quel Tumbà?"

"È il mio servitore. Molto esperto di droghe" aggiunse sarcastico Wal.

"Lo vedo. Ti fidi di lui?"

II ragazzo inarcò le sopracciglia. Cosa avrebbe potuto rispondere? Mentire sarebbe stato facile quanto inutile. Dire la verità? Quale, considerato che anche lui dubitava di conoscerla fino in fondo.

Soppesando attentamente la domanda, non rispose.

Dopo gli ultimi accadimenti, non avrebbe saputo cosa dire. A disagio preferì cambiare discorso.

"Tu piuttosto... e loro" aggiunse con un cenno della testa verso Fredrik e Thorball che russavano tranquillamente "Cosa vi ha portato fino a qua".

Questa volta toccò al vecchio a sentirsi a disagio.

"È una lunga storia e... ".

Comprendendo che stava tentando di prendere tempo, Wal gli sorrise. Lo conosceva troppo bene per non accorgersi che doveva dirgli qualcosa di spiacevole.

"Maestro" gli disse "Non lasciamo che brutte notizie rovinino il piacere di trovarci di nuovo insieme. Vieni al dunque":

L'altro annuì, scosso da quella franchezza. Prese un fiato profondo, come se fosse sufficiente a dargli coraggio. Fissandolo diritto negli occhi, gli disse senza incertezze:

"Fredrik è qui per ucciderti".

La notizia lo colpì diritto allo stomaco, gli tolse il fiato e la parola. A fatica riuscì a deglutire a vuoto ed a formulare: "Uccidermi? Perché ? Anche... Thorball... anche lui?".

Era ancora incredulo, non poteva essere vero, quando vide il vecchio scuotere la testa.

"Lui l'ha solamente accompagnato alla tua ricerca".

"E... e tu?"

"Li ho incontrati nella foresta, insieme alla famiglia di Fredrik"

"La sua famiglia? Ma come... Cosa?"

L'incertezza e l'incredulità si impossessarono di lui. Adesso ringraziò di avere addosso l'effetto calmante della pozione di Ranuncolo, altrimenti non sapeva cosa avrebbe fatto. Non riusciva a credere a quello che aveva sentito.

I suoi amici, con moglie e figli... Vandea, nella foresta lontani dal villaggio! Di rado qualcuno si allontanava così tanto, se non aveva un motivo molto serio. Abbandonarlo come avevano fatto loro, però, era quasi impossibile da capire.

"Ma perché?"

"Kauss, Aldaberon, è un Kauss" gli disse grave la voce di Neko e ogni parola che pronunciò fu una condanna che scese sul capo del ragazzo. Lenta e inesorabile, ne soppesò ogni lettera con dolore crescente. Sapeva cosa era un Kauss, si ricordava quel che significava. Dai meandri della memoria quel nome sorse improvviso e violento come una condanna.

Di colpo sentì freddo, e caldo, e ancora freddo. Sentire pronunciare il suo vecchio nome e il Kauss insieme, risvegliarono cose rimaste assopite per molti mesi. Sensazioni spiacevoli giunsero come ondate da un passato che credeva lontano e lo colpirono senza pietà, squarciando veli che fino ad allora erano rimasti pietosamente nascosti.

Dentro di sé avvertì la presenza di Aldaberon: lo spirito di suo nonno si contorceva stringendogli i nervi attorno allo stomaco, soffocandolo. Era tanto che non lo sentiva così chiaramente. Aveva scelto proprio un buon momento per risorgere, anche se era una presenza ovattata e lontana. Un dolore anestetizzato dalla droga del servitore.

Probabilmente anche lui aveva compreso quello che significava.

Fissò Neko nella speranza che dicesse che era tutto uno sbaglio, uno scherzo nei suoi confronti, ma la sua espressione cupa e dispiaciuta gli fecero comprendere che non era così.

Si girò a guardare Ranuncolo. Era ancora fermo nella posizione di prima, inerme. Fredrik e Thorball dormivano accanto uno all'altro.

Fredrik, un suo compagno di Disgelo, voleva ucciderlo! Incredibile! Faceva fatica ad accettarlo. Un Kauss, quando, tra chi... con chi? Non riusciva nemmeno a esprimere il suo sconforto, tanto era stretto il nodo alla gola.

Intuendo le sue domande inespresse, Neko annuì:

"È stato un inverno durissimo, da noi al Nord. Molti villaggi hanno avuto perdite gravissime. Alcuni sono stati dimezzati dalla fame e dal freddo. Ancora due o tre inverni come questo e il popolo Varego scomparirà per sempre.  E' stato l'inverno più duro che si ricordi a memoria d'uomo. Molti vecchi, molti bambini sono morti. Anche tra chi era robusto... fame, freddo, pazzia... è stato terribile".

"Vandea ?"

Wal si accorse di aver pronunciato quel nome solo dopo averlo detto. Gli era salito spontaneamente alle labbra, prima ancora che il pensiero di farlo si materializzasse nitidamente nelle sua mente.

L'angoscia che provava doveva essere evidente, perché Neko: "Sta bene" si affrettò a dirgli:  

"Anche i suoi figli. Tutti" tenne a precisare.

Solo allora, solo dopo aver avuto quella conferma, la morsa allo stomaco si allentò un poco.

Il sentir parlare del Kauss l'aveva riportato violentemente indietro, al suo popolo, al suo stato di Sanzara e a quanto questo volesse dire per un sacco di gente che avrebbe sofferto inutilmente per colpa sua. Ma ancora non sapeva nulla.

"Chi?" domandò.






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