11) TENSIONE
Con sua enorme soddisfazione, Wal constatò che Faggiola aveva visto giusto.
Quella notte da Est arrivarono venti freschi che spazzarono via caldo e umidità stagnante dal sottobosco della foresta, rendendo gradevoli le ore che restavano per riposarsi. Anche le zanzare sembravano sparite assieme al caldo e il sonno fu finalmente ristoratore.
Al risveglio il cielo era sereno, l'aria tersa era sgombra di umidità e non si sentiva sudato come al solito. Per la prima volta da molto tempo tutto pareva procedere per il meglio. L'incontro notturno con la Yaonai, gli aveva lasciato una piacevole sensazione di benessere e qualcosa di insperato e nuovo.
Anche se sapeva che era un desiderio che faticava a tenere a freno, il pensiero di poter presto incontrare sua madre lo riempiva di gioia e di speranza. Sentiva che nulla avrebbe potuto turbarlo in quel giorno perfetto; niente avrebbe potuto rovinarglielo. Tutta la noia che aveva provato da quando era arrivato in quel villaggio era svanita come il caldo e gli insetti.
Da tempo aveva preso l'abitudine a fare colazione da solo, così come vestirsi e radersi, perché da quando si era rappacificato con Ranuncolo trovava difficile considerarlo ancora come un servo. Faticava a comprendere chi realmente fosse e questo lo metteva a disagio.
Se poteva l'evitava, però, essendo l'unico con cui poteva confidarsi, quel giorno aveva fretta di incontrarlo.
Sperava, anzi era certo, che anche a lui avrebbe fatto piacere sapere quello che aveva scoperto dalla Yaonai. Non poteva che essere così. O almeno così credette fino a quando, verso la metà della mattinata, non lo incontrò e gli raccontò le cose che aveva scoperto.
Rimase un poco deluso, perché le cose non andarono come se le era immaginate.
Quando riferì al Sednor dell'incontro avuto con Faggiola, questi gli disse, un po' sorpreso, che era una Sorella di Foresta della defunta moglie Faggio Purpureo. Quando poi seppe che sarebbe diventata la prossima Grande Madre parve sinceramente stupito di sapere che Salice che Ride l'avesse già nominata.
Ma fu quando Wal disse che aveva saputo quale lavoro svolgesse sua figlia Mirta, che il Sednor parve sconvolto e si chiuse in un ostinato silenzio. Gli occhi si abbassarono, il volto si rabbuiò, le ciglia si aggrottarono e i muscoli della mascella si contrassero in una maschera contorta di rabbia e umiliazione. Se ne andò senza degnarlo di una risposta e Wal fu troppo sorpreso per seguirlo.
Nei giorni successivi lo vide ancora meno del solito e soltanto per gli impegni da Gopanda-Leta. Per il resto il Sednor passò le giornate lontano da lui. Non dovette nemmeno temere i suoi rimproveri, perché non ce ne furono più. Sembrò quasi che ora fosse lui a evitarlo appositamente.
Per tutto l'ultimo quarto di luna le giornate si trascinarono uguali una all'altra, con Wal che non vedeva l'ora di partire e Ranuncolo chiuso nel suo mutismo.
Di Salende, il Varego, non seppe più nulla.
Lei e le Sorelle della Vita parevano essersi appartate ancora più del solito nel Semenzaio. Forse volevano nascondersi dai loro simili per non dare nell'occhio e, per quanto sapesse che era la cosa migliore, un po' gli dispiaceva. Furono giorni lunghi, perché escludendo Ranuncolo e Salende, in quel villaggio non aveva nessuno con cui parlare. Anche Faggiola scomparve. Gli avrebbe fatto piacere incontrarla ancora, sapere altre cose di sua madre e di sua moglie, però ogni sforzo per contattarla fu vano.
Tutte le notti salì sull'albero sperando di incontrarla ancora, ma nonostante l'attendesse a lungo, della Yaonai non vide più traccia.
Infine i giorni rimanenti della luna terminarono e una sera il Sednor andò da lui per informarlo che l'indomani sarebbero partiti per la Luna Perduta. Quando lo vide, Wal annuì senza sorpresa.
Si aspettava la sua visita, perché nelle lunghe ore passate sui rami dell'albero aveva seguito il corso della luna e sapeva che era terminata. Solo che sapeva che non avrebbero potuto proseguire a lungo in quel modo. Ora più che mai avevano bisogno l'uno dell'altro e non era quello il momento per dividersi.
Allora, stanco del suo ostinato silenzio, Wal lo chiamò.
"Ranuncolo" gli disse "Parlami di Mirta. Perché ti ha sconvolto tanto sentire che sapevo di lei?".
Il Sednor lo fissò per un momento. Era cupo in volto. Poi scrollò le spalle e fece per andarsene.
"Ranuncolo!" sbottò Wal, stanco della sua ostinazione "Entrambi sappiamo che non mi sei servo più di quanto io sia tuo padrone, ma formalmente sei ancora al mio servizio e ti ordino di rispondere! Ora!".
Al Sednor caddero le spalle, abbassò la testa e lentamente si voltò. Wal si stupì di vederlo obbedire. Non era preparato, non se lo aspettava. Fu un rimprovero casuale, dovuto alla frustrazione più che alla presunzione. Ma poi, ricordandosi della carica che ricopriva presso quel popolo, si ricompose.
"Come il Gopanda desidera" disse il Sednor con voce che mal celava la rabbia e l'impotenza che provava in quel momento. Accennò appena una riverenza "Il Padre di Tutti non ha che da domandare".
Invece che sentirsi contento per l'autorità ristabilita, Wal si vergognò di se stesso. A vedere Ranuncolo assumere una posizione dimessa solo per rispettare una formalità a cui nemmeno credeva, si sentì a disagio. Per quanto fosse curioso di sapere, la piega che avevano preso le cose gli avevano rovinato il gusto di saperle.
<Tanto vale lasciare perdere> pensò.
"Vai pure, Ranuncolo" gli disse sospirando. Fece uno stanco gesto con la mano. "Prepara le cose per il viaggio, allora. A domani. Svegliami presto".
Il Sednor parve stupito. Prima di voltarsi annuì e gli scoccò uno sguardo che difficilmente avrebbe potuto dirsi riconoscente.
"Come desideri, allora. A domani, Gopanda" gli disse freddamente.
Al mattino seguente, però, Wal non ebbe bisogno di essere svegliato. Per tutta la notte ebbe un sonno agitato e tormentato. L'incubo che da anni lo tormentava era tornato. Era da quando aveva passato la notte con Notame che non lo aveva più avuto e quasi se ne era dimenticato, ma ancora una volta il cadavere con la testa sotto il braccio lo raggiunse inaspettato, facendolo sobbalzare per lo spavento. Era nella camera assieme a lui, nel buio ritto ai piedi del letto.
Era quasi incandescente dall'ira. Lo fissava.
Quando parlò, dalla bocca lorda di sangue uscì una voce cavernosa che disse parole che gli fecero venire i brividi:
"Vendicami!" gli intimò puntandogli un dito addosso "Fallo per me, che innocente morii per nulla".
Dalla scarna e tesa mano, con un gesto lo spettro fece comparire sul letto lo spadone che Alfons gli donò. Ancora grondava sangue e insozzò le coperte su cui si trovava Wal. Il ragazzo si ritrasse, annaspò inutilmente, tuttavia ricadde nel sangue della ragazza ogni volta che tentò di sfuggirgli.
Alla fine, completamente imbrattato ed esausto, ansimando si svegliò di soprassalto nel letto sfatto. Guardando fuori vide che era ancora notte, ma non se la sentì di tornare a dormire. Rimase a vegliare seduto sul bordo del letto, solo e spaventato. Pensò al Maestro, ai suoi amici, alla stanza in cui si trovava e al fianco deturpato di Faggiola
Gli dispiacque per le sofferenze che le causava nell'ospitarlo all'interno del suo albero. Avrebbe voluto domandarle scusa, ma sopratutto provò il desiderio di scappare da tutto questo e allontanarsi da quel luogo il più velocemente possibile. Attese con ansia l'arrivo del mattino e quando il buio si fece più tenue e i primi uccelli della foresta salutarono l'imminente giorno con il loro canto, Ranuncolo venne a chiamarlo. Il Sednor non si stupì di trovarlo già pronto ad andare. Aveva sentito le urla della notte e non ne aveva gioito.
Wal capì che anche lui non doveva aver dormito molto. Aveva la faccia stanca e profonde occhiaie. Gli occhi, torbidi, erano gonfi. A tracolla aveva le sacche da viaggio. Ranuncolo, dopo un rapido saluto, si allontanò velocemente.
Mentre i loro sguardi si incrociarono appena, si scambiarono un cenno imbarazzato con la testa, ma negli occhi di due colori del Sednor Wal non vide più la rabbia repressa della sera prima. Benché il suo volto fosse ancora torvo e le ciglia aggrottate, sembrava facesse fatica a reprimere un sorriso.
<Forse anche lui è felice di andarsene> pensò.
Prese le poche cose che servivano in viaggio e non si voltò indietro nemmeno una volta. Scese rapido attorno alla balaustra e lo raggiunse ai piedi dall'albero casa: lo trovò che l'attendeva, pronto a partire. Si incamminarono come sempre, il Sednor davanti e lui dietro. Non scambiarono nemmeno una parola. Il villaggio era deserto. L'umidità della notte galleggiava a mezz'aria e saturava la foresta di una fine nebbia che ben presto si sarebbe dissolta. In silenzio seguirono i sentieri che portavano a Sud e quando arrivarono alla siepe del villaggio, Wal vide che Gioturna ne aveva già aperto i passaggi. Sapeva che lei controllava ogni sua mossa e quello era il suo modo di dirgli addio. Provò un brivido a pensare quello che avrebbe potuto fargli. Benché non volesse mostrarle di aver paura, attraversò il varco in fretta. Per quanto sapesse che non gli avrebbe fatto nulla, provò comunque una certa inquietudine quando sentì il fruscio serpentino delle liane che si ritraevano al suo passaggio e si domandò se anche lei, in fondo, forse non lo temesse. Camminò retto, senza voltarsi indietro, però iniziò a rilassarsi soltanto quando si trovarono a mezza lega di distanza.
Oramai aveva fatto l'abitudine a partire all'alba e in solitudine, quasi fosse un ladro per non disturbare il sonno di chi si aspettava che lui risolvesse tutti i loro problemi. Però quella volta, quando furono nella foresta, abbastanza lontani da non essere più visti dagli abitanti del villaggio, Wal non fu molto sorpreso di vedere Salende con le Sorelle della Vita ad attenderlo lungo il sentiero. La gravidanza procedeva veloce e la Ratnor pareva più impacciata di quello che ricordava, eppure lui fu contento che se la fosse sentita di venirlo a salutare.
Benché non l'avrebbe biasimata se avesse pensato prima alla sicurezza del Semenzaio che a lui, le fu grato del pensiero.
Si sorrisero. Le fece un cenno mentre la oltrepassava, mostrandole la lingua come facevano i Sednor; alle altre un cenno silenzioso con la mano e un sorriso lieve fu sufficiente. Erano venute in tante, molte di più di quelle che in lontananza gli erano sembrate.
Tra loro scorse delle Sednor che vide nel Semenzaio, poi oltre ancora, un poco discosti senza esserne separati, Sednor giovani e vecchi lo salutarono mostrandogli la lingua, tentando di sfiorarlo mentre li oltrepassava. Ranuncolo procedette spedito davanti a lui salutandoli tutti: uno per uno ne pronunciò i nomi a voce alta in modo che lui potesse sentirli chiaramente. Erano tanti, troppi da ricordare tutti insieme, però Wal comprese che quella gente aveva dato il permesso a Ranuncolo di dirgli il proprio nome. Con quel gesto gli stavano consegnando anche la propria vita, oltre che alla loro fiducia. Il Varego che era in lui ne fu fiero e alzò un poco il mento, mentre li oltrepassava.
Quella gente, Sednor, Ratnor, giovani e vecchi, uomini e donne, tutti assieme, erano i primi che dimostravano di volerlo seguire e con quel gesto volevano che lui lo sapesse. Se ne sentì commosso. Quando si lasciarono alle spalle tutta quella folla che scomparve silenziosa nella foresta così come era comparsa, si sentì meglio. La fiducia che avevano in lui era forse troppa, ma certamente avrebbe fatto il possibile per non deluderli.
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