23)L'INGANNO DI GIOTURNA
Quando questi lo videro arrivare trafelato e a un'ora inconsueta, tutti gli corsero incontro. Appena toccò terra trovò già tutti ad attenderlo, compresa Soffiace che pareva preoccupata. Il Sole scese con un salto dal carro e andò diretto verso di lei che l'attendeva a braccia aperte. Non le ricambiò il saluto questa volta. Senza aspettare che potesse dileguarsi la fece bloccare da Rapace e Sagace, le uniche creature di cui la Regina del Vento avesse timore, poi spiegò tutto a gli altri, che lo guardavano cose se fosse impazzito.
"Soffiace ci ha ingannati" iniziò a dire.
Dietro a tutto questo c'era la mente contorta di Gioturna, ne era certo. La Signora dei Venti era sempre stata fedele a Karahì e al Tempo. Doveva far fondere il più rapidamente possibile una enorme quantità di ghiaccio per far si che il fiume impedisse ai Giganti del Regno di raggiungere le loro difese. Ancora pochi giorni e sarebbe stato impossibile guadarlo per i meno alti. Gli uomini e le donne poi, già ora non avrebbero potuto farlo, senza il loro aiuto.
Sgomentati dalle cose che avevano sentito, tutti si rivolsero verso Soffiace. Si aspettavano che smentisse tutto, invece, rapida e incontenibile come solo l'aria può essere, si divincolò dalla stretta delle Ragace. Tutto si svolse in un batter d'occhio, troppo rapido per essere visto da tutti nello stesso modo.
Solo dopo che l'ebbero scorta dileguarsi nel cielo con un riso amaro ad accompagnarla e il Sole dolorante alla schiena inginocchiato a terra, capirono di essere stati raggirati. Appena ebbero modo di riprendersi videro che dalla fauci di una delle Ragace pendeva un braccio gocciolante umori rivoltanti, stille di colore indefinibile colavano in terra corrodendola al contatto. A un dito della mano luccicava un anello d'oro, che presto fu lordato dal liquido schifoso. La Luna lo riconobbe immediatamente, ma non disse nulla. Quello che colava in terra era sangue, rosso e ribollente e i Signori degli Elementi non avevano sangue corruttibile nelle vene.
Allora, vedendo quel braccio lacerato, tutti quanti compresero quello che solamente il Sole aveva saputo capire.
Quella che era volata via non poteva essere Soffiace, ma una donna. Solo una donna era così potente da poter assumere le sembianze di una Dea: GIOTURNA!
La sorella di Karahì li aveva raggirati tutti quanti, ma almeno ora sapevano cosa aspettarsi. Non potevano più rimandare.
Il colpo ricevuto alla schiena non parve essere stato troppo violento. Gioturna forse non fu abbastanza veloce e dopo poco il Sole si rialzò. Pareva illeso. L'unico segno visibile rimase una piccola macchia bianca, proprio nel centro della schiena. Era insignificante, appena ne stillava una goccia di sangue. Tutti se ne rallegrarono e andarono a prepararsi. L'attacco sarebbe iniziato il mattino seguente.
Come tutti si aspettavano, quella sera nessuno dei Venti di Soffiace fece ritorno al campo e tutti sapevano dove li avrebbero incontrati, all'indomani.
Per tutta la notte si udirono voci rauche dare ordini dall'altra parte del fiume. Arrivavano dalle prime linee dei Ka-ranta: il piano che segretamente avevano portato avanti era stato scoperto e presto sarebbe arrivato l'attacco. Il tradimento subito, invece di demoralizzare gli abitanti del Regno li motivò ancora di più ad andare avanti.
Il Sole era con loro e li avrebbe guidati all'attacco, per l'ultima volta, contro Karahì e le sue schiere malefiche. Le donne e gli uomini dell'accampamento si prodigarono per tutta la notte nei preparativi per il giorno seguente. Tutti coloro che si erano addestrati al combattimento lucidarono armature e asce a doppio filo. Volevano vederle brillare nella luce del Sole, l'indomani. Provarono e riprovarono le manovre che avevano studiato e nessuno più rideva nel vederle.
Anche le Yaonai raggiunsero l'accampamento e si riunirono al resto delle truppe. Si posero, come loro consuetudine, un poco defilate dagli altri, però questo non preoccupò nessuno. Nell'accampamento tutti le conoscevano come leali e fedeli combattenti e le rispettavano nelle loro consuetudini. Sarebbero state al diretto comando della Luna. Il suo corpo scelto, le sue fedeli alleate.
Di fatto divennero la sua arma speciale e il suo corpo di guardia. Erano tutte pronte a morire per lei se ce ne fosse stata la necessità. Quella notte alcune di loro vennero viste andare ai fuochi dei Vareghi, ma nessuno lo giudicò sconveniente.
Quando all'alba giunse il momento, le Schegge fecero arrampicare sulle loro cortecce dure le Yaonai. Le Zolle di Tartara sarebbero state al loro fianco. Gli uomini vennero caricati sulle spalle delle Masse e delle Torce. Il Sole e la Luna erano già sul carro trainato dalle Ragace che zagramavano impazienti verso i Ka-ranta.
Il Sole si sentiva in forma, nonostante il colpo alla schiena gli bruciasse un po'. La Luna era fiduciosa che tutto sarebbe andato per il meglio e quando vide che tutti erano pronti, diede il segnale. Con un gesto lieve fece levare in cielo il carro del Sole.
Seguendo la loro natura individualista, i Giganti degli elementi si mossero ognuno per sé nell'attraversare il fiume che li divideva dal fronte avversario; ancora una volta scelsero di non seguire tattiche o manovre sul terreno, ma sarebbero andati contro i Ka-ranta come una valanga incontenibile. Volevano concludere quella storia alla svelta e una volta per tutte. Dalla riva alle prime difese dei Ka-ranta vi era uno spazio pianeggiante di circa cinquecento passi. A eccezione di una bassa fila di colline sulla destra dei primi contrafforti di ghiaccio, nulla si frapponeva davanti alla loro marcia.
Il terreno che attraversavano era solido nonostante l'acqua che incessantemente colava verso il fiume e reggeva bene il peso dei Giganti che avanzavano lenti ma decisi. Il silenzio era totale, sia da una parte che dall'altra.
I Giganti non amavano parlare troppo, nemmeno se si trattava di inveire contro dei nemici. Le gigantesche Bipenni che impugnavano minacciose, luccicavano nei riflessi del Sole che volteggiava incessantemente su quello che a breve sarebbe diventato un campo di battaglia.
Gli uomini e le donne armate, una volta giunti sani e salvi oltre il fiume, si raccolsero e formarono dei quadrati compatti, restando uno addosso all'altro, spalla a spalla, scudo sopra scudo, a formare un muro di metallo molto più grande del singolo individuo. Si disposero su quattro file per ogni lato e il centro del quadrato rimase vuoto.
Lungo la prima fila vi erano gli uomini più forti. A loro sarebbe spettato il compito più ingrato e pericoloso, reggere l'urto dei Ka-ranta. Dietro, nella seconda e nella terza vi erano i più anziani e i troppo giovani, a premergli contro le schiene gli scudi per aiutarli a reggere l'impatto. All'interno, nell'ultima fila, le donne con scudi più leggeri e tondi, tanto lucidi da brillare ai raggi del Sole come le asce che reggevano decise.
Tra un quadrato e l'altro vi era spazio sufficiente per manovrare separatamente. Quando le formazioni degli uomini si misero in moto tutte assieme, di loro si vedevano soltanto i piedi e gli occhi feroci dietro gli elmi. Tutto il resto era celato dietro scudi lunghi e squadrati, leggermente arcuati e con i bordi superiori e inferiori affilati come lame. Quando furono a metà della spianata, all'unisono presero a ululare, un lungo e raccapricciante gemito che confuse anche i Giganti che gli camminavano accanto. Era una novità anche per loro. Gli uomini avevano saputo tenerlo segreto a tutti. Parevano branchi di lupi pronti ad attaccare.
Le Yaonai, invece, erano un corpo mobile e organizzato, benché molto flessibile.
Metà di esse erano fromboliere. Soltanto leggere armature in metallo le proteggeva il busto, lasciandole piena libertà di movimento con il corpo. Sulla schiena indossavano uno zaino e attaccate a vita piccole sacche pendevano pesanti con dentro ghiande di piombo a cui avevano inciso solchi a spirale perché fischiassero prima di arrivare a segno. Le trecce arrotolate a vita erano accuratamente intrecciate e pronte per essere usate come fionde.
Per ognuna di quelle Yaonai, ve ne era un'altra che imbracciava uno scudo tondo e lucente . Erano agili, mobili e attente. Il loro compito era proteggere le compagne mentre lanciavano; rifornirle quando finivano le munizioni e tentare di farle sopravvivere. I volti pallidi e tesi di quelle donne contrastavano con gli sguardi attenti, duri e decisi. Ognuna di loro sapeva perfettamente a cosa stava andando incontro, eppure nessuna cedeva il passo all'altra. Avanzarono compatte fino a disporsi in una lunga fila lungo il crinale.
Il giorno prima a tutte loro venne chiesto di occupare le collinette proprio in fronte alle linee di ghiaccio. Le Yaonai si offrirono volontarie, tutte, nessuna esclusa. Era il posto ideale per le fionde. Dalla sommità delle alture avrebbero bersagliato i Ka-ranta dall'alto, gettando più scompiglio possibile tra le linee nemiche. Questo venne chiesto a quelle donne e questo avrebbero fatto fino alla vittoria finale o all'ultima di esse rimasta in piedi, ma tutti sapevano che era una missione suicida, perché le occupanti sarebbero rimaste allo scoperto.
Niente a proteggerle, nessuna roccia o asperità dietro a cui ripararsi dai colpi dei Ka-ranta. Solamente quei piccoli scudi e il loro coraggio, contro masse di ghiaccio scagliate con violenza inaudita.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro